Assovini
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L’itinerario proposto si articola in percorsi che interessano la zona costiera e l’alto Molise, attraversando i territori dedicati alla coltivazione della vite e alla produzione vinicola, e visitando luoghi e monumenti di grande significato storico e artistico. La legge istitutiva, tuttavia, non è ancora stata emanata, e, conseguentemente, gli itinerari non ancora determinati. Si possono, comunque, individuare le direttrici principali, che guidano alla scoperta della ancor giovane ma già autorevole produzione dei vini del Molise.


La zona costiera

La bassa valle del Biferno sfocia nell’Adriatico a pochi chilometri a sud di Termoli e sovrappone al valore enologico dei suoi 380 ettari di vigneti, una forte valenza turistica. L’itinerario della Strada è un breve circuito che ha come punto di partenza e di arrivo la cittadina di Termoli, l’unico porto del Molise.

Il percorso consente di inoltrarsi in un territorio che ha saputo sviluppare il settore in modo importante e significativo, ed è diventato una realtà confrontabile con le altre regioni vinicole emergenti in Italia. Prende avvio dal borgo marino che vede le basse case di pescatori strette fra vicoli e stradine, e raccolte attorno al castello quattrocentesco inserito nelle fortificazioni erette da Federico II di Svevia a metà del Duecento.

Poco a nord, svetta una Torre Saracena, un presidio sul mare per l’avvistamento dei frequenti pericoli che hanno a lungo minacciato le coste italiane. Verso sud, invece, a breve distanza, il Lido di Campomarino può vantare pluriennali “Bandiere Blu”, meritate dall’ambiente ancora integro e dall’accoglienza riservata ai turisti, sempre più numerosi. La duecentesca chiesa di santa Maria a Mare conserva nella cripta elementi romani di spoglio e un affresco quattrocentesco. Il nome la indica sorta sulla costa, dalla quale l’hanno allontanata depositi di sabbie. Tra il paese, che si affaccia sul mare da una splendida terrazza, e Nuova Cliternia, altra tappa dell’itinerario, i vigneti si distendono sui leggeri pendii, a seguire le ultime ondulazioni dei morbidi rilievi.

La strada sale a San Martino in Pensilis e sembra aprirsi un varco fra i vigneti fitti e folti che la accompagnano durante tutto il percorso. A un tratto incrocia l’ampia radura verde del tratturo L’Aquila-Foggia. Centro di importanti tradizioni culturali, la cittadina è famosa anche per una preparazione particolare della carne di maiale, la pampanella, che veniva spolverizzata di peperoncino e conservata e donata in grandi foglie di vite.

La Strada scende verso Portocannone, e risale poi a Guglionesi, dopo essere passata sulla sponda sinistra del Biferno, per attraversare altri pendii e altri declivi collinari coperti di ulivi e di viti per i vini delle Doc Biferno e Molise.


L’alto Molise

I distretti vinicoli della provincia di Isernia, data la loro discontinuità territoriale, vengono raggiunti e attraversati da due distinti percorsi, che procedono dal capoluogo. L’antica città dei Pentri si distende su uno sperone di travertino circondato dai torrenti Sordo e Càrpino, affluenti del Volturno.

I terreni alluvionali che accompagnano i corsi d’acqua alimentano le vigne delle Doc Pentro di Isernia e Molise che contraddistinguono tutto il territorio. Verso Pescolanciano, antico borgo medioevale che mostra, poco lontano, uno spettacolare salto d’acqua del Trigno, la Strada si inerpica, per salire verso i centri vinicoli di Castelverrino, Agnone e, su due versanti opposti, Belmonte del Sannio e Poggio Sannita.

Qui la viticoltura diventa davvero eroica, e, ad altitudini attorno agli 800 metri, deve scoprire e sfruttare i versanti più soleggiati, le conche più riparate.

Nel percorso più occidentale, la Strada scende stretta fra il corso incassato del Volturno e ripidi pendii scuri di foreste, che evocano antiche imboscate tese dai mobili Sanniti agli spaesati Romani.

Avviluppato a un masso che sale dal greto del fiume, sorge Colli al Volturno, sul quale i monaci della vicina abbazia di S.Vincenzo avevano eretto un baluardo a protezione dei propri possedimenti.

Più a valle, Montaquila, alta su un colle panoramico, è circondata dai vigneti, e prepara allo sbocco nell’ampia piana di Venafro, dove il Volturno rallenta e alimenta le ricche vigne che coprono vaste estensioni. Già luogo di villeggiatura per i Romani, come ricorda Orazio, la cittadina conserva, con il castello e la Cattedrale romanico-gotica, ricche testimonianze archeologiche del suo passato segnato dalla civiltà sannitica e da quella romana.

Le Marche sono la regione del centro Italia che, in termini di ospitalità, produzioni tipiche e di apprezzamento dei piccoli grandi borghi, si sta ritagliando un suo personale successo. Fra le mete più consigliate spicca (a ragion veduta) il selvaggio Conero con i morbidi pendii di macchia, su cui spicca il bianco delle scarpate di friabili calcari marnosi che scendono fino al mare.

Il Monte Conero prende il nome da un suo antico prodotto autunnale, il Komaròs in Greco antico, il Corbezzolo (o "ciliegio marino") per noi. Il Conero si tuffa nell'Adriatico precipitosamente e costituisce pertanto uno dei luoghi eletti per la coltivazione della vite, che qui trova condizioni pedcoclimatiche favorevoli. Il microclima è ravvivato continuamente dalle brezze marine che permettono al vitigno Montepulciano di esprimere nel Rosso Conero una tipicità unica, una Denominazione (dal 1967) fruttata ed elegante.

Per questo il Conero è stato definito il "parco vigneto", tanto è predominante la vite sulle pendici di questo monte, poco alto - appena 572 metri - che verso il mare e lungo quasi tutto il suo perimetro precipita con una caduta di pareti rocciose di colore rossastro che si tuffano verticalmente in uno specchio d'acqua azzurro intenso, limpido e ricco di pesci.

Il "gomito" del Conero si spinge nel mare Adriatico con una fisionomia estranea al panorama circostante ed anche con la diversa morfologia del suolo di natura calcarea. Le sue pendici ben esposte al sole e riparate dai venti del nord sono tappezzate di vigne. Il terreno calcareo, povero ma di grande struttura, permette al vitigno Montepulciano di esprimersi in maniera eccellente. L'uva ha un elevato contenuto zuccherino e un particolare profumo che rimane anche nel vino, il Rosso Conero a Denominazione di Origine Controllata, di cui costituisce un pregio inimitabile.

Le testimonianze storiche intorno a questo promontorio e al suo vino sono più che numerose: se ne occupò già Plinio il Vecchio nelle sue "Storie". E poi nei secoli successivi esso è stato sempre oggetto di leggi e dispositivi che ne tutelavano la produzione e il commercio, a dimostrazione del fatto che ha sempre rappresentato per tutta la regione una risorsa di primaria importanza.

La Strada del Vino del Rosso Conero, una delle più recenti e meglio organizzate Strade del Vino d'Italia, conduce gli enoturisti anche all'interno del parco tra le migliori cantine, lungo un tracciato che può partire senz'altro da Ancona per poi "circumnavigare" il Conero, con soste negli splendidi borghi marinari come Portonovo o Sirolo che conservano antiche architetture. Oppure continuare verso la vicina Loreto per una visita al celebre Santuario mariano.

Anche l'olivo qui beneficia delle stesse condizioni pedoclimatiche ottimali dei vigneti dando un olio dolce e fruttato, noto fin dall'epoca romana, quando veniva usato come pedaggio per le navi che approdavano: una sorta di tributo da sborsare per potersi accostare alla terraferma. Nei secoli a venire i monaci si sono occupati spesso degli oliveti, soprattutto quelli che ricadevano in territorio vaticano, della manutenzione o del ripristino. Agli agricoltori erano affidati lavori di manovalanza dietro compenso pecuniario o in natura: i podromi della mezzadria che sarebbe diventata l'asse portante dell'economia agricola marchigiana.

Nel cuore delle Marche, partendo dalle Grotte di Frasassi, autentica meraviglia del creato con le sue sale simili a cattedrali del sottosuolo adorne di stalattiti e stalagmiti che si estendono per ben trentacinque chilometri, si dirama la zona dove si produce l'esclusivo Verdicchio di Matelica. Le grotte più famose del mondo sono inserite nel Comune di Genga, piccolo castello medioevale immerso all'interno del vasto Parco Regionale della Gola della Rossa e di Frasassi, dove vale ben la pena addentrarsi.

Si prosegue poi per Fabriano, città in cui già a partire dal XIII secolo iniziò la lavorazione della carta, di cui, viaggiando nel tempo, si possono ripercorrere le origini presso il Museo della Carta e della Filigrana. Tutto il centro storico di questa industriosa città è uno spaccato medievale: la Piazza del Comune, il Palazzo del Podestà, la Fontana Rotonda e il Palazzo Vescovile. In particolare se ci soffermiamo nella caratteristica Piazza del Comune, sarà facile immaginarci l'affaccendato via vai del tempo medievale, in cui il popolo si incontrava per chiacchiere e per affari, in quella scenografica serie di arcate che racchiudono per due lati la piazza.

Continuando il percorso verso sud, attraverso le numerose e rinomate aziende della zona, si arriva a Cerreto d'Esi, anch'essa dominata da una magica atmosfera medievale con la sua Torre di Belisario ed il "labirinto architettonico" del Centro Storico. Dopo pochi chilometri si giunge infine a Matelica, circondata dai numerosi vigneti del noto Verdicchio. Qui si respira un'aria di antica nobiltà: è una città ricca di cultura, come testimoniano Piazza Mattei, il Museo Piersanti, il Museo Civico ed Archeologico ed il Teatro Comunale del Piermarini (stesso architetto della Scala di Milano). Matelica è proprio il cuore della produzione vinicola e sede del Consorzio.

Grande suggestione nel visitatore provoca poi Castelraimondo, con la sua infiorata che, il giorno del Corpus Domini, si staglia per l'antico centro dominato dalla possente torre merlata del Cassero. Prima di giungere alla nobile Camerino, meritano deviazioni enoturistiche Esanatoglia, Gagliole e Pioraco, ove gustare le tipicità locali preparate secondo ancestrali riti, insieme all'unità, ancora intatta, dell'unicum culturale, ambientale e paesaggistico di questi centri.

Il percorso si conclude dunque a Camerino, sede di una tra la più antiche università d'Italia. Caratteristica è la sua impostazione urbana, che risente della sua nascita e sviluppo come Comune (XII e XIII sec: una lunga duplice strada nel centro, una grande cerchia di mura tutt'intorno. Si presenta agli occhi del viaggiatore moderno proprio come doveva apparire al pellegrino dell'Età Comunale e al soldato dell'Età Rinascimentale: una vedetta, un controllore per tutto il territorio circostante. I suoi gioielli sono tutti racchiusi in quel percorso centrale: Duomo, Vescovado, Università. Ma non dobbiamo dimenticare i suoi panorami, che riempiono occhi e cuore di grande bellezza. E' infine la porta d'accesso alla Val di Chienti, altro territorio incantato ricco di meraviglie e luoghi da scoprire.

Patria della rinomata Vernaccia, Serrapetrona rappresenta per gli enoturisti - e non solo - una tappa inevitabile, essendo cuore pulsante della produzione dell'eccellente vino spumante e centro di notevole interesse per i resti del castello medievale. La Vernaccia, infatti, ha radici ben circoscritte e nasce qui, nell'intero territorio comunale di Serrapetrona e in parte di quello di Belforte del Chienti e di San Severino Marche, in provincia di Macerata, con le uve di Vernaccia Nera (minimo 85%) ed eventualmente con quelle di altre varietà a bacca rossa della zona. Un prodotto da gustare sul posto, accompagnato magari, nelle trattorie locali, da calcioni di ricotta, crespelle o crostate di frutta rossa.

Un vino celebrato ogni domenica dopo Ferragosto, da oltre vent'anni, con la tradizionale "Sagra della Vernaccia" preceduta da serate gastronomiche di abbinamento e, l'ultima domenica del mese di agosto, "ricordato" nuovamente in occasione della "Sagra dello Scartoccio", il frutto del mais arrostito sulla brace o cotto lessato. La conoscenza della Vernaccia di antichissime origini (Dante: " ...e purga per digiuno le anguille di Bolsena e la Vernaccia.") è da abbinare, come escursione enogastronomica, alla degustazione di prodotti come il Ciauscolo, il salume aromatizzato con scorza d'arancia che si spalma tanto è morbido, o il pecorino ottenuto esclusivamente da latte ovino di provenienza locale, o la ricotta di Serrapetrona, o ancora la Marchigiana, la razza di carne più diffusa sul territorio, o lo stesso Olio extravergine, spesso biologico, ottenuto dalla varietà Coroncina, detta anche Corallina, Corona o Coronella. Oltre ai prodotti del territorio, merita una visita la cittadina di Serrapetrona, la cui storia si lega proprio alla produzione del vino spumante; questo borgo collocato sulla destra del torrente Cesolone, protetto e chiuso intorno alla Chiesa di San Clemente e al palazzo pubblico già sede del feudatario, così strategico in epoca medievale perché interessato alle lotte fra Guelfi e Ghibellini.

Il Castello di Serrapetrona si erge come poderosa fortezza a guardia delle due valli che si incontrano, ovvero quella che scende tra i Prati e la Costa, solcata dal rio Caburro e l'altra, appunto, del Cesolone. Già Castello nell'XI secolo, nella prima metà del Duecento questa strepitosa struttura a guardia difensiva passò sotto la giurisdizione della Signoria di Camerino, seguendo la sorte di molti altri Castelli vicini. Ciò che caratterizza il maniero è di essere circondato da una doppia muraglia. La prima a cingerlo più da vicino - con una massiccia porta ad angolo - che anticamente sosteneva una poderosa torre merlata in funzione di avvistamento e di difesa. La seconda, a protezione del tutto.

All'interno del tutto, quattro porte, ciascuna con un proprio nome: Castello, Farina, Calma, Morico, da cui le denominazioni delle rispettive quattro strade, i cui appellativi tra l'altro sono ancora in uso, ovvero "del castello", "San Francesco", "del Serrone", "Capolarave". Quattro erano anche le fontane di acqua sorgiva: "di S. Maria" - ancora in fondo alla piazza - "delle Conce", "della Vena", "di Saletta", che prendevano il nome dalle quattro contrade in cui era suddiviso il paese, e che furono successivamente chiamate anche Pianello, Valle, Portale, Castello.

Se ci si ferma a Serrapetrona merita una visita anche la Chiesa di San Francesco, in stile gotico francescano tipico dell'Italia centrale, risalente alla prima metà del Trecento. Qui si conservano una Crocifissione su tavola, di un anonimo marchigiano (secolo XIII) ed un pregevole polittico di Lorenzo d'Alessandro rappresentante la Madonna in trono con Bambino e Cristo deposto tra angeli e santi (secolo XV).

Nella chiesa è conservata anche una croce processionale cesellata e smaltata (secolo XIV), attribuita al bolognese Gherardo di Jacopo Cavazza o a Cecco da Camerino. Interessante, tra gli affreschi, quello di scuola giottesco-riminese risalente alla metà del secolo XIV rappresentante Cristo risorto, la Madonna e S.Caterina d'Alessandria, venuto alla luce al momento della rimozione del polittico per il restauro. Di rilievo, nella Chiesa di Santa Maria delle Grazie, anche l'affresco con la Madonna, il Bambino e i SS. Sebastiano e Giovanni Battista. Ai piedi del paese, alle porte del Parco Nazionale dei Sibillini, si apre il lago di Borgiano sul quale si affaccia il pittoresco paese di Pievefavera.

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