Assovini
Vino a Denominazione di Origine Controllata e Garantita - Approvato DOC con DM 13.09.1995, G.U. 232- 04.10.1995 - Approvato DOCG con DM 18.02.2010, G.U. 49 - 01.03.2010
Denominazione aggiornata con le ultime modifiche introdotte dal D.M. 30.11.2011
--- Confine regionale --- Confine provinciale ♦ Zona di produzione
Vino Verdicchio di Matelica Riserva D.O.C.G.
La denominazione di origine controllata e garantita «Verdicchio di Matelica Riserva» è riservata al vino che risponde alle condizioni e ai requisiti stabiliti dal disciplinare di produzione per la seguente tipologia:
- Verdicchio di Matelica Riserva
1. Tipologie e Uve del Vino DOCG Verdicchio di Matelica Riserva
- Verdicchio di Matelica Riserva (Vino Bianco Invecchiato)
- Versioni: Secco
- => 85% Vitigno Verdicchio
- =< 15% Uve a bacca bianca prodotte da altri Vitigni coltivati nella regione Marche
- => 12,50% Vol. Titolo alcolometrico
- Vino Bianco Invecchiato, dal colore giallo paglierino, odore delicato, caratteristico e sapore asciutto, armonico con retrogusto leggermente amarognolo.
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(Legenda simboli: > maggiore di; < minore di; >< da a; = uguale a; => uguale o maggiore di; =< uguale o minore di).
2. Territorio e Zona di produzione del Vino DOCG Verdicchio di Matelica Riserva
La zona geografica delimitata per la DOCG Verdicchio di Matelica Riserva interessa un territorio interno e lontano dall’ambiente e dall’influenza marina. E' infatti una Pianura Alluvionale Interna che include tutti i tratti di fondovalle fluviale e torrentizio. La zona è attraversata dal fiume Esino nella fase iniziale del suo percorso che scorre parallelo verso nord alla zona montuosa appenninica ed alla costa adriatica. La vallata, ove si sviluppa la zona delimitata, è il prodotto dell’effetto erosivo dei molti corsi d’acqua sulla dorsale pedemontana e montana caratterizzata da rocce calcaree.
La Zona di Produzione del Vino DOCG Verdicchio di Matelica Riserva e localizzata in:
- provincia di Macerata e comprende il territorio dei comuni di Matelica, Esanatoglia, Gagliole, Castelraimondo, Camerino e Pioraco.
- provincia di Ancona e comprende il territorio dei comuni di Cerreto D'Esi e Fabriano.
3. Vinificazione e Affinamento del Vino DOCG Verdicchio di Matelica Riserva
Nelle fasi di vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche leali e costanti della zona atte a conferire ai vini le loro peculiari caratteristiche di qualità.
Le pratiche enologiche di vinificazione prevedono, tra l'altro, che:
- La resa massima dell'uva in vino finito, pronto per il consumo non deve essere superiore al 70%. Qualora superi questo limite, ma non il 75%, l'eccedenza non ha diritto alla denominazione di origine controllata e garantita; oltre il 75% decade il diritto alla denominazione di origine controllata e garantita per tutto il prodotto.
- Le pratiche di elaborazione prevedono che il vino prima di essere immesso al consumo deve essere sottoposto ad un periodo d’invecchiamento di almeno 18 mesi.
4. Produttori di Vino DOCG Verdicchio di Matelica Riserva
Con l’utilizzo della DOCG Verdicchio di Matelica Riserva i Produttori Vinicoli Marchigiani sono orgogliosi di presentare al consumatore un Vino di Qualità che ha più cose da raccontare rispetto ad altri: da dove proviene, come viene lavorato, le origini storiche e le caratteristiche che lo identificano in un territorio ben definito che l'appassionato o l'estimatore potrà maggiormente percepire ed apprezzare durante la Visita alle Cantine che operano nell'ambito di questa denominazione.
5. Abbinamenti gastronomici con il Vino DOCG Verdicchio di Matelica Riserva
Antipasti crudi (molluschi bivalvi di varia specie), pesci dalle carni saporite e salsate, primi piatti di pesce, lasagne di mare, risotti di mare, brodetti tipici di pesce. Quando è più maturo si abbina perfettamente con la sogliola dell'Adriatico e con lo stoccafisso all'anconetana. Viene anche abbinato a salumi della tradizione locale quali il Prosciutto di Carpegna, il Ciauscolo, il salame di Fabriano.
6. Storia e Letteratura del Vino DOCG Verdicchio di Matelica Riserva
E' provato che i Piceni già conoscessero l’uva ed il vino grazie al ritrovamento nel centro abitato di Matelica di una tomba di un giovane “principe” dove, fra splendide armi e scettri ed altri oggetti, è stato rinvenuto un bacile emisferico al cui interno stavano 200 vinaccioli di vitis vinifera, più di un grappolo. Fra i vasi ceramici alcuni erano legati alla mensa ed al vino. Il periodo Romano ha permesso a Plinio, Varrone, Catone ed altri di dissertare sull’uva e sul vino piceno. Da ciò si può affermare che in queste terre, giudicate fertili, non mancavano le vigne.
La caduta dell’impero Romano, le invasioni medievali, il disfacimento dell’impero d’oriente, che aveva avuto potere ed influenza lungo la costa adriatica, riducono l’attività agricola al solo sostentamento e le vigne, abbandonate le antiche alberate dell’epoca romana quando le viti venivano “maritate” agli aceri e ad altre piante, ora occupano piccoli appezzamenti a se stanti, protetti. Nasce il vigneto dell’azienda agricola. Alta densità d’impianto per non “sprecare terreno”, applicazione del contratto mezzadrile con la ripartizione del prodotto, due vinificazioni separate destinate all’autoconsumo.
Nel periodo medioevale la valle è feudo della signoria dei “Da Varano” di Camerino, potenti ed illuminati protagonisti della storia dell’area di dominio. Il passaggio dall’Impero allo Stato della Chiesa nel 1578 creò un risveglio dell’attività agricola dovuto ai monaci ed agli insediamenti monastici nel territorio che influirono sulle attività temporali che le popolazioni accettarono. Proprio in questo periodo (12 gennaio 1579) un contratto notarile, in quel di Matelica, cita la parola “Verdicchio”. Da qui la vite riprende un suo ruolo nell’economia aziendale e rurale cessando di essere esclusivo uso del Clero e dei Nobili ed entra nelle abitudini della comunità di persone.
È nella seconda metà dell’800, con l’arrivo dell’oidio, della peronospora e della fillossera, che la viticoltura subisce la sua fine per riprendere il suo nuovo sviluppo ai primi del ‘900 ove la divulgazione tecnica e l’insegnamento permettono di ricreare la viticoltura moderna con nuove varietà e, purtroppo, con l’abbandono di varietà e cloni del territorio. Con gli anni ’50 si avvia il passaggio da coltura promiscua a specializzata, ha termine la figura del mezzadro (ope legis), i proprietari divengono imprenditori i quali, accorpando più poderi, investendo con il sostegno dei fondi comunitari, sfruttando le agevolazioni concesse alle forme cooperative ed allo sviluppo del sistema agroalimentare danno vita alla vitivinicoltura marchigiana di oggi nel matelicese e nella regione.
La denominazione “Verdicchio di Matelica Riseva” è conseguente al D.P.R. 930/1963 che norma le DOC e le DOCG. La tipologia Riserva è aggiunta alla DOC nel 1995. Nel febbraio 2010 viene riconosciuta la DOCG in quanto nell’area delimitata si otteneva anche un prodotto classificabile come “eccellenza produttiva”. Ciò ha permesso ai viticoltori matelicesi, nel 2005, di attivare l’iter normativo per dare ufficialità all’eccellenza produttiva con la DOCG.
L’ampelografia del vitigno autoctono “Verdicchio” trova attenzione nel XIX sec con più descrizioni ufficiali. Nel tempo i viticoltori hanno sempre effettuato una selezione massale per la sua moltiplicazione cui ha fatto seguito una selezione scientifica del materiale di moltiplicazione. Le forme di allevamento della vite hanno subito una evoluzione passando dall’alberata (acero, olmo, conocchia) alla vigna (filari) forti dell’esperienza acquisita che la prima forma rispondeva alla quantità e la seconda alla qualità. Oggi la vigna è generalizzata con una densità superiore alle 2.000 viti/ettaro.
Per produrre il vino bianco secco non sono applicate tecniche specifiche per il Verdicchio Riserva, ma occorre precisare che tutti i produttori dell’area sono stati molto sensibili ad applicare le nuove tecnologie di trasformazione vinicola sostenute da sperimentazioni scientifiche come la criomacerazione, l’iperossigenazione, la decantazione a freddo. Ciò permise di distinguere il prodotto vino nella tipologia “Riserva”, poi DOCG.
Vino a Denominazione di Origine Controllata e Garantita - Approvato DOC con D.M. 23.05.2001, G.U. 136 del 14.06.2001 - Approvato DOCG con D.M. 15.06.2011, G.U. 149 del 29.06.2011
Denominazione aggiornata con le ultime modifiche introdotte dal D.M. 30.11.2011
--- Confine regionale --- Confine provinciale ♦ Zona di produzione
Vino Offida D.O.C.G.
La Denominazione di Origine Controllata e Garantita «Offida» è riservata ai vini che rispondono alle condizioni e ai requisiti stabiliti dal disciplinare di produzione per le seguenti tipologie:
- Pecorino
- Passerina
- Rosso
1. Tipologie e Uve del Vino DOCG Offida
- Offida Pecorino (Vino Bianco)
- Versioni: Secco
- => 85% Vitigno Pecorino
- =< 15% Vitigni a bacca bianca idonei alla coltivazione nella regione Marche.
- => 12% Vol. Titolo alcolometrico.
- Vino Bianco dal colore colore giallo paglierino con riflessi verdognoli, un buon livello di acidità; all’olfatto si riscontrano note floreali (fiori bianchi), fruttate di ananas, sentori di anice e salvia e al gusto sono freschi, minerali sapidi, con un retrogusto persistente.
- Offida Passerina (Vino Bianco)
- Versioni: Secco
- => 85% Vitigno Passerina
- =< 15% Vitigni a bacca bianca idonei alla coltivazione nella regione Marche.
- => 11,50% Vol. Titolo alcolometrico.
- Vino Bianco dal colore giallo paglierino con riflessi giallognoli, all’olfatto si riscontrano note di frutta a polpa gialla e sentori agrumati, e al gusto sono freschi, minerali e hanno un retrogusto persistente.
- Offida Rosso (Vino Rosso)
- Versioni: Secco
- => 85% Vitigno Montepulciano
- =< 15% Vitigni a bacca nera idonei alla coltivazione nella regione Marche
- => 13% Vol. Titolo alcolometrico.
- Vino Rosso dal colore rosso rubino con tendenza al granato, all’olfatto spiccano note di frutti rossi e sentori di liquirizia e cioccolato, e al gusto sono morbidi, ampi con un lunghissimo retrogusto.
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(Legenda simboli: > maggiore di; < minore di; >< da a; = uguale a; => uguale o maggiore di; =< uguale o minore di).
2. Territorio e Zona di produzione del Vino DOCG Offida
La zona geografica che delimita la DOCG Offida ricade nella parte sud della regione Marche a cavallo tra le province di Ascoli Piceno e Fermo, e comprende un’area che va dalla zona litoranea sino ad arrivare ad una media alta collina.
La Zona di Produzione del Vino DOCG Offida è localizzata come segue:
- la tipologia Offida Rosso riguarda la provincia di Ascoli Piceno e comprende il territorio dei comuni di Ripatransone, Offida, Acquaviva Picena, Castorano, Castel di lama, Cossignano, Appignano del Tronto e, in parte, il territorio dei comuni di Ascoli Piceno, Colli del Tronto, Spinetoli, Monsampolo del Tronto, Grottammare, Massignano, Carassai, Montefiore dell'Aso, Montalto Marche, Castignano, Monteprandone e San Benedetto del Tronto.
- la tipologia Offida Pecorino riguarda la provincia di Ascoli Piceno e comprende il territorio dei comuni di Acquaviva Picena, Appignano del Tronto, Casteldilama, Castorano, Castignano, Cossignano, Montefiore dell'Aso, Offida, Ripatransone e, in parte, il territorio dei comuni Ascoli Piceno, Colli del Tronto, Carassai, Cupramarittima, Grottammare, Montalto Marche, Massignano, Monsampolo del Tronto, Montedinove, Monteprandone, Petritoli, Rotella, San Benedetto del Tronto e Spinetoli.
- la tipologia Offida Passerina riguarda la provincia di Fermo e comprende il territorio dei comuni di Campofilone e Pedaso.
3. Vinificazione e Affinamento del Vino DOCG Offida
Nelle fasi di vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche leali e costanti della zona atte a conferire ai vini le loro peculiari caratteristiche di qualità.
Le pratiche enologiche di vinificazione del Vino DOCG Offida prevedono, tra l'altro, che:
- La resa massima dell'uva in vino per tutte e 3 tipologie di vino Offida: Pecorino, Passerina e Rosso, deve essere non superiore al 70%. Qualora la resa uva/vino superi detto limite ma non il 75%, l'eccedenza non ha diritto alla denominazione di origine controllata e garantita. Oltre il 75% decade il diritto alla denominazione di origine controllata e garantita per tutta la partita.
- Le pratiche enologiche sono quelle tradizionali della zona per la vinificazione in bianco; per i vini rossi, oltre alle tradizionali pratiche di vinificazione dei vini rossi tranquilli, essendo l’Offida Rosso un vino strutturato di ampio corpo e molto longevo, l’elaborazione comporta un periodo di invecchiamento obbligatorio di 24 mesi di cui 12 mesi in legno e di ulteriori 3 mesi di affinamento in bottiglia.
4. Produttori di Vino DOCG Offida
Con l’utilizzo della DOCG Offida i Produttori Vinicoli Marchigiani sono orgogliosi di presentare al consumatore un Vino di Qualità che ha più cose da raccontare rispetto ad altri: da dove proviene, come viene lavorato, le origini storiche e le caratteristiche che lo identificano in un territorio ben definito che l'appassionato o l'estimatore potrà maggiormente percepire ed apprezzare durante la Visita alle Cantine che operano nell'ambito di questa denominazione.
5. Abbinamenti gastronomici con il Vino DOCG Offida
Il Pecorino può abbinarsi a zuppe di pesce, brodetto, sarde alla marchigiana. Il Passerina si offre per gustosi abbinamenti con molluschi, crostacei e zuppe di pesce ma anche con la parmigiana di cardi. Il Rosso richiede abbinamenti a primi piatti con salse ricche e secondi piatti a base di carni sia rosse che bianche, ma soprattutto con formaggi e salumi caratteristici quali la Casciotta di Urbino, il Formaggio di Fossa, il Prosciutto di Carpegna e i salami.
6. Storia e Letteratura del Vino DOCG Offida
La millenaria storia vitivinicola del Piceno, territorio di coltivazione dei vitigni della DOCG Offida, che va dall’epoca dei Piceni fino ad oggi, attestata da numerosi documenti e reperti, si sostanzia nella costante interazione dell’uomo con il territorio, nelle tradizionali tecniche di coltivazioni della vite e delle tecniche enologiche, tramandate da generazioni di contadini che con il passare del tempo si sono sempre più evolute ed affinate, fino a dare come risultato i vini Offida DOCG.
Nell’epoca medioevale i prodotti dei campi riuscivano a malapena a sfamare i pochi abitanti dei piccoli borghi; nell’etá dei Comuni anche nel piceno le condizioni di vita migliorarono, con un conseguente aumento dei consumi. La vite riprese un ruolo significativo nell’economia rurale e nella societá anche perché il vino cessó di essere una bevanda solo liturgica, o comunque di esclusivo appannaggio del clero e dei nobili, ed entró nelle abitudini di una più vasta comunitá di persone.
Durante il periodo della mezzadria la vite era coltivata in arativi vitati che permettevano nuovi equilibri economici, seppure a costo di un maggiore sfruttamento dei suoli. In quel periodo il vino era considerato un alimento. Negli anni del passaggio dallo Stato Pontificio al Regno d’Italia, verso il 1890 giunse nel Piceno la Fillosera, mentre dieci anni prima era giunta la Peronospora, entrambe importate dall’America e i due parassiti si aggiunsero all’Oidio giá segnalato prima. Per la viticoltura Picena fu un colpo devastante. Mentre l’Oidio si riusciva a contenerlo con lo zolfo, per entrambi gli altri due parassiti dovettero passare diversi anni prima che fossero trovati i giusti rimedi, soprattutto per la fillossera. La soluzione per combattere il parassita venne trovata dopo circa quarant’anni, con l’impiego dei portinnesti di vite americana; fu proprio in questo periodo che nelle Marche nacquero le Cattedre Ambulanti di Agricoltura, che svolsero un ruolo importantissimo nel miglioramento delle tecniche di coltivazione e nel rinnovamento degli impianti viticoli e delle tecniche enologiche.
Dopo la prima guerra mondiale, con la nascita dei nuovi movimenti sociali, si formarono le prime leghe contadine ed i proprietari si impegnarono a migliorare la produttività dei fondi, con una seppur lenta introduzione di nuove tecnologie che accrescessero i redditi delle famiglie contadine, quali i perticari con gli aratri in ferro, le prime trattrici, l’impiego di fertilizzanti minerali etc. Ai primi successi si reagì con la frammentazione dei poderi e con la riduzione delle superfici degli stessi, nei quali tutta la famiglia contadina lavorava, dai bimbi alle madri feconde. É in quegli anni che iniziò la trasformazione della viticoltura Picena, nonostante la diminuzione delle superfici totali, con il passaggio da promiscua a specializzata.
Con la fine della mezzadria nel Piceno vennero alla ribalta nuove figure di proprietari che accorpando più poderi dettero vita ad aziende a conduzione diretta. Alla fine degli anni ‘80 si accresce l’interesse per i vitigni di antica coltivazione di questa area, Pecorino, Passerina e Montepuliciano, che per iniziativa di alcuni viticoltori lungimiranti della zona vennero studiati, piantati, coltivati con il risultato di dare origine a dei vini unici, apprezzati sia in Italia che all’estero. Su di essi iniziarono allora progetti di divulgazione e promozione che sfociarono nel 2001 nell’istituzione della DOC Offida.
Negli anni successivi visti i successi nel campo commerciale, e per rispondere alle esigenze dei produttori di migliorare sempre più le tecniche di coltivazione, Vinea, un’associazione di produttori viticoli, promosse in collaborazione con l’Universitá di Milano uno studio di zonazione dell’area dove vennero studiate le interazioni dei tre vitigni con l’ambiente e con i fattori umani per valutare la vocazionalità dei vitigni suddetti all’ambiente di coltivazione del Piceno. Sull’onda dei risultati di questo studio e sui sempre maggiori apprezzamenti e riconoscimenti sia a livello nazionale sia internazionale dei vini Offida, nel 2010 è iniziato l’iter per chiedere il riconoscimento della DOCG, che puntualmente é arrivato con DM del 15 giugno 2011.
Vino a Denominazione di Origine Controllata e Garantita - Approvato DOC con D.P.R. 21.07.1967, G.U.210 del 22.08.1967 - Approvato DOCG con D.M. 01.09.2004, G.U. 212 del 09.09.2004
Denominazione aggiornata con le ultime modifiche introdotte dal D.M. 07.03.2014
--- Confine regionale --- Confine provinciale ♦ Zona di produzione
Vino Conero D.O.C.G.
La Denominazione di Origine Controllata e Garantita «Cònero» è riservata al vino che risponde alle condizioni e ai requisiti stabiliti dal disciplinare di produzione.
- Cònero
1. Tipologie e Uve del Vino DOCG Conero
- Conero (Vino Rosso)
- Versioni: Secco
- => 85% Vitigno Montepulciano
- =< 15% Sangiovese
- => 12,50% Vol. Titolo alcolometrico
- Vino Rosso dal colore rosso rubino, odore gradevole, vinoso e dal sapore armonico, asciutto, ricco di corpo.
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(Legenda simboli: > maggiore di; < minore di; >< da a; = uguale a; => uguale o maggiore di; =< uguale o minore di).
2. Territorio e Zona di produzione del Vino DOCG Conero
Il riferimento geografico è il promontorio del monte Conero che si erge sul mare Adriatico e le colline che discendono dallo stesso verso l’entroterra. Il territorio, delimitato per la produzione del vino Conero, è un lembo di terra che si inoltra nel mare ad est e ad ovest seguono le colline retrostanti il rilievo montuoso del Conero. L’insieme delle caratteristiche varietali e le condizioni pedoclimatiche consentono a quest’area vitata, protetta dai venti freddi provenienti da nord e dallo stesso Conero, mt 572 s.l.m., di produrre uve sane, mature e di alto contenuto zuccherino.
La Zona di Produzione del vino DOCG Conero è localizzata in:
- provincia di Ancona e comprende il territorio dei comuni di Ancona, Offagna, Camerano, Sirolo, Numana e, in parte, il territorio dei comuni di Castelfidardo ed Osimo.
3. Vinificazione e Affinamento del Vino DOCG Conero
Nelle fasi di vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche leali e costanti della zona atte a conferire ai vini le loro peculiari caratteristiche di qualità.
Le pratiche enologiche di vinificazione del vino DOCG Conero prevedono, tra l'altro, che:
- La resa massima dell'uva in vino finito, pronto al consumo, non deve essere superiore al 70%. Qualora superi questo limite, ma non il 75%, l'eccedenza non avrà diritto alla denominazione di origine controllata e garantita; oltre il 75% decade il diritto alla denominazione di origine controllata e garantita per tutto il prodotto.
- La base ampelografica è riassunta nel vitigno Montepulciano (min 85%) in quanto è adatto all’invecchiamento e migliora gli uvaggi con altri vitigni consentendo di ottenere profumi che ricordano il gusto “bordolese” richiesto dal mercato. La maturazione in legno ne migliora la morbidezza, crea maggiore equilibrio ed affinamento della nota olfattiva.
4. Produttori di Vino DOCG Conero
Con l’utilizzo della DOCG Conero i Produttori Vinicoli Marchigiani sono orgogliosi di presentare al consumatore un Vino di Qualità che ha più cose da raccontare rispetto ad altri: da dove proviene, come viene lavorato, le origini storiche e le caratteristiche che lo identificano in un territorio ben definito che l'appassionato o l'estimatore potrà maggiormente percepire ed apprezzare durante la Visita alle Cantine che operano nell'ambito di questa denominazione.
5. Abbinamenti gastronomici con il Vino DOCG Conero
Primi piatti di pasta ripiena, stoccafisso all'anconetana, arrosti di carni rosse, cacciagione e brasati.
6. Storia e Letteratura del Vino DOCG Conero
L’area anconetana è stata influenzata dai Dori e dalla civiltà dorica, in quanto fondarono la città di Ancona. E proprio i coloni greci hanno lasciato tracce sicure di viticoltura e di vinificazione. Altrettanto si può dire per gli Etruschi ai quali si possono attribuire le prime nozioni tecniche di coltivazione della vite e di elaborazione enologica, che si diffusero anche nel territorio marchigiano dov’erano installati i Piceni.
Che i Piceni conoscessero l’uva e il vino è dimostrato dal ritrovamento archeologico di circa 200 vinaccioli di Vitis Vinifera in una tomba in quel di Matelica del VII sec. a.c.. L’influenza di Roma consentì a Plinio di descrivere un centinaio di varietà di viti coltivate nell’area Picena. E, ancora, Apicio Marco Gavio, personaggio romano di arte culinaria, ricorda un vino “anconetanum”, rosso e piuttosto corposo.
La presenza nel territorio di numerose aziende agricole con una lunga tradizione vitivinicola e le residenze storiche costruite negli scorsi secoli, destinando il piano terra alla trasformazione vinicola, hanno permesso la produzione di vini rossi che hanno affrontato il mercato con notevoli successi anche nelle competizioni di alto livello. Produttori illuminati e cantine, anche di interesse architettonico, diedero avvio alla denominazione di origine con il rinnovo e l’espansione dei vigneti negli anni ‘60 confermando al vitigno Montepulciano la massima espressione del legame tra uve, vino e territorio e che qui esalta le sue migliori caratteristiche.
Vino a Denominazione di Origine Controllata e Garantita - Approvata come tipologia della DOC “Verdicchio dei Castelli di Jesi” con D.M. 12.09.1995, G.U. 231 del 03.10.1995 - Approvato DOCG con D.M. 18.02.2010, G.U. 50 del 02.03.2010
Denominazione aggiornata con le ultime modifiche riportate in GU n. 70 del 23.03.2024
--- Confine regionale --- Confine provinciale ♦ Zona di produzione
Vino Castelli di Jesi D.O.C.G.
La denominazione di origine controllata e garantita «Castelli di Jesi» è riservata ai vini che rispondono alle condizioni e ai requisiti stabiliti nel disciplinare di produzione, per le seguenti tipologie:
- Riserva o Riserva Verdicchio
- Classico Riserva o Classico Riserva Verdicchio
1. Tipologie e Uve del Vino DOCG Castelli di Jesi Verdicchio Riserva
- Castelli di Jesi Riserva o Riserva Verdicchio (Vino Bianco Invecchiato)
- Versioni: Secco
- => 85% Vitigno Verdicchio
- =< 15% Vitigni a bacca bianca idonei alla coltivazione nella regione Marche.
- => 12,50% Vol. Titolo alcolometrico
- Vino Bianco Invecchiato, dal colore giallo paglierino più o meno intenso, odore delicato, caratteristico e sapore asciutto, armonico con retrogusto gradevolmente amarognolo.
- Castelli di Jesi Classico Riserva o Classico Riserva Verdicchio (Vino Bianco Invecchiato Classico)
- Versioni: Secco
- => 85% Vitigno Verdicchio
- =< 15% Vitigni a bacca bianca idonei alla coltivazione nella regione Marche.
- => 12,50% Vol. Titolo alcolometrico
- Vino Bianco Invecchiato Classico, dal colore giallo paglierino più o meno intenso, odore delicato, caratteristico e sapore asciutto, armonico con retrogusto gradevolmente amarognolo.
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(Legenda simboli: > maggiore di; < minore di; >< da a; = uguale a; => uguale o maggiore di; =< uguale o minore di).
2. Territorio e Zona di produzione del Vino DOCG Castelli di Jesi
La zona geografica delimitata per la produzione del Verdicchio DOCG è individuata in parte del bacino geografico del fiume Esino, in taluni territori della Provincia di Ancona e di Macerata, storicamente Castelli perché gravitanti nella politica e nell’economia di Jesi che nel 1194 ha dato i natali a Federico II di Svevia. L’area dista circa Km 20 dal mare e si sviluppa nelle colline poste attorno alla valle Esina.
La Zona di Produzione del Vino DOCG Castelli di Jesi è localizzata in:
- provincia di Ancona e comprende il territorio dei comuni di Arcevia, Barbara, Belvedere Ostrense, Castelbellino, Castelplanio, Corinaldo, Cupramontana, Maiolati Spontini, Mergo, Montecarotto, Monte Roberto, Morro d'Alba, Ostra, Poggio San Marcello, Rosora, San Marcello, San Paolo di Jesi, Senigallia, Serra de' Conti, Serra San Quirico e Staffolo.
- provincia di Macerata e comprende il territorio dei comuni di Apiro, Cingoli e Poggio San Vicino.
3. Vinificazione e Affinamento del Vino DOCG Castelli di Jesi
Nelle fasi di vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche leali e costanti della zona atte a conferire ai vini le loro peculiari caratteristiche di qualità.
Le pratiche enologiche di vinificazione del Vino DOCG Castelli di Jesi prevedono, tra l'altro, che:
- La resa massima dell'uva in vino finito, pronto per il consumo, non deve essere superiore al 70%. Qualora superi questo limite, ma non il 75%, l'eccedenza non ha diritto alla denominazione di origine controllata e garantita; oltre il 75% decade il diritto alla denominazione di origine controllata e garantita per tutto il prodotto.
- Le pratiche di elaborazione dei vini prevedono un periodo di invecchiamento di almeno 18 mesi di cui almeno 6 in bottiglia.
4. Produttori di Vino DOCG Castelli di Jesi
Con l’utilizzo della DOCG Castelli di Jesi i Produttori Vinicoli Marchigiani sono orgogliosi di presentare al consumatore un Vino di Qualità che ha più cose da raccontare rispetto ad altri: da dove proviene, come viene lavorato, le origini storiche e le caratteristiche che lo identificano in un territorio ben definito che l'appassionato o l'estimatore potrà maggiormente percepire ed apprezzare durante la Visita alle Cantine che operano nell'ambito di questa denominazione.
5. Abbinamenti gastronomici con il Vino DOCG Castelli di Jesi
Antipasti, carni bianche più o meno elaborate, carni bollite, pietanze a base di funghi e tartufi, fritti di verdure, piatti di pesce, crostacei e molluschi.
6. Storia e Letteratura del Vino DOCG Castelli di Jesi
Il legame storico tra la vite e l’ambiente geografico nel territorio della Marca Anconetana inizia con l’arrivo dei monaci benedettini ed a seguire con quelli camaldolesi che reintroducono e diffondono la vite ormai da secoli tradizionale. Ai monaci, quindi, nelle Marche si devono il tramandarsi delle tecniche viticolo-enologiche, il miglioramento del prodotto e, soprattutto, la conservabilità. Con il diffondersi del contratto di mezzadria che crea l’appoderamento diffuso e la disponibilità di forza lavoro, il vino cessa di essere bevanda dei soli ceti agiati e diviene alimento delle classi rurali. Già ai primi del 1500 lo spagnolo Herrera, professore a Salamanca, descrive le più comuni varietà di viti e la tecnica di vinificazione in bianco.
Fra i nomi dei vitigni descritti figura il Verdicchio così spiegato “uva bianca che ha il granello picciolo e traluce più che niuna altra. Queste viti sono migliori in luoghi alti e non umidi, che piani e in luoghi grassi, e riposati, perciocché ha la scorsa molto sottile e tenera, di che avviene che si marcisce molto presto, et ha il sarmento così tenero che da per sé per la maggior parte cade tutto e bisogna che al tempo della vendemmia si raccoglia tutta per terra, e per questa cagione ricerca luogo asciutto e non ventoso, molto alto nei colli. Il vino di questo vitame è migliore di niuno altro bianco. Si conserva per lungo tempo, è molto chiaro, odorifero e soave. Ma l’uva di esso per mangiare non vale molto”. E ancora, un significativo legame storico conseguente all’Unità d’Italia del 1861, è l’iniziativa relativa alla istituzione della Commissione Ampelografica Provinciale, promossa dal Prefetto e presieduta dall’enologo De Blasis, che nel 1871 pubblica i “Primi studi sulle viti della Provincia di Ancona”. Sono passate in rassegna le diverse realtà climatiche, geomorfologiche dei territori e si descrivono i vitigni coltivati elencandone caratteri e sinonimie. Per l’area mandamentale di Jesi viene descritto il Verdicchio (o Verdeccio).
Questo è anche il periodo dei parassiti: oidio (1851), peronospora (1879), fillossera (1890). Il tempo trascorso per trovare le soluzioni spinse i viticoltori ad eliminare molte varietà clonali presenti nel territorio, privilegiando vitigni sconosciuti nella storia enologica regionale meno il Verdicchio che risultava il vino più commercializzato. Ne è conferma storica ulteriore quanto scrive nel 1905-6 lo studioso Arzelio Felini in Studi Marchigiani “è oltre un ventennio che i nostri viticoltori, nel tentare di risolvere il problema enologico marchigiano, hanno abbandonato la moltiplicazione delle caratteristiche varietà dei vitigni nostrani per introdurre del nord e del sud” .
È negli anni ’60 che l’aiuto CEE permette di rinnovare tutta la viticoltura regionale passando dalla coltura promiscua (filari) alla coltura specializzata (vigneto) con impianti a controspalliera per meglio svolgere le cure colturali e produrre uve di qualità. Nella classifica effettuata dal Di Rovasenda (1881), il Verdicchio è dichiarato il vitigno italico più pregiato tra i vitigni a bacca bianca delle Marche.
Il vino Verdicchio acquisisce notorietà commerciale all’inizio degli anni ’50 quando due produttori investirono nella costruzione in uno dei “castelli” di una cantina di trasformazione per lavorare le proprie uve e caratterizzarono il prodotto con una bottiglia tipica: l’anfora etrusca (designer Maiocchi). Allo sviluppo commerciale ha provveduto un altro industriale farmaceutico che ha acquisito la cantina cui ha fatto seguito la valorizzazione con la denominazione d’origine che ha consentito l’attuale sviluppo della DOC.
Il periodo mezzadrile prevedeva la ripartizione delle uve tra proprietario e mezzadro e, di conseguenza, la vinificazione separata nelle rispettive abitazioni. Tecniche diverse e capacità differenti non permettevano di ottenere un prodotto di qualità. Questo arriva con il sostegno comunitario agli investimenti sui vigneti, sugli impianti di vinificazione e sulle strutture commerciali le quali, forti della denominazione, riescono a raggiungere un notevole sviluppo nel mercato interno e in quello internazionale. Un cenno va fatto anche all’attività vivaistica, poiché nel territorio operavano molti piccoli vivaisti con propri allevamenti di piante madri che hanno consentito di soddisfare la domanda in barbatelle innestate così che il rinnovo della viticoltura degli anni ’60 non subisse scompensi ed inquinamenti varietali. Poi il vivaismo ha assunto forme e valori di dimensione nazionale per cui la domanda è stata soddisfatta in disponibilità e sicurezza varietale.