Assovini
Vino a Denominazione di Origine Controllata - Approvato con D.M. 03.10.1994, G.U. 238 del 11.10.1994
Denominazione aggiornata con le ultime modifiche introdotte dal D.M. 07.03.2014
--- Confine regionale --- Confine provinciale ♦ Zona di produzione
Vino Campi Flegrei D.O.C.
La denominazione di origine controllata “Campi Flegrei” è riservata ai vini che rispondono alle condizioni e ai requisiti stabiliti dal disciplinare di produzione per le seguenti categorie e tipologie:
- Bianco
- Rosso
- Falanghina
- Piedirosso o Pér e palummo rosso
- Piedirosso o Pér e palummo rosso riserva
- Piedirosso o Pér e palummo rosato
- Piedirosso passito
- Falanghina passito
- Falanghina spumante
1. Tipologie e Uve del Vino DOC Campi Flegrei
- Campi Flegrei Bianco (Vino Bianco)
- Versioni: Secco
- >< 50-70% Vitigno Falanghina
- =< 50% Vitigni a bacca bianca idonei alla coltivazione nella provincia di Napoli
- => 10,5% Vol. Titolo alcolometrico
- Vino Bianco dal colore paglierino più o meno intenso, odore vinoso, delicato e sapore fresco, secco, armonico.
- Campi Flegrei Rosso (Vino Rosso)
- Versioni: Secco
- => 50% Vitigno Piedirosso
- => 30% Vitigno Aglianico
- =< 20% Vitigni a bacca nera idonei alla coltivazione nella provincia di Napoli
- => 11,5% Vol. Titolo alcolometrico
- Vino Rosso dal colore rosso rubino più o meno intenso tendente al granato con l’invecchiamento, odore vinoso, gradevole, caratteristico e sapore asciutto, tipico, armonico.
- Campi Flegrei Falanghina (Vino Bianco)
- Versioni: Secco
- => 90% Vitigno Falanghina
- =< 10% Vitigni a bacca bianca idonei alla coltivazione nella provincia di Napoli
- => 11% Vol. Titolo alcolometrico
- Vino Bianco dal colore paglierino più o meno intenso con riflessi verdognoli, odore delicato, gradevole, caratteristico e sapore secco, armonico, morbido.
- Campi Flegrei Piedirosso (o Pér e Palummo) Rosso (Vino Rosso)
- Versioni: Secco
- => 90% Vitigno Piedirosso (o Pér e Palummo)
- =< 10% Vitigni a bacca nera idonei alla coltivazione nella provincia di Napoli
- => 11,5% Vol. Titolo alcolometrico
- Vino Rosso dal colore rosso rubino più o meno intenso, tendente al granato con l’invecchiamento, odore intenso, caratteristico e sapore asciutto, armonico.
- Campi Flegrei Piedirosso (o Pér e Palummo) Rosato (Vino Rosato)
- Versioni: Secco
- => 90% Vitigno Piedirosso (o Pér e Palummo)
- =< 10% Vitigni a bacca nera idonei alla coltivazione nella provincia di Napoli
- => 11,5% Vol. Titolo alcolometrico
- Vino Rosato dal colore variabile da rosa tenue a rosa cerasuolo, odore intenso, complesso, fine, fruttato e sapore secco, morbido, fresco, sapido.
- Campi Flegrei Piedirosso (o Pér e Palummo) Passito (Vino Rosso Passito)
- Versioni: Secco /Abboccato /Amabile /Dolce
- => 90% Vitigno Piedirosso (o Pér e Palummo)
- =< 10% Vitigni a bacca nera idonei alla coltivazione nella provincia di Napoli
- => 17% Vol. Titolo alcolometrico
- Vino Rosso Passito dal colore colore rosso rubino più o meno intenso, tendente al granato con l’invecchiamento, odore intenso, gradevole,caratteristico e sapore dal secco al dolce, armonico, morbido, caratteristico.
- Campi Flegrei Falanghina Spumante (Vino Bianco Spumante)
- Versioni: Spumante Brut /Extra-dry
- => 90% Vitigno Falanghina
- =< 10% Vitigni a bacca bianca idonei alla coltivazione nella provincia di Napoli
- => 11,5% Vol. Titolo alcolometrico
- Vino Bianco Spumante dalla spuma fine e persistente, colore paglierino più o meno carico, odore delicato, caratteristico e sapore da brut a extradry.
- Campi Flegrei Falanghina Passito (Vino Bianco Passito)
- Versioni: Secco /Abboccato /Amabile /Dolce
- => 90% Vitigno Falanghina
- =< 10% Vitigni a bacca bianca idonei alla coltivazione nella provincia di Napoli
- => 15% Vol. Titolo alcolometrico
- Vino Bianco Passito dal colore giallo dorato tendente all’ambrato, odore intenso, complesso, fine, vinoso e sapore dal secco al dolce, caldo, morbido.
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(Legenda simboli: > maggiore di; < minore di; >< da-a; = uguale a; => uguale o maggiore di; =< uguale o minore di).
2. Territorio e Zona di produzione del Vino DOC Campi Flegrei
L'area geografica vocata alla produzione del Vino DOC Campi Flegrei è situata nel settore centrale della Piana della Campania in cui insiste il complesso vulcanico dei Campi Flegrei, ad ovest della città di Napoli, che si distingue per essere un territorio tra i più ricchi in fatto di storia e bellezze naturalistiche.
La Zona di Produzione del Vino DOC Campi Flegrei è localizzata in:
- provincia di Napoli e comprende il territorio dei comuni di Procida, Pozzuoli, Bacoli, Monte di Procida, Quarto e, in parte, il territorio del comune Marano di Napoli.
3. Vinificazione e Affinamento del Vino DOC Campi Flegrei
Nelle fasi di vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche leali e costanti della zona atte a conferire ai vini le loro peculiari caratteristiche di qualità.
Le pratiche enologiche di vinificazione dei Vini DOC Aversa prevedono, tra l'altro, che:
- La resa massima dell’uva in vino DOC Campi Flegrei non dovrà essere superiore al 70% e del 45% per le tipologie di Vino Passito.
- Le pratiche enologiche di vinificazione prevedono, tra l'altro, che le etichette apposte sulle bottiglie dei Vini DOC Campi Flegrei devono obbligatoriamente riportare l’annata di produzione delle uve ad esclusione di quelle relative ai Vini Spumanti.
4. Produttori di Vino DOC Campi Flegrei
Con l’utilizzo della DOC Campi Flegrei i Produttori Vinicoli Campani sono orgogliosi di presentare al consumatore un Vino di qualità che ha più cose da raccontare rispetto ad altri: da dove proviene, come viene lavorato, le origini storiche, le caratteristiche e le peculiarità che lo identificano in un territorio ben definito, soprattutto durante la Visita alle Cantine che operano nell'ambito di questa denominazione.
5. Abbinamenti gastronomici con il Vino DOC Campi Flegrei
Il Campi Flegrei Falanghina si abbina con frutti di mare, anche crudi, pesce nobile e crostacei, alla griglia o salsati, frittura di triglie e impepata di cozze. Il Campi Flegrei Piedirosso o Per' è Palummo si abbina bene con la parmigiana di melanzane, mentre il Piedirosso o Per' è Palummo Passito, che è un vino da dessert, si accompagna con i dolci della gastronomia partenopea, come babà e sfogliatelle.
6. Storia e Letteratura del Vino DOC Campi Flegrei
I vitigni della zona flegrea esistono da centinaia d’anni e portano alla luce le loro antiche origini nei dintorni del lago d’Averno, dove sono coltivati ancora a “piede franco”.
La fillosserica in quest’areale, non si è mai manifestata grazie alla tessitura e natura dei terreni vulcanici. Oggi viene coltivata nei luoghi della prima colonia ellenica, un territorio di matrice vulcanica e per questo dotato di grande ricchezza nutritiva.
Una fondata ipotesi è che l’origine del nome “Falanghina” è dovuta al tutore in legno di sostegno alla vite detto localmente “falanga”. Spesso si riscontrano i vecchi sistemi di allevamento a propagine lunga “metodo Puteolano” con piante secolari.
Il Vino DOC Campi Flegrei ha ottenuto il riconoscimento della Denominazione di Origine Controllata in data 3 ottobre 1994.
Denominazione di Origine Controllata - Approvato con D.M. 31.07.1993, G.U. 188 del 12.08.1993
Denominazione aggiornata con le ultime modifiche introdotte dal D.M. 07.03.2014
--- Confine regionale --- Confine provinciale ♦ Zona di produzione
Vino Aversa D.O.C.
La denominazione di origine controllata “Aversa”, seguita dal nome del vitigno Asprinio è riservata ai vini che rispondono alle condizioni e ai requisiti stabiliti dal disciplinare di produzione per le seguenti tipologie:
- Aversa Asprinio
- Aversa Asprinio Spumante
1. Tipologie e Uve del Vino DOC Aversa
- Aversa Asprinio (Vino Bianco)
- Versioni: Secco
- => 85% Vitigno Asprinio
- =< 15% Vitigni a bacca bianca idonei alla coltivazione nelle province di Caserta e Napoli
- => 10,5% Vol. Titolo alcolometrico
- Vino Bianco dal colore giallo paglierino più o meno carico, profumo intenso, fruttato, caratteristico, dal sapore secco, fresco, caratteristico.
- Aversa Asprinio Spumante (Vino Bianco Spumante)
- Versioni: Spumante Brut
- = 100% Vitigno Asprinio
- => 11% Vol. Titolo alcolometrico
- Vino Spumante Bianco dalla spuma fine e persistente, colore giallo paglierino più o meno intenso, profumo fine, fragrante, caratteristico e sapore secco, fresco, caratteristico.
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(Legenda simboli: > maggiore di; < minore di; >< da-a; = uguale a; => uguale o maggiore di; =< uguale o minore di).
2. Territorio e Zona di produzione del Vino DOC Aversa
L'area geografica vocata alla produzione del Vino DOC Aversa è situata in una pianura geologicamente omogenea posta a Nord dei campi Flegrei tra Orta di Atella ad Est, Casal di Principe a Nord, Villa Literno ad Ovest e Qualiano a Sud.
La Zona di Produzione del Vino DOC Aversa è localizzata in:
- provincia di Caserta, il territorio dei comuni di Aversa, Carinaro, Casal di Principe, Casaluce, Casapesenna, Cesa, Frignano, Gricignano di Aversa, Lusciano, Orta di Atella, Parete, San Cipriano d’Aversa, San Marcellino, Sant’Arpino, Succivo, Teverola, Trentola – Ducenta, Villa di Briano e Villa Literno;
- provincia di Napoli, il territorio dei comuni di Giugliano, Qualiano e Sant’Antimo.
3. Vinificazione e Affinamento del Vino DOC Aversa
Nelle fasi di vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche leali e costanti della zona atte a conferire ai vini le loro peculiari caratteristiche di qualità.
Le pratiche enologiche di vinificazione dei Vini DOC Aversa prevedono, tra l'altro, che:
- La resa massima dell’uva in vino DOC Aversa non dovrà essere superiore al 70%; nel caso tali parametri venissero superati, l'eccedenza non potrà avere diritto alla DOC, ma potrà essere riclassificata nelle tipologie Vini da Tavola o IGT.
4. Produttori di Vino DOC Aversa
Con l’utilizzo della DOC Aversa i Produttori Vinicoli Campani sono orgogliosi di presentare al consumatore un Vino di qualità che ha più cose da raccontare rispetto ad altri: da dove proviene, come viene lavorato, le origini storiche, le caratteristiche e le peculiarità che lo identificano in un territorio ben definito, soprattutto durante la Visita alle Cantine che operano nell'ambito di questa denominazione.
5. Abbinamenti gastronomici con il Vino DOC Aversa
Piatti a base di pesce: zuppe alla marinara, ostriche, crostacei e pizza. Fritti tipici della cucina campana: alici fritte, piccole anguille fritte, rane fritte, nonchè mozzarella di bufala in carrozza, primi piatti al sugo di pesce senza pomodoro.
6. Storia e Letteratura del Vino DOC Aversa
Secondo alcuni ampelografi in Puglia il vitigno riceverebbe il nome di “Olivese”, “Ragusano” e “Ragusano bianco”. Nelle aree aversane, maddalonese e casertana, invece, è ricorrente la denominazione di “Asprinio” – “Asprino” – “Uva Asprinia”. Più consona risulta, comunque, la terminologia di “Asprinio di Aversa”, la cui codificazione è ormai accettata dagli operatori agricoli dagli Enti locali preposti alla tutela ed alla valorizzazione della produzione viticola.
Secondo Giampaglia, il vitigno Asprinio deriverebbe dalla “tribù dei Pinot” e sarebbe stato introdotto nel Napoletano nel secolo scorso durante la dominazione francese. A sostegno di questa ipotesi vale la considerazione avallata dagli stessi agricoltori, secondo i quali, nel passato, l’uva asprinia veniva acquistata da commercianti francesi e ungheresi, per poi utilizzarla nella preparazione di vino spumante.
Altri sostengono che il vitigno in parola derivi direttamente dal “Greco” e ciò verrebbe confermato da quanto scriveva, nel 1804, Nicola Columella Onorati che elencando le principali varietà di uva che si coltivano nell’agro alifano, cosi si esprimeva: “L’uva asprinia, della quale varietà di uva bianca si fa il Greco in buona parte in Campania è conosciuta sotto il nome di Asprinio di Aversa”. Ma gli stessi cultori dell’epoca non sembrano condividere tali affermazioni, perché le differenze morfologiche tra “Greco” ed “Asprinio” risulterebbero tali da non lasciare alcun dubbio.
Secondo notizie tramandate da Sante Lancerio, cantiniere di S.S. Papa Paolo III Farnese, la coltura del vitigno risalirebbe agli inizi del ‘500, cioè in un’epoca anteriore alla dominazione francese. Infatti, ne “I Viaggi di Papa Paolo III”, il Lancerio dice che S.S. usava l’Asprinio come bevanda dissetante servendosene prima di coricarsi. Lo stesso autore facendo le lodi a questo vino “diuretico” dice che il migliore è quello di Aversa, apprezzato dai commercianti perché “li cortigiani et cortigiane corrono volentieri alla foglietta” (la “foglietta” è una misura di capacità del vino, circa mezzo litro).
Anche la tradizione popolare vuole far risalire la coltivazione dell’Asprinio nella zona ai primi del ‘500. Si vuole, ma senza alcuna prova storica, che Luigi XII di Valais, Re di Francia detto “Padre del Popolo” (nato a Blais 1462 – morto a Parigi 1515), disceso nella penisola italiana all’inizio del 1500 ed impadronitosi prima del Ducato di Milano e quindi del Regno di Napoli che, poi, dovette cedere agli Spagnoli (1504), importasse dalla Francia una certa quantità di vitigni che, avendoli fatti mettere a sito nelle terre del Casertano, ne ottenne l’Asprinio.
A convalidare l’antichità di questo gradevole prodotto enologico va ricordato che da un “Assisa del vino” in data 15 febbraio 1640 risulta che il prezzo dell’Asprinio era di denari nove la caraffa, (la “caraffa” equivalente a trentatre once di liquido, poco meno di un litro). Questo tipico prodotto partenopeo che, forse, aveva in un certo qual modo colpito l’attenzione della moglie del Re Gioacchino Murat, portò la Regina Carolina a scrivere in una lettera: “Questa e la terra promessa, nella campagna si vedono festoni di viti attaccati agli alberi con sparsi grappoli di uva assai più belli di quelli che gli Ebrei portarono a Mosè.
Spero che quanto ti dico ti ispiri il desiderio di venire a vedere questo paese, vale la pena di fare cinquecento leghe per vederlo.” Non si può escludere che la principessa napoleonica fosse stata attratta proprio dal vitigno Asprinio allevato secondo il sistema classico ad alberata, detto anche “Sistema Aversano”. E poiché, se è vero, che tutto torna alle origini giova ricordare che dall’Asprinio si ottennero i primi spumanti secchi che, prodotti con le più pregiate uve dei Siti Reali dell’aversano, trovarono favorevole accoglienza nella vicina Francia.
Pare che lo stesso Garibaldi lo abbia apprezzato in una rustica colazione dopo la battaglia del Volturno. Diversamente dagli altri il Redi evidenzia , con un certo dispregio, la caratteristica acidità del Vini Asprinio, definendolo “bevanda agreste”: ma, ricorda il Monelli, forse per ripicca a seguito di contrasti con l’Avvocato napoletano Francesco d’Andrea.
Rendella, a sua volta, riferisce di un vino Asprinio facile a digerirsi, ma poco serbevole per cui ne consiglia il consumo prima dei forti calori estivi, raccomandandone la conservazione in grotte scavate nel tufo a profondità di 15-20 metri, affinché la temperatura si mantenga costantemente bassa.
In queste cantine, tutt’ora esistenti, il vino si conserva bene e si presenta frizzante a causa dell’anidride carbonica che si svolge dalla fermentazione lenta che, favorita dall’ambiente fresco, si dissolve facilmente nella massa.
Da rilevare, la testimonianza di Vincenzo Sammola, secondo il quale il maggior consumo di vino a Napoli era appannaggio del tipo rosso mentre “solo nell’estate avanzata” la preferenza era accordata al vino bianco “Asprinio di Aversa”.
Nel 1839 nel suo “Corricolo”, interessante tra l’altro per una classificazione delle pizze d’epoca, Alessandro Dumas, definì l'Asprinio come l’unico vino capace di andar bene con la pizza e gli spaghetti. Il Bruno Bruno, invece lo definisce atto su lucci e anguille, riportando un giudizio di Veronelli, che è rimasto affascinato dall’Asprinio di Aversa: “Quando l’ho bevuto, mi sono emozionato. Ero in campagna da un contadino, dalle parti di Aversa, e quell’ Asprinio era eccezionalmente buono. Ben lavorato, fragile, elegante. Quello che mi fa rabbia è la consapevolezza di non poterlo ritrovare.
L’Asprinio di Aversa sarebbe un vino splendido se venisse valorizzato”. È questo è l’obiettivo che si prefigge la proposta di conferimento della Denominazione di Origine Protetta per il vino “Asprinio di Aversa”, dare dignità ed un futuro ad un vino di grande pregio e tradizione.
La DOC Aversa è stata riconosciuta con Decreto ministeriale del 31 luglio 1993.
Vino a Denominazione di Origine Controllata e Garantita - Approvato DOC con D.P.R. 26.03.1970, G.U. 129 del 25.05.1970 - Approvato DOCG con D.M. 11.03.1993, G.U. 72 del 27.03.1993
Denominazione aggiornata con le ultime modifiche introdotte dal D.M. 07.03.2014
--- Confine regionale --- Confine provinciale ♦ Zona di produzione
Vino Taurasi D.O.C.G.
La Denominazione di Origine Controllata e Garantita “Taurasi”, è riservata ai vini che rispondono alle condizioni e ai requisiti stabiliti dal disciplinare di produzione per le seguenti tipologie:
- Rosso
- Rosso Riserva
1. Tipologie e Uve del Vino DOCG Taurasi
- Taurasi Rosso (Vino Rosso)
- Versioni: Secco
- => 85% Vitigno Aglianico
- =< 15% Vitigni a bacca nera idonei alla coltivazione nella provincia di Avellino
- => 12% Vol. Titolo alcolometrico
- Vino Rosso dal colore rubino intenso tendente al granato fino ad acquistare riflessi arancioni con l’invecchiamento, odore caratteristico, etereo, gradevole più o meno intenso e dal sapore asciutto, pieno, armonico, equilibrato, con retrogusto persistente.
- Taurasi Rosso Riserva (Vino Rosso Invecchiato)
- Versioni: Secco
- => 85% Vitigno Aglianico
- =< 15% Vitigni a bacca nera idonei alla coltivazione nella provincia di Avellino
- => 12,5% Vol. Titolo alcolometrico
- Vino Rosso dal colore rubino intenso tendente al granato fino ad acquistare riflessi arancioni con l’invecchiamento, odore caratteristico, etereo, gradevole più o meno intenso e dal sapore asciutto, pieno, armonico, equilibrato, con retrogusto persistente.
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(Legenda simboli: > maggiore di; < minore di; >< da a; = uguale a; => uguale o maggiore di; =< uguale o minore di).
2. Territorio e Zona di produzione del Vino DOCG Taurasi
L’orografia collinare del territorio di produzione e l’esposizione prevalente dei vigneti, orientati ad Sud-Est/Sud-Ovest, e localizzati in zone particolarmente vocate alla coltivazione della vite, concorrono a determinare un ambiente adeguatamente ventilato, luminoso, favorevole all’espletamento equilibrato di tutte le funzioni vegeto-produttive della pianta.
La Zona di Produzione del Vino DOCG Taurasi è localizzata in:
- provincia di Avellino e comprende il territorio dei comuni di Taurasi, Bonito, Castelfranci, Castelvetere sul Calore, Fontanarosa, Lapio, Luogosano, Mirabella Eclano, Montefalcione, Montemarano, Montemileto, Paternopoli, Pietradefusi, Sant’Angelo all’Esca, San Mango sul Calore, Torre le Nocelle e Venticano.
3. Vinificazione e Affinamento del Vino DOCG Taurasi
Nelle fasi di vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche leali e costanti della zona atte a conferire ai vini le loro peculiari caratteristiche di qualità.
Le pratiche enologiche di vinificazione dei Vini DOCG Taurasi prevedono, tra l'altro, che:
- La resa massima delle uve in vino non deve essere superiore al 70% al primo travaso e non dovrà superare il 65% dopo il periodo di invecchiamento obbligatorio.
- Il vino Taurasi Rosso deve essere sottoposto a un periodo di invecchiamento obbligatorio di almeno tre anni di cui almeno uno in botti di legno.
- Il vino Taurasi Rosso Riserva deve essere sottoposto a un periodo di invecchiamento obbligatorio di almeno quattro anni, di cui almeno diciotto mesi in botti di legno.
- È consentita l’aggiunta, a scopo migliorativo, di vino Taurasi "più giovane" a identico Taurasi "più vecchio", o viceversa, nella misura massima del 15%.
4. Produttori di Vino DOCG Taurasi
Con l’utilizzo della DOCG Taurasi i Produttori Vinicoli Campani sono orgogliosi di presentare al consumatore un Vino di qualità che ha più cose da raccontare rispetto ad altri: da dove proviene, come viene lavorato, le origini storiche, le caratteristiche e le peculiarità che lo identificano in un territorio ben definito, soprattutto durante la Visita alle Cantine che operano nell'ambito di questa denominazione.
5. Abbinamenti gastronomici con il Vino DOCG Taurasi
Lasagna napoletana, Agnello al forno con patate. Il Rosso Riserva si abbina carni rosse e scure, arrosti e formaggi pecorini stagionati e piccanti.
6. Storia e Letteratura del Vino DOCG Taurasi
L’Aglianico di Taurasi, vitigno antichissimo, probabilmente originario della Grecia viene introdotto in Italia intorno al VII-VI secolo a.C.. Non ci sono certezze sulle origini del nome, che potrebbero risalire all’antica città di Elea (Eleanico), sulla costa tirrenica della Lucania, o essere più semplicemente una storpiatura della parola Ellenico secondo cui il nome originario (Elleanico o Ellenico) divenne Aglianico durante la dominazione aragonese nel corso del XV secolo, a causa della doppia l pronunciata "gli" nell’uso fonetico spagnolo.
Il nome del vino trae origine dalla storica e antica l’arx Taurasia, una delle ventuno città-campagna fondate dagli irpini, popolazione federata ai sanniti. L’arx non è una vera e propria città, poiché è esclusivamente sede del mercato, sito deputato all’amministrazione della giustizia, alla celebrazione dei sacrifici, luogo di raduno in tempo di pace e di ricovero dalle offese nemiche in caso di guerra, gli abitanti, invece, vivono sparsi nel territorio circostante, raggruppati nei vici e nei pagi, cui corrispondono le attuali frazioni e i casali, collegati mediante numerose strade, che popolano le colline del Calore e che sono, ancor’oggi, attuale area produttiva del Taurasi.
Taurasi è fulcro di avvenimenti storici significativi, distrutta e ricostruita più volte nel corso della sua storia. Sarà distrutta dai Romani nel 268 a.C e qui e nei circostanti Campi Taurasini (“Ager Taurasinus”), nel II secolo a.C.. i romani deportano i liguri apuani – popolazione di stirpe celtica - che qui, trovando zone molto fertili, riprendono la coltivazione dei campi e della vite cosiddetta “greca” largamente coltivata dalle popolazioni native annientate. Nel 42 a.C., dopo la battaglia di Filippi in Macedonia, il territorio di Taurasia è assegnato ai soldati romani veterani che vinificano la “vitis ellenica” da loro portata dalla Macedonia.
Sotto Augusto, dopo che le terre dei campi taurasini erano state distribuite a schiere di veterani, sono realizzate una serie di opere civiche e intensificata la rete stradale, per assicurare sicurezza e fornire nuovo impulso all’agricoltura. Le popolazioni Irpine ritornano a dedicarsi all’agricoltura e alle industrie e Taurasi diviene un importante centro agricolo - produttivo assumendo, come testimoniano Tito Livio, Plinio il Vecchio, Strabone o Cluverio, un ruolo strategico economico-militare di primaria importanza. ubicata quasi al centro dell’altipiano irpino individuato a oriente da Aeclanum, a nord da Cluvia (Fulsula – odierna Montefusco), a nord-est da Maleventum, a sud-est da Aquilonia, Romules e Trivicum e posta a 1,5 km circa dalla sponda destra del fiume Calore. Questa area, tutt’oggi, è l’immutata area dei Campi Taurasini e corrisponde all’area produttiva del vino Taurasi.
Testimonianza storico-letterarie sulla presenza della vite e, in particolar modo, del vitigno Aglianico nell’attuale area produttiva del Taurasi è data da Tito Livio, nel suo Ab Urbe Condita, che descrive una “Taurasia dalle vigne opime” fornitrice di ottimo vino per l’Impero,dove si allevava la vite Greca o Ellenica. Risale al 1167 d.C. il primo documento, a oggi, conosciuto nel quale è citato che la vite coltivata in Taurasi viene chiamata dagli Spagnoli “Aglianica”; e furono gli spagnoli che, a causa della loro pronuncia, trasformarono il nome della vite Ellanico o Ellanico in Aglianico. Nel 1898 lo Strafforello scrive: ”Nelle buone annate il vino è assai copioso e molto se ne esporta nelle province limitrofe, principalmente col nomi di vino “Taurasio” ed altri. Il migliore si raccoglie nei Comuni di Taurasi”. La rinascita moderna del Taurasi fa data al XIX secolo, quando i vini Irpini diventano il supporto e la salvezza per i tanti produttori di vino del nord Italia e Francia, i cui vigneti erano stati distrutti dal flagello fillosserico. A Taurasi la “Ferrovia del vino” era così chiamata a causa della gran quantità di vino che partiva dallo scalo verso il Nord del paese e soprattutto Bordeaux.
Alla fine del secolo scorso, nel 1878, la lungimiranza e la grande cultura di Francesco De Sanctis avevano portato alla costituzione dell’Istituto Agrario di Avellino ad indirizzo Enologico e questa scelta ha fatto si che la straordinaria potenzialità varietale e tecnologica non andasse perduta, ma salvaguardata e valorizzata e a tutt’oggi l’Istituto sforna esperti agronomi ed enologi, i quali, innestando, potando, solforando le viti e vinificando personalmente, hanno salvaguardato un patrimonio ampelografico che ancora oggi resta quasi sconosciuto. La vite divenne in Irpinia la più importante fonte di ricchezza della porvincia (A. Valente) e occupava 63.000 ettari di cui oltre 2000 in coltura specializzata (F. Madaluni 1929). Nel 1934, A.Iannaccone nei “Vini dell’Avellinese”: “appare evidente che l’industria vinicola rappresenta un’attività agraria d’importanza grandissima da cui ripente la floridezza economica di numerosi paesi della provincia”.
Nel 1970, il Catasto Viticolo, dopo la distruzione fillosserica ,una guerra mondiale e la ricostruzione, conferma che gli ettari di Aglianico impiantati in Irpinia e in prevalenza nell’agro Taurasino ammontino ad oltre 4.80 in coltura specializzata e circa 1800 in coltura consociata. Nello stesso periodo però, con una presa di coscienza che imprime una svolta epocale alla produzione viticola Irpina, cominciano a sorgere le prime cantine di imbottigliamento, che nel corso degli anni hanno portato in giro per il mondo la qualità e la grande tipicità dell’uva Aglianico.
Vino a Denominazione di Origine Controllata e Garantita - Approvato DOC con D.P.R. 26.03.1970, G.U. 130 del 26.05.1970 - Approvato DOCG con D.M. 18.07.2003, G.U. 180 del 05.08.2003
Denominazione aggiornata con le ultime modifiche introdotte dal D.M. 07.03.2014
--- Confine regionale --- Confine provinciale ♦ Zona di produzione
Vino Greco di Tufo D.O.C.G.
La Denominazione di Origine Controllata e Garantita “Greco di Tufo”, è riservata ai vini che rispondono alle condizioni e ai requisiti stabiliti dal disciplinare di produzione per le seguenti tipologie:
- Bianco
- Spumante
1. Tipologie e Uve del Vino DOCG Greco di Tufo
- Greco di Tufo Bianco (Vino Bianco)
- Versioni: Secco
- => 85% Vitigno Greco bianco
- =< 15% Vitigno Coda di Volpe bianca
- => 11,50% Vol. Titolo alcolometrico
- Vino Bianco dal colore giallo paglierino più o meno intenso, odore gradevole, intenso, fine, caratteristico e dal sapore fresco, secco e armonico.
- Greco di Tufo Spumante (Vino Bianco Spumante)
- Versioni: Spumante Extra-brut /Brut
- => 85% Vitigno Greco bianco
- =< 15% Vitigno Coda di Volpe bianca
- => 12% Vol. Titolo alcolometrico
- Vino Bianco Spumante dalla spuma fine e persistente, colore giallo paglierino più o meno intenso con riflessi verdognoli o dorati, odore caratteristico, gradevole, con delicato sentore di lievito e dal sapore sapido, fine e armonico, del tipo "extrabrut" o del tipo "brut".
2. Territorio e Zona di produzione del Vino DOCG Greco di Tufo
L’orografia collinare del territorio di produzione e l’esposizione prevalente dei vigneti, orientati ad Sud-Est/Sud-Ovest, e localizzati in zone particolarmente vocate alla coltivazione della vite, concorrono a determinare un ambiente adeguatamente ventilato, luminoso, favorevole all’espletamento equilibrato di tutte le funzioni vegeto-produttive della pianta.
La Zona di Produzione del Vino DOCG Greco di Tufo è localizzata in:
- provincia di Avellino e comprende il territorio dei comuni di Tufo, Altavilla Irpina, Chianche, Montefusco, Prata di Principato Ultra, Petruro Irpino, Santa Paolina e Torrioni.
3. Vinificazione e Affinamento del Vino DOCG Greco di Tufo
Nelle fasi di vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche leali e costanti della zona atte a conferire ai vini le loro peculiari caratteristiche di qualità.
Le pratiche enologiche di vinificazione dei Vini DOCG Greco di Tufo prevedono, tra l'altro, che:
- La resa massima dell'uva in vino finito, pronto per il consumo, non deve essere superiore al 70%. Nella vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche leali e costanti, atte a conferire ai vini le loro peculiari caratteristiche.
- Il vino a Denominazione di Origine Controllata e Garantita “Greco di Tufo” può essere elaborato nella tipologia "Spumante" con il metodo della rifermentazione in bottiglia (metodo classico) purché affinato per almeno 36 mesi in bottiglia.
4. Produttori di Vino DOCG Greco di Tufo
Con l’utilizzo della DOCG Greco di Tufo i Produttori Vinicoli Campani sono orgogliosi di presentare al consumatore un Vino di qualità che ha più cose da raccontare rispetto ad altri: da dove proviene, come viene lavorato, le origini storiche, le caratteristiche e le peculiarità che lo identificano in un territorio ben definito, soprattutto durante la Visita alle Cantine che operano nell'ambito di questa denominazione.
5. Abbinamenti gastronomici con il Vino DOCG Greco di Tufo
Crostacei bolliti, risotto ai funghi porcini, dentice al rosmarino e olio di oliva, sformati di verdura e formaggi giovani e molli. La versione Spumante, vivace e delicata, accompagna i primi piatti più ricercati della cucina marinara: dalle aragoste alla cardinale, al baccalà alla napoletana, pesci alla griglia e calamari in umido.
6. Storia e Letteratura del Vino DOCG Greco di Tufo
La viticoltura nell’area di produzione del Greco di Tufo ha origini antichissime che risalgono alle popolazioni locali e successivamente all’arrivo di colonizzatori greco–micenei i quali diedero primo impulso alla millenaria coltivazione della vite nell’antico Sabazios, poi ripresa dagli etruschi.
Il vitigno più antico dell'Avellinese è senza dubbio il Greco di Tufo, da cui si ricava l'omonimo vino, importato dalla regione greca della Tessaglia, dai Pelagi. La conferma dell'origine millenaria di questa vite è data dal ritrovamento a Pompei di un affresco risalente al I secolo a.C. dove si menziona esplicitamente il "vino Greco".
La coltivazione del vitigno Greco fu diffusa all'inizio sulle pendici del Vesuvio e successivamente in altre zone della in provincia di Avellino, dove prese il nome di Greco di Tufo. Il suo nome “Greco” ci dichiara apertamente le origini geografiche e storiche, in principio era chiamato Aminea Gemina: Aristotele riteneva che il vitigno delle Aminee arrivasse dalla Tessaglia, terra di origine degli Aminei, popolo che colonizzò la costa napoletana ed impiantò questo pregiato vitigno sui pendii fertili del Vesuvio. Ne testimonia la remota presenza sul vulcano un affresco ritrovato nell’antica Pompei risalente al I secolo a.c., dove viene chiaramente nominato il vino “greco”. Plinio il Vecchio invece ne conferma il pregio scrivendo “ In verità il vino Greco era così pregiato che nei banchetti veniva versato una sola volta”.
Nel corso del tempo, l’antico popolo ellenico si spinse verso l’interno della Campania e l’Aminea Gemina (gemina sta per gemella in quanto produceva numerosi grappoli doppi) raggiunse l’ Irpinia, zona notoriamente vocata per la produzione di vini di qualità. Scrittori come Catone, Varrone, Virgilio, Plinio e Columella lodavano la fertilità di queste viti che si distinguevano non solo per la qualità del prodotto ma anche per la costanza di produzione, tanto che, si legge in Columella, da un pergolato, pare, si potessero ottenere cinquanta litri di vino per ciascun ceppo. Lo stesso autore vissuto all’inizio dell’era cristiana, proprietario e coltivatore, descrisse cinquanta vitigni e fra questi dette maggior risalto alle viti Aminee che annoverò tra le più produttive.