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CASTELLI DI JESI DOCG

Vino a Denominazione di Origine Controllata e Garantita - Approvata come tipologia della DOC “Verdicchio dei Castelli di Jesi” con D.M. 12.09.1995, G.U. 231 del 03.10.1995 - Approvato DOCG con D.M. 18.02.2010, G.U. 50 del 02.03.2010

Denominazione aggiornata con le ultime modifiche riportate in GU n. 70 del 23.03.2024 


--- Confine regionale    --- Confine provinciale  ♦ Zona di produzione

 


Vino Castelli di Jesi D.O.C.G.

La denominazione di origine controllata e garantita «Castelli di Jesi» è riservata ai vini che rispondono alle condizioni e ai requisiti stabiliti nel disciplinare di produzione, per le seguenti tipologie:

  1. Riserva o Riserva Verdicchio
  2. Classico Riserva o Classico Riserva Verdicchio   

1. Tipologie e Uve del Vino DOCG Castelli di Jesi Verdicchio Riserva

 

  • Castelli di Jesi Riserva o Riserva Verdicchio (Vino Bianco Invecchiato)
  • Versioni: Secco
  • => 85% Vitigno Verdicchio
  • =< 15% Vitigni a bacca bianca idonei alla coltivazione nella regione Marche.
  • => 12,50% Vol. Titolo alcolometrico
  • Vino Bianco Invecchiato, dal colore giallo paglierino più o meno intenso, odore delicato, caratteristico e sapore asciutto, armonico con retrogusto gradevolmente amarognolo.

  • Castelli di Jesi Classico Riserva o Classico Riserva Verdicchio (Vino Bianco Invecchiato Classico)
  • Versioni: Secco
  • => 85% Vitigno Verdicchio
  • =< 15% Vitigni a bacca bianca idonei alla coltivazione nella regione Marche.
  • => 12,50% Vol. Titolo alcolometrico
  • Vino Bianco Invecchiato Classico, dal colore giallo paglierino più o meno intenso, odore delicato, caratteristico e sapore asciutto, armonico con retrogusto gradevolmente amarognolo.

__________

(Legenda simboli: > maggiore di; < minore di; >< da a; = uguale a; => uguale o maggiore di; =< uguale o minore di).


2. Territorio e Zona di produzione del Vino DOCG Castelli di Jesi

La zona geografica delimitata per la produzione del Verdicchio DOCG è individuata in parte del bacino geografico del fiume Esino, in taluni territori della Provincia di Ancona e di Macerata, storicamente Castelli perché gravitanti nella politica e nell’economia di Jesi che nel 1194 ha dato i natali a Federico II di Svevia. L’area dista circa Km 20 dal mare e si sviluppa nelle colline poste attorno alla valle Esina.

La Zona di Produzione del Vino DOCG Castelli di Jesi è localizzata in:

  • provincia di Ancona e comprende il territorio dei comuni di Arcevia, Barbara, Belvedere Ostrense, Castelbellino, Castelplanio, Corinaldo, Cupramontana, Maiolati Spontini, Mergo, Montecarotto, Monte Roberto, Morro d'Alba, Ostra, Poggio San Marcello, Rosora, San Marcello, San Paolo di Jesi, Senigallia, Serra de' Conti, Serra San Quirico e Staffolo.
  • provincia di Macerata e comprende il territorio dei comuni di Apiro, Cingoli e Poggio San Vicino.

3. Vinificazione e Affinamento del Vino DOCG Castelli di Jesi

Nelle fasi di vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche leali e costanti della zona atte a conferire ai vini le loro peculiari caratteristiche di qualità.

Le pratiche enologiche di vinificazione del Vino DOCG Castelli di Jesi prevedono, tra l'altro, che:

  • La resa massima dell'uva in vino finito, pronto per il consumo, non deve essere superiore al 70%. Qualora superi questo limite, ma non il 75%, l'eccedenza non ha diritto alla denominazione di origine controllata e garantita; oltre il 75% decade il diritto alla denominazione di origine controllata e garantita per tutto il prodotto.
  • Le pratiche di elaborazione dei vini prevedono un periodo di invecchiamento di almeno 18 mesi di cui almeno 6 in bottiglia.

4. Produttori di Vino DOCG Castelli di Jesi

Con l’utilizzo della DOCG Castelli di Jesi i Produttori Vinicoli Marchigiani sono orgogliosi di presentare al consumatore un Vino di Qualità che ha più cose da raccontare rispetto ad altri: da dove proviene, come viene lavorato, le origini storiche e le caratteristiche che lo identificano in un territorio ben definito che l'appassionato o l'estimatore potrà maggiormente percepire ed apprezzare durante la Visita alle Cantine che operano nell'ambito di questa denominazione.


5. Abbinamenti gastronomici con il Vino DOCG Castelli di Jesi

Antipasti, carni bianche più o meno elaborate, carni bollite, pietanze a base di funghi e tartufi, fritti di verdure, piatti di pesce, crostacei e molluschi.


6. Storia e Letteratura del Vino DOCG Castelli di Jesi

Il legame storico tra la vite e l’ambiente geografico nel territorio della Marca Anconetana inizia con l’arrivo dei monaci benedettini ed a seguire con quelli camaldolesi che reintroducono e diffondono la vite ormai da secoli tradizionale. Ai monaci, quindi, nelle Marche si devono il tramandarsi delle tecniche viticolo-enologiche, il miglioramento del prodotto e, soprattutto, la conservabilità. Con il diffondersi del contratto di mezzadria che crea l’appoderamento diffuso e la disponibilità di forza lavoro, il vino cessa di essere bevanda dei soli ceti agiati e diviene alimento delle classi rurali. Già ai primi del 1500 lo spagnolo Herrera, professore a Salamanca, descrive le più comuni varietà di viti e la tecnica di vinificazione in bianco.

Fra i nomi dei vitigni descritti figura il Verdicchio così spiegato “uva bianca che ha il granello picciolo e traluce più che niuna altra. Queste viti sono migliori in luoghi alti e non umidi, che piani e in luoghi grassi, e riposati, perciocché ha la scorsa molto sottile e tenera, di che avviene che si marcisce molto presto, et ha il sarmento così tenero che da per sé per la maggior parte cade tutto e bisogna che al tempo della vendemmia si raccoglia tutta per terra, e per questa cagione ricerca luogo asciutto e non ventoso, molto alto nei colli. Il vino di questo vitame è migliore di niuno altro bianco. Si conserva per lungo tempo, è molto chiaro, odorifero e soave. Ma l’uva di esso per mangiare non vale molto”. E ancora, un significativo legame storico conseguente all’Unità d’Italia del 1861, è l’iniziativa relativa alla istituzione della Commissione Ampelografica Provinciale, promossa dal Prefetto e presieduta dall’enologo De Blasis, che nel 1871 pubblica i “Primi studi sulle viti della Provincia di Ancona”. Sono passate in rassegna le diverse realtà climatiche, geomorfologiche dei territori e si descrivono i vitigni coltivati elencandone caratteri e sinonimie. Per l’area mandamentale di Jesi viene descritto il Verdicchio (o Verdeccio).

Questo è anche il periodo dei parassiti: oidio (1851), peronospora (1879), fillossera (1890). Il tempo trascorso per trovare le soluzioni spinse i viticoltori ad eliminare molte varietà clonali presenti nel territorio, privilegiando vitigni sconosciuti nella storia enologica regionale meno il Verdicchio che risultava il vino più commercializzato. Ne è conferma storica ulteriore quanto scrive nel 1905-6 lo studioso Arzelio Felini in Studi Marchigiani “è oltre un ventennio che i nostri viticoltori, nel tentare di risolvere il problema enologico marchigiano, hanno abbandonato la moltiplicazione delle caratteristiche varietà dei vitigni nostrani per introdurre del nord e del sud” .

È negli anni ’60 che l’aiuto CEE permette di rinnovare tutta la viticoltura regionale passando dalla coltura promiscua (filari) alla coltura specializzata (vigneto) con impianti a controspalliera per meglio svolgere le cure colturali e produrre uve di qualità. Nella classifica effettuata dal Di Rovasenda (1881), il Verdicchio è dichiarato il vitigno italico più pregiato tra i vitigni a bacca bianca delle Marche.

Il vino Verdicchio acquisisce notorietà commerciale all’inizio degli anni ’50 quando due produttori investirono nella costruzione in uno dei “castelli” di una cantina di trasformazione per lavorare le proprie uve e caratterizzarono il prodotto con una bottiglia tipica: l’anfora etrusca (designer Maiocchi). Allo sviluppo commerciale ha provveduto un altro industriale farmaceutico che ha acquisito la cantina cui ha fatto seguito la valorizzazione con la denominazione d’origine che ha consentito l’attuale sviluppo della DOC.

Il periodo mezzadrile prevedeva la ripartizione delle uve tra proprietario e mezzadro e, di conseguenza, la vinificazione separata nelle rispettive abitazioni. Tecniche diverse e capacità differenti non permettevano di ottenere un prodotto di qualità. Questo arriva con il sostegno comunitario agli investimenti sui vigneti, sugli impianti di vinificazione e sulle strutture commerciali le quali, forti della denominazione, riescono a raggiungere un notevole sviluppo nel mercato interno e in quello internazionale. Un cenno va fatto anche all’attività vivaistica, poiché nel territorio operavano molti piccoli vivaisti con propri allevamenti di piante madri che hanno consentito di soddisfare la domanda in barbatelle innestate così che il rinnovo della viticoltura degli anni ’60 non subisse scompensi ed inquinamenti varietali. Poi il vivaismo ha assunto forme e valori di dimensione nazionale per cui la domanda è stata soddisfatta in disponibilità e sicurezza varietale.

Vino a Denominazione di Origine Controllata - Approvato con Prot. 65897, G.U. 217 del 16.09.2016

Denominazione aggiornata con le ultime modifiche introdotte dal Provvedimento Ministeriale Prot. n. 9979 del 07/02/2017 


--- Confine regionale    --- Confine provinciale  ♦ Zona di produzione         Sottozona

 


Vino Riviera del Garda Classico D.O.C. Sottozona Valtènesi

La denominazione di origine controllata «Riviera del Garda Classico» e alla relativa Sottozona, e' riservata ai vini che rispondono alle condizioni ed ai requisiti stabiliti dal disciplinare di produzione per le seguenti tipologie:

  1. Bianco
  2. Rosso, anche Superiore
  3. Groppello
  4. Chiaretto
  5. Spumante Rose', nelle categorie Vino spumante e Vino spumante di qualita'
  6. Sottozona del Vino Riviera del Garda Classico DOC »

1. Tipologie e Uve del Vino DOC Riviera del Garda Classico - Sottozona Valtènesi

 

  • Sottozona Valtènesi Rosso (Vino Rosso)
  • Versioni: Secco /Abboccato
  • => 30% Vitigno Groppello (nei tipi Gentile e Mocasina, da soli o congiuntamente);
  • =< 70% Vitigni Marzemino, Barbera e Sangiovese, da soli o congiuntamente, tenendo conto che ciascun vitigno può concorrere fino al 25%.
  • =< 25% Vitigni a bacca nera non aromatici idonei alla coltivazione nella regione Lombardia. Nell'ambito di detta percentuale, l'eventuale presenza dei vitigni Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon, Carmenere e Merlot è ammessa complessivamente fino al 10%
  • => 12% Vol. Titolo alcolometrico
  • Vino Rosso dal colore rosso rubino, talora, con eventuali riflessi granati con l’invecchiamento, odore caratteristico, fruttato, talora speziato con sentori di confettura se sottoposto a parziale appassimento delle uve, e sapore da secco ad abboccato, sapido, fine, equilibrato, caratteristico.

  • Sottozona Valtènesi Rosso Riserva (Vino Rosso Invecchiato)
  • Versioni: Secco /Abboccato
  • => 30% Vitigno Groppello (nei tipi Gentile e Mocasina, da soli o congiuntamente);
  • =< 70% Vitigni Marzemino, Barbera e Sangiovese, da soli o congiuntamente, tenendo conto che ciascun vitigno può concorrere fino al 25%.
  • =< 25% Vitigni a bacca nera non aromatici idonei alla coltivazione nella regione Lombardia. Nell'ambito di detta percentuale, l'eventuale presenza dei vitigni Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon, Carmenere e Merlot è ammessa complessivamente fino al 10%
  • => 12% Vol. Titolo alcolometrico
  • Vino Rosso Invecchiato dal colore rosso rubino, talora, con eventuali riflessi granati con l’invecchiamento, odore caratteristico, fruttato, talora speziato con sentori di confettura se sottoposto a parziale appassimento delle uve, e sapore da secco ad abboccato, sapido, fine, equilibrato, caratteristico.

  • Sottozona Valtènesi Chiaretto (Vino Rosato)
  • Versioni: Secco /Abboccato
  • => 30% Vitigno Groppello (nei tipi Gentile e Mocasina, da soli o congiuntamente);
  • =< 70% Vitigni Marzemino, Barbera e Sangiovese, da soli o congiuntamente, tenendo conto che ciascun vitigno può concorrere fino al 25%.
  • =< 25% Vitigni a bacca nera non aromatici idonei alla coltivazione nella regione Lombardia. Nell'ambito di detta percentuale, l'eventuale presenza dei vitigni Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon, Carmenere e Merlot è ammessa complessivamente fino al 10%
  • => 12% Vol. Titolo alcolometrico
  • Vino Rosato dal colore da rosa tenue e rosa intenso con eventuali riflessi ramati con l'invecchiamento, odore caratteristico, fine, intenso, con eventuali sentori floreali e fruttati e sapore da secco ad abboccato, fresco, sapido, fine, equilibrato, caratteristico.

__________

(Legenda simboli: > maggiore di; < minore di; >< da-a; = uguale a; => uguale o maggiore di; =< uguale o minore di).


2. Territorio e Zona di produzione del Vino DOC Riviera del Garda Classico - Sottozona Valtènesi

L'area geografica vocata alla produzione del Vino DOC Riviera del Garda Classico - Sottozona Valtènesi si estende sulla sponda occidentale del Lago di Garda, in un territorio adeguatamente ventilato, luminoso e favorevole all'espletamento di tutte le funzioni vegeto-produttive delle vigne.

La Zona di Produzione del Vino DOC Riviera del Garda Classico - Sottozona Valtènesi è localizzata in:

  • provincia di Brescia e comprende il territorio dei comuni di Gardone Riviera, Salò, Roè Volciano, Villanuova sul Clisi, Gavardo, S.Felice del Benaco, Puegnago del Garda, Muscoline, Manerba del Garda, Polpenazze del Garda, Moniga del Garda, Soiano del Lago, Calvagese della Riviera, Padenghe sul Garda, Bedizzole e, in parte, il territorio dei comuni di Lonato del Garda e Desenzano del Garda.

3. Vinificazione e Affinamento del Vino DOC Riviera del Garda Classico - Sottozona Valtènesi

Nelle fasi di vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche leali e costanti della zona atte a conferire ai vini le loro peculiari caratteristiche di qualità.

Le pratiche enologiche di vinificazione del Vino DOC Riviera del Garda Classico - Sottozona Valtènesi prevedono, tra l'altro, che:

  • La resa massima dell’uva in vino DOC Riviera del Garda Classico - Sottozona Valtènesi non dovrà essere superiore al 70%; nel caso tali parametri venissero superati fino al limite del 5%, l'eccedenza non avrebbe diritto alla denominazione di origine. Oltre detto limite decade il diritto per tutta la partita.
  • Il Vino DOC Riviera del Garda Classico - Sottozona Valtènesi Chiaretto deve essere ottenuto mediante breve macerazione delle bucce.
  • Nella designazione dei Vini DOC Riviera del Garda Classico - Sottozona Valtènesi può essere menzionata la dizione "Vigna" purchè sia seguita dal relativo toponimo e che siano rispettate determinate pratiche di vinificazione.
  • Sulle etichette di ciascuna tipologia di Vino DOC Riviera del Garda Classico - Sottozona Valtènesi è obbligatorio riportare l'annata di produzione delle uve.
  • Il vino DOC Riviera del Garda Classico - Sottozona Valtènesi Riserva deve essere sottoposto ad invecchiamento minimo di 2 anni.

4. Produttori di Vino DOC Riviera del Garda Classico - Sottozona Valtènesi

Con l’utilizzo della DOC Riviera del Garda Classico - Sottozona Valtènesi i Produttori Vinicoli Lombardi sono orgogliosi di presentare al consumatore un Vino di Qualità che ha più cose da raccontare rispetto ad altri: da dove proviene, come viene lavorato, le origini storiche e le caratteristiche che lo identificano in un territorio ben definito che l'appassionato o l'estimatore potrà maggiormente percepire ed apprezzare durante la Visita alle Cantine che operano nell'ambito di questa denominazione.


5. Abbinamenti gastronomici con il Vino DOC Riviera del Garda Classico - Sottozona Valtènesi

Formaggi freschi, formaggi semi-duri, grigliate di carne, pasta al ragù.


6. Storia e Letteratura del Vino DOC Riviera del Garda Classico - Sottozona Valtènesi

In epoca romana il lago era conosciuto come Benàco, mentre oggi è meglio noto come lago di Garda, toponimo attestato fin dal Medioevo e di origine germanica, derivante da quello dell'omonima cittadina sulla sponda veronese del lago, la quale, insieme a un'altra località celebre del lago, Gardone Riviera, e altre meno conosciute, come Gàrdola, Gardoncino, Gardoni, Guàrdola e Le Garde, testimonia la presenza germanica che va dal VI al VIII secolo, in particolare quella longobarda.

Il toponimo Garda, con il quale è chiamato il lago già in alcuni documenti dell' VIII secolo, è l'evoluzione della voce germanica warda, ovvero "luogo di guardia" o "luogo di osservazione". Il toponimo classico del lago, ovvero Benācus lacus (Benàco), è quasi sicuramente di origine celtica, precedente quindi al dominio romano, e dovrebbe derivare da bennacus, confrontabile con l'irlandese bennach, e significherebbe "cornuto", ovvero dai molti promontori. La traduzione "cornuto" viene anche interpretata in riferimento alla penisola di Sirmione.

Sulle colline moreniche del Lago di Garda, è stato ritrovato il più antico aratro costruito dall'uomo che, cinquemila anni prima di Cristo, conosceva la vite selvatica e probabilmente anche il vino. Per tanto fin dalla Preistoria il territorio gardesano ha conosciuto la presenza dell'uomo e del vino. Non si è a conoscenza né di chi abbia introdotto la vite in questo ambiente né precisamente quando, ma alcune testimonianze riportano che già nel I secolo il vino gardesano era ben noto e si poteva facilmente trovare nei banchetti degli antichi romani con il nome di Vino Retico.

Il Retico fu uno dei vini preferiti dell'imperatore Augusto, per lo meno secondo quello che ci riporta Svetonio, e pure Plinio loda le viti e l'uva retica, affermando che era piuttosto in voga a Roma. L'integrazione tra Romani e Cenomani, i quali controllavano la zona gardesana, iniziò probabilmente nel 225 a.C., quando vi fu un trattato di alleanza tra Cenomani, Veneti e Romani, anche se l'effettiva romanizzazione del territorio avvenne tra il II e il I secolo a.C., tanto che nell'89 a.C. vennero concessi i diritti già delle città latine per volontà del console romano Gneo Pompeo Strabone e una quarantina di anni dopo fu concessa la cittadinanza romana a Brescia (che comprendeva la sponda occidentale e settentrionale del Benaco) e a Verona (che comprendeva invece la sponda orientale).

Nel susseguirsi dei secoli la Valtènesi seguì le vicende politiche delle località limitrofe passando sotto il controllo prima degli Scaligeri, poi dei Visconti, successivamente dominata dalla Repubblica di Venezia ed infine con Brescia nel Regno d'Italia. La vite rimase sempre una coltura diffusa, anche se non sempre a livelli produttivi rilevanti.

Nella seconda metà dell’Ottocento si registrò la comparsa di flagelli come l’oidio nel 1852 e la peronospora nel 1883 che persuasero i produttori minori a percorrere l’alternativa associativa.

Dal secondo dopoguerra la vitivinicoltura gardesana, che fino ad allora aveva rivestito un ruolo di rilevanza limitatamente a quell’area, iniziò un lungo processo di rilancio e miglioramento tecnico e qualitativo. Nell’ambito delle proposte di riqualificazione dei vigneti, trovarono degna collocazione alcuni convegni volti all’introduzione di nuovi metodi d’approccio ai problemi del settore, perorati nel seminario dell’Accademia italiana della vite del 1953.

Il 1959 fu l’anno della svolta per l’enologia del Garda occidentale: il primo Convegno sui vini bresciani, organizzato nell’ambito dell’Esposizione Industriale Bresciana, pose l’attenzione sul prodotto di cantina, minimizzato sino ad allora dalla centralità produttiva riconosciuta al vigneto.

Vino a Denominazione di Origine Controllata - Approvato con D.P.R. 11.08.1968, G.U. 244 del 25.09.1968

Denominazione aggiornata con le ultime modifiche introdotte dal D.M. 07.03.2014  


--- Confine regionale    --- Confine provinciale  ♦ Zona di produzione

 


Vino Valtellina Rosso (o Rosso di Valtellina) D.O.C.

La denominazione di origine controllata «Valtellina Rosso (o Rosso di Valtellina)» e' riservata ai vini che rispondono alle condizioni ed ai requisiti stabiliti dal disciplinare di produzione per le seguenti tipologie:

  • Rosso

1. Tipologie e Uve del Vino Valtellina Rosso

 

  • Valtellina Rosso (Vino Rosso)
  • Versioni: Secco
  • => 90% Vitigno Nebbiolo (o Chiavennasca)
  • =< 10% Vitigni a bacca nera idonei alla coltivazione nella regione Lombardia.
  • => 11% Vol. Titolo alcolometrico
  • Vino Rosso dal colore rosso rubino, con eventuali riflessi granato, odore delicato, persistente, caratteristico, dal sapore asciutto e leggermente tannico, con eventuale percezione di legno.

__________

(Legenda simboli: > maggiore di; < minore di; >< da-a; = uguale a; => uguale o maggiore di; =< uguale o minore di).


2. Territorio e Zona di produzione del Vino Valtellina Rosso

L'area geografica vocata alla produzione del Vino DOC Valtellina Rosso si estende sulle colline della Valchiavenna a nord del Lago di Como, in un territorio adeguatamente ventilato, luminoso e favorevole all'espletamento di tutte le funzioni vegeto-produttive delle vigne.

La Zona di Produzione del Vino DOC Valtellina Rosso è localizzata in:

  • provincia di Sondrio e comprende il territorio dei comuni di Ardenno, Berbenno, Bianzone, Buglio in Monte, Castione Andevenno, Chiuro, Montagna in Valtellina, Poggiridenti, Ponte in Valtellina, Postalesio, Sondrio, Teglio, Tirano, Tresivio e Villa di Tirano.

3. Vinificazione e Affinamento del Vino Valtellina Rosso

Nelle fasi di vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche leali e costanti della zona atte a conferire ai vini le loro peculiari caratteristiche di qualità.

Le pratiche enologiche di vinificazione del Vino DOC Valtellina Rosso prevedono, tra l'altro, che:

  • La resa massima dell’uva in vino DOC Valtellina Rosso non dovrà essere superiore al 70%; nel caso tali parametri venissero superati entro il limite del 5%, l'eccedenza non potrà avere diritto alla DOC. Oltre detti limiti decade il diritto alla DOC per tutto il prodotto.
  • Nella designazione dei Vini DOC Valtellina Rosso può essere menzionata la dizione "Vigna" purchè sia seguita dal relativo toponimo e che siano rispettate determinate pratiche di vinificazione.
  • Sulle etichette di ciascuna tipologia di Vino DOC Valtellina Rosso è obbligatorio riportare l'annata di produzione delle uve.
  • Il vino DOC Valtellina Rosso deve essere sottoposto ad affinamento per almeno 6 mesi, anche in legno.

4. Produttori di Vino Valtellina Rosso

Con l’utilizzo della DOC Valtellina Rosso i Produttori Vinicoli Lombardi sono orgogliosi di presentare al consumatore un Vino di Qualità che ha più cose da raccontare rispetto ad altri: da dove proviene, come viene lavorato, le origini storiche e le caratteristiche che lo identificano in un territorio ben definito che l'appassionato o l'estimatore potrà maggiormente percepire ed apprezzare durante la Visita alle Cantine che operano nell'ambito di questa denominazione.


5. Abbinamenti gastronomici con il Vino Valtellina Rosso

Primi piatti al ragù di carne saporito, pizzoccheri alla valtellinese, carni bianche in tegame, carni rosse alla griglia.


6. Storia e Letteratura del Vino Valtellina Rosso

Le origini della viticoltura in Valtellina sono molto lontane nel tempo. Lo sfruttamento agricolo del territorio e la sistemazione a terrazzamento è riconducibile in epoca romana o quantomeno longobarda, se non addirittura pre-romana in quanto i primi abitatori della valle furono i Liguri a cui seguirono gli Etruschi, ed entrambi i popoli conoscevano la coltura della vite.

La razionalizzazione e l’intensificazione della coltivazione della vite è però da ascrivere, prima alla colonizzazione romanica e, successivamente nel medioevo (sec. X e XI), al movimento dei “magistri comacini” ed ai monaci benedettini. Risulta documentato che già alcuni secoli prima del mille, il Monastero Sant’Ambrogio di Milano era proprietario sul versante retico valtellinese di diversi appezzamenti di vigne a coltura specializzata, il cui prodotto era destinato al consumo locale e certamente anche ai monaci del capoluogo lombardo.

Il grande impulso viticolo alla Valtellina è però conseguente alla presenza del governo svizzero da parte della Lega Grigia (oggi “Cantone Grigioni”). Per quasi tre secoli, dal 1550 al 1797, la Valtellina fu territorio grigionese e i primi commerci di esportazione di vino furono conseguenza dei rapporti economici che la Lega Grigia intratteneva con le corti del centro e nord Europa. E’ soprattutto di quei secoli la fama dei vini della Valtellina che, anche successivamente, continuarono a viaggiare verso il nord.

Particolare interessante e caratteristico del territorio è il sistema dei terrazzamenti. Il terrazzamento è un metodo di dissodamento degli acclivi versanti montani, espressione di una precisa cultura insediativa che si ritrova, con molte analogie, in tutte le vallate dell’arco alpino. Attraverso la realizzazione del terrazzo fu possibile recuperare allo sfruttamento agricolo le costiere pedemontane ed insediarvi le colture necessarie alla sopravvivenza delle popolazioni locali.

Si consideri inoltre che il portare le coltivazioni sugli acclivi montani serviva anche a proteggerle dalle rappresaglie delle soldatesche barbariche che transitavano per il fondo valle, nonché ad evitare il rischio delle frequenti inondazioni causate dalle piene improvvise del fiume Adda.

Il sistema terrazzato di Valtellina si identifica con la realizzazione di una miriade di muri a secco in sasso che sostengono i ronchi vitati. Trattasi di un’opera avviatasi alcuni millenni fa e perpetuata nel tempo attraverso il lavoro quotidiano dei viticoltori che, per tutto questo, sono degli autentici manutentori del territorio.

Come già accennato, i muri sono di una entità ciclopica; stimabile in oltre 2.500 Km di sviluppo lineare, con una incidenza media/ettaro superiore ai 2.000 m2 di superficie verticale e, di conseguenza con costi di mantenimento altissimi. Oltre a consentire la realizzazione della economia agricola, il terrazzamento diventa componente essenziale del fascino paesaggistico del territorio ed importante elemento di salvaguardia e presidio delle falde montane.

Il Vino DOC Valtellina Rosso ha ottenuto il riconoscimento della Denominazione di Origine Controllata in data 11 agosto 1968.

VALCALEPIO DOC

Vino a Denominazione di Origine Controllata - Approvato con D.P.R. 3.08.1976, G.U. 308 del 18.11.1976

Denominazione aggiornata con le ultime modifiche introdotte dal D.M. 07.03.2014  


--- Confine regionale    --- Confine provinciale  ♦ Zona di produzione

 


Vino Valcalepio D.O.C.

La denominazione di origine controllata «Valcalepio» e' riservata ai vini che rispondono alle condizioni ed ai requisiti stabiliti dal disciplinare di produzione per le seguenti tipologie:

  1. Bianco 
  2. Rosso, anche Riserva
  3. Moscato Passito

1. Tipologie e Uve del Vino DOC Valcalepio

 

  • Valcalepio Bianco (Vino Bianco)
  • Versioni: Secco
  • >< 55-80% Vitigni Pinot Bianco e Chardonnay
  • >< 20-45% Vitigno Pinot Grigio
  • => 11,50% Vol. Titolo alcolometrico
  • Vino Bianco dal colore giallo paglierino più o meno intenso, odore delicato, caratteristico e sapore secco, armonico, caratteristico.

  • Valcalepio Rosso (Vino Rosso)
  • Versioni: Secco
  • >< 25-60% Vitigno Cabernet Sauvignon
  • >< 40-75% Vitigno Merlot
  • => 11,50% Vol. Titolo alcolometrico
  • Vino Rosso dal colore rosso rubino più o meno carico, profumo intenso, gradevole, caratteristico, dal sapore asciutto, pieno, armonico, persistente.

  • Valcalepio Rosso Riserva (Vino Rosso Invecchiato)
  • Versioni: Secco
  • >< 25-60% Vitigno Cabernet Sauvignon
  • >< 40-75% Vitigno Merlot
  • => 12,50% Vol. Titolo alcolometrico
  • Vino Rosso dal colore rosso rubino più o meno carico, tendente al granata, profumo etereo, intenso, caratteristico, dal sapore asciutto, di corpo, vellutato, armonico, persistente.

  • Valcalepio Moscato Passito (Vino Rosso Moscato Passito)
  • Versioni: Dolce
  • = 100% Vitigno Moscato di Scanzo e Moscato, da soli o congiuntamente.
  • => 17% Vol. Titolo alcolometrico
  • Vino Rosso Passito dal colore rosso rubino più o meno carico che può tendere al cerasuolo con riflessi granata, profumo delicato, aromatico, intenso, caratteristico, sapore dolce, gradevole, armonico, con leggero retrogusto di mandorla.

__________

(Legenda simboli: > maggiore di; < minore di; >< da-a; = uguale a; => uguale o maggiore di; =< uguale o minore di).


2. Territorio e Zona di produzione del Vino DOC Valcalepio

L'area geografica vocata alla produzione del Vino DOC Valcalepio si estende su un territorio collinare delimitato dalle Orobie a nord, dal lago d’Iseo a est e dal monte Canto a ovest, in un territorio adeguatamente ventilato, luminoso e favorevole all'espletamento di tutte le funzioni vegeto-produttive delle vigne.

La Zona di Produzione del Vino DOC Valcalepio è localizzata in:

  • provincia di Bergamo e comprende il territorio dei comuni di Carobbio degli Angeli, Cenate Sotto, Credaro, Entratico, Gandosso, Ranica, San Paolo d'Argon, Torre de' Roveri, Villa di Serio, Villongo e parte di quelli di Adrara San Martino, Adrara San Rocco, Albano Sant'Alessandro, Alzano Lombardo, Bagnatica, Barzana, Bergamo, Bolgare, Brusaparto, Carvico, Castelli Calepio, Cenate Sopra, Chiuduno, Costa Mezzate, Curno, Foresto Sparso, Gorlago, Grumello del Monte, Luzzana, Mapello, Montello, Mozzo, Nembro, Paladina, Palazzago, Ponteranica, Pontida, Predore, Sarnico, Scanzorosciate, Seriate, Sorisole, Sotto il Monte Giovanni XXIII, Telgate, Torre Boldone, Trescore Baineario, Valbrembo, Viadanica, Villa d'Adda, Villa d'Almè e Zandobbio.

3. Vinificazione e Affinamento del Vino DOC Valcalepio

Nelle fasi di vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche leali e costanti della zona atte a conferire ai vini le loro peculiari caratteristiche di qualità.

Le pratiche enologiche di vinificazione del Vino DOC Valcalepio prevedono, tra l'altro, che:

  • La resa massima dell’uva in vino DOC Valcalepio non dovrà essere superiore al 70% e al 40% per la tipologia Moscato Passito; nel caso tali parametri venissero superati entro il limite del 5%, l'eccedenza non potrà avere diritto alla DOC. Oltre detti limiti decade il diritto alla DOC per tutto il prodotto.
  • Il vino DOC Valcalepio Rosso deve essere sottoposto ad invecchiamento per almeno 12 mesi, di cui almeno 3 in botti di legno.
  • Il vino DOC Valcalepio Riserva deve essere sottoposto ad invecchiamento per almeno 36 mesi, di cui almeno 12 in botti di legno.
  • Il vino DOC Valcalepio Moscato Passito deve essere sottoposto ad invecchiamento per circa 18 mesi e, comunque, immesso sul mercato non prima del 12 maggio del secondo anno successivo alla vendemmia.
  • Sulle etichette di ciascuna tipologia di Vino DOC Valcalepio è obbligatorio riportare l'annata di produzione delle uve.
  • Il vino DOC Valcalepio Moscato Passito deve riportare in etichetta la dizione completa "Moscato Passito" e può essere integrata dai nomi dei comuni di Gandosso, Grumello del Monte, Cenate Sotto, Torre de’ Roveri, Albano Sant’Alessandro e Carobbio degli Angeli.

4. Produttori di Vino DOC Valcalepio

Con l’utilizzo della DOC Valcalepio i Produttori Vinicoli Lombardi sono orgogliosi di presentare al consumatore un Vino di Qualità che ha più cose da raccontare rispetto ad altri: da dove proviene, come viene lavorato, le origini storiche e le caratteristiche che lo identificano in un territorio ben definito che l'appassionato o l'estimatore potrà maggiormente percepire ed apprezzare durante la Visita alle Cantine che operano nell'ambito di questa denominazione.


5. Abbinamenti gastronomici con il Vino DOC Valcalepio

Antipasti di pesce non salati, primi piatti al sugo di pesce in bianco e con verdure, risotti con verdure, carni delicate.


6. Storia e Letteratura del Vino DOC Valcalepio

Bergamo, dal punto di vista agricolo, era una città produttrice di vino. Quasi quattro quinti delle superfici trattate fino alla fine del XI secolo erano vigneti. […] Anche nei dintorni immediati della città, nel suburbium, c’erano più vigneti che nella media: quasi un terzo della campagna serviva alla produzione del vino.

Il Marengoni sostiene che ‘il vino risulta dal matrimonio tra ambiente e capacità umana: la collina bergamasca e il suo viticoltore non potevano quindi che generare vini, quali il Valcalepio e il Moscato di Scanzo’.

Altre testimonianze dell’antichità della viticoltura in bergamasca ci vengono dall’epoca latina: alcuni storici riportano la notizia dell’impianto di viti in quel di Scanzo da parte dei militi romani.

Inoltre, per i Romani la cultura della vite a Bergamo diventò così importante che fu dedicato un tempio a Bacco nell’antico Borgo di San Lorenzo. Plinio racconta che in questo territorio la coltivazione della vite era molto sviluppata, soprattutto nei luoghi più appropriati, cioè nella collina.

Quando poi nel 569 i Longobardi invasero la città, la vite, rimasta senza il vignaioli, costretto ad una precaria esistenza e soggiogato a lavorare per padroni per nulla avveduti, ebbe un notevole tracollo sotto il profilo della diffusione e della produttività e si rifugiò nelle proprietà ecclesia siche. Ma anche nei secoli bui la gente bergamasca non smise mai di amare il suo vino, tanto che il primo atto ufficiale che attesta l’importanza economica del vigneto è proprio un rogito del 750 con il qual viene ceduta una vigna sotto le mura della città.

Risalgono al 1000-1100 d.C. alcune carte di permuta e di vendita di terre vitate. A testimonianza dell’’attenzione prestata dal potere pubblico al vino, nel 1243 Bergamo ordina i piantare le viti lungo la strada che va a Seriate e nel 1266 viene emanato lo statuto di Vertova che impone che ‘chi tiene a fitto tre pertiche di terreno comunale del Grumelli e nei Zereti vi pianti vigna’.

Nel 1569 il bresciano Agostino Gallo parla della eccellente tecnica usata nel trattare le viti, nel capitolo ‘Quanto bene piantano le viti i Bergamaschi’ del suo libro Le venti giornate dell’agricoltura e dei piaceri della villa.

Nel 1614 Alvise Rizzi stila un elenco dei benefici ecclesiastici del priorato di Pontida e riporta che ‘… i monaci accorparono le proprietà frazionate e disperse plasmando le coste dominate dal sole con vigneti capaci di dare vino potente e buonissimo. Per affinarlo conservarlo hanno costruito una cantina con botti cerchiate in ferro di sei carri l’una e si preparavano a costruirne un’altra per accogliere il nettare derivante dai nuovi vigneti che stavano per entrare in produzione’.

La relazione conferma il fatto che dal 1400 a tutto il 1600 la provincia di Bergamo produceva molto più vino del suo fabbisogno, circa tre volte tanto e che il sovrappiù veniva collocato sul facoltoso mercato milanese. Celestino, nel 1617, descrive così la Valle Calepio: ‘Dalla parte Orientale a man sinistra della strada, che mena a Brescia, si trova la Val Calepio, cosidetta dal buon vino, e ben da bere ..."

L’inverno del 1709 si rivelò decisamente rigido come riporta questa testimonianza: ‘in Valle Calepio venne tanta neve che arrivava sino ai circoli delle viti, cioè alta circa quattro piedi e mezzo, altezza terribile per i nostri paesi, e poi si rasserenò restando la calinge a terra con freddo tanto orribile che mai da secoli non fu udito il simile, che fece seccar tutte le viti, gli olivi e i fichi […]

Dal 1719 per dodici anni successivi fu tanta l’abbondanza dei vivere e delle altre cose necessarie che il frumento stette sempre tra le 18 e le 16 lire al sacco, il vino migliore dalle 8 alle 12 e l’uva dagli scudi 4 agli 8 al carro’.

A partire dal 1700, con l’espansione dell’allevamento dei bachi da seta e della coltivazione dei gelsi, che in pianura sostituirono la vite, la produzione diminuì fino al punto che i Bergamaschi, all’inizio dell’800 furono costretti ad importare vino da altre regioni. A tale proposito Rosa riferisce che ‘nel 1780 non solo [Bergamo] non ne mandò fuori, ma ne introdusse 5000 brente, ovvero 3554 ettolitri, che nel 1840 salirono a 5400 brente od ettolitri 38.172’.

Nel 1820, Giovanni Maironi da Ponte descrive in questo modo la Valcalepio nel suo Dizionario Odeporico: ‘La Valle Calepio, così detta dal villaggio, che porta questo nome e che ne fu un tempo la capitale […] si può dir certamente una delle più felici ed amene della provincia. […] Il resto della valle è sparso di amene collinette e di bei piani fertili di biade, di gelsi e di vini, i quali, e segnatamente quelli, che si hanno dai suoi ronchi per la loro salubrità e delicatezza sono i migliori e i più pregiati della provincia.

Continua poi il Maironi: ‘[…] Credaro piccolo villaggio della Valle Calepio appartenente al distretto e alla pretura di Sarnico […] resta immediatamente sulla strada provinciale, in un territorio fertile segnatamente di vini, che vi riescono molto squisiti e ricercati. […] Credaro è abitato da cinquecento e più perone, la massima parte agricoltori e vignaioli’.

Con l’arrivo della peronospora e dell’oidio e la comparsa della filossera nel 1886, i vigneti subirono gravi perdite ma i bergamaschi in breve tempo reimpiantarono vastissime superfici tanto che già nel 1912 la superficie investita in viti superava quella di un tempo e continuò ad aumentare sino al 1940, all’inizio cioè della Seconda Guerra Mondiale.

Sul Diario-Guida di Bergamo 1923-1924 si legge: ‘Credaro, mandamento di Sarnico, circondario di Bergamo, situato allo sbocco della Valle Calepio. Ha pittoreschi dintorni cosparsi di ville e cascinali. Suolo fertilissimo di vini squisiti […]’

Gabriele Carrara descrive gli abitanti della Valcalepio come ‘gente dura alle avversità, come gli ulivi del vento, e pur generosa come i suoi vigneti’.

Dal 1950 la Camera di Commercio si rese promotrice di una vasta innovazione in viticoltura chiamando a consiglio anche illustri personaggi come il viticolo Italo Cosmo e si decise di modificare la base ampelografia, incentivando l’impianto di Merlot, Barbera, Incrocio Terzi, Marzemino gentile e Schiava grossa. Curati i vigneti, non rimaneva che pensare al vino: si istituirono così due cantine sociali, una a Pontida – la Val san Martino – che iniziò a funzionare nel 1959, l’altra a S. Paolo d’Argon – la Bergamasca- che iniziò a funzionare nel 1960.

Sull’Eco di Bergamo del 4 novembre 1950 si legge: ‘[…]nello spasimo contorto degli olivi svenati dai secoli, geme ancora, viceversa, lungo i dolci declivi dei vigneti, il singhiozzo strozzato di antichi drammi soffocati tra le mura dei fortilizi o affogati nell’Oglio o nelle acque del Sebino … Ma anche il visitatore sprovveduto, dall’altro del colle di Montecchio, il linguaggio di questi resti, filtrato dalla rete fittissima dei filari di vite educata a modello per i moderni vignaioli, ha pure una sua suggestiva parola da dire’.

Luciano Malachini in Aspetti geo-morfologici della Val Calepio sostiene che: ‘Un buon bergamasco, cui si chiedesse di caratterizzare la Val Calepio, penserebbe certamente ai vini che vi si producono in copia, ed infatti le pendici delle colline sono coperte da un allegro pergolato di lussureggianti vigneti i quali, se sono meno celebri di quelli di altre zone, che si seppero meglio organizzare commercialmente, non sono però da meno nella bontà del prodotto’.

Della storia della Viticoltura Bergamasca si è occupato anche il dottor Marengoni Bruno, tra gli altri in un saggio così intitolato nel sopraccitato testo del Quinzani: ‘[…] Molte viticolture raggiungono quella bergamasca per antichità di origine. Parecchie la superano per raccolto. Ben poche invece possono vantarne una così pronunciata evoluzione qualitativa attraverso i tempi. […]

Alla fine del secolo scorso la vite alligna anche in pianura, di solito tra i gelsi, associata a cereali e foraggi. Il livello economico generale, di pura sussistenza, e le difficoltà nei trasporti, impongono alla famiglia contadina ed alla collettività, la massima autarchia, ponendo il seconda linea la qualità del prodotto. […] L’importazione dall’America della peronospora e dell’oidio, parassiti della vite pericolosi specie in ambiente umido, rende questa coltura in piano assai impegnativa. La comparsa poi di un terzo parassita, la filossera, il migliorato tenore generale di vita, con il conseguente allentamento del regime autarchico e l’esigenza di appezzamenti più ampi idonei alla meccanizzazione decretano la graduale scomparsa della viticoltura in piano. Questa perciò si ritira in collina, ed anche qui, solo sui pendii meglio esposti, in quanto gli altri vengono lasciati al bosco. […]

Si verifica così il primo presupposto per una viticoltura di qualità: la vocazione naturale dell’ambiente. Il secondo passo determinante per una migliore qualificazione viene compiuto negli anni cinquanta, quando si affrontano tre problemi:

  • la scelta, tra una miriade eterogenea, delle uve più idonee;
  • la difesa dalla grandine con apposite reti;
  • l’adozione di nuove forme di allevamento e di nuove sistemazioni del terreno meglio atte alla meccanizzazione.

[…] viene effettuata una prima scelta fondamentale, escludendo i vitigni troppo tardivi ed adottando gli altri, più idonei ai vini abbastanza pronti […] ecco perché tra i rossi emergono il Merlot e il Cabernet Sauvignon […] mentre per i bianchi s’impongono soprattutto i Pinots. Si verifica così un secondo presupposto, fondamentale per i vini di classe: la nobiltà del vitigno’.

Delle zone di produzione della vite, dei vitigni coltivati e dei tipi di vino prodotti trattano anche Compagnoni e Marengoni in Vini Bergamaschi di Qualità e percorsi di degustazione: ‘[…] Un tempo la viticoltura era distribuita in tutta la fascia collinare ed anche nella media ed alta pianura, nonché nella pianura dell’Isola. Mentre in collina la vite è sempre stata in coltura principale, in pianura la prevalenza dei vigneti era in coltura secondaria: in questa zona la vite veniva allevata lungo i filari di olmi o di altre essenze legnose.

In seguito, con l’estirpazione dei filari di piante legnose e con il progredire della meccanizzazione aziendale, tale coltura si è andata via via riducendo, tanto che attualmente interessa esclusivamente la fascia collinare, dove trova il suo ambiente ideale. Più esattamente ritroviamo queste coltura nella zona collinare vera e propria, che si estende pe runa settantina di chilometri dal fiume Adda al lago di Iseo ed anche in zone considerate montane dalla statistica ufficiale, me che presentano caratteristiche ambientali proprie delle colline e precisamente: la valle Cavallina, la bassa Valle Camonica da Lovere a Rogno, la sponda occidentale del lago d’Iseo, l’imbocco della valle Seriana e della valle Brembana.’

Il Vino DOC Valcalepio ha ottenuto il riconoscimento della Denominazione di Origine Controllata in data 3 agosto 1976.

Oltre 300 buyers, tra Importatori, Grossisti e Distributori in 70 paesi del mondo, sono le collaborazioni attive di Assovini.it

Assovini

Assovini.it è il sito del Vino e delle Cantine ideato nel 1986 e realizzato da un team di Sommelier con la collaborazione di Enologi e Produttori per diffondere i migliori Vini italiani nel mondo.

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