15. L'Uva
L'uva è il frutto della vite, ovvero una bacca comunemente chiamata acino che deriva dall'evoluzione dell'ovario fecondato, con epicarpo membranoso (buccia) rivestito da epidermide cutinizzata (cuticola) priva di stomi.
Sulla cuticola si può formare uno strato di natura cerosa, detto pruina, che svolge una funzione importante nel trattenere i lieviti.
Nella buccia sono contenuti acido tartarico, composti fenolici (antociani e flavoni), tannini, aromi ed enzimi.
Sotto la buccia si sviluppa il mesocarpo, costituito da una serie di strati di grosse cellule piene di succo, più internamente si trova l'endocarpo contenente i semi (vinaccioli), non distinguibile dal resto della polpa.
Mesocarpo e endocarpo formano la polpa, che contiene zuccheri (glucosio e fruttosio), acido tartarico e acido malico, pectine, varie sostanze colloidali, composti azotati e sostanze minerali.
1. La Vite
Il termine Vite indica una pianta appartenente alla famiglia delle Vitacee, che si caratterizza per le liane legnose, rampicanti, in quanto dotate di viticci, e di foglie, generalmente lobate. I fiori sono ermafroditi o unisessuali, a 4-5 divisioni, con calice ridotto e petali verdastri liberi o, più spesso, congiunti all'apice "a mo' di cappuccio"; i frutti sono delle bacche.
Il temine Vite indica la "Vitis Vinifera", presente nella flora del bacino del Mediterraneo, della regione anatolica e di quella trans-caucasica. Si differenzia da quella selvatica "Vitis Silvestris" per numerosi caratteri ecologici, morfologici e fisiologici. Senz'altro l'aspetto discriminante più rilevante è quello legato alla sessualità delle piante e alla dimensione dei loro organi.
⇒ Le forme domestiche sono ermafrodite e di dimensioni maggiori di quelle selvatiche, che sono invece dioiche, cioè con sessi separati.
⇒ Le Fasi della Domesticazione. Sulla base dei dati archeologici, paleobotanici ed etnografici, è possibile distinguere le fasi della domesticazione della vite selvatica.
⇒ Pre-Domesticazione. In questa fase l'uomo non ha esercitato di fatto alcuna particolare pressione selettiva sulla vite che, analogamente a tante altre piante, è stata solo oggetto di raccolta allo stato spontaneo. Questa fase è perdurata per tutto il periodo Paleolitico, il Mesolitico e parte del Neolitico.
⇒ Paradomesticazione Embrionale. L'esistenza di questa fase è solo ipotetica e ha poche base archeologiche. Essa si collocherebbe all'inizio del Neolitico e avrebbe connotati analoghi a quelli della fase successiva, ma, allo stato delle conoscenze, più difficili da identificare in base alla documentazione archeologica e paleo-botanica.
⇒ Paradomesticazione. Questa fase si colloca nel tardo Neolitico, ma prima dell'Età del Bronzo. Le evidenze paleobotaniche, e in modo particolare i primi ritrovamenti di vinaccioli allungati e con becco prominente, testimoniano la comparsa dei caratteri della domesticazione. Quanto alle tecniche di coltivazione, si ritiene che in questa fase esse si limitassero alla protezione delle piante selvatiche, vegetanti negli ambienti naturali o eventualmente nate spontaneamente in ambienti antropizzati, mediante interventi volti a ridurre la competizione esercitata da parte di altre specie non utili. La pressione selettiva esercitata dall'uomo fu in questa fase assai modesta, ma potrebbe avere favorito le forme ermafrodite.
⇒ Proto-Domesticazione. Questa fase si realizza nell'Età del Bronzo ed è connessa con la sedentarizzazione delle comunità umane, a sua volta legata all'introduzione dell'aratro. La nascita dei primi borghi stabili avrebbe favorito le condizioni d'innesco del fenomeno di domesticazione vero e proprio. Infatti, nel caso della vite, le piante nate dai semi accumulatisi negli immondezzai, ai margini dei borghi, sarebbero state oggetto di forme primitive di coltivazione, di selezione e, quelle migliori, di successiva moltiplicazione. In questo modo la pressione selettiva esercitata dall'uomo, con la scelta delle piante da moltiplicare, avrebbe consentito dapprima di fissare e, in seguito, di migliorare progressivamente quei caratteri utili alla produttività (ermafroditismo, dimensione della bacca e dei grappoli) e alla qualità del prodotto (accumulo zuccherino, resistenza alla siccità).
⇒ Le Regioni della Domesticazione. Dal punto di vista cronologico, questi processi si sarebbero verificati più precocemente nella regione della Siria-Anatolia e nel Nord-Ovest della Mesopotamia, e solo in seguito nella regione trans-caucasica. Il processo di domesticazione si sarebbe poi ripetuto anche in altre regioni quali: Grecia, Italia, Francia meridionale e nella penisola Iberica. In queste zone di domesticazione secondaria, il processo fu accelerato e guidato dagli influssi culturali prima e, successivamente, dagli apporti diretti delle attività che i coloni greci, fenici e punici esercitarono nel bacino occidentale del Mediterraneo. Si può dunque ritenere che, negli areali di distribuzione della vite selvatica, l'introduzione prima del consumo del vino e poi della viticoltura vera e propria si sia sovrapposta al preesistente substrato culturale locale caratterizzato da uno stadio di proto-domesticazione della vite, le cui tracce sono spesso documentate anche dall'archeologia.
E' interessante notare che la viticoltura fu precocemente introdotta anche al di fuori dell'areale della vite selvatica, in Mesopotamia, Libano, Palestina ed Egitto. Sulla base dell'iconografia e delle indicazioni letterarie che testimoniano le viticolture più antiche, ossia quelle del III millennio a.C., è possibile dedurre come le varietà coltivate fin da quell'epoca avessero caratteristiche di piena domesticazione.
Attualmente il vigneto mondiale copre quasi 8 milioni di ettari, dei quali circa il 60% si trova in Europa. In Italia, le regioni Veneto, Emilia Romagna, Puglia, Sicilia, Piemonte, Toscana e Abruzzo sono le regioni più produttive, ma in tutte ci sono zone con le proprie peculiarità vitivinicole, spesso piccole realtà fortemente condizionate da terreni abbarbicati su pendii scoscesi e difficili da coltivare.