Vino a Denominazione di Origine Controllata - Approvato con D.P.R. 3.08.1976, G.U. 308 del 18.11.1976
Denominazione aggiornata con le ultime modifiche introdotte dal D.M. 07.03.2014
--- Confine regionale --- Confine provinciale ♦ Zona di produzione
Vino Valcalepio D.O.C.
La denominazione di origine controllata «Valcalepio» e' riservata ai vini che rispondono alle condizioni ed ai requisiti stabiliti dal disciplinare di produzione per le seguenti tipologie:
- Bianco
- Rosso, anche Riserva
- Moscato Passito
1. Tipologie e Uve del Vino DOC Valcalepio
- Valcalepio Bianco (Vino Bianco)
- Versioni: Secco
- >< 55-80% Vitigni Pinot Bianco e Chardonnay
- >< 20-45% Vitigno Pinot Grigio
- => 11,50% Vol. Titolo alcolometrico
- Vino Bianco dal colore giallo paglierino più o meno intenso, odore delicato, caratteristico e sapore secco, armonico, caratteristico.
- Valcalepio Rosso (Vino Rosso)
- Versioni: Secco
- >< 25-60% Vitigno Cabernet Sauvignon
- >< 40-75% Vitigno Merlot
- => 11,50% Vol. Titolo alcolometrico
- Vino Rosso dal colore rosso rubino più o meno carico, profumo intenso, gradevole, caratteristico, dal sapore asciutto, pieno, armonico, persistente.
- Valcalepio Rosso Riserva (Vino Rosso Invecchiato)
- Versioni: Secco
- >< 25-60% Vitigno Cabernet Sauvignon
- >< 40-75% Vitigno Merlot
- => 12,50% Vol. Titolo alcolometrico
- Vino Rosso dal colore rosso rubino più o meno carico, tendente al granata, profumo etereo, intenso, caratteristico, dal sapore asciutto, di corpo, vellutato, armonico, persistente.
- Valcalepio Moscato Passito (Vino Rosso Moscato Passito)
- Versioni: Dolce
- = 100% Vitigno Moscato di Scanzo e Moscato, da soli o congiuntamente.
- => 17% Vol. Titolo alcolometrico
- Vino Rosso Passito dal colore rosso rubino più o meno carico che può tendere al cerasuolo con riflessi granata, profumo delicato, aromatico, intenso, caratteristico, sapore dolce, gradevole, armonico, con leggero retrogusto di mandorla.
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(Legenda simboli: > maggiore di; < minore di; >< da-a; = uguale a; => uguale o maggiore di; =< uguale o minore di).
2. Territorio e Zona di produzione del Vino DOC Valcalepio
L'area geografica vocata alla produzione del Vino DOC Valcalepio si estende su un territorio collinare delimitato dalle Orobie a nord, dal lago d’Iseo a est e dal monte Canto a ovest, in un territorio adeguatamente ventilato, luminoso e favorevole all'espletamento di tutte le funzioni vegeto-produttive delle vigne.
La Zona di Produzione del Vino DOC Valcalepio è localizzata in:
- provincia di Bergamo e comprende il territorio dei comuni di Carobbio degli Angeli, Cenate Sotto, Credaro, Entratico, Gandosso, Ranica, San Paolo d'Argon, Torre de' Roveri, Villa di Serio, Villongo e parte di quelli di Adrara San Martino, Adrara San Rocco, Albano Sant'Alessandro, Alzano Lombardo, Bagnatica, Barzana, Bergamo, Bolgare, Brusaparto, Carvico, Castelli Calepio, Cenate Sopra, Chiuduno, Costa Mezzate, Curno, Foresto Sparso, Gorlago, Grumello del Monte, Luzzana, Mapello, Montello, Mozzo, Nembro, Paladina, Palazzago, Ponteranica, Pontida, Predore, Sarnico, Scanzorosciate, Seriate, Sorisole, Sotto il Monte Giovanni XXIII, Telgate, Torre Boldone, Trescore Baineario, Valbrembo, Viadanica, Villa d'Adda, Villa d'Almè e Zandobbio.
3. Vinificazione e Affinamento del Vino DOC Valcalepio
Nelle fasi di vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche leali e costanti della zona atte a conferire ai vini le loro peculiari caratteristiche di qualità.
Le pratiche enologiche di vinificazione del Vino DOC Valcalepio prevedono, tra l'altro, che:
- La resa massima dell’uva in vino DOC Valcalepio non dovrà essere superiore al 70% e al 40% per la tipologia Moscato Passito; nel caso tali parametri venissero superati entro il limite del 5%, l'eccedenza non potrà avere diritto alla DOC. Oltre detti limiti decade il diritto alla DOC per tutto il prodotto.
- Il vino DOC Valcalepio Rosso deve essere sottoposto ad invecchiamento per almeno 12 mesi, di cui almeno 3 in botti di legno.
- Il vino DOC Valcalepio Riserva deve essere sottoposto ad invecchiamento per almeno 36 mesi, di cui almeno 12 in botti di legno.
- Il vino DOC Valcalepio Moscato Passito deve essere sottoposto ad invecchiamento per circa 18 mesi e, comunque, immesso sul mercato non prima del 12 maggio del secondo anno successivo alla vendemmia.
- Sulle etichette di ciascuna tipologia di Vino DOC Valcalepio è obbligatorio riportare l'annata di produzione delle uve.
- Il vino DOC Valcalepio Moscato Passito deve riportare in etichetta la dizione completa "Moscato Passito" e può essere integrata dai nomi dei comuni di Gandosso, Grumello del Monte, Cenate Sotto, Torre de’ Roveri, Albano Sant’Alessandro e Carobbio degli Angeli.
4. Produttori di Vino DOC Valcalepio
Con l’utilizzo della DOC Valcalepio i Produttori Vinicoli Lombardi sono orgogliosi di presentare al consumatore un Vino di Qualità che ha più cose da raccontare rispetto ad altri: da dove proviene, come viene lavorato, le origini storiche e le caratteristiche che lo identificano in un territorio ben definito che l'appassionato o l'estimatore potrà maggiormente percepire ed apprezzare durante la Visita alle Cantine che operano nell'ambito di questa denominazione.
5. Abbinamenti gastronomici con il Vino DOC Valcalepio
Antipasti di pesce non salati, primi piatti al sugo di pesce in bianco e con verdure, risotti con verdure, carni delicate.
6. Storia e Letteratura del Vino DOC Valcalepio
Bergamo, dal punto di vista agricolo, era una città produttrice di vino. Quasi quattro quinti delle superfici trattate fino alla fine del XI secolo erano vigneti. […] Anche nei dintorni immediati della città, nel suburbium, c’erano più vigneti che nella media: quasi un terzo della campagna serviva alla produzione del vino.
Il Marengoni sostiene che ‘il vino risulta dal matrimonio tra ambiente e capacità umana: la collina bergamasca e il suo viticoltore non potevano quindi che generare vini, quali il Valcalepio e il Moscato di Scanzo’.
Altre testimonianze dell’antichità della viticoltura in bergamasca ci vengono dall’epoca latina: alcuni storici riportano la notizia dell’impianto di viti in quel di Scanzo da parte dei militi romani.
Inoltre, per i Romani la cultura della vite a Bergamo diventò così importante che fu dedicato un tempio a Bacco nell’antico Borgo di San Lorenzo. Plinio racconta che in questo territorio la coltivazione della vite era molto sviluppata, soprattutto nei luoghi più appropriati, cioè nella collina.
Quando poi nel 569 i Longobardi invasero la città, la vite, rimasta senza il vignaioli, costretto ad una precaria esistenza e soggiogato a lavorare per padroni per nulla avveduti, ebbe un notevole tracollo sotto il profilo della diffusione e della produttività e si rifugiò nelle proprietà ecclesia siche. Ma anche nei secoli bui la gente bergamasca non smise mai di amare il suo vino, tanto che il primo atto ufficiale che attesta l’importanza economica del vigneto è proprio un rogito del 750 con il qual viene ceduta una vigna sotto le mura della città.
Risalgono al 1000-1100 d.C. alcune carte di permuta e di vendita di terre vitate. A testimonianza dell’’attenzione prestata dal potere pubblico al vino, nel 1243 Bergamo ordina i piantare le viti lungo la strada che va a Seriate e nel 1266 viene emanato lo statuto di Vertova che impone che ‘chi tiene a fitto tre pertiche di terreno comunale del Grumelli e nei Zereti vi pianti vigna’.
Nel 1569 il bresciano Agostino Gallo parla della eccellente tecnica usata nel trattare le viti, nel capitolo ‘Quanto bene piantano le viti i Bergamaschi’ del suo libro Le venti giornate dell’agricoltura e dei piaceri della villa.
Nel 1614 Alvise Rizzi stila un elenco dei benefici ecclesiastici del priorato di Pontida e riporta che ‘… i monaci accorparono le proprietà frazionate e disperse plasmando le coste dominate dal sole con vigneti capaci di dare vino potente e buonissimo. Per affinarlo conservarlo hanno costruito una cantina con botti cerchiate in ferro di sei carri l’una e si preparavano a costruirne un’altra per accogliere il nettare derivante dai nuovi vigneti che stavano per entrare in produzione’.
La relazione conferma il fatto che dal 1400 a tutto il 1600 la provincia di Bergamo produceva molto più vino del suo fabbisogno, circa tre volte tanto e che il sovrappiù veniva collocato sul facoltoso mercato milanese. Celestino, nel 1617, descrive così la Valle Calepio: ‘Dalla parte Orientale a man sinistra della strada, che mena a Brescia, si trova la Val Calepio, cosidetta dal buon vino, e ben da bere ..."
L’inverno del 1709 si rivelò decisamente rigido come riporta questa testimonianza: ‘in Valle Calepio venne tanta neve che arrivava sino ai circoli delle viti, cioè alta circa quattro piedi e mezzo, altezza terribile per i nostri paesi, e poi si rasserenò restando la calinge a terra con freddo tanto orribile che mai da secoli non fu udito il simile, che fece seccar tutte le viti, gli olivi e i fichi […]
Dal 1719 per dodici anni successivi fu tanta l’abbondanza dei vivere e delle altre cose necessarie che il frumento stette sempre tra le 18 e le 16 lire al sacco, il vino migliore dalle 8 alle 12 e l’uva dagli scudi 4 agli 8 al carro’.
A partire dal 1700, con l’espansione dell’allevamento dei bachi da seta e della coltivazione dei gelsi, che in pianura sostituirono la vite, la produzione diminuì fino al punto che i Bergamaschi, all’inizio dell’800 furono costretti ad importare vino da altre regioni. A tale proposito Rosa riferisce che ‘nel 1780 non solo [Bergamo] non ne mandò fuori, ma ne introdusse 5000 brente, ovvero 3554 ettolitri, che nel 1840 salirono a 5400 brente od ettolitri 38.172’.
Nel 1820, Giovanni Maironi da Ponte descrive in questo modo la Valcalepio nel suo Dizionario Odeporico: ‘La Valle Calepio, così detta dal villaggio, che porta questo nome e che ne fu un tempo la capitale […] si può dir certamente una delle più felici ed amene della provincia. […] Il resto della valle è sparso di amene collinette e di bei piani fertili di biade, di gelsi e di vini, i quali, e segnatamente quelli, che si hanno dai suoi ronchi per la loro salubrità e delicatezza sono i migliori e i più pregiati della provincia.
Continua poi il Maironi: ‘[…] Credaro piccolo villaggio della Valle Calepio appartenente al distretto e alla pretura di Sarnico […] resta immediatamente sulla strada provinciale, in un territorio fertile segnatamente di vini, che vi riescono molto squisiti e ricercati. […] Credaro è abitato da cinquecento e più perone, la massima parte agricoltori e vignaioli’.
Con l’arrivo della peronospora e dell’oidio e la comparsa della filossera nel 1886, i vigneti subirono gravi perdite ma i bergamaschi in breve tempo reimpiantarono vastissime superfici tanto che già nel 1912 la superficie investita in viti superava quella di un tempo e continuò ad aumentare sino al 1940, all’inizio cioè della Seconda Guerra Mondiale.
Sul Diario-Guida di Bergamo 1923-1924 si legge: ‘Credaro, mandamento di Sarnico, circondario di Bergamo, situato allo sbocco della Valle Calepio. Ha pittoreschi dintorni cosparsi di ville e cascinali. Suolo fertilissimo di vini squisiti […]’
Gabriele Carrara descrive gli abitanti della Valcalepio come ‘gente dura alle avversità, come gli ulivi del vento, e pur generosa come i suoi vigneti’.
Dal 1950 la Camera di Commercio si rese promotrice di una vasta innovazione in viticoltura chiamando a consiglio anche illustri personaggi come il viticolo Italo Cosmo e si decise di modificare la base ampelografia, incentivando l’impianto di Merlot, Barbera, Incrocio Terzi, Marzemino gentile e Schiava grossa. Curati i vigneti, non rimaneva che pensare al vino: si istituirono così due cantine sociali, una a Pontida – la Val san Martino – che iniziò a funzionare nel 1959, l’altra a S. Paolo d’Argon – la Bergamasca- che iniziò a funzionare nel 1960.
Sull’Eco di Bergamo del 4 novembre 1950 si legge: ‘[…]nello spasimo contorto degli olivi svenati dai secoli, geme ancora, viceversa, lungo i dolci declivi dei vigneti, il singhiozzo strozzato di antichi drammi soffocati tra le mura dei fortilizi o affogati nell’Oglio o nelle acque del Sebino … Ma anche il visitatore sprovveduto, dall’altro del colle di Montecchio, il linguaggio di questi resti, filtrato dalla rete fittissima dei filari di vite educata a modello per i moderni vignaioli, ha pure una sua suggestiva parola da dire’.
Luciano Malachini in Aspetti geo-morfologici della Val Calepio sostiene che: ‘Un buon bergamasco, cui si chiedesse di caratterizzare la Val Calepio, penserebbe certamente ai vini che vi si producono in copia, ed infatti le pendici delle colline sono coperte da un allegro pergolato di lussureggianti vigneti i quali, se sono meno celebri di quelli di altre zone, che si seppero meglio organizzare commercialmente, non sono però da meno nella bontà del prodotto’.
Della storia della Viticoltura Bergamasca si è occupato anche il dottor Marengoni Bruno, tra gli altri in un saggio così intitolato nel sopraccitato testo del Quinzani: ‘[…] Molte viticolture raggiungono quella bergamasca per antichità di origine. Parecchie la superano per raccolto. Ben poche invece possono vantarne una così pronunciata evoluzione qualitativa attraverso i tempi. […]
Alla fine del secolo scorso la vite alligna anche in pianura, di solito tra i gelsi, associata a cereali e foraggi. Il livello economico generale, di pura sussistenza, e le difficoltà nei trasporti, impongono alla famiglia contadina ed alla collettività, la massima autarchia, ponendo il seconda linea la qualità del prodotto. […] L’importazione dall’America della peronospora e dell’oidio, parassiti della vite pericolosi specie in ambiente umido, rende questa coltura in piano assai impegnativa. La comparsa poi di un terzo parassita, la filossera, il migliorato tenore generale di vita, con il conseguente allentamento del regime autarchico e l’esigenza di appezzamenti più ampi idonei alla meccanizzazione decretano la graduale scomparsa della viticoltura in piano. Questa perciò si ritira in collina, ed anche qui, solo sui pendii meglio esposti, in quanto gli altri vengono lasciati al bosco. […]
Si verifica così il primo presupposto per una viticoltura di qualità: la vocazione naturale dell’ambiente. Il secondo passo determinante per una migliore qualificazione viene compiuto negli anni cinquanta, quando si affrontano tre problemi:
- la scelta, tra una miriade eterogenea, delle uve più idonee;
- la difesa dalla grandine con apposite reti;
- l’adozione di nuove forme di allevamento e di nuove sistemazioni del terreno meglio atte alla meccanizzazione.
[…] viene effettuata una prima scelta fondamentale, escludendo i vitigni troppo tardivi ed adottando gli altri, più idonei ai vini abbastanza pronti […] ecco perché tra i rossi emergono il Merlot e il Cabernet Sauvignon […] mentre per i bianchi s’impongono soprattutto i Pinots. Si verifica così un secondo presupposto, fondamentale per i vini di classe: la nobiltà del vitigno’.
Delle zone di produzione della vite, dei vitigni coltivati e dei tipi di vino prodotti trattano anche Compagnoni e Marengoni in Vini Bergamaschi di Qualità e percorsi di degustazione: ‘[…] Un tempo la viticoltura era distribuita in tutta la fascia collinare ed anche nella media ed alta pianura, nonché nella pianura dell’Isola. Mentre in collina la vite è sempre stata in coltura principale, in pianura la prevalenza dei vigneti era in coltura secondaria: in questa zona la vite veniva allevata lungo i filari di olmi o di altre essenze legnose.
In seguito, con l’estirpazione dei filari di piante legnose e con il progredire della meccanizzazione aziendale, tale coltura si è andata via via riducendo, tanto che attualmente interessa esclusivamente la fascia collinare, dove trova il suo ambiente ideale. Più esattamente ritroviamo queste coltura nella zona collinare vera e propria, che si estende pe runa settantina di chilometri dal fiume Adda al lago di Iseo ed anche in zone considerate montane dalla statistica ufficiale, me che presentano caratteristiche ambientali proprie delle colline e precisamente: la valle Cavallina, la bassa Valle Camonica da Lovere a Rogno, la sponda occidentale del lago d’Iseo, l’imbocco della valle Seriana e della valle Brembana.’
Il Vino DOC Valcalepio ha ottenuto il riconoscimento della Denominazione di Origine Controllata in data 3 agosto 1976.