Assovini
Il granitico ambiente della Gallura costituisce il paesaggio vinicolo della parte nord orientale della Sardegna. E’ la terra di un vino d’eccezione, il Vermentino di Gallura premiato dalla Docg nel 1996. Di gran pregio sono, però, anche il Cannonau, il Monica, il Moscato, il Vermentino di Sardegna e il Sardegna Semidano.
L’itinerario si divide fra le principali località del turismo più elegante e i centri vinicoli dell’entroterra.
Olbia, annidata nei recessi più suggestivi del suo golfo, vasto ma raccolto, fu fondata forse dai Fenici, o dai Romani, o dai Greci che la chiamarono “felice”. Fu centro notevole anche nel Medio Evo, e oggi si impone come porta principale del turismo sull’Isola. Il golfo di Arzachena intaglia profondamente la costa settentrionale della Sardegna di fronte a Caprera. I suoi dintorni sono ricchi di monumenti megalitici, come le Tombe dei Giganti, con stele e grandi lastre a formare esedre.
Santa Teresa di Gallura, aperta al vento delle Bocche di Bonifacio, fu fondata dal re Vittorio Emanuele I, che le diede il nome della moglie, per controllare il contrabbando e le mosse di Napoleone. Il capoluogo della Gallura interna è Tempio Pausania, “il ricco villaggio con alte case di granito duro e risplendente”.
La Strada interessa, inoltre, la più defilata regione dell’Anglona, al centro del Golfo dell’Asinara. Anche qui acque cristalline e sabbia finissima orlano un territorio di grande varietà orografica tra colline, costoni rocciosi, vallate, lembi di pianura. In mezzo alla ricca vegetazione di macchia, tra salici, querce da sughero, pini, si distinguono i resti di foreste pietrificate. I millenni di storia hanno lasciato su questa terra tracce significative nell’intenso paesaggio.
Particolarmente rilevanti le testimonianze nuragiche, anche all’interno di centri abitati, e suggestivo esempio di architettura romanico-pisana del XIII secolo è la chiesa di Nostra Signora de Tergu, nei pressi di Castelsardo, la città-fortezza prima genovese poi aragonese, arroccata su un erto promontorio. La zona è nota per la Roccia dell’Elefante, un grande masso trachitico che sorge al di sopra di alcune celle di domus de janas.
L’entroterra di Oristano è l’area di produzione di numerosi vini Doc: Cannonau, Moscato, Monica e Vermentino di Sardegna, Arborea, Mandrolisai, Sardegna Semidano e, naturalmente, Vernaccia di Oristano, che alcuni vinificatori producono con tecniche innovative, pur conservando anche quelle tradizionali.
Il capoluogo dell’antico giudicato d’Arborea sorge presso la costa occidentale dell’isola, nella pianura del Campidano, che segna lo sbocco al mare della regione storica. La costa è orlata da stagni; la tozza penisola del Sinis chiude il golfo con Capo S.Marco e con la sottile lingua di terra su cui sorgono le rovine di Tharros. L’antica città fenicia di cui Oristano è erede conobbe la massima floridità dalla fondazione fino alla tarda età dell’Impero romano. Fu sede vescovile all’arrivo dei Vandali, e una delle poche fortezze di cui parlano i documenti bizantini. Le scorrerie saracene la portarono alla rovina, come molti altri centri dell’isola.
Lungo l’arco settentrionale del golfo, sulle acque tranquille degli stagni di Cabras i pescatori si muovono ancora con imbarcazioni di giunchi. Il tracciato più ampio dell’itinerario raggiunge l’altopiano su cui sorge Abbasanta, dalle nere case di basalto. Sulla strada per il lago Omodeo si incontra Ghilarza, con una bella chiesa romanica e la casa–museo di Antonio Gramsci. Una deviazione permette di giungere a Fondongianus, sulle rive del Tirso, che vanta terme antichissime. Sorgono si propone come centro della Doc Mandrolisai.
Piegando a sud, la Strada immette nell’altopiano del Sarcidano, da cui si innalzano suggestivi torrioni calcarei, e raggiunge Laconi. Lambisce da ovest la Giara di Gésturi, il pianoro basaltico dove cavallini dagli occhi a mandorla, dalla lunga coda e dalla folta criniera, di una razza ovunque scomparsa, vivono allo stato brado, e arriva a Barumini, nei cui pressi sorge Su Nuraxi, il più straordinario sito megalitico protosardo. Possenti blocchi di pietra non cementati costituiscono la fortificazione, con una torre centrale a due piani dei secoli XVI–XIII a.C., un bastione con quattro torri angolari e un complicato sistema di muraglie e torri dei secoli successivi fino al VI secolo a.C. Sul fianco orientale restano le fondazioni di pietra di una cinquantina di capanne che formavano il villaggio nuragico, distrutto nel VII secolo a.C. e successivamente abitato in epoca punica e romana. La popolazione e la guarnigione formavano un nucleo di duemila persone, più di quante abitino oggi nella città.
La Strada torna nel Campidano superando i colli della Marmilla. Sulla sommità del cono regolare di Las Plassas, a 300 metri, sorgeva il castello che gli Arborensi avevano edificato nel XII secolo e che segnava il confine tra i Giudicati di Cagliari e di Arborea. Mogoro, già nella pianura, è rinomata per il Monica di Sardegna. Nelle terre bonificate in prossimità di Oristano, si stendono i vigneti di Arborea: vi vengono coltivati, accanto ad alcuni importati, molti vitigni autoctoni: Bovale, Pascale, Monica, che danno le Doc Arborea e Campidano di Terralba.
La presenza di quasi tutte le Doc sarde conferisce al Campidano importanza di grande rilievo fra le zone vinicole dell’Isola. E’ la roccaforte dei vini tradizionali, con produzioni esclusive e presenze specifiche di interesse locale. Nell’entroterra cagliaritano si producono molti vini regionali e le Doc Monica, Nasco, Moscato, Malvasia, Girò e Nuragus di Cagliari.
“Anche le reclute vanno a Cagliari cantando, perché Cagliari è la bandiera, perché Cagliari è l’avventura, è la luna da toccare con mano, è l’iniziazione ai misteri”. Così scriveva Salvatore Cambosu come omaggio alla città capoluogo, sveglia, aperta alla circolazione delle idee, una vera città.
Le bellezze architettoniche di Cagliari sono numerose e spesso misconosciute. L’intero quartiere del Castello è un museo a cielo aperto nel quale rivive la storia della città. Nella Cattedrale, le sculture di un pulpito successivamente smembrato erano state realizzate per il Duomo di Pisa, e costituiscono il coronamento simbolico della stagione del romanico sardo.Il Museo Archeologico Nazionale conserva, negli straordinari reperti, la memoria della lunga storia di tutta la Regione.
La Strada del Vino si dirama dal capoluogo in quattro direzioni. L’itinerario più occidentale conduce a Decimomannu e permette la visita all’oasi di Mente Arcosu, Qui, in uno degli ultimi residui del patrimonio di foreste millenarie della Sardegna, tra lecci, ginepri, muschi, felci, ciclamini, orchidee selvatiche, eriche e corbezzoli, ha trovato il suo ultimo rifugio il cervo sardo.
Dopo aver toccato Monastir, la Strada arriva a Senorbì, terra di grande tradizione vinicola, centro di produzione di una Igt. Scendendo a sud-est, incontra la diramazione di Dolianova, altro grande centro vinicolo, principale realtà della Igt Parteolla, ma importante zona di produzione anche di numerose Doc: Cannonau, Vermentino, Moscato di Cagliari.
A oriente del capoluogo, Quartu Sant’Elena ha organizzato il ricco e documentato Museo etnografico in una tipica casa rurale campidana. Più a nord, dopo aver attraversato la selvaggia montagna dei Sette Fratelli, la Strada raggiunge Muravera, presso la foce del Flumendosa. La città è al centro di un importante distretto vinicolo, con i vicini San Vito e Villaputzu, al confine meridionale della Igt Ogliastra. Percorrendo la suggestiva costa meridionale, l’itinerario arriva a Castiadas, nell’area di Capo Ferrato da cui deriva una sottodenominazione del Cannonau di Sardegna.
Spiagge e scenari incantevoli hanno trasformato il villaggio di pescatori di Villasimius in un rilevante centro turistico. Da qui parte la panoramica litoranea che riconduce a Cagliari.
Il tracciato principale si snoda lungo il Tratturo regio che percorre il territorio dell’Alta Murgia. Al paesaggio di campi e uliveti si sostituiscono, attorno ai 300 metri, i filari delle viti, che occupano pendii e terrazzamenti. Al di sopra, steppa, pascolo e seminativo contendono lo spazio alle manifestazioni del carsismo. Dalla Strada si dipartono tracciati longitudinali che, attraversano i territori della transumanza, insediamenti rurali con antiche cantine, e campi chiusi, dove i filari dei vigneti si alternano a colture erbacee e a mandorleti.
Due circuiti distinti hanno come centri rilevanti rispettivamente Trani e Bitonto. A dominare i due percorsi sorge su un colle, isolato ed enigmatico, il Castel del Monte. Fu voluto e forse progettato, nel decennio 1230-1240, da Federico II come ritrovo di caccia, e certamente era destinato a piaceri colti e raffinati. Qui l’imperatore avrebbe scritto il brillante trattato “De arte venandi cum avibus”, sulla caccia con il falcone. Sorpresa e mistero suscitano la struttura ottagonale, con otto torrioni angolari, e l’orientamento: ha fatto supporre funzioni di osservatorio astronomico, basate anche sulla corrispondenza dell’altezza di 20,5 metri con quella dello gnomone, che veniva piantato a terra per calcolare, dall’ombra, le ore del giorno. Grande saggezza costruttiva emerge dal complicato sistema a doppio spiovente che convogliava l’acqua piovana nelle cisterne e in tutti i numerosi servizi igienici presenti nell’edificio.