In epoca più recente, la dizione Ortrugo è utilizzata dapprima da Roni (1927), che annovera la varietà tra “i principalissimi vitigni bianchi da vino della provincia di Piacenza”. Molon (1909) gli riconosce similitudine con il vitigno chiamato Ortrugo de Rovescala dei dintorni di Stradella, nell’Oltrepò Pavese, ma anche con il Barbesino di Bobbio, che in realtà si è poi scoperto essere una varietà diversa.
Recuperato negli anni Settanta dalla Cantina Mossi, in Val Tidone, è iscritto al Registro Nazionale delle Varietà di Vite nel 1970, ha conosciuto un allargamento deciso della coltivazione in tutta la fascia collinare piacentina fino agli anni Novanta, a partire dai quali si è registrato un progressivo restringimento della superficie vitata.
Nel tempo l'Altra Uva Ortrugo è diventata una tra le varietà più importanti e apprezzate del Piacentino, il cui territorio di elezione si estende nelle quattro valli della provincia di Piacenza (Nure, Trebbia, d’Arda e Tidone), con una discreta diffusione anche nell’Oltrepò Pavese. Trova il suo impiego nella produzione dei vini con la denominazione DOC Colli Piacentini.
Il grappolo è di taglia grande, di forma cilindrico-conica, molto compatto e a volte provvisto di un’ala; gli acini sono di media grandezza, sferoidali, con buccia pruinosa e coriacea di colore giallo verdastro, a volte leggermente punteggiato. In genere giunge a maturazione tra la fine di settembre e l’inizio di ottobre. E’ vinificato nelle tipologie Spumante, Frizzante e Secco. Le prime due danno vini più effervescenti, spesso segnati da profumi fragranti, di corpo leggero e con acidità sostenuta. La versione ferma, prodotta senza affinamento in botte, è più strutturata, alcolica, dal gusto secco, piacevole freschezza e buona sapidità.
Varietà: 177 ORTRUGO - Data di ammissione al Registro: 25/05/1970 - Gazzetta ufficiale: G.U. 149 - 17/06/1970
Ringraziamenti:
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