Assovini
Varietà: 107 IMPIGNO - Data di ammissione al Registro: 25/05/1970 - Gazzetta ufficiale: G.U. 149 - 17/06/1970
Il vitigno Impigno, a bacca bianca, viene coltivato nella regione Puglia.
L'Impigno è un vitigno che fu importato nella zona di Martina Franca verso l'inizio del '900 da un agricoltore ostunese, soprannominato appunto "Impigno". E' diffuso soprattutto nella provincia di Brindisi. E' una varietà che non ha particolari esigenze pedoclimatiche, preferendo terreni profondi dove la produzione è molto più abbondante.
- Caratteristiche del vitigno
- Foglia: media, quinquelobata
- Grappolo: medio, semplice o alato, non troppo compatto
- Acino: medio, obovale
- Buccia: sottile e tenera, non pruinosa e poco consistente, di colore verde ambrato.
- Denominazioni vinificate in Puglia
- Caratteristiche sensoriali del vino
- Dal vitigno Impigno si ottiene un vino semplice da pasto dal colore giallo paglierino, fruttato al naso, al palato risulta secco ed equilibrato. E' impiegato con Verdeca e Francavidda nell’uvaggio della DOC Ostuni Bianco.
Varietà: 085 FRANCAVIDDA - Data di ammissione al Registro: 25/05/1970 Gazzetta ufficiale: G.U. 149 - 17/06/1970
Il vitigno Francavidda a bacca bianca, viene coltivato nella regione Puglia.
Il Francavidda è un vitigno originario della provincia di Brindisi e il suo nome sembra derivare da Francavilla Fontana, il suo più importante areale di produzione. E' anche conosciuto con il sinonimo dialettale "Francaidda". E' un vitigno minore in termini di superficie coltivata e la sua sensibilità verso malattie ed altre avversità ha contribuito a ridurne la diffusione.
- Caratteristiche del vitigno
- Foglia: grande, intera o trilobata
- Grappolo: medio semplice, piuttosto serrato
- Acino: medio, sferico
- Buccia: pruinosa, di spessore medio, ruvida, di colore verdolino-biancastro
- Denominazioni vinificate in Puglia
- Caratteristiche sensoriali del vino
- Il vitigno Francavidda dà un vino di colore giallo paglierino con riflessi verdognoli. Al naso presenta note floreali ed erbacee, è di media complessità e fine. Al palato è sapido e moderatamente alcolico, morbido, con lieve retrogusto di mandorla amara. In genere il vitigno viene vinificato in uvaggio con altre varietà della zona di Ostuni.
Varietà: 028 BIANCO D'ALESSANO - Data di ammissione al Registro: 25/05/1970 Gazzetta ufficiale: G.U. 149 - 17/06/1970
Il vitigno Bianco d'Alessano a bacca bianca, viene coltivato nella regione Puglia.
L'origine di questo vitigno è sconosciuta. Le prime notizie della sua presenza nelle Murge Martinesi (Taranto) risalgono al 1870. In passato non veniva mai coltivato da solo, ma in consociazione con altre varietà locali, in particolare, con la Verdeca da cui negli ultimi anni è stato sostituito per la sua maggiore fertilità e perchè impartisce una colorazione verdolina ai vini di Martina Franca, carattere maggiormente apprezzato dal consumatore rispetto ai vini bianco paglierini, prodotti con il Bianco d'Alessano in purezza. E' diffuso in Puglia, nella zona della Murgia dei trulli e nelle valli adiacenti.
- Caratteristiche del vitigno
- Foglia: medio-grande, orbicolare
- Grappolo: medio-grande, cilindrico-conico, semplice o con un'ala, compatto.
- Acino: medio, sferico
- Buccia: spessa, pruinosa, di colore giallo uniforme.
- Denominazioni vinificate in Puglia
- Caratteristiche sensoriali del vino
- Vinificato in purezza, il vitigno Bianco d'Alessano dà un vino semplice dal colore giallo-paglierino scarico, profumi gradevoli, piacevolmente fruttato e floreale. Al palato è fresco e asciutto. Vinificato in blend con il vitigno Verdeca si ottiene un vino dal colore giallo paglierino con riflessi verdolini e un bouquet fine e delicato da consumarsi giovane.
Varietà: 002 AGLIANICO - Data di ammissione al Registro: 25/05/1970 Gazzetta ufficiale: G.U. 149 - 17/06/1970
Il vitigno Aglianico produce uve a bacca nera e viene coltivato nelle regioni: Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Lazio, Molise, Puglia, Sardegna, Sicilia, Umbria.
L’Aglianico è una varietà di uva molto antica, come testimonia anche il fatto che la sua famiglia nel corso dei secoli si è suddivisa in un gran numero di biotipi e sottovarietà: se non si può ancora parlare di vitigno popolazione, non ne siamo lontani. Tutto ciò ha creato non poche confusioni, con il proliferare per ogni biotipo di Aglianico di sinonimi corretti ed errati. Probabilmente sotto il grande cappello delle storiche “viti aminee” erano inglobate numerose varietà diverse.
Già Catone e Strabone comprendono almeno tre varietà distinte, poi Plinio e Columella le suddividono ulteriormente in cinque o sei tipi (Aminea, Aminea maior, Aminea minor, Aminea gemina maior, Aminea gemina minor, Aminea lanata). La prima domanda dunque, cui non si può dare una risposta certa, è se l’Aglianico odierno sia uno dei vitigni che hanno reso famosi nell’antichità i vini della Campania Felix, in particolare quelli dell’Ager falernus (Falernum, Gauranum, Faustianum e Caecubum), e quindi se in qualche modo esso sia imparentato con le Amineae.
Anche se Plinio le considera uve autoctone per la lunga permanenza e la perfetta acclimatazione al terroir del litorale e dell’entroterra della Campania, è certo che esse sono state importate da coloni greci provenienti dalla Tessaglia, forse dagli Eubei, che nell’VIII secolo a.C. fondarono l’Emporion di Pithekoussai (Ischia) e quello di Kumei (Cuma). Ma anche se accettiamo l’ipotesi della provenienza etrusca, alle Amineae non contestiamo la lontana origine greca, giacché esse sono riconducibili a un popolo pelasgico, i Tessali Aminei.
Successivamente, in riferimento ai vini campani, si è sempre parlato di Falerno; solo dalla metà del Cinquecento appare la dicitura Aglianico per vini prodotti sul Monte Somma. Sulla base di questa continuità storica e dell’analisi degli scritti di Columella, che descrive vitigni a maturazione tardiva, oltre che per motivi linguistici - in epoca aragonese (tra la fine del XV e l’inizio del XVI secolo) si ha il passaggio dal nome Hellenico ad Aglianico, e ciò pare plausibile se si considera che la doppia “ll” in spagnolo si pronuncia in maniera simile al “gli” italiano -, il Carlucci afferma all’inizio del Novecento che l’Aglianico è l’uva dei mitici vini dell’antichità.
Ma non si può comunque dire che i numerosi ampelografi del XIX secolo siano riusciti a fugare i dubbi cui un vitigno così variabile negli aspetti fenologici e così ricco di sinonimi - Molon (1906) ne ricorda più di una trentina - poteva dare origine. Più recentemente, Murolo (1985) ha avanzato l’ipotesi dell’assonanza esistente tra Gauranico (antico vino dell’Ager Falernus) e Glianico (denominazione dialettale di Aglianico), mentre Guadagno (1997) respinge l’origine greca dell’Aglianico, argomentando che la sua elevata acidità è tipica delle uve selvatiche. È considerata poco attendibile l’ipotesi che vuole il termine Aglianico proveniente dal latino juliatico (ovvero “uva che matura a Luglio”), perché il vitigno ha una maturazione tardiva e non precoce.
- Caratteristiche del vitigno
- Foglia: media, allungata, orbicolare oppure trilobata.
- Grappolo: medio-piccolo, cilindrico, molte volte alato, compatto.
- Acino: medio-piccolo, ellissoidale.
- Buccia: pruinosa, sottile, resistente, di colore nero.
- Denominazioni vinificate in Puglia
- Caratteristiche sensoriali del vino
- Le uve raccolte in condizioni ottimali raggiungono un elevato tenore zuccherino (22-23%) e conservano integra una forte acidità tartarica, che risulta ancora più elevata nel biotipo Aglianico Amaro o Beneventano; possiedono, inoltre, un'importante struttura tannica.
- Il vino che si ottiene è adatto al lungo invecchiamento in legno che stempera la robustezza dovuta alla componente acido-tannica. L'utilizzo della barrique, pratica molto diffusa in Campania e in Basilicata, riesce a domarne la foga, rendendo il vino più morbido e vellutato in tempi brevi.