CANNELLINO DI FRASCATI DOCG

CANNELLINO DI FRASCATI DOCG

Vino a Denominazione di Origine Controllata e Garantita - Approvato con D.M. 20.09.2011, G.U. 240 del 14.10.2011

Denominazione aggiornata con le ultime modifiche introdotte dal D.M. 07.03.2014 


--- Confine regionale    --- Confine provinciale  ♦ Zona di produzione

 


Vino Cannellino di Frascati D.O.C.G.

La denominazione di origine controllata e garantita «Cannellino di Frascati» è riservata ai vini che rispondono alle condizioni ed ai requisiti stabiliti dal disciplinare di produzione per la seguente tipologia:

  • Cannellino di Frascati

1. Tipologie e Uve del Vino DOCG Cannellino di Frascati

 

  • Cannellino di Frascati (Vino Bianco)
  • Versioni: Dolce
  • => 70% Vitigno Malvasia Bianca di Candia e/o Malvasia del Lazio
  • =< 30% Vitigni Bellone, Bombino Bianco, Greco Bianco, Trebbiano Toscano, Trebbiano Giallo, da soli o congiuntamente, nonché altri Vitigni a bacca bianca idonei alla coltivazione nella regione Lazio, nella misura pari a massimo 15% della porzione di quota pari al 30%.
  • =>12,50% Vol. Titolo alcolometrico.
  • Vino Bianco dal colore giallo paglierino intenso, odore caratteristico, fine, delicato e sapore fruttato, caratteristico. 

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(Legenda simboli: > maggiore di; < minore di; >< da a; = uguale a; => uguale o maggiore di; =< uguale o minore di).


2. Territorio e Zona di produzione del Vino DOCG Cannellino di Frascati

L’orografia collinare dell’areale di produzione costituita dalle pendici settentrionali del vulcano Laziale, e l’esposizione a ovest e nord-ovest, concorrono a determinare un ambiente arioso, luminoso e con un suolo naturalmente sgrondante dalle acque reflue, particolarmente vocato per la coltivazione dei vigneti del “Cannellino di Frascati”. Da tale area sono peraltro esclusi i terreni ubicati a quote troppo basse non adatti ad una viticoltura di qualità.

La Zona di Produzione del Vino DOCG Cannellino di Frascati è localizzata in: 

  • provincia di Roma e comprende il territorio dei comuni di Frascati, Grottaferrata, Monte Porzio Catone e, in parte, il territorio dei comuni di Roma e Montecompatri.

3. Vinificazione e Affinamento del Vino DOCG Cannellino di Frascati

Nelle fasi di vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche leali e costanti della zona atte a conferire ai vini le loro peculiari caratteristiche di qualità.

Le pratiche enologiche di vinificazione del Vino DOCG Cannellino di Frascati prevedono, tra l'altro, che:

  • La resa massima delle uve in vino finito non deve essere superiore al 65% per il vino "Cannellino di Frascati". Qualora la resa uva/vino superi detto limite, ma non oltre il 70%, l'eccedenza non ha diritto ad alcuna denominazione di origine controllata e garantita; oltre il 70% decade il diritto alla denominazione di origine controllata e garantita per tutto il prodotto. 
  • Le pratiche relative all’elaborazione dei vini sono quelle tradizionalmente consolidate in zona per la vinificazione di vini bianchi complessi ed equilibrati ottenuti da uve raccolte tardivamente ed eventualmente sottoposte ad appassimento.

4. Produttori di Vino DOCG Cannellino di Frascati

Con l’utilizzo della DOCG Cannellino di Frascati i Produttori Vinicoli Laziali sono orgogliosi di presentare al consumatore un Vino di qualità che ha più cose da raccontare rispetto ad altri: da dove proviene, come viene lavorato, le origini storiche, le caratteristiche e le peculiarità che lo identificano in un territorio ben definito, soprattutto durante la Visita alle Cantine che operano nell'ambito di questa denominazione.


5. Abbinamenti gastronomici con il Vino DOCG Cannellino di Frascati

Dolci morbidi e secchi e formaggi stagionati.


6. Storia e Letteratura del Vino DOCG Cannellino di Frascati

La millenaria storia vitivinicola riferita alla terra del “Tusculum”, dall’epoca romana, al medioevo, fino ai giorni nostri, attestata da numerosi documenti, è la generale e fondamentale prova della stretta connessione ed interazione esistente tra i fattori umani e la qualità e le peculiari caratteristiche del “Cannellino di Frascati”. Ovvero è la testimonianza di come l’intervento dell’uomo nel particolare territorio abbia, nel corso dei secoli, tramandato le tradizionali tecniche di coltivazione della vite ed enologiche, le quali nell’epoca moderna e contemporanea sono state migliorate ed affinate, grazie all’indiscusso progresso scientifico e tecnologico, fino ad ottenere i rinomati vini “Cannellino di Frascati”.

In particolare la presenza della viticoltura nella zona del “Frascati” è attestata fin dall’epoca romana, in molti reperti dei georgici latini. Nel medioevo i contratti agrari ed i documenti di varia natura, conservati presso gli archivi monastici, confermano la diffusione di tale coltura. Con la caduta dell'impero romano e la fine delle invasioni barbariche, la viticoltura in queste terre, nonostante i danni subiti, non perde la sua continuità con il passato e mantiene sempre un ruolo importante; come testimoniano i numerosi atti notarili, inerenti i terreni vitati, custoditi negli archivi monastici.

Gli Statuti della Città di Frascati, emanati nel 1515, regolavano l’ordinamento della Comunità di Frascati su cui era basata la vita sociale, economica, religiosa, agricola e pastorale. Diversi Articoli degli Statuti trattano della vite e del vino a testimonianza dell’importanza che anche allora rivestiva la vitivinicoltura. Un anonimo cronista al seguito del cardinale Scipione Borghese, raffinato buongustaio, così parla del Frascati, già noto nella prima metà del '600: “della bontà del sito non mi è necessario dirlo, perché la virtù et la varietà et la opportunità del terreno si mostra pur anco hoggidì, quando le sue vigne producono frutti et liquori di tale squisitezza, che io non intendo in quale parte si trovino migliori”. Successivamente, in merito alla poca durata dei vini di Toscana, il Tergioni Tozzetti, in Riflessioni sopra la poca durata dei moderni Vini di Toscana (1791) porta come esempio tra gli altri il Frascati, come vino da imitare in quelle terre “.. che il Tiburtino, cioè di Frascati, era nel suo fiore in capo a 10 anni, e quanto più invecchiava, tanto più migliorava” e citando Bacci riporta che all’epoca (1595) i vini di “Grotta Ferrata” bastavano fino a quattro anni.

Il Marocco, in Monumenti dello Stato pontificio e relazione topografica di ogni paese (1835), riporta per Monte Porzio Catone “Gli abitanti sono pieni di convenienza , si applicano ai lavori della campagna, e la maggiore utilità l'hanno sul commercio del vino”, per Grottaferrata “i vini sono eccellenti” e per Frascati “Il territorio e feracissimo.. produce eccellenti vini”. Il Coppi, nel Discorso agrario del 1865, letto nell’Accademia tiberina il dì 15 gennaio 1866, riporta che Fabio Cavalletti nel suo podere di Grottaferrata (tuttora esistente) adottò un nuovo sistema di coltivare la vite e che il vino è di qualità eccellente.

Il Dalmasso, autore di uno dei primi trattati sui vini d'Italia, nella sua “Storia della vite e del vino in Italia” (1931-37), ricorda come il medico di Sisto V, Andrea Bacci, avesse definito Frascati “luogo di delizie, generoso di uve e di vari frutti", mettendo in evidenza che “quegli industri coltivatori avevano propagato nelle loro vigne le viti più elette d'Italia” dalle quali si ottenevano vini che venivano forniti “ai convitti principeschi, nonché alle mense borghesi di Roma”.

Interessante e pittoresca è la cronaca di una gita effettuata Grottaferrata in occasione della fiera nell’anno 1869 e riportata nel Buonarroti scritti sopra le arti e le lettere da Enrico Narducci: oltre ad una accorta e gustosa descrizione degli abitanti e delle loro abitudini riporta in merito al vino “..bottiglie freschissime di vino color oro, di quello che scende benefico all’ugola, apportatore di vita” e testimonia inoltre dell’esistenza di una società enologica che commerciava in vini “..sappiamo che in Frascati è costituita una società enologica, composta dai Signori Ambrogini e Santovetti e presieduta dall’onorevole dottor Gualandi. I vini che questa da al commercio sebbene finora in piccola scala, dicono chiaro bensì, che mai potrebbesi riprometter con essi”.

Tutti gli autori, dai georgici dei tempi antichi ai più recenti cultori della vitivinicoltura, pongono l’accento sulla bontà dei vini laziali, sulla loro robustezza e sulla loro elevata gradazione alcolica: non mancano riferimenti alla loro soavità e dolcezza. Tra i tanti si citano il Malagotti che nelle Lettere scientifiche ed erudite (1806), ricorda “i vin gentili di Frascati”, allo stesso modo il Castellano in Lo Stato Pontificio ne’ i suoi rapporti geografici, storici, politici secondo le ultime divisioni amministrative, giudiziarie ed ecclesiastiche (1837) riporta “si nomano i vini di Frascati per la loro delicatezza” ed il Raggi nell’opera Sui Colli Albani e Tuscolani (1844) nel parlare di vino cita “il grazioso e delicato di Frascati”.

La produzione di vini amabili o dolci derivava dagli usi e dalle consuetudini che dettavano i tempi ed i modi della vendemmia e delle operazioni di vinificazione. A Frascati l’inizio della vendemmia avveniva tradizionalmente per San Crispino (25 ottobre) e si prolungava in molti casi fino alla fine di novembre. Le operazioni di raccolta erano molto articolate e comprendevano il primo taglio (la capata, cioè la raccolta dei grappoli dello sperone e delle spalle dei grappoli del capo a frutto), a cui seguiva un secondo taglio e spesso anche un terzo. Il Ratti in Storia di Genzano con note e 9 documenti (1797) riporta che “..si aspetta il tempo della vendemmia, che d’ordinario incomincia circa i 10 di ottobre, e continua sino alla metà di novembre” ed ancora “..primieramente si usa la precauzione di non raccogliere le uve tutte ad un tratto, ma si scelgono con gran diligenza le più mature per dare il tempo alle più tardive di acquistare un ugual perfezione”. Ciò era, ed è, reso possibile dagli autunni estremamente miti e per lo più soleggiati che si riscontrano nell’areale di produzione; i quali permettono di procrastinare la raccolta senza pregiudicare la sanità delle uve.

La tendenza a ritardare la vendemmia è testimoniato anche dagli Atti della Giunta per la Inchiesta Agraria e sulle condizioni della classe agricola (1833) in cui si pone l’accento sulla consuetudine in voga nei Castelli romani “..di lasciare quasi appassire l’uva sulla pianta per ottenere quel vino dolce e d’intenso colore tanto ricercato dagli osti romani”. Inoltre era praticato anche l’appassimento in vigneto mediante il taglio del capo a frutto allo scopo di accelerarne il processo. L’uva raccolta per ultima era chiaramente surmatura e molto spesso, laddove il clima era favorevole, botritizzata e quindi interessata da muffa nobile: la terza vendemmia si faceva apposta, per ottenere vini più ricchi di zucchero e di corpo.

Il 23 Maggio 1949 nasce il Consorzio, su iniziativa di 18 produttori, con la Denominazione di "Consorzio del Frascati". L’intento era quello di tutelare, valorizzare e propagandare il vino “Frascati” autentico, ottenuto dalle uve delle vigne tuscolane. Infatti già all’epoca il nome Frascati era conosciuto in tutto il mondo e garantiva quindi ottime possibilità di vendita; per cui non era più accettabile si vendesse falso vino di Frascati. La storia recente è caratterizzata da un’evoluzione positiva della denominazione, con l’impianto di nuovi vigneti, la nascita di nuove aziende che, unite alla professionalità degli operatori, hanno contribuito ad accrescere il livello qualitativo e la rinomanza del “Frascati Superiore”, fino al recente passaggio alla categoria DOCG, avvenuto nel 2011.

Additional Info

  • Regione: Lazio
  • Tipologie: Vino Bianco
  • Versioni: Dolce - (Vino dolce)
  • Denominazione: D.O.C.G. (Denominazione di Origine Controllata e Garantita)
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