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  • Vino a Denominazione di Origine Controllata - Approvato dal D.M. 28.04.1995, G.U. 125 del 31.05.1995
  • Denominazione aggiornata con le ultime modifiche introdotte dal D.M. 07.03.2014 

--- Confine regionale    --- Confine provinciale  ♦ Zona di produzione

 


Vino Ansonica Costa dell'Argentario D.O.C.

La denominazione di origine controllata “Ansonica Costa dell'Argentario” è riservata ai vini che rispondono alle condizioni e ai requisiti prescritti dal disciplinare di produzione per le seguenti tipologie:

  • Bianco

1. Tipologie e Uve del Vino DOC Ansonica Costa dell'Argentario

 

  • Ansonica Costa dell'Argentario (Vino Bianco)
  • Versioni: Secco
  • => 85% Vitigno Ansonica
  • =< 15% Vitigni a bacca bianca idonei alla coltivazione nella regione Toscana.
  • => 10,50% Vol. Titolo alcolometrico
  • Vino Bianco dal colore giallo paglierino più o meno intenso, odore caratteristico, leggermente fruttato e sapore asciutto, morbido, vivace e armonico.

__________

(Legenda simboli: > maggiore di; < minore di; >< da-a; = uguale a; => uguale o maggiore di; =< uguale o minore di).


2. Territorio e Zona di produzione del Vino DOC Ansonica Costa dell'Argentario

L'area geografica vocata alla produzione del Vino DOC Ansonica Costa dell'Argentario si estende sulle colline situate a sud della Toscana, in un territorio adeguatamente ventilato, luminoso e favorevole all'espletamento di tutte le funzioni vegeto-produttive delle vigne.

La Zona di Produzione del Vino DOC Ansonica Costa dell'Argentario è localizzata in:

  • provincia di Grosseto e comprende il territorio dei comuni di Manciano, Orbetello, Capalbio, Isola del Giglio e Monte Argentario.

3. Vinificazione e Affinamento del Vino DOC Ansonica Costa dell'Argentario

Nelle fasi di vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche leali e costanti della zona atte a conferire ai vini le loro peculiari caratteristiche di qualità. 

Le pratiche enologiche di vinificazione del Vino DOC Ansonica Costa dell'Argentario prevedono, tra l'altro, che:

  • La resa massima dell’uva in vino DOC Ansonica Costa dell'Argentario non dovrà essere superiore al 70%.
  • Nella designazione dei Vini DOC Ansonica Costa dell'Argentario può essere menzionata la dizione "Vigna" purchè sia seguita dal relativo toponimo e che siano rispettate determinate pratiche di vinificazione.
  • Sulle etichette di ciascuna tipologia di Vino DOC Ansonica Costa dell'Argentario è obbligatorio riportare l'Annata di produzione delle uve.

4. Produttori di Vino DOC Ansonica Costa dell'Argentario

Con l’utilizzo della DOC Ansonica Costa dell'Argentario i Produttori Vinicoli Toscani sono orgogliosi di presentare al consumatore un Vino di Qualità che ha più cose da raccontare rispetto ad altri: da dove proviene, come viene lavorato, le origini storiche e le caratteristiche che lo identificano in un territorio ben definito che l'appassionato o l'estimatore potrà maggiormente percepire ed apprezzare durante la Visita alle Cantine che operano nell'ambito di questa denominazione.


5. Abbinamenti gastronomici con il Vino DOC Ansonica Costa dell'Argentario

Antipasti e insalate di mare, primi e secondi) e a zuppe di verdura.


6. Storia e Letteratura del Vino DOC Ansonica Costa dell'Argentario

In quest’area, infatti, esistono testimonianze della coltivazione della vite che risalgono al periodo etrusco, greco e romano – l’antica città etrusca di Cosa, nella parte meridionale della zona di produzione, l’area di Poggio Buco, più a nord, sono solo alcuni esempi di insediamenti più o meno rilevanti – come testimoniano alcuni reperti; in particolare, presso Marsiliana lungo il corso del fiume Albegna, è stato rinvenuto un numero consistente di vasellame e pithoi (recipienti particolari per la raccolta del vino proveniente dalla pigiatura delle uve e dai torchi), probabilmente poiché il luogo corrispondeva a un vero e proprio centro di raccolta per i vini che provenivano dalle aree più interne (colline di Manciano, Capalbio, Magliano e Scansano), trasportati lungo il corso del fiume.

Inoltre, sul territorio dell’isola del Giglio, sono stati rinvenuti numerosi palmenti in pietra, specie di vasche cilindriche scavate direttamente sulla roccia talvolta ai piedi di un vigneto, utilizzate da etruschi e, più tardi, romani, per la pigiatura e lo sgrondo delle uve. Ma anche la scoperta di relitti del V secolo a.C. e il recupero di vasellame etrusco, corinzio e fenicio e di anfore vinarie nelle acque prospicienti l’isola del Giglio attesterebbero la presenza di contatti, trasporti e commerci tra l’isola e le città dell’Etruria e d’altri paesi del Mediterraneo.

La dominazione romana accentuò la tendenza al miglioramento delle tecniche di vinificazione, che rimasero insuperate fino al medioevo; in questo periodo storico, la vite acquistò particolare importanza come pianta colonizzatrice, tanto che governanti e feudatari riconobbero la necessità di concedere terre adatte per questa coltura, che ebbe particolare protezione con apposite norme statutarie.

Un ulteriore impulso all’attività vitivinicola del territorio fu dato dalle repubbliche marinare, in particolare Pisa, che tramite le potenti reti commerciali tessute dai loro mercanti contribuirono alla valorizzazione dei vini del Giglio e delle altre aree costiere della Maremma meridionale, vini che erano qualificati, all’epoca, come “robusti e forti”.

La tradizione vitivinicola della Maremma meridionale e insulare ha continuato a trasmettersi nei secoli, passando anche attraverso le vicissitudini legate agli assalti dei Pirati: drammatico quello del 1554, quando il pirata Barbarossa provocò la deportazione di oltre 600 abitanti del Giglio che, all’epoca, era intensamente coltivata a vigneto, e la vinificazione avveniva mediante l’utilizzo dei palmenti, con una produzione di circa 18.000 barili di vino per lo più esportati e venduti in terra ferma, prevalentemente allo Stato della Chiesa e alla Repubblica di Genova; più tardi, l’isola e gran parte del territorio passarono attraverso le dominazioni delle repubbliche di Pisa, Genova e Siena, dello Stato della Chiesa, fino al Regno di Napoli, mantenendo inalterata, tuttavia, la tradizione vitivinicola e una certa attività commerciale di vini, per lo più bianchi, la cui eccellente qualità fu riconosciuta da studiosi di ogni tempo.

L’enotecnico Luigi Vivarelli, in una memoria pubblicata nel 1906 su “La vite e il vino nel mandamento di Orbetello” riferiva l’esistenza di tronchi di vite di dimensioni eccezionali, il che portava a pensare a un’attività viticola fortemente tradizionale. In una relazione del funzionario Granducale Miller del 1766, si afferma che al Giglio abitavano circa 900 persone e vi erano coltivati circa 10 moggia di terreno a vigneto e frutteto, con una produzione di vino che si aggirava intorno a 500 botti (“in tutto il territorio dell’isola si ricoglie negli anni mediocri vino botti 500 di barili 12 per ciascheduna”); è proprio in questo periodo di grandi trasformazioni agricole che è possibile collocare l’attestazione del vitigno Ansonaco sulle altre varietà di vitigni autoctoni.

Il dott. Alfonso Ademollo, in una relazione all’inchiesta parlamentare Jacini, tenendo conto della vocazione viticola della Maremma, nel 1884 affermava che tutte le varietà “vegetano bene nel nostro suolo ed a noi non mancano le uve da spremere e da mangiare, queste ultime a dovizia fornite dal Monte Argentario e dall’Isola del Giglio”. L’Ademollo, nel fornire interessanti informazioni sulla situazione viticola della provincia, la descriveva come altamente vocata alla viticoltura e, parlando dei pregi e dei difetti del vino prodotto nella zona, così si esprimeva: “II vino, questo benefico liquido che ha tanta importanza nella pubblica e privata economia, come nella pubblica e privata salute, viene prodotto dai nostri viticoltori con sempre crescente progresso e accuratezza in ogni parte della provincia di Grosseto, sia nella zona piana, che in quella montuosa, e per la bontà e quantità in alcuni Comuni è di una rendita importante ai proprietari…… Vini forti e generosi poi si incontrano nei comuni più marittimi i quali sono quelli di Orbetello, Monte Argentario e Giglio”.

Nel secolo successivo, Ottorino Brandaglia, a proposito della tradizione e la qualità vitivinicola gigliese, così si esprimeva sulla stampa nazionale: “Buona parte del suo territorio è coltivato a vigneti e il contadino gigliese, tenace e silenzioso lavoratore, ….. ha saputo con lavoro paziente e inaudito sui fianchi ripidi e rocciosi dell’isola, in alcuni punti portandoci la terra, piantare le viti, circondando i minuscoli vigneti, chiamati nel gergo paesano poste o cacchioni, di muriccioli a secco per proteggerli contro la veemenza delle piogge e del vento….E come non ricordare il vino. Esso possiede delle qualità meravigliose e una tale potenza di alcool da superare di gran lunga tutte le altre specie del Regno pur tanto declamate….Intanto si ponga mente alla vegetazione ricca, all’aria salubre, soprattutto alle magnifiche distese di vigneti, che producono la famosa uva Anzonica, notissima in tutta la Maremma”.

Nei decenni successivi si moltiplicano le iniziative di molti proprietari – aiutate e incentivate anche dall’applicazione della riforma fondiaria e dall’opera dei tecnici agricoli – intese a sviluppare una viticoltura sempre più razionale, anche con la diffusione di nuove cultivar nei territori collinari più facili. Ma l’espansione viticola, se non accompagnata dal perfezionamento della tecnica vinicola e quindi della qualità dei vini prodotti, creava notevoli problemi di organizzazione e diffusione dei vini stessi, anche a causa della disponibilità di modeste partite, dalle caratteristiche poco omogenee anche se pregiate.

Un contributo decisivo alla risoluzione di questi problemi è stato dato dalla realizzazione della Cantina Sociale di Capalbio, con lo scopo di raccogliere e trasformare la produzione viticola del comprensorio circostante e che rappresenta una circostanza importante per la nascita dell’industria enologica, alfine di presentare sul mercato vini uniformi, di tipo costante, migliorati nella qualità e standardizzati nella presentazione.

Più tardi, anche alcune pubblicazioni scientifiche del settore, occupandosi dei vini ottenuti su questo territorio, apportarono un contributo importante alla loro valorizzazione; “Vini tipici e pregiati d’Italia” di R. Capone, edito nel 1963, illustra, tra l’altro, le caratteristiche dei vini della zona di Capalbio, soffermandosi anche sui rinomati vini bianchi a base di Ansonica. Furono questi i presupposti che portarono alla consapevolezza che il territorio della Maremma meridionale e insulare poteva aspirare al riconoscimento della denominazione di origine controllata per il vitigno Ansonica prodotto nella zona, che verrà attribuito nel 1995 per il vino Ansonica Costa dell’Argentario ottenuto con l’apporto determinante (minimo 85%) proprio dell’omonima varietà a bacca bianca.

Il Vino DOC Ansonica Costa dell’Argentario ha ottenuto il riconoscimento della Denominazione di Origine Controllata in data 28 aprile 1995.

Vino a Denominazione di Origine Controllata e Garantita - Approvato DOC con D.P.R. 12.07.1966, G.U. del 19.09.1966 - 
Approvato DOCG con D.P.R. 01.07.1980, G.U. 47 del 17.02.1981

Denominazione aggiornata con le ultime modifiche riportate in G.U. n. 142 del 20.06.2022 


--- Confine regionale    --- Confine provinciale  ♦ Zona di produzione

 


Vino Nobile di Montepulciano D.O.C.G.

La denominazione di origine controllata e garantita "Vino Nobile di Montepulciano" è riservata ai vini che rispondono alle condizioni e ai requisiti stabiliti nel disciplinare di produzione per le seguenti tipologie:

  1. Rosso
  2. Rosso Riserva

1. Tipologie e Uve del Vino DOCG Vino Nobile di Montepulciano

 

  • Vino Nobile di Montepulciano (Vino Rosso)
  • Versioni: Secco
  • => 70% Vitigno Sangiovese (o Prugnolo Gentile)
  • =< 30% Vitigni non aromatici, ad eccezione della Malvasia Bianca Lunga, idonei alla coltivazione nella regione Toscana, con il limite massimo del 5% per i vitigni a bacca bianca.
  • => 12,50% Vol. Titolo alcolometrico
  • Vino Rosso dal colore rosso rubino tendente al granato con l’invecchiamento, odore intenso, etereo, caratteristico, etereo e sapore asciutto, equilibrato e persistente, con possibile sentore di legno.

  • Vino Nobile di Montepulciano Riserva (Vino Rosso Invecchiato)
  • Versioni: Secco
  • => 70% Vitigno Sangiovese (o Prugnolo Gentile)
  • =< 30% Vitigni non aromatici, ad eccezione della Malvasia Bianca Lunga, idonei alla coltivazione nella regione Toscana, con il limite massimo del 5% per i vitigni a bacca bianca.
  • => 13% Vol. Titolo alcolometrico
  • Vino Rosso Invecchiato, dal colore rosso rubino tendente al granato con l’invecchiamento, odore intenso, etereo, caratteristico, etereo e sapore asciutto, equilibrato e persistente, con possibile sentore di legno.

__________

(Legenda simboli: > maggiore di; < minore di; >< da-a; = uguale a; => uguale o maggiore di; =< uguale o minore di).


2. Territorio e Zona di produzione del Vino DOCG Vino Nobile di Montepulciano

L'area geografica vocata alla produzione del Vino Nobile di Montepulciano DOCG si estende sulle colline senesi, in un territorio adeguatamente ventilato, luminoso e favorevole all'espletamento di tutte le funzioni vegeto-produttive delle vigne.

La Zona di Produzione del Vino Nobile di Montepulciano DOCG è localizzata in:

  • provincia di Siena e comprende il territorio del comune di Montepulciano.

3. Vinificazione e Affinamento del Vino DOCG Vino Nobile di Montepulciano

Nelle fasi di vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche leali e costanti della zona atte a conferire ai vini le loro peculiari caratteristiche di qualità. 

Le pratiche enologiche di vinificazione del Vino DOCG Vino Nobile di Montepulciano prevedono, tra l'altro, che:

  • La resa massima dell’uva in Vino Nobile di Montepulciano DOCG non dovrà essere superiore al 70%; nel caso tali parametri venissero superati entro il limite del 5%, l'eccedenza non potrà avere diritto alla DOCG. Oltre detti limiti decade il diritto alla DOCG per tutto il prodotto.
  • Il Vino Nobile di Montepulciano DOCG deve essere sottoposto ad un periodo di maturazione di almeno 24 mesi. Entro questo periodo sono lasciate alla discrezione dei produttori le seguenti possibili opzioni: 1) 24 mesi di maturazione in legno; 2) 18 mesi minimo di maturazione in legno più i restanti mesi in altro recipiente; 3) 12 mesi minimo in legno più 6 mesi minimo in bottiglia più i restanti mesi in altro recipiente.

  • Il Vino Nobile di Montepulciano DOCG con menzione Riserva deve essere sottoposto ad invecchiamento per almeno 36 mesi, di cui almeno 6 di affinamento in bottiglia. 

  • In presenza di determinate caratteristiche previste dal disciplinare, il Vino Nobile di Montepulciano DOCG può essere riclassificato nella DOC Rosso di Montepulciano.

  • Nella designazione dei Vini Nobile di Montepulciano DOCG può essere menzionata la dizione "Vigna" purchè sia seguita dal relativo toponimo e che siano rispettate determinate pratiche di vinificazione.

  • Sulle etichette di ciascuna tipologia di Vino Nobile di Montepulciano DOCG è obbligatorio riportare l'annata di produzione delle uve.

4. Produttori di Vino DOCG Vino Nobile di Montepulciano

Con l’utilizzo della DOCG Vino Nobile di Montepulciano i Produttori Vinicoli Toscani sono orgogliosi di presentare al consumatore un Vino di Qualità che ha più cose da raccontare rispetto ad altri: da dove proviene, come viene lavorato, le origini storiche e le caratteristiche che lo identificano in un territorio ben definito che l'appassionato o l'estimatore potrà maggiormente percepire ed apprezzare durante la Visita alle Cantine che operano nell'ambito di questa denominazione.


5. Abbinamenti gastronomici con il Vino DOCG Vino Nobile di Montepulciano

Bistecca alla fiorentina, il salame, la salsiccia, la finocchiona, la carne rossa brasata e i fegatelli.


6. Storia e Letteratura del Vino DOCG Vino Nobile di Montepulciano

Le radici della viticoltura e dell’enologia sono parte integrante del territorio, della cultura, della storia, dell’economia e delle tradizioni locali di Montepulciano.

Il vino prodotto in questo comprensorio riveste storicamente una connotazione nobiliare ed aristocratica, con le produzioni destinate non all’autoconsumo ma al commercio, come testimoniano tanti atti di vendita registrati dal 789 in poi. Con un documento del 1350 furono stabilite le prime clausole per il commercio e l’esportazione del vino di Montepulciano.

Il vino ha assunto fama internazionale fino dal XVII secolo, quando fu celebrato da Francesco Redi come “Re di ogni vino”, e nel corso dei secoli la viticoltura ha poi mantenuto il ruolo di coltura principale del territorio.

La prima citazione conosciuta di “Vino Nobile” è datata 1787 “per rimborso al cuoco di casa Marsichi per spesa per il vitto, non compreso il vino portato da Monte Pulciano per nostro servizio L. 50,15. Vino Nobile portato per regalare al Conservatorio detto il Conventino per le obbligazioni contratte...” . Quanto sopra si legge in una lunga “Nota di Viaggio per suor Luisa Sisti e signore Maestre” redatta da Giovan Filippo Neri, Governatore del Regio Ritiro di S.Girolamo in Montepulciano. Cosimo Villifranchi, medico fiorentino, nell’anno 1773 riporta nella sua celebre Oenologia Toscana la maniera di fare il vino a Montepulciano descrivendo le varietà delle uve, ma anche il territorio (il territorio di Montepulciano che produce il vino migliore si stende dalla Città per la parte di levante da due in tre miglia dall’una all’altra banda di tal direzione, territorio tutto situato in costa…).

Segue la descrizione delle aziende produttrici, dei sistemi di coltivazione e vinificazione nonché ulteriori informazioni sulla natura del suolo: “il suolo o terreno della costa di Monte Pulciano è per la maggior parte tufo, e terra sciolta arenosa, e sassola”. Nella “Statistica Agraria della Val Di Chiana” di Giuseppe Giulj (1830), nel capitolo relativo a “Delle specie di vino scelto e dei modi di fabbricarlo”, è riportato che: “a cinque specie si possono ridurre i vini scelti, che si fabbricano in una certa quantità nella valle, e sono quelli neri, il Vino Nobile di Monte Pulciano, e l’aleatico; fra quelli bianchi vi si contano il Moscadello, il vermut ed il Vin Santo; parlerò del modo tenuto per fabbricarli, e comincerò a dare la descrizione di questi dettagli da quelli relativi al vino di Monte Pulciano, per essere quello che è conosciuto in tutta l’Europa ……

Le vigne destinate per la coltivazione di questa specie di vino sono poste in collina in terreno tufaceo, ed in conseguenza sterile, ed esposte al mezzogiorno, onde le viti siano dominate dal sole. Poco è il prodotto di dette piante, ma l’uva vi giunge a perfetta maturità, ed ha un odore ed un sapore non comune all’uva delle stesse specie prodotta da viti non coltivate in tali località”. L’Autore prosegue elencando i vitigni, le caratteristiche delle uve e del sistema di fermentazione e condizionamento.

A qualche anno prima (1828) risale la prima spedizione del Vino Nobile in America via nave, come riportato dal Giornale Agrario della Toscana, edito dall’Accademia dei Georgofili. A giustificazione dell’importanza assegnata alla produzione enologica locale, è da citare la storica presenza delle cantine nel sottosuolo dei palazzi signorili della città di Montepulciano, cantine in parte tuttora utilizzate per l’invecchiamento del vino Dumas, nel celebre romanzo “Il Conte di Montecristo” scritto fra il 1844 ed il 1846 afferma che con la cacciagione “… un fiasco di vino di Montepulciano dovevano completare il pranzo.”

Il Vino Nobile di Montepulciano è stato il primo vino in assoluto in Italia ad avere apposto il contrassegno sostitutivo della fascetta di Stato da apporre sui sistemi di chiusura della bottiglia come sistema anti sofisticazione che certifica l’autenticità del prodotto a garanzia della sua origine.

Il Vino Nobile di Montepulciano DOCG ha ottenuto il riconoscimento della Denominazione di Origine Controllata in data 12 luglio 1966, poi DOCG in data 1 luglio 1980.

Vino a Denominazione di Origine Controllata e Garantita - Approvato come DOC con D.P.R. 03.03.1966, G.U. 110 del 06.05.1966 - Approvato come DOCG con D.M. 09.07.1993, G.U. 169 del 21.07.1993

Denominazione aggiornata con le ultime modifiche introdotte dal D.M. 07.03.2014  


--- Confine regionale    --- Confine provinciale  ♦ Zona di produzione

 


Vino Vernaccia di San Gimignano D.O.C.G.

La denominazione di origine controllata e garantita «Vernaccia di San Gimignano» è riservata ai vini che rispondono alle condizioni ed ai requisiti stabiliti dal disciplinare di produzione, per le seguenti tipologie:

  1. Vernaccia di San Gimignano
  2. Vernaccia di San Gimignano Riserva

1. Tipologie e Uve del Vino DOCG Vernaccia di San Gimignano

 

  • Vernaccia di San Gimignano (Vino Bianco)
  • Versioni: Secco
  • => 85% Vitigno Vernaccia di San Gimignano
  • =< 15% Vitigni a bacca bianca idonei alla coltivazione nella regione Toscana, con esclusione dei vitigni Traminer, Moscato bianco, Muller Thurgau, Malvasia di Candia, Malvasia Istriana, Incrocio Bruni 54. I Vitigni Sauvignon e Riesling possono concorrere, da soli o congiuntamente, fino a un massimo del 10%.
  • => 11,50% Vol. Titolo alcolometrico
  • Vino Bianco dal colore giallo paglierino con rilessi dorati che sono più accentuati con l’invecchiamento, odore delicato, fine con iniziali note fruttate; possono poi, con l’affinamento e l’invecchiamento, evolvere note minerali; sapore asciutto, armonico, sapido, a volte con caratteristico retrogusto di mandorla.

  • Vernaccia di San Gimignano Riserva (Vino Bianco Invecchiato)
  • Versioni: Secco
  • => 85% Vitigno Vernaccia di San Gimignano
  • =< 15% Vitigni a bacca bianca idonei alla coltivazione nella regione Toscana, con esclusione dei vitigni Traminer, Moscato bianco, Muller Thurgau, Malvasia di Candia, Malvasia Istriana, Incrocio Bruni 54. I Vitigni Sauvignon e Riesling possono concorrere, da soli o congiuntamente, fino a un massimo del 10%.
  • => 12,50% Vol. Titolo alcolometrico
  • Vino Bianco Invecchiato dal colore giallo paglierino con rilessi dorati che sono più accentuati con l’invecchiamento, odore delicato, fine con iniziali note fruttate; possono poi, con l’affinamento e l’invecchiamento, evolvere note minerali; sapore asciutto, armonico, sapido, a volte con caratteristico retrogusto di mandorla.

__________

(Legenda simboli: > maggiore di; < minore di; >< da-a; = uguale a; => uguale o maggiore di; =< uguale o minore di).


2. Territorio e Zona di produzione del Vino DOCG Vernaccia di San Gimignano

L'area geografica vocata alla produzione del Vino DOCG Vernaccia di San Gimignano si estende sulle colline senesi, in un territorio adeguatamente ventilato, luminoso e favorevole all'espletamento di tutte le funzioni vegeto-produttive delle vigne.

La Zona di Produzione del Vino DOCG Vernaccia di San Gimignano è localizzata in:

  • provincia di Siena e comprende il territorio del comune di San Gimignano.

3. Vinificazione e Affinamento del Vino DOCG Vernaccia di San Gimignano

Nelle fasi di vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche leali e costanti della zona atte a conferire ai vini le loro peculiari caratteristiche di qualità.

 Le pratiche enologiche di vinificazione del Vino DOCG Vernaccia di San Gimignano prevedono, tra l'altro, che:

  • La resa massima dell’uva in vino DOCG Vernaccia di San Gimignano non dovrà essere superiore al 70%; nel caso tali parametri venissero superati entro il limite del 5%, l'eccedenza non potrà avere diritto alla DOC. Oltre detti limiti decade il diritto alla DOC per tutto il prodotto.
  • Il vino DOCG Vernaccia di San Gimignano con menzione Riserva deve essere sottoposto ad un periodo di affinamento di almeno 11 mesi, di cui almeno 3 in bottiglia.
  • Nella designazione dei Vini DOCG Vernaccia di San Gimignano può essere menzionata la dizione "Vigna" purchè sia seguita dal relativo toponimo e che siano rispettate determinate pratiche di vinificazione.
  • Sulle etichette di ciascuna tipologia di Vino DOCG Vernaccia di San Gimignano è obbligatorio riportare l'annata di produzione delle uve.

4. Produttori di Vino DOCG Vernaccia di San Gimignano

Con l’utilizzo della DOCG Vernaccia di San Gimignano i Produttori Vinicoli Toscani sono orgogliosi di presentare al consumatore un Vino di Qualità che ha più cose da raccontare rispetto ad altri: da dove proviene, come viene lavorato, le origini storiche e le caratteristiche che lo identificano in un territorio ben definito che l'appassionato o l'estimatore potrà maggiormente percepire ed apprezzare durante la Visita alle Cantine che operano nell'ambito di questa denominazione.


5. Abbinamenti gastronomici con il Vino DOCG Vernaccia di San Gimignano

Piatti di cucina marinara: molluschi, crostacei e salmone brasato; pietanze tipiche toscane: la panzanella, il marzolino e l'acquacotta.


6. Storia e Letteratura del Vino DOCG Vernaccia di San Gimignano

La presenza della viticoltura nell’area di San Gimignano risale all’epoca etrusca, di cui si hanno numerose testimonianze archeologiche. Per secoli la produzione e la vendita del vino ha rappresentato la principale attività agricola ed economica.

Per quanto riguarda la Vernaccia di San Gimignano si hanno documentazioni storiche della sua produzione e commercializzazione già negli Ordinamenti delle Gabelle del Comune risalenti al 1276.

Il vitigno della Vernaccia è stato introdotto nel territorio di San Gimignano nel corso del XII secolo; a questo proposito è molto interessante quanto rilevato da uno studio condotto da Sergè - genomics, azienda spin-off dell’Università degli Studi di Siena, incaricata dal Consorzio della Denominazione San Gimignano di definire il genoma della Vernaccia di San Gimignano, che ha evidenziato una sostanziale uniformità genetica delle viti oggi produttive, riconducibile al fatto che tutte hanno una radice comune, senza infiltrazioni nel corso dei secoli di altri vitigni provenienti da altre regioni: “I dati ottenuti hanno consentito di individuare con chiarezza il profilo genotipico della Vernaccia coltivata nel comune di San Gimignano, confermando che questo coincide con il vitigno conservato nelle collezioni ufficiali di riferimento (C.R.A.- vit Conegliano Veneto) ……”

Nel corso dei secoli il lavoro umano ha plasmato la campagna, ha codificato le varie forme di allevamento, i sesti d’impianto, ha aggiornato le tecniche di vinificazione, ha introdotto l’utilizzo di altri vitigni a bacca bianca, complementari alla Vernaccia di San Gimignano, fino a giungere alla realtà odierna descritta dall’attuale disciplinare di produzione, frutto della tradizione e dell’innovazione che si pone l’obiettivo dell’ottenimento di vini di qualità sempre superiore.

Il disciplinare prevede ampia libertà nell’utilizzo delle forme di allevamento tradizionali toscane esclude tutte le forme di allevamento espanse perché incompatibili in ambiente collinare con clima sub mediterraneo.

Le pratiche relative all’elaborazione dei vini sono quelle tradizionalmente consolidate in zona per la vinificazione in bianco dei vini tranquilli, adeguatamente differenziate per tipologia; la Vernaccia di San Gimignano infatti è uno dei pochissimi vini bianchi italiani prodotti anche nella tipologia riserva: quest’ultima maggiormente strutturata e la cui elaborazione comporta un periodo di affinamento.

Il Vino DOCG Vernaccia di San Gimignano ha ottenuto il riconoscimento della Denominazione di Origine Controllata in data 3 marzo 1966, poi DOCG in data 9 luglio 1993.

Vino a Denominazione di Origine Controllata e Garantita - Approvato con D.M. 18.11. 2011, G.U. 284 del 06.12.2011

Denominazione aggiornata con le ultime modifiche introdotte dal D.M. 07.03.2014 


--- Confine regionale    --- Confine provinciale  ♦ Zona di produzione

 


Vino Val di Cornia Rosso (o Rosso della Val di Cornia) D.O.C.G.

La denominazione di origine controllata e garantita «Val di Cornia Rosso» è riservata ai vini che rispondono alle condizioni ed ai requisiti stabiliti dal disciplinare di produzione, per le seguenti tipologie:

  1. Val di Cornia Rosso
  2. Val di Cornia Rosso Riserva

1. Tipologie e Uve del Vino DOCG Val di Cornia

 

  • Val di Cornia Rosso (Vino Rosso)
  • Versioni: Secco
  • => 40% Vitigno Sangiovese
  • =< 60% Vitigni Cabernet Sauvignon e Merlot, da soli o congiuntamente;
  • =< 20% Vitigni a bacca nera idonei alla coltivazione nella regione Toscana.
  • => 12,50% Vol. Titolo alcolometrico
  • Vino Rosso dal colore rosso rubino di buona intensità, brillante, tendente al granato, odore vinoso, delicato e sapore asciutto, vellutato, armonico, di buon corpo, con eventuale sentore di legno.

  • Val di Cornia Rosso Riserva (Vino Rosso Invecchiato)
  • Versioni: Secco
  • => 40% Vitigno Sangiovese
  • =< 60% Vitigni Cabernet Sauvignon e Merlot, da soli o congiuntamente;
  • =< 20% Vitigni a bacca nera idonei alla coltivazione nella regione Toscana.
  • => 13% Vol. Titolo alcolometrico
  • Vino Rosso Invecchiato dal colore rosso rubino di buona intensità, brillante, tendente al granato, odore vinoso, delicato e sapore asciutto, vellutato, armonico, di buon corpo, con eventuale sentore di legno.

__________

(Legenda simboli: > maggiore di; < minore di; >< da-a; = uguale a; => uguale o maggiore di; =< uguale o minore di).


2. Territorio e Zona di produzione del Vino DOCG Val di Cornia

L'area geografica vocata alla produzione del Vino DOCG Val di Cornia Rosso si estende sulle colline situate a ovest della Toscana, in un territorio adeguatamente ventilato, luminoso e favorevole all'espletamento di tutte le funzioni vegeto-produttive delle vigne.

La Zona di Produzione del Vino Val di Cornia Rosso è localizzata in:

  • provincia di Livorno e comprende il territorio dei comuni di Suvereto, Sassetta e, in parte, il territorio dei comuni di Piombino, San Vincenzo e Campiglia Marittima.
  • provincia di Pisa e comprende il territorio del comune di Monteverdi Marittimo.

3. Vinificazione e Affinamento del Vino DOCG Val di Cornia

Nelle fasi di vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche leali e costanti della zona atte a conferire ai vini le loro peculiari caratteristiche di qualità. 

Le pratiche enologiche di vinificazione del Vino DOCG Val di Cornia prevedono, tra l'altro, che:

  • La resa massima dell’uva in vino DOCG Val di Cornia Rosso non dovrà essere superiore al 70%; nel caso tali parametri venissero superati entro il limite del 5%, l'eccedenza non potrà avere diritto alla DOCG. Oltre detti limiti decade il diritto alla DOCG per tutto il prodotto.
  • Il vino DOCG Val di Cornia Rosso con la qualifica Riserva non può essere immesso al consumo prima del 1° gennaio del terzo anno successivo a quello di produzione delle uve, fermo restando il periodo di affinamento obbligatorio minimo di diciotto mesi in contenitori di legno e di sei mesi in bottiglia.
  • Nella designazione dei Vini DOCG Val di Cornia Rosso può essere menzionata la dizione "Vigna" purchè sia seguita dal relativo toponimo e che siano rispettate determinate pratiche di vinificazione.
  • Sulle etichette di ciascuna tipologia di Vino DOCG Val di Cornia Rosso è obbligatorio riportare l'annata di produzione delle uve.

4. Produttori di Vino DOCG Val di Cornia

Con l’utilizzo della DOCG Val di Cornia Rosso i Produttori Vinicoli Toscani sono orgogliosi di presentare al consumatore un Vino di Qualità che ha più cose da raccontare rispetto ad altri: da dove proviene, come viene lavorato, le origini storiche e le caratteristiche che lo identificano in un territorio ben definito che l'appassionato o l'estimatore potrà maggiormente percepire ed apprezzare durante la Visita alle Cantine che operano nell'ambito di questa denominazione.


5. Abbinamenti gastronomici con il Vino DOCG Val di Cornia

Pientanze a base di carne bianca, polpettone alla fiorentina, coniglio, fagioli al fiasco, scottiglia.


6. Storia e Letteratura del Vino DOCG Val di Cornia

La storia della viticoltura in Val di Cornia parte da molto lontano, e si intreccia con la storia degli Etruschi, dei Romani, per poi passare dal basso ed alto medio evo ed arrivare ai giorni nostri. Probabilmente il primo segno della presenza e della coltivazione della vite in questa zona ci è testimoniato da Plinio il Vecchio il quale nella sua “Naturalis Historia” – libro XIV segnala che in Populonia c’era una vite talmente grande da averci scolpito il volto di Giove.

Questa vite è ricordata anche da Targioni Terzetti nel XVII secolo d.C. nel suo “Viaggio in Toscana”. L’impero Romano da queste parti sviluppò la coltivazione della vite e l’uso del vino in modo razionale ed esteso.

Nel XIV secolo la famiglia Della Gherardesca, proprietari feudali da Cecina fino a Follonica, dette un ulteriore impulso alla diffusione dell’attività vitivinicola effettuando piantagioni di vigneti nei nelle aree di Campiglia Marittima, Sassetta e Suvereto.

Un incremento più consistente ed esteso delle attività viticole ed enologiche si ebbe a partire dal XVII secolo, con la nascita dell’Accademia dei Georgofili e con lo spezzettamento del latifondo a causa della eredità e dei fallimenti economici dei proprietari, che dettero impulso ad una impostazione agricola diversa dal passato.

Intorno al 1830 si ebbero le prime bonifiche, ed esse portarono nuovi spazi agricoli ed anche nuovi vigneti e nuove cantine. Emanuele Repetti nel suo dizionario del 1843 scrive a proposito dei terreni bonificati “ …pianure e campi tramezzati di vignetie oliveti. Ora colui che attraversasse il piano di Campiglia e le pendici del suo poggio stupirebbe in vedere l’uno e l’altre coperte di vigne, di oliveti…vedrebbe vaste campagne adorne di vigneti disposti a filari, poggianti alle canne (anche se) alcune moderne piantagioni sono all’uso fiorentino…”

Gli archivi comunali offrono alcuni dati sulla consistenza dei vigneti molto interessanti. Nel 1834 la superficie vitata è di 530 ettari; nel 1842 sale a 748 ettari; nel 1875 scende a 582 ettari.

Agli inizi si pigiava l’uva nel vigneto per poi portare il mosto in fattoria o nella proprietà, nelle quali c’era la grande cantina. In seguito si fecero piccole cantine poderali. Il consumo del vino continuò ad avere i suoi canali: la maggior parte venduto in botti ed il resto per autoconsumo dei proprietari.

Le prime testimonianze di un certo valore culturale – eroico l’abbiamo nel 1886 con la partecipazione di cinque produttori di Suvereto all’Esposizione Mondiale di Roma; sette anni dopo tre produttori di Campiglia partecipano alla mostra di Zurigo; nel 1907 alcuni produttori sono ad un concorso enologico sui vini di Toscana.

Con il dopoguerra l’area cerca lentamente di avviare un percorso di valorizzazione e riconoscimento delle produzioni 6 vitivinicole, e con un progressivo lavoro di qualificazione dei vini, nel 1980 nasce la prima mostra dei vini della Val di Cornia e negli anni a venire il riconoscimento della DOC “Val di Cornia”.

Il Vino DOCG Val di Cornia Rosso ha ottenuto il riconoscimento della Denominazione di Origine Controllata e Garantita in data 18 novembre 2011.

Oltre 300 buyers, tra Importatori, Grossisti e Distributori in 70 paesi del mondo, sono le collaborazioni attive di Assovini.it

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