Assovini
ISCRIZIONE AL REGISTRO NAZIONALE DELLE VARIETA' DI VITE
Varietà: 002 AGLIANICO DEL VULTURE - Data di ammissione al Registro: 22/03/1971 Gazzetta ufficiale: G.U. 98 - 24/04/1971
VITIGNO AGLIANICO DEL VULTURE
Il vitigno Aglianico del Vulture, a bacca nera, viene coltivato nella regione Basilicata.
L'Aglianico del Vulture è un arcaico vitigno rosso originario della Grecia. Deve infatti il suo nome al termine Elleanico (che proviene dalla Grecia), che durante il governo aragonese subì delle variazioni di pronuncia fintanto da risultare nell’appellativo odierno. La sua culla è sicuramente la zona del Vulture, in Basilicata, nella provincia di Potenza.
Il Monte Vulture (1326 m.s.l.m) è un antico vulcano inattivo e sulle sue pendici l’Aglianico ha trovato una condizione pedoclimatica perfetta. Questo vitigno dal grappolo piccolo, con acini di un intensissimo colore blu-nero, predilige i terreni vulcanici di alta e media collina. Inoltre teme il grande caldo e le gelate autunnali; il primo è mitigato dall’altitudine dei vigneti, mentre le seconde sono fortunatamente rare nella zona.
L’Aglianico è una varietà di uva molto antica, come testimonia anche il fatto che la sua famiglia nel corso dei secoli si è suddivisa in un gran numero di biotipi e sottovarietà: se non si può ancora parlare di vitigno popolazione, non ne siamo lontani. Tutto ciò ha creato non poche confusioni, con il proliferare per ogni biotipo di Aglianico di sinonimi corretti ed errati. Probabilmente sotto il grande cappello delle storiche “viti aminee” erano inglobate numerose varietà diverse.
Già Catone e Strabone comprendono almeno tre varietà distinte, poi Plinio e Columella le suddividono ulteriormente in cinque o sei tipi (Aminea, Aminea maior, Aminea minor, Aminea gemina maior, Aminea gemina minor, Aminea lanata). La prima domanda dunque, cui non si può dare una risposta certa, è se l’Aglianico odierno sia uno dei vitigni che hanno reso famosi nell’antichità i vini della Campania Felix, in particolare quelli dell’Ager falernus (Falernum, Gauranum, Faustianum e Caecubum), e quindi se in qualche modo esso sia imparentato con le Amineae.
Anche se Plinio le considera uve autoctone per la lunga permanenza e la perfetta acclimatazione al terroir del litorale e dell’entroterra della Campania, è certo che esse sono state importate da coloni greci provenienti dalla Tessaglia, forse dagli Eubei, che nell’VIII secolo a.C. fondarono l’Emporion di Pithekoussai (Ischia) e quello di Kumei (Cuma). Ma anche se accettiamo l’ipotesi della provenienza etrusca, alle Amineae non contestiamo la lontana origine greca, giacché esse sono riconducibili a un popolo pelasgico, i Tessali Aminei.
Successivamente, in riferimento ai vini campani, si è sempre parlato di Falerno; solo dalla metà del Cinquecento appare la dicitura Aglianico per vini prodotti sul Monte Somma. Sulla base di questa continuità storica e dell’analisi degli scritti di Columella, che descrive vitigni a maturazione tardiva, oltre che per motivi linguistici - in epoca aragonese (tra la fine del XV e l’inizio del XVI secolo) si ha il passaggio dal nome Hellenico ad Aglianico, e ciò pare plausibile se si considera che la doppia “ll” in spagnolo si pronuncia in maniera simile al “gli” italiano -, il Carlucci afferma all’inizio del Novecento che l’Aglianico è l’uva dei mitici vini dell’antichità.
Ma non si può comunque dire che i numerosi ampelografi del XIX secolo siano riusciti a fugare i dubbi cui un vitigno così variabile negli aspetti fenologici e così ricco di sinonimi - Molon (1906) ne ricorda più di una trentina - poteva dare origine. Più recentemente, Murolo (1985) ha avanzato l’ipotesi dell’assonanza esistente tra Gauranico (antico vino dell’Ager Falernus) e Glianico (denominazione dialettale di Aglianico), mentre Guadagno (1997) respinge l’origine greca dell’Aglianico, argomentando che la sua elevata acidità è tipica delle uve selvatiche. È considerata poco attendibile l’ipotesi che vuole il termine Aglianico proveniente dal latino juliatico (ovvero “uva che matura a Luglio”), perché il vitigno ha una maturazione tardiva e non precoce.
CARATTERISTICHE DEL VITIGNO AGLIANICO DEL VULTURE
- Foglia: media, allungata, orbicolare oppure trilobata.
- Grappolo: è medio-piccolo, cilindrico, spesso alato, compatto.
- Acino: medio-piccolo, ellissoidale.
- Buccia: pruinosa, sottile, resistente, di colore nero.
DENOMINAZIONI VINIFICATE IN BASILICATA
CARATTERISTICHE SENSORIALI DEL VINO AGLIANICO DEL VULTURE
Le uve raccolte in condizioni ottimali raggiungono un elevato tenore zuccherino (22-23%) e conservano integra una forte acidità tartarica, che risulta ancora più elevata nel biotipo Aglianico Amaro o Beneventano; possiedono, inoltre, un'importante struttura tannica.
Il vino che si ottiene è adatto al lungo invecchiamento in legno che stempera la robustezza dovuta alla componente acido-tannica. L'utilizzo della barrique, pratica molto diffusa in Campania e in Basilicata, riesce a domarne la foga, rendendo il vino più morbido e vellutato in tempi brevi.
ELENCO PRODUTTORI DI VINO CHE UTILIZZANO UVE AGLIANICO DEL VULTURE
Di seguito l'elenco dei Produttori vinicoli della Basilicata con la lista dei rispettivi Vini prodotti in tutto o in parte con uve "Aglianico del Vulture" e il Certificato di Qualità rilasciato dal Panel Assovini Sommelier.
PACCHETTI ENOTURISTICI SULLE STRADE DEL VINO DOC AGLIANICO DEL VULTURE
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ISCRIZIONE AL REGISTRO NAZIONALE DELLE VARIETA' DI VITE
Varietà: 002 AGLIANICO - Data di ammissione al Registro: 25/05/1970 Gazzetta ufficiale: G.U. 149 - 17/06/1970
VITIGNO AGLIANICO
Il vitigno Aglianico produce uve a bacca nera e viene coltivato nelle regioni: Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Lazio, Molise, Puglia, Sardegna, Sicilia, Umbria.
L’Aglianico è una varietà di uva molto antica, come testimonia anche il fatto che la sua famiglia nel corso dei secoli si è suddivisa in un gran numero di biotipi e sottovarietà: se non si può ancora parlare di vitigno popolazione, non ne siamo lontani. Tutto ciò ha creato non poche confusioni, con il proliferare per ogni biotipo di Aglianico di sinonimi corretti ed errati. Probabilmente sotto il grande cappello delle storiche “viti aminee” erano inglobate numerose varietà diverse.
Già Catone e Strabone comprendono almeno tre varietà distinte, poi Plinio e Columella le suddividono ulteriormente in cinque o sei tipi (Aminea, Aminea maior, Aminea minor, Aminea gemina maior, Aminea gemina minor, Aminea lanata). La prima domanda dunque, cui non si può dare una risposta certa, è se l’Aglianico odierno sia uno dei vitigni che hanno reso famosi nell’antichità i vini della Campania Felix, in particolare quelli dell’Ager falernus (Falernum, Gauranum, Faustianum e Caecubum), e quindi se in qualche modo esso sia imparentato con le Amineae.
Anche se Plinio le considera uve autoctone per la lunga permanenza e la perfetta acclimatazione al terroir del litorale e dell’entroterra della Campania, è certo che esse sono state importate da coloni greci provenienti dalla Tessaglia, forse dagli Eubei, che nell’VIII secolo a.C. fondarono l’Emporion di Pithekoussai (Ischia) e quello di Kumei (Cuma). Ma anche se accettiamo l’ipotesi della provenienza etrusca, alle Amineae non contestiamo la lontana origine greca, giacché esse sono riconducibili a un popolo pelasgico, i Tessali Aminei.
Successivamente, in riferimento ai vini campani, si è sempre parlato di Falerno; solo dalla metà del Cinquecento appare la dicitura Aglianico per vini prodotti sul Monte Somma. Sulla base di questa continuità storica e dell’analisi degli scritti di Columella, che descrive vitigni a maturazione tardiva, oltre che per motivi linguistici - in epoca aragonese (tra la fine del XV e l’inizio del XVI secolo) si ha il passaggio dal nome Hellenico ad Aglianico, e ciò pare plausibile se si considera che la doppia “ll” in spagnolo si pronuncia in maniera simile al “gli” italiano -, il Carlucci afferma all’inizio del Novecento che l’Aglianico è l’uva dei mitici vini dell’antichità.
Ma non si può comunque dire che i numerosi ampelografi del XIX secolo siano riusciti a fugare i dubbi cui un vitigno così variabile negli aspetti fenologici e così ricco di sinonimi - Molon (1906) ne ricorda più di una trentina - poteva dare origine. Più recentemente, Murolo (1985) ha avanzato l’ipotesi dell’assonanza esistente tra Gauranico (antico vino dell’Ager Falernus) e Glianico (denominazione dialettale di Aglianico), mentre Guadagno (1997) respinge l’origine greca dell’Aglianico, argomentando che la sua elevata acidità è tipica delle uve selvatiche. È considerata poco attendibile l’ipotesi che vuole il termine Aglianico proveniente dal latino juliatico (ovvero “uva che matura a Luglio”), perché il vitigno ha una maturazione tardiva e non precoce.
CARATTERISTICHE DEL VITIGNO AGLIANICO
- Foglia: media, allungata, orbicolare oppure trilobata.
- Grappolo: medio-piccolo, cilindrico, molte volte alato, compatto.
- Acino: medio-piccolo, ellissoidale.
- Buccia: pruinosa, sottile, resistente, di colore nero.
DENOMINAZIONI VINIFICATE IN BASILICATA
CARATTERISTICHE SENSORIALI DEL VINO
- Le uve raccolte in condizioni ottimali raggiungono un elevato tenore zuccherino (22-23%) e conservano integra una forte acidità tartarica, che risulta ancora più elevata nel biotipo Aglianico Amaro o Beneventano; possiedono, inoltre, un'importante struttura tannica.
- Il vino che si ottiene è adatto al lungo invecchiamento in legno che stempera la robustezza dovuta alla componente acido-tannica. L'utilizzo della barrique, pratica molto diffusa in Campania e in Basilicata, riesce a domarne la foga, rendendo il vino più morbido e vellutato in tempi brevi.
PRODUTTORI DI VINO CON UTILIZZO DI UVE AGLIANICO
Di seguito l'elenco dei Produttori vinicoli della Basilicata con la lista dei rispettivi Vini prodotti in tutto o in parte con uve "Aglianico" e il Certificato di Qualità rilasciato dal Panel Assovini Sommelier.
CANTINA NOME DEL VINO DENOMINAZIONE DI ORIGINE CERTIFICATO Cantina Ditaranto Vini » Il Cellerario » Matera DOC » CQ 0097-02 »
Varietà: 231 SYRAH - Data di ammissione al Registro: 25/05/1970 Gazzetta ufficiale: G.U. 149 - 17/06/1970
Il vitigno Syrah, a bacca nera, viene coltivato nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Emilia-Romagna, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Molise, Piemonte, Puglia, Sardegna, Sicilia, Toscana, Trentino Alto Adige, Umbria, Valle d'Aosta, Veneto.
Il Syrah (o Shiraz) è un vitigno a bacca rossa dalle origini controverse, alcuni infatti ritengono che la sua provenienza sia l'Iran mentre altri pensano che le sue radici storiche siano legate al territorio di Siracusa dal quale si è poi disperso per poi essere reintrodotto in Italia dalla vicina Francia.
Il termine con il quale si designa il vitigno Syrah è relativamente recente. Fu adottato ufficialmente solo nella prima metà dell’800, con la creazione delle prime collezioni ampelografiche francesi, rese necessarie dall’arrivo della fillossera. Prima di allora il vitigno era chiamato Serine o Serene, ed era spesso confuso con la Mondeuse, denominata fino alla fine di quel secolo Grosse Syrah.
- Caratteristiche del vitigno
- Foglia: medio-grante, pentagonale, tri o pentalobata
- Grappolo: medio, allungato, cilindrico, talvolta alato, semispargolo.
- Acino: medio o medio-piccolo, ovale
- Buccia: poco consistente, molto pruinosa, di colore blu-nero.
- Denominazioni vinificate in Abruzzo
- Caratteristiche sensoriali del vino
- Dal vitigno Syrah si ottiene un vino di colore rosso tendente al violaceo. Al naso è complesso, fruttato e floreale, con sentori di frutti rossi e violetta. Al palato è secco, di corpo, tannico e discretamente alcolico. Si presta all'affinamento in barriques e all'uvaggio con vitigni quali il Cabernet Sauvignon, il Sangiovese e altri.
Varietà: 218 SANGIOVESE - Data di ammissione al Registro: 25/05/1970 - Gazzetta ufficiale: G.U. 149 - 17/06/1970
Il vitigno Sangiovese, a bacca nera, viene coltivato nelle regioni: Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Emilia-Romagna, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Molise, Piemonte, Puglia, Sardegna, Sicilia, Toscana, Umbria, Veneto.
Il Sangiovese è probabilmente un vitigno originario della Toscana (se ne ha notizia sin dal periodo etrusco, intorno all'VIII secolo a.C.) e il suo nome potrebbe derivare dal termine "Sangue di Giove", a testimonianza dell'antico legame tra vino e divinità. Un'altra teoria meno vaga fa risalire l'origine del nome alla provenienza da San Giovanni Valdarno.
L'approvvigionamento vinicolo della capitale Firenze nel periodo rinascimentale era proprio dai Castelli del Valdarno di Sopra, costruiti nei territori conquistati dai fiorentini qualche secolo prima. Nel 1716, il Granduca Cosimo III de' Medici emanava un Bando per regolamentare la tutela dei vini del Chianti, Pomino, Carmignano e Valdarno di Sopra. Vi è un'altra tesi secondo cui il Sangiovese sia nato a Santarcangelo di Romagna. Infatti, già al tempo dei Romani su questi colli a ridosso del Rubicone veniva coltivata la vite. Da qui il nome " Colle Jovis " ove sorse e si sviluppò Santarcangelo.
Sangiovese quindi quale congiunzione di SANGUIS e JOVIS sangue di Giove. Da recenti studi genetici sembra che il "Sangiovese", contrariamente alla sua diffusa e storica presenza nell’area tirrenica, possieda numerose parentele con cultivar coltivate nel Sud Italia, soprattutto in Sicilia e Calabria. Dieci varietà ne costituiscono la "famiglia" ed il "Ciliegiolo" sembra sia un suo discendente diretto.
- Caratteristiche del vitigno
- Foglia: media, trilobata o pentalobata, di colore verde chiaro.
- Grappolo: medio, compatto, cilindrico-piramidale, alato.
- Acino: medio-grande, ovoidale di forma regolare.
- Buccia: di colore nero-violaceo e ricca di pruina, non molto spessa.
- Denominazioni vinificate in Abruzzo
- Caratteristiche sensoriali del vino
- Dal vitigno Sangiovese si ottiene un vino di colore rosso rubino intenso, tannico, di corpo, armonico, con gradevole restrogusto amarognolo e fruttato; invecchiato sprigiona i caratteristici profumi terziari.