Assovini
Vino a Denominazione di Origine Controllata e Garantita - Approvato come DOC con D.P.R. 06.01.1978, G.U. 92 del 04.04.1978 - Approvato come DOCG con D.M. 14.11.06, G.U. 278 del 29.11.2006
Denominazione aggiornata con le ultime modifiche riportata in G.U. 68 del 19.03.2021
--- Confine regionale --- Confine provinciale ♦ Zona di produzione
Vino Morellino di Scansano D.O.C.G.
La denominazione di origine controllata e garantita «Morellino di Scansano», è riservata ai vini rossi che rispondono alle condizioni ed ai requisiti stabiliti dal disciplinare di produzione, per le seguenti tipologie:
- Morellino di Scansano
- Morellino di Scansano Riserva
1. Tipologie e Uve del Vino DOCG Morellino di Scansano
- Morellino di Scansano (Vino Rosso)
- Versioni: Secco
- => 85% Vitigno Sangiovese
- =< 15% Vitigni a bacca nera idonei alla coltivazione nella regione Toscana.
- => 12,50% Vol. Titolo alcolometrico
- Vino Rosso dal Colore rosso rubino, tendente al granato con l'invecchiamento; Odore profumato, etereo, intenso, gradevole, fine; Sapore asciutto, caldo, leggermente tannico.
- Morellino di Scansano Riserva (Vino Rosso Invecchiato)
- Versioni: Secco
- => 85% Vitigno Sangiovese
- =< 15% Vitigni a bacca nera idonei alla coltivazione nella regione Toscana.
- => 13% Vol. Titolo alcolometrico
- Vino Rosso Invecchiato dal Colore rosso rubino, tendente al granato con l'invecchiamento; Odore profumato, etereo, intenso, gradevole, fine; Sapore asciutto, caldo, leggermente tannico.
__________
(Legenda simboli: > maggiore di; < minore di; >< da-a; = uguale a; => uguale o maggiore di; =< uguale o minore di).
2. Territorio e Zona di produzione del Vino DOCG Morellino di Scansano
L'area geografica vocata alla produzione del Vino DOCG Morellino di Scansano si estende sulle colline dell'Appennino Centrale, tra i fiumi Ombrone e Albegna, in un territorio adeguatamente ventilato, luminoso e favorevole all'espletamento di tutte le funzioni vegeto-produttive delle vigne.
La Zona di Produzione del Vino DOCG Morellino di Scansano è localizzata in:
- provincia di Grosseto e comprende il territorio dei comuni di Scansano e, in parte, il territorio dei comuni di Manciano, Magliano in Toscana, Grosseto, Campagnatico, Semproniano e Roccalbegna.
3. Vinificazione e Affinamento del Vino DOCG Morellino di Scansano
Nelle fasi di vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche leali e costanti della zona atte a conferire ai vini le loro peculiari caratteristiche di qualità.
Le pratiche enologiche di vinificazione del Vino DOCG Morellino di Scansano prevedono, tra l'altro, che:
- La resa massima dell’uva in vino DOCG Morellino di Scansano non dovrà essere superiore al 70%; nel caso tali parametri venissero superati entro il limite del 5%, l'eccedenza non potrà avere diritto alla DOCG. Oltre detti limiti decade il diritto alla DOCG per tutto il prodotto.
- Il vino DOCG Morellino di Scansano con menzione Riserva deve essere sottoposto ad invecchiamento per almeno 24 mesi, di cui almeno 12 in botti di legno.
- Nella designazione dei Vini DOCG Morellino di Scansano può essere menzionata la dizione "Vigna" purchè sia seguita dal relativo toponimo e che siano rispettate determinate pratiche di vinificazione.
- Sulle etichette di ciascuna tipologia di Vino DOCG Morellino di Scansano è obbligatorio riportare l'annata di produzione delle uve.
4. Produttori Vino DOCG Morellino di Scansano
Con l’utilizzo della DOCG Morellino di Scansano i Produttori Vinicoli Toscani sono orgogliosi di presentare al consumatore un Vino di Qualità che ha più cose da raccontare rispetto ad altri: da dove proviene, come viene lavorato, le origini storiche e le caratteristiche che lo identificano in un territorio ben definito che l'appassionato o l'estimatore potrà maggiormente percepire ed apprezzare durante la Visita alle Cantine che operano nell'ambito di questa denominazione.
5. Abbinamenti gastronomici con il Vino DOCG Morellino di Scansano
Carne alla griglia, alle zuppe di legumi e ai formaggi stagionati.
6. Storia e Letteratura del Vino DOCG Morellino di Scansano
La coltivazione della vite in Scansano e zone limitrofe ha origini antichissime, testimonianza della sua presenza ci porta agli Etruschi, dimostrata dai ritrovamenti di attrezzi agricoli per la potatura e raccolta delle uve presso il sito archeologico di Ghiaccioforte.
Nel periodo medioevale interessanti citazioni di studiosi e ricercatori esaltano l’eccellenza delle condizioni pedo-climatiche che l’area Scansanese offre per la preziosa coltura della vite.
Governanti e feudatari nel medio evo riconobbero la necessità di concedere, distinguendole, terre adatte per questa coltura, che ebbe particolare protezione con apposite norme statutarie. In occasione delle lottizzazioni di terreni feudali e comunali, erano infatti indicate esplicitamente le concessioni di terre in zone a vocazione viticola: negli statuti della Comunità del Cotone, in quello di Montorgiali ed in quello di Scansano le norme stabilite per la protezione delle viti e dell’uva erano molto severe, tanto che stabilivano una multa per i possessori di animali che provocavano danno alle vigne.
Le prime notizie dettagliate o scientificamente ordinate sulla produzione risalgono al 1813, quando il “Maire della Comune di Scansano”in una lettera inviata al Vice Prefetto del Circondario di Grosseto comunicava che nell’anno precedente nella zona di Scansano venivano prodotti 5.540 ettolitri di vino in gran parte di qualità superiore. Luigi Villafranchi-Giorgini in una memoria letta nel 1847 alla Società Agraria Grossetana, affermava che all’orto Botanico di Pisa esisteva un tronco di vite alto cinque braccia - metri 2,92 - e della circonferenza di quattro - metri 2,36 - , proveniente da “Castagneta Valle”, in Comune di Scansano.
Nel 1884 in uno studio sullo sviluppo dell’agricoltura, dell’industria e del commercio nella provincia di Grosseto, Giacomo Barabino riporta l’alta qualità dei vini di Magliano, di Pereta e di Scansano. Il 21 dicembre del 1884 il socio ordinario dell’Accademia dei Georgofili Luigi Vannuccini tiene in Scansano una conferenza per sostenere la necessità di una cantina sociale Inoltre in materia di notizie di carattere storico sulla viticoltura Scansanese, ancora Luigi Vannuccini, che nel 1887 pubblicò una monografia sulla “Coltivazione della vite a basso ceppo con sostegni ad un solo sperone o tralcio a frutto nel territorio scansanese in relazione alle viti ad alberello o a cornetto senza sostegno”.
A dimostrazione del radicamento della tradizione vitivinicola nel territorio, si tiene a Scansano dal 1969 la “Festa dell’Uva”, festeggiamenti legati al periodo della vendemmia, nelle decine di cantine medievali del paese, a loro volta testimonianza della diffusa consuetudine popolare della produzione per consumo familiare e vendita.
Una pubblicazione dell’Ispettorato Provinciale dell’Agricoltura di Grosseto sulla “Viticoltura Grossetana”, edita nel 1972, riportando i risultati di una ricerca storica sulle origini e sulla espansione della vite nelle zone collinari della Provincia, conferma la preminente importanza dei vini dello Scansanese, noti da oltre un secolo per l’eccellente qualità e serbevolezza.
Il Vino DOCG Morellino di Scansano ha ottenuto il riconoscimento della Denominazione di Origine Controllata in data 6 gennaio 1978, poi DOCG in data 7 gennaio 1997.
Vino a Denominazione di Origine Controllata e Garantita - Approvata come DOC con D.M. 30.07.98, G.U. 185 del 10.08.98 - Approvato come DOCG con D.M. 09.09.2011, G.U. 221 del 22.09.2011
Denominazione aggiornata con le ultime modifiche - GU n.5 del 08.01.2024
--- Confine regionale --- Confine provinciale ♦ Zona di produzione
Vino Montecucco Sangiovese D.O.C.G.
La Denominazione di Origine Controllata e Garantita “Montecucco Sangiovese”, è riservata ai vini che rispondono alle condizioni e ai requisiti stabiliti dal disciplinare di produzione per le seguenti tipologie:
- Montecucco Sangiovese
- Montecucco Sangiovese Riserva
1. Tipologie e Uve del Vino DOCG Montecucco Sangiovese
- Montecucco Sangiovese (Vino Rosso)
- Versioni: Secco
- => 90% Vitigno Sangiovese
- =< 15% Vitigni a bacca nera idonei alla coltivazione nella regione Toscana, con esclusione della Malvasia Nera, Malvasia Nera di Brindisi e Aleatico.
- => 13% Vol. Titolo alcolometrico
- Vino Rosso dal colore rosso rubino intenso, odore fruttato, caratteristico e sapore armonico, asciutto, leggermente tannico.
- Montecucco Sangiovese Riserva (Vino Rosso Invecchiato)
- Versioni: Secco
- => 90% Vitigno Sangiovese
- =< 15% Vitigni a bacca nera idonei alla coltivazione nella regione Toscana, con esclusione della Malvasia Nera, Malvasia Nera di Brindisi e Aleatico.
- => 13,50% Vol. Titolo alcolometrico
- Vino Rosso Invecchiato dal colore rosso rubino intenso tendente al granato, odore ampio vinoso, elegante, caratteristico e sapore pieno, asciutto, caldo, elegante, con eventuale sentore di legno.
__________
(Legenda simboli: > maggiore di; < minore di; >< da-a; = uguale a; => uguale o maggiore di; =< uguale o minore di).
2. Territorio e Zona di produzione del Vino DOCG Montecucco Sangiovese
L'area geografica vocata alla produzione del Vino DOCG Montecucco Sangiovese si estende X in un territorio adeguatamente ventilato, luminoso e favorevole all'espletamento di tutte le funzioni vegeto-produttive delle vigne.
La Zona di Produzione del Vino DOCG Montecucco Sangiovese è localizzata in:
- provincia di Grosseto e comprende il territorio dei comuni di Cinigiano, Civitella Paganico, Campagnatico, Castel del Piano, Roccalbegna, Arcidosso e Seggiano.
3. Vinificazione e Affinamento del Vino DOCG Montecucco Sangiovese
Nelle fasi di vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche leali e costanti della zona atte a conferire ai vini le loro peculiari caratteristiche di qualità.
Le pratiche enologiche di vinificazione del Vino DOCG Montecucco Sangiovese prevedono, tra l'altro, che:
- La resa massima dell’uva in vino DOCG Montecucco Sangiovese non dovrà essere superiore al 70%; nel caso tali parametri venissero superati entro il limite del 5%, l'eccedenza non potrà avere diritto alla DOCG. Oltre detti limiti decade il diritto alla DOCG per tutto il prodotto.
- Il vino DOCG Montecucco Sangiovese deve essere sottoposto ad invecchiamento per almeno 12 mesi, di cui 4 di affinamento in bottiglia.
- Il vino DOCG Montecucco Sangiovese con menzione Riserva deve essere sottoposto ad invecchiamento per almeno 30 mesi, di cui 24 in contenitori di legno e 6 mesi di affinamento in bottiglia.
- Nella designazione dei Vini DOCG Montecucco Sangiovese può essere menzionata la dizione "Vigna" purchè sia seguita dal relativo toponimo e che siano rispettate determinate pratiche di vinificazione.
- Sulle etichette di ciascuna tipologia di Vino DOCG Montecucco Sangiovese è obbligatorio riportare l'annata di produzione delle uve.
4. Produttori di Vino DOCG Montecucco Sangiovese
Con l’utilizzo della DOCG Montecucco Sangiovese i Produttori Vinicoli Toscani sono orgogliosi di presentare al consumatore un Vino di Qualità che ha più cose da raccontare rispetto ad altri: da dove proviene, come viene lavorato, le origini storiche e le caratteristiche che lo identificano in un territorio ben definito che l'appassionato o l'estimatore potrà maggiormente percepire ed apprezzare durante la Visita alle Cantine che operano nell'ambito di questa denominazione.
5. Abbinamenti gastronomici con il Vino DOCG Montecucco Sangiovese
Carne alla griglia, arrosti, cinghiale e formaggi pecorini stagionati
6. Storia e Letteratura del Vino DOCG Montecucco Sangiovese
Partendo dalle epoche più lontane si può sicuramente affermare come la presenza della viticoltura nel territorio del Montecucco risalga quantomeno all’epoca etrusca, come testimoniano alcuni reperti rinvenuti nella zona di Seggiano e del Potentino, tra i quali annotiamo, oltre al vasellame, anche i tradizionali pithoi, recipienti particolari per la raccolta del vino proveniente dalla pigiatura delle uve e dai torchi, i quali venivano interrati fino all’orlo, nelle vicinanze dei torchi, e vi si raccoglieva il pigiato, che poi fermentava.
La successiva dominazione romana accentuò la tendenza al miglioramento delle tecniche di vinificazione, che rimasero insuperate fino al medioevo; di questo periodo storico, sono i documenti conservati presso gli archivi monastici, a confermare la diffusione della coltivazione della vite, che acquista particolare importanza come pianta colonizzatrice, tanto che governanti e feudatari riconobbero la necessità di concedere terre adatte per questa coltura, che ebbe particolare protezione con apposite norme statutarie. In occasione delle lottizzazioni dei terreni feudali e comunali, furono infatti indicati esplicitamente, “concessioni di terre in zone a vocazione viticola”.
In certi casi, come a Castel del Piano nel Cinquecento, l’attività viticola poteva, in parte o completamente, sostituirsi al salario in moneta (Statuti di Castel del Piano), mentre nella zona di Montegiovi essa era fondamentale per il sostentamento delle popolazioni che vivevano del lavoro dei campi e del bosco (Piccinni, 1988). Nella relazione del Dr. Alfonso Ademollo all’inchiesta parlamentare Iacini (1884), si mette chiaramente in evidenza le qualità dei vini prodotti nella maggior parte delle zone viticole del territorio della provincia di Grosseto. L’Ademollo, nel fornire interessanti informazioni sulla situazione viticola della provincia, così scriveva: “La vite ha sempre allignato, fino dalle epoche più remote, nella provincia di Grosseto.
Le varietà di vite da noi conosciute e coltivate sono molte, poiché si può asserire che tutte le varietà di sì prezioso sarmento, anche le esotiche, vegetano bene nel nostro suolo… Le vigne pure da qualche tempo si sono estese ed hanno migliorato nel proprio prodotto, ma tuttavia anche per questo lato la provincia di Grosseto sarebbe capace di più, poiché la vite cresce benissimo e porge preziosi e squisiti grappoli in ogni parte della provincia, perché non abbiamo veramente né caldi né freddi eccessivi,[…] perché dovunque trovasi terreni leggeri, permeabili, aridi nelle parti elevate, dovute a sabbie, a rocce decomposte, a detriti vulcanici e sassaie”. Da ciò la categorica affermazione: “La provincia di Grosseto, per cinque sesti ha terreno adatto alla viticoltura”.
Parlando dei pregi e dei difetti del vino prodotto nella zona Ademollo così si esprimeva: “II vino, questo benefico liquido che ha tanta importanza nella pubblica e privata economia, come nella pubblica e privata salute, viene prodotto dai nostri viticoltori con sempre crescente progresso e accuratezza in ogni parte della provincia di Grosseto, sia nella zona piana, che in quella montuosa, e per la bontà e quantità in alcuni Comuni è di una rendita importante ai proprietari […]”.
Già prima del 1900 i vini prodotti nel comune di Castel del Piano erano conosciuti, come si evince dai risultati delle analisi chimiche effettuate presso l’Istituto di Chimica 8 Agraria dell’Università di Pisa (1895). Più in particolare per la produzione di uno di questi vini rossi concorrevano “Brunello”, “Tintura di Spagna” ed altre uve bianche.
Le testimonianze verbali dei discendenti dei viticoltori del secolo scorso indicano alcune località famose perché capaci di dare un vino di più elevata qualità, come la vigna di Campo Rombolo, le vigne del Poggetto, entrambe ubicate ai Poggi del Sasso (Scalabrelli et al. 2006).
In tempi recenti il recupero, l’identificazione e la valorizzazione di germoplasma locale sta assumendo sempre maggiore importanza in Toscana, regione particolarmente ricca di varietà autoctone, come dimostrato dall’elevato numero di vitigni iscritti al Registro Regionale delle Risorse genetiche Autoctone ai sensi della legge regionale 50/97. E di particolare interesse risultano le zone che dal punto di vista ampelografico non hanno subito interferenze ed introduzioni di materiale nel corso dell’ultimo secolo, particolarmente dopo l’invasione fillosserica; questo accade soprattutto per alcune specifiche zone della Toscana ed in particolare, nella zona del Montecucco, per quelle di Castel del Piano, Cinigiano e Seggiano, come risulta da documenti storici (Imberciadori, 1980, Balestracci, 1988; Piccinini, 1990; Scalabrelli, 1999; Ciuffoletti e Nanni, 2002;) e da recenti indagini compiute sul territorio (Scalabrelli et al. 2006; Scalabrelli, 2007).
La ricchezza del patrimonio ampelografico è sottolineata dal reperimento di una serie di vitigni locali attualmente in studio da parte delle Università di Firenze e di Pisa e dalla realizzazione di un apposito campo di collezione in località Poggi del Sasso ma anche dal ritrovamento di un vigneto franco di piede dell’età di circa 200 anni, recentemente denominato “Vigneto museo”.
Alla fine degli anni ’90, tuttavia, si fece più forte la consapevolezza da parte della filiera vitivinicola che il territorio del Montecucco poteva aspirare al riconoscimento della denominazione di origine controllata per i vini prodotti nella zona, riconoscimento che verrà attribuito col decreto ministeriale del 30 luglio 1998 per i vini bianchi e rossi del «Montecucco» incentrati questi ultimi proprio sul vitigno Sangiovese.
La denominazione «Montecucco Sangiovese» abbraccia una zona più ampia della località Montecucco, sita nel comune di Cinigiano, riconosciuta nel 1989 come Indicazione Geografica: l’utilizzo di questo nome è giustificato dal fatto che i vini prodotti nell’area circostante alla suddetta località avevano dimostrato negli anni di possedere caratteristiche analoghe ai vini della suddetta I.G., tanto da essere facilmente identificati dai consumatori.
Negli anni successivi al riconoscimento della Doc, tuttavia, l’opera di sperimentazione colturale, e la buona espressione delle potenzialità del vitigno sangiovese nell’area del Montecucco hanno esercitato uno stimolo all’incremento degli impianti con questa varietà sia da parte di agricoltori locali sia di nuovi imprenditori, convincendo la filiera vitivinicola a qualificare maggiormente i vini ottenuti sul territorio, estrapolando la tipologia varietale “Sangiovese” per riconoscerla come Docg autonoma e separata dalla Denominazione Montecucco.Il Vino DOC Montecucco Sangiovese ha ottenuto il riconoscimento della Denominazione di Origine Controllata in data 30 luglio 1998, poi DOCG in data 9 settembre 2011.
Vino a Denominazione di Origine Controllata e Garantita - Approvato DOC dal D.P.R. 09.07.1967, G.U. 200 del 10.08.1967 - Approvato DOCG dal D.M. 17.05.2011, G.U. 131 del 08.06.2011
Denominazione aggiornata con le ultime modifiche introdotte dal D.M. 07.03.2014
--- Confine regionale --- Confine provinciale ♦ Zona di produzione
Vino Elba Aleatico Passito (o Aleatico Passito dell'Elba) D.O.C.G.
La denominazione di origine controllata e garantita “Elba Aleatico Passito”o “Aleatico Passito dell’Elba” è riservata al vino che risponde alle condizioni ed ai requisiti stabiliti nel presente disciplinare di produzione.
- Elba Aleatico Passito
1. Tipologie e Uve del Vino DOCG Elba Aleatico Passito
- Elba Aleatico Passito (Vino Rosso Passito)
- Versioni: Dolce
- = 100% Vitigno Aleatico
- => 19% Vol. Titolo alcolometrico
- Vino Rosso Passito dal colore rosso rubino carico, talvolta con riflessi violacei e tendente al granato con l’invecchiamento, odore intenso, caratteristico e sapore dolce, di corpo, armonico.
__________
(Legenda simboli: > maggiore di; < minore di; >< da-a; = uguale a; => uguale o maggiore di; =< uguale o minore di).
2. Territorio e Zona di produzione del Vino DOCG Elba Aleatico Passito
L'area geografica vocata alla produzione del Vino DOCG Elba Aleatico Passito si estende nel territorio dell'Isola d'Elba, adeguatamente ventilato, luminoso e favorevole all'espletamento di tutte le funzioni vegeto-produttive delle vigne.
La Zona di Produzione del Vino DOCG Elba Aleatico Passito è localizzata in:
- provincia di Livorno e comprende l'intero territorio dell'Isola d'Elba.
3. Vinificazione e Affinamento del Vino DOCG Elba Aleatico Passito
Nelle fasi di vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche leali e costanti della zona atte a conferire ai vini le loro peculiari caratteristiche di qualità.
Le pratiche enologiche di vinificazione del Vino DOCG Elba Aleatico Passito prevedono, tra l'altro, che:
- La resa massima dell’uva fresca in vino DOCG Elba Aleatico Passito non dovrà essere superiore al 35%; nel caso tali parametri venissero superati entro il limite del 5%, l'eccedenza non potrà avere diritto alla DOCG. Oltre detti limiti decade il diritto alla DOCG per tutto il prodotto.
- Le uve destinate alla produzione del Vino DOCG Elba Aleatico Passito devono essere sottoposte ad appassimento naturale all'aria per almeno 10 giorni fino a raggiungere un contenuto zuccherino di almeno 30%.
- Nella designazione dei Vini DOCG Elba Aleatico Passito può essere menzionata la dizione "Vigna" purchè sia seguita dal relativo toponimo e che siano rispettate determinate pratiche di vinificazione.
- Sulle etichette di ciascuna tipologia di Vino DOCG Elba Aleatico Passito è obbligatorio riportare l'annata di produzione delle uve.
4. Produttori di Vino DOCG Elba Aleatico Passito
Con l’utilizzo della DOCG Elba Aleatico Passito i Produttori Vinicoli Toscani sono orgogliosi di presentare al consumatore un Vino di Qualità che ha più cose da raccontare rispetto ad altri: da dove proviene, come viene lavorato, le origini storiche e le caratteristiche che lo identificano in un territorio ben definito che l'appassionato o l'estimatore potrà maggiormente percepire ed apprezzare durante la Visita alle Cantine che operano nell'ambito di questa denominazione.
5. Abbinamenti gastronomici con il Vino DOCG Elba Aleatico Passito
Crostate di frutta, "schiaccia briaca", preparazioni a base di cioccolata e frutti rossi.
6. Storia e Letteratura del Vino DOCG Elba Aleatico Passito
La viticoltura dell’isola d’Elba risale al periodo etrusco, anche se l’antico sistema di allevamento ad alberello denota l’influenza greca. Già i Romani la descrivevano come “isola feconda di vino”. (Plinio il Vecchio, Naturalis Historia).
Nei secoli del Rinascimento si definiscono le principali varietà di uve da vino che provengono dalle diverse zone del Mediterraneo che hanno esercitato influenze economiche e sociali sull’isola: dalla Toscana proviene il Trebbiano, il Sangiovese e l’Aleatico, dalla Sicilia l’Ansonica e il Moscato, dalla Corsica e dalla Liguria il Vermentino; tra le tante varietà che sono state coltivate sull’isola nel corso dei secoli e provenienti dalle più diverse zone viticole europee, quelle elencate sono oggi le principali varietà che compongono e caratterizzano le tipologie dei Vini della d.o. “Elba”, per il loro migliore adattamento alle condizioni climatiche e ai diversi tipi di suoli.
La viticoltura è stata fino alla metà del secolo XX la principale attività economica della popolazione dell’isola; è indicativo della sua importanza il calo demografico superiore al 10% che si ebbe alla metà del secolo XIX in concomitanza con l’esplosione della crittogama “Oidio della vite” che portò all’estirpazione di gran parte dei vigneti: solo con l’introduzione dello zolfo come curativo della patologia, anche la popolazione isolana riprese ad aumentare.
Il Vino DOCG Elba Aleatico Passito ha ottenuto il riconoscimento della Denominazione di Origine Controllata in data 9 luglio 1967, poi DOCG in data 17 maggio 2011.
Vino a Denominazione di Origine Controllata e Garantita - Approvato DOC dal D.P.R. 09.08.1967, G.U. 217 del 30.08.1967 - Approvato DOCG dal D.P.R. 02.07.1984, G.U. 290 del 20.10.1984
Denominazione aggiornata con le ultime modifiche riportate in G.U. n. 152 del 01.07.2023
--- Confine regionale --- Confine provinciale ♦ Zona di produzione
Vino Chianti Classico D.O.C.G.
La denominazione di origine controllata e garantita "Chianti Classico" è riservata al vino rosso che risponde alle condizioni e ai requisiti stabiliti dal disciplinare di produzione, per le seguenti tipologie:
- Chianti Classico
- Chianti Classico Riserva
- Chianti Classico Gran Selezione (introdotto nel 2013)
1. Tipologie e Uve del Vino DOCG Chianti Classico
- Chianti Classico (Vino Rosso)
- Versioni: Secco
- => 80% Vitigno Sangiovese
- =< 20% Vitigni a bacca nera idonei alla coltivazione nella regione Toscana,
- => 12% Vol. Titolo alcolometrico
- Vino Rosso dal colore rosso rubino più o meno intenso, odore intenso, floreale, caratteristico e sapore secco, fresco, sapido, leggermente tannico che si affina con il tempo.
- Chianti Classico Riserva (Vino Rosso Invecchiato)
- Versioni: Secco
- => 80% Vitigno Sangiovese
- =< 20% Vitigni a bacca nera idonei alla coltivazione nella regione Toscana,
- => 12,50% Vol. Titolo alcolometrico
- Vino Rosso Invecchiato dal colore rosso rubino intenso, tendente al granato con l'invecchiamento, odore intenso, fruttato e persistente, dal sapore secco, equilibrato, di buona tannicità.
- Chianti Classico Gran Selezione (Vino Rosso Invecchiato)
- Versioni: Secco
- => 90% Vitigno Sangiovese
- =< 10% Vitigni Colorino, Canaiolo, Ciliegiolo, Mammolo, Pugnitello, Malvasia Nera, Foglia Tonda, Sanforte, da soli o congiuntamente,
- => 13% Vol. Titolo alcolometrico
- Vino Rosso Invecchiato dal colore rosso rubino tendente al granato con l'invecchiamento, odore speziato e persistente, dal sapore secco, persistente, equilibrato.
__________
(Legenda simboli: > maggiore di; < minore di; >< da-a; = uguale a; => uguale o maggiore di; =< uguale o minore di).
2. Territorio e Zona di produzione del Vino DOCG Chianti Classico
L'area geografica vocata alla produzione del Vino DOCG Chianti Classico si estende sulle colline dell'Appennino centrale toscano, in un territorio adeguatamente ventilato, luminoso e favorevole all'espletamento di tutte le funzioni vegeto-produttive delle vigne.
La Zona di Produzione del Vino DOCG Chianti Classico è localizzata in:
- provincia di Firenze e comprende il territorio dei comuni di Greve in Chianti e parte del territorio dei comuni di Barberino Val d'Elsa, San Casciano in Val di Pesa e Tavarnelle Val di Pesa.
- provincia di Siena e comprende il territorio dei comuni di Castellina in Chianti, Gaiole in Chianti e Radda in Chianti e, in parte, il territorio dei comuni di Castelnuovo Berardenga e Poggibonsi.
3. Vinificazione e Affinamento del Vino DOCG Chianti Classico
Nelle fasi di vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche leali e costanti della zona atte a conferire ai vini le loro peculiari caratteristiche di qualità.
Le pratiche enologiche di vinificazione del Vino DOCG Chianti Classico prevedono, tra l'altro, che:
- La resa massima dell’uva in vino DOCG Chianti Classico non dovrà essere superiore al 70%; nel caso tali parametri venissero superati entro il limite del 5%, l'eccedenza non potrà avere diritto alla DOC. Oltre detti limiti decade il diritto alla DOC per tutto il prodotto.
- Il vino DOCG Chianti Classico con menzione Riserva deve essere sottoposto ad invecchiamento per almeno 24 mesi, di cui almeno 3 di affinamento in bottiglia.
- Il vino DOCG Chianti Classico Gran Selezione deve essere sottoposto ad invecchiamento per almeno 30 mesi, di cui almeno 3 di affinamento in bottiglia.
- La DOCG Chianti Classico è contraddistinta in via esclusiva ed obbligatoria dal marchio "Gallo Nero".
- Nella designazione dei Vini DOCG Chianti Classico può essere menzionata la dizione "Vigna" purchè sia seguita dal relativo toponimo e che siano rispettate determinate pratiche di vinificazione.
- Sulle etichette di ciascuna tipologia di Vino DOCG Chianti Classico è obbligatorio riportare l'annata di produzione delle uve.
4. Produttori di Vino DOCG Chianti Classico
Con l’utilizzo della DOCG Chianti Classico i Produttori Vinicoli Toscani sono orgogliosi di presentare al consumatore un Vino di Qualità che ha più cose da raccontare rispetto ad altri: da dove proviene, come viene lavorato, le origini storiche e le caratteristiche che lo identificano in un territorio ben definito che l'appassionato o l'estimatore potrà maggiormente percepire ed apprezzare durante la Visita alle Cantine che operano nell'ambito di questa denominazione.
5. Abbinamenti gastronomici con il Vino DOCG Chianti Classico
Porchetta allo spiedo, trippa, bistecca alla fiorentina, lardo di Colonnata, il salame e la finocchiona di cinta senese.
6. Storia e Letteratura del Vino DOCG Chianti Classico
Il territorio del Chianti Classico è una terra di antiche tradizioni vinicole di cui esistono testimonianze etrusche e romane proprie legale al mondo del vino. In epoca medievale il Chianti fu terra di continue battaglie fra le città di Firenze e Siena e in quel periodo, nacquero villaggi e badie, castelli e roccaforti, trasformati poi in parte in ville e residenze. Fu quindi alla fine del Medioevo che grandi spazi furono dedicati alla coltivazione della vite che acquistò progressivamente importanza economica e fama internazionale.
Del vino che nasce in questa terra se ne fa menzione a partire dal 1200 su manoscritti, cronache, documenti storici. Al 1398 risale il primo documento notarile in cui il nome Chianti appare riferito al vino prodotto in questa zona. Già nel ‘600 le esportazioni in Inghilterra non erano più occasionali.
La zona di produzione del Chianti Classico è la prima zona di produzione vinicola al mondo ad essere stata definita per legge, con un bando del 1716 del granduca di Toscana Cosimo III. Detto bando specificava i confini delle zone entro i quali potevano essere prodotti i vini Chianti (“per il Chianti è restato determinato e sia. Dallo Spedaluzzo fino a Greve; di lì a Panzano, con tutta la Podesteria di Radda, che contiene tre terzi, cioè Radda, Gajole e Castellina, arrivando fino al confine dello Stato di Siena”) ed istituiva una congregazione di vigilanza sulla produzione la spedizione, il controllo contro le frodi ed il commercio dei vini (una sorta di progenitore dei Consorzi).
Fino a tutto il 1700 il vino della zona del Chianti veniva prodotto utilizzando solo le uve del vitigno sangiovese; dai primi anni del 1800 si iniziò ad applicare la pratica di mescolare varietà diverse di uve per migliorare la qualità del vino prodotto. In quel periodo vennero sperimentate varie miscele, ma fu il Barone Bettino Ricasoli, tra il 1834 ed il 1837 a divulgare la composizione da lui ritenuta più idonea per ottenere un vino rosso piacevole, frizzante e di pronta beva e che sarebbe poi diventata la base della composizione ufficiale del vino Chianti: 70% di Sangioveto (denominazione locale per il Sangiovese), 15% di Canaiolo, 15% di Malvasia; e l'applicazione della pratica del governo all'uso Toscano.
Non essendo la produzione del territorio, a quel tempo, in grado di far fronte alla crescente domanda, si cominciò a produrre vino, con i sistemi e gli uvaggi utilizzati nel Chianti, anche nei territori limitrofi, ottenendo prodotti che, in un primo tempo,venivano chiamati all’“uso Chianti”, e che in seguito, vennero addirittura venduti come Chianti tout court. Il famoso vino prodotto nella zona geografica del Chianti veniva quindi “imitato” in altre parti della Toscana rendendo necessaria la creazione di un organismo che lo tutelasse dai plagi.
A tale scopo il 14 maggio 1924 un gruppo di 33 produttori dà vita al Consorzio per la difesa del vino Chianti e della sua marca di origine. Nel 1932 un decreto interministeriale riconobbe al vino della zona di origine più antica Chianti il diritto di avvalersi della specificazione “Classico” in quanto prodotto nella zona storica. Fu quindi in questa occasione che per la prima volta venne definitiva la denominazione Chianti Classico. A conclusione di un iter durato 70 anni con il decreto 5 agosto 1996 al vino Chianti Classico viene riconosciuta la propria autonomia dal Chianti generico con un disciplinare specifico.
I produttori di questa denominazione hanno sempre privilegiato l’utilizzo del vitigno autoctono Sangiovese, tanto che il vino Chianti Classico può essere prodotto anche con il 100% di questo vitigno perpetuando il mantenimento di tecniche colturali che non modificano le caratteristiche peculiari dell’uva. A questo proposito nel 1987 ha avuto inizio un importantissimo Progetto di ricerca denominato “Chianti Classico 2000” che ha selezionato ed omologato nuovi cloni di Sangiovese e Colorino.
Il Vino DOCG Chianti Classico ha ottenuto il riconoscimento della Denominazione di Origine Controllata in data 9 agosto 1967, poi DOCG in data 2 luglio 1984.