Assovini
Varietà: 002 AGLIANICO - Data di ammissione al Registro: 25/05/1970 Gazzetta ufficiale: G.U. 149 - 17/06/1970
Il vitigno Aglianico produce uve a bacca nera e viene coltivato nelle regioni: Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Lazio, Molise, Puglia, Sardegna, Sicilia, Umbria.
L’Aglianico è una varietà di uva molto antica, come testimonia anche il fatto che la sua famiglia nel corso dei secoli si è suddivisa in un gran numero di biotipi e sottovarietà: se non si può ancora parlare di vitigno popolazione, non ne siamo lontani. Tutto ciò ha creato non poche confusioni, con il proliferare per ogni biotipo di Aglianico di sinonimi corretti ed errati. Probabilmente sotto il grande cappello delle storiche “viti aminee” erano inglobate numerose varietà diverse.
Già Catone e Strabone comprendono almeno tre varietà distinte, poi Plinio e Columella le suddividono ulteriormente in cinque o sei tipi (Aminea, Aminea maior, Aminea minor, Aminea gemina maior, Aminea gemina minor, Aminea lanata). La prima domanda dunque, cui non si può dare una risposta certa, è se l’Aglianico odierno sia uno dei vitigni che hanno reso famosi nell’antichità i vini della Campania Felix, in particolare quelli dell’Ager falernus (Falernum, Gauranum, Faustianum e Caecubum), e quindi se in qualche modo esso sia imparentato con le Amineae.
Anche se Plinio le considera uve autoctone per la lunga permanenza e la perfetta acclimatazione al terroir del litorale e dell’entroterra della Campania, è certo che esse sono state importate da coloni greci provenienti dalla Tessaglia, forse dagli Eubei, che nell’VIII secolo a.C. fondarono l’Emporion di Pithekoussai (Ischia) e quello di Kumei (Cuma). Ma anche se accettiamo l’ipotesi della provenienza etrusca, alle Amineae non contestiamo la lontana origine greca, giacché esse sono riconducibili a un popolo pelasgico, i Tessali Aminei.
Successivamente, in riferimento ai vini campani, si è sempre parlato di Falerno; solo dalla metà del Cinquecento appare la dicitura Aglianico per vini prodotti sul Monte Somma. Sulla base di questa continuità storica e dell’analisi degli scritti di Columella, che descrive vitigni a maturazione tardiva, oltre che per motivi linguistici - in epoca aragonese (tra la fine del XV e l’inizio del XVI secolo) si ha il passaggio dal nome Hellenico ad Aglianico, e ciò pare plausibile se si considera che la doppia “ll” in spagnolo si pronuncia in maniera simile al “gli” italiano -, il Carlucci afferma all’inizio del Novecento che l’Aglianico è l’uva dei mitici vini dell’antichità.
Ma non si può comunque dire che i numerosi ampelografi del XIX secolo siano riusciti a fugare i dubbi cui un vitigno così variabile negli aspetti fenologici e così ricco di sinonimi - Molon (1906) ne ricorda più di una trentina - poteva dare origine. Più recentemente, Murolo (1985) ha avanzato l’ipotesi dell’assonanza esistente tra Gauranico (antico vino dell’Ager Falernus) e Glianico (denominazione dialettale di Aglianico), mentre Guadagno (1997) respinge l’origine greca dell’Aglianico, argomentando che la sua elevata acidità è tipica delle uve selvatiche. È considerata poco attendibile l’ipotesi che vuole il termine Aglianico proveniente dal latino juliatico (ovvero “uva che matura a Luglio”), perché il vitigno ha una maturazione tardiva e non precoce.
- Caratteristiche del vitigno
- Foglia: media, allungata, orbicolare oppure trilobata.
- Grappolo: medio-piccolo, cilindrico, molte volte alato, compatto.
- Acino: medio-piccolo, ellissoidale.
- Buccia: pruinosa, sottile, resistente, di colore nero.
- Denominazioni vinificate in Sardegna
- Caratteristiche sensoriali del vino
- Le uve raccolte in condizioni ottimali raggiungono un elevato tenore zuccherino (22-23%) e conservano integra una forte acidità tartarica, che risulta ancora più elevata nel biotipo Aglianico Amaro o Beneventano; possiedono, inoltre, un'importante struttura tannica.
- Il vino che si ottiene è adatto al lungo invecchiamento in legno che stempera la robustezza dovuta alla componente acido-tannica. L'utilizzo della barrique, pratica molto diffusa in Campania e in Basilicata, riesce a domarne la foga, rendendo il vino più morbido e vellutato in tempi brevi.
Varietà: 247 UVA DI TROIA - Data di ammissione al Registro: 25/05/1970 Gazzetta ufficiale: G.U. 149 - 17/06/1970
Il vitigno Nero di Troia, a bacca nera, viene coltivato nelle regioni Campania e Puglia.
Il Nero di Troia è un vitigno autoctono della Puglia che negli ultimi anni sta recuperando il terreno perso nei confronti di altri vitigni della regione più conosciuti come il Primitivo e il Negro Amaro. Impiegato, come la maggior parte dei vitigni del Sud, principalmente per fare vino da taglio per i meno alcolici e strutturati vini del nord di un tempo non tanto passato. La rivincita del Uva di Troia parte dal suo nome, oggetto e terreno di facili e irriverenti battute ormai quasi superate per chi conosce le potenzialità di questo vitigno autoctono pugliese e per chi apprezza il mondo del vino.
Riguardo al nome “Uva di Troia” si sono fatte avanti tre ipotesi, la prima ha uno scenario “epico”, in quanto si dà l’Uva di Troia originaria proprio della storica città del’Asia minore di Troia descritta da Omero nei suoi racconti epici. Leggenda vuole che il vitigno sia arrivato in Italia meridionale, e precisamente lungo le coste pugliesi tramite i colonizzatori greci più di duemila anni fa. Altra ipotesi, meno suggestiva indica la cittadina albanese Cruja come origine dell’Uva di Troia, mentre più veritiera rimane la tesi che indica il vitigno, originario proprio della caratteristica città pugliese di Troia.
- Caratteristiche del vitigno
- Foglia: media, pentagonale, pentalobata
- Grappolo: grosso, piramidale, semplice o alato, mediamente compatto
- Acino: medio, sferoidale
- Buccia: ricoperta di pruina, spessa e consistente, quasi coriacea, di colore violetto
- Denominazioni vinificate in Puglia
- Caratteristiche sensoriali del vino
- Dal vitigno Uva di Troia, nei pochi casi quando viene vinificato in purezza, si ottengono vini di colore rosso rubino intenso con profondi riflessi violacei e di ottima consistenza. L’olfatto è ricco di frutta rossa come le more, ciliegie, prugne e fichi fioroni, sentori di spezie come il pepe nero e accenni di chiodi di garofano. Al gusto è un vino secco, sostenuto da una buona dose di alcol, abbastanza morbido per la componente tannica presente ma non irruenta e fastidiosa, sapido e abbastanza fresco. Vino strutturato, abbastanza equilibrato e intenso, buona la persistenza grazie al ritorno fruttato molto piacevole. Caratteristiche che possono portare i vini ottenuti con Uva di Troia anche ad affinamenti medio-lunghi.
- Produttori di Vino con utilizzo di uve "Uva di Troia"
- Di seguito l'elenco dei Produttori vinicoli della Puglia con la lista dei rispettivi Vini prodotti in tutto o in parte con uve "Uva di Troia" e il Certificato di Qualità rilasciato dal Panel Assovini Sommelier.
ELENCO PRODUTTORI
Varietà: 229 SUSUMANIELLO - Data di ammissione al Registro: 17/04/1974 - Gazzetta ufficiale: Reg. CEE 925/74 in G.U.C.E. L 111 - 24/04/1974
Il vitigno Susumaniello, a bacca nera, viene coltivato nella regione Puglia.
Il Susumaniello è un vitigno di probabili origini dalmate, e deve il nome alla sua caratteristica di essere particolarmente produttivo in età giovanile, tanto da “caricarsi come un asino” e da qui l’appellativo di “susumaniello”. Nella fase della maturità, dopo circa 10 anni, la produttività scende sensibilmente. Se il negroamaro ha una produttività naturale di 4-5 kg per pianta e il sangiovese di 4-7, il susumaniello non supera 1-1,2 kg per ceppo.
E' coltivato solo nel brindisino, e non lo si deve confondere con il somarello rosso coltivato a Barletta, nel barese.
- Caratteristiche del vitigno
- Foglia: media, pentagonale, quinquelobata
- Grappolo: medio, piramidale, composto, allungato e compatto
- Acino: medio, sferoidale
- Buccia: pruinosa, di medio spessore ma poco consistente, di colore bluastro
- Denominazioni vinificate in Puglia
- Caratteristiche sensoriali del vino
- Dal vitigno Susumaniello si ottiene un vino rosso rubino intenso. Al naso è fruttato e vegetale, con un certo tono "rustico". Al palato esprime un buon tenore alcolico, tannico e dotato di una buona dose di acidità che lo rende un vino predisposto ad un medio invecchiamento.
Varietà: 179 PAMPANUTO - Data di ammissione al Registro: 22/03/1971 - Gazzetta ufficiale: G.U. 98 - 24/04/1971
Il vitigno Pampanuto, a bacca bianca, viene coltivato nella regione Puglia.
Il Pampanuto è un vitigno scoperto nell'800 e citato in alcuni testi dell'epoca. Dal secolo scorso era conosciuto con il nome di Pampanuto di Terlizzi, dall'omonimo paesino dove era diffusamente coltivato. Spesso lo si trova associato nei filari con Bombino Bianco.
L'area di maggiore diffusione è compresa tra i comuni di Corato, Ruvo di Puglia e Minervino, in provincia di Bari. Raramente vinificato in purezza, il Pampanuto è impiegato in uvaggio con altri vitigni, tra cui Trebbiano Giallo e il Bombino Bianco.
- Caratteristiche del vitigno
- Foglia: media, orbicolare e pentalobata.
- Grappolo: medio, conico o piramidale, mediamente compatto o compatto.
- Acino: medio, sferoidale.
- Buccia: pruinosa, abbastanza spessa e consistente, di colore verde-giallo.
- Denominazioni vinificate in Puglia
- Caratteristiche sensoriali del vino
- Dal vitigno Pampanuto si ottiene un vino di colore giallo paglierino con profumi freschi, fragranti e leggermente fruttati, il gusto fine e delicato.