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La Strada attraversa il territorio sul quale si stendono i vigneti della Doc Pollino. Nella regione si sono succeduti Greci, Bruzi, Bizantini, Normanni, Svevi, Albanesi, che hanno segnato l’ambiente con la propria cultura e hanno lasciato tracce nelle città ricche di storia e nella vita quotidiana, forte di antiche tradizioni.

A Morano due musei illustrano la vocazione pastorale e agricola e le ricchezze naturalistiche del territorio. I resti imponenti del Castello confermano la potenza difensiva e l’importanza strategica di questa fortezza normanna riutilizzata dagli Svevi e rifatta nel XVI secolo, che domina la vallata del Coscile. Su uno sperone tra il fiume e un suo affluente, sorge Castrovìllari, in un’ampia conca ai piedi del Pollino.

L’itinerario entra anche nel territorio del Parco, tocca Frascineto, circondata da fiorenti masserie dalle quali esce il Moscato, e raggiunge le gole del Raganello, il torrente più conosciuto del Massiccio, che scava il proprio corso fra gole imponenti e spettacolari. Al suo sbocco nella Piana di Sibari, Cìvita sembra sbocciare dalla roccia, con gli edifici imponenti come bastioni a confondersi con il colore della pietra viva.

Due sono i vini Doc di cui la Strada attraversa i territori di produzione. A sud di Cosenza si produce la Doc Donnici, a nord del capoluogo nasce, invece, un vino che ha ricevuto di recente la denominazione: il San Vito di Luzzi, erede di quello prodotto dai monaci dell’Abbazia della Sambucina, passata poco dopo la fondazione ai cistercensi di Calamari, con i quali divenne un importante centro artistico e culturale. Il percorso della Strada si snoda tutt’intorno a Cosenza ed è dedicata ai Bruzi, antico popolo di coraggiosi guerrieri. La Storia non ha ancora risolto l’enigma delle sue origini: erano originari della Sila, o, invece, erano giunti fuggiaschi dal nord liberati dalla schiavitù? Certamente la lingua e la cultura li indicavano come un popolo italico, fra i numerosi che i Romani avrebbero sottomesso. Dalla campagna ben coltivata ricavavano olio e vino eccellenti; della vita sociale ben organizzata diedero prova facendo di Cosenza una grande città. Di notevole valore storico e artistico è ancora oggi il centro antico, con il Duomo Normanno e il Castello, anch’esso edificato dai Normanni forse su strutture saracene, ampliato e trasformato da Federico II, elevato dagli Angioini a dimora reale. Sotto il letto del Busento, che con il Crati attraversa la città, giacciono ancora i tesori che Alarico portò con sé da Roma, dopo averla saccheggiata, e che con lui furono sepolti. La vivacità culturale di Cosenza è testimoniata dall’attiva Accademia Cosentina, fondata all’inizio del XVI secolo, a cui appartenne Bernardino Telesio, e dall’Università della Calabria, nella vicina Arcavacata di Rende, dalle architetture innovative del Campus.

La strada del Vino e dei prodotti tipici del Mediterraneo congiunge un lungo tratto della costa ionica della Locride ai paesi interni che si arrampicano verso l'Aspromonte, il rilievo più meridionale della Calabria, il cui versante orientale digrada dolcemente verso il Mar Ionio con una serie di colline.

L'area "Locride - Aspromonte" è caratterizzata dalla presenza di un vino unico, il Greco di Bianco e, per contrasto, dalla predominanza dell'elemento "acqua": primariamente l'acqua del Mediterraneo e con le sue attività connesse alla pesca, alla lavorazione e conservazione dello 'stocco', antica e tipica tradizione di questi luoghi; quindi tutte le acque: quelle termali, delle due località termali di Galatro e Antonimina che si trovano alle porte del parco di Aspromonte, quelle delle fiumare ove in passato si svolgeva la prima pesante fase di lavorazione delle fibre di ginestra. Infine l'acqua come mezzo di unione tra popoli e sponde diverse di un mare, il Mediterraneo appunto, che è un mare tra le terre e che qui ha portato gli antichi coloni greci della colonia di Epizephiri, dalla cui civiltà questi luoghi hanno ricevuto il loro "marchio a fuoco".

Caratteristiche di questo territorio sono le fiumare, ovvero corsi d'acqua a carattere essenzialmente torrentizio che in breve spazio scendono a mare da notevoli altitudini. Quando sboccano da ripide valli per immettersi sulle pianure costiere le fiumare allargano sempre più i loro alvei che appaiono pietrosi e aridi.

La vegetazione della Locride è quanto di più tipicamente mediterraneo si possa immaginare: lungo la fascia costiera si trova una gariga degradata e riarsa, mentre sui pianori e sulle colline troviamo uliveti e agrumeti. Nella fascia collinare possiamo ammirare spettacolari foreste a macchia mediterranea, mentre sui costoni scoscesi delle valli troviamo il leccio e spesso si rinvengono dei rimboschimenti ad eucalipti e pini domestici. Fino a quote di 200-250 m, si osserva una macchia mediterranea costituita prevalentemente da elementi resistenti all'aridità e al vento, per lo più cespugli a foglie dure quali erica, cisto, rosmarino. Dai 200-250 m ai 500 m, la macchia è costituita da Erica e Ginepro a cui si associano il Corbezzolo, l'Oleastro, il Terebinto.

Lungo i letti delle fiumare vegetano l'oleandro e le tamerici. Le fiumare rappresentano un ambiente caratteristico per temperatura, umidità e ad esse sono legati piante ed animali tipici di questi luoghi.

Castelli e vigneti accompagnano la Strada che si inerpica dalla costa ionica verso il Massiccio della Sila percorrendo le terre ondulate del Marchesato di Crotone. Castelli spagnoli e normanni, svevi e aragonesi, si ergono alti su acropoli greche o sembrano tuffarsi nel mare, circondati da lunghe mura, o isolati come torri di guardia. Attorno, le aride ondulazioni e le argille franose conservano il fascino della colonizzazione greca e del paesaggio sedimentato negli anni dal latifondo baronale.

I vigneti vi hanno trovato l’habitat ideale capace di nutrire i vitigni più differenti: Gaglioppo, Greco Nero, Trebbiano toscano, Malvasia e il Greco Bianco, che avrà più a sud la sua piena affermazione. Accanto alle coltivazioni tradizionali trovano spazio impianti di Chardonnay e di Cabernet, che danno vita a vini innovativi.

Poco a nord di Cirò Marina, a Punta Alice, sull’antico “Promontorio di Krìmisa”, sorgeva un tempio dorico del V secolo a.C. dedicato ad Apollo Aleo, dove, secondo la tradizione, venivano conservate le frecce della faretra di Eracle. L’edificio fu distrutto durante la seconda guerra punica, ma ha lasciato numerosi resti, fra cui una colossale testa marmorea del dio. Apparteneva a una statua di dimensioni straordinarie, con il corpo di legno, e gli arti e il volto di marmo.La capigliatura, di bronzo, si fissava ai fori che la testa mostra sulle tempie e sulla fronte. Le orbite vuote ospitavano, invece, occhi di pasta vitrea.

Cirò e Melissa sono le importantissime Doc alle quali la Strada è dedicata. Melissa è un borgo medioevale che ha conservato, sulla costa, una delle innumerevoli Torri Saracene che presidiano ancora le coste calabresi. In realtà non dai Saraceni furono costruite, ma contro di loro, per avvistare in anticipo le navi veloci all’orizzonte e permettere alle popolazioni atterrite di cercare un rifugio, che quasi mai assicurava, tuttavia, la salvezza.

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