Assovini
Vino a Denominazione di Origine Controllata e Garantita - Approvato DOC con D.P.R. 11.08.1968, G.U. 244 del 25.09.1968 - Approvato DOCG con D.M. 19.03.2003, G.U. 81 del 07.04.2003
Denominazione aggiornata con le ultime modifiche introdotte con Provvedimento Ministeriale Prot. Uscita N.0054011 del 12/07/2017
--- Confine regionale --- Confine provinciale ♦ Zona di produzione
Vino Sforzato di Valtellina (o Sfursat di Valtellina) D.O.C.G.
La denominazione di origine controllata e garantita "Sforzato di Valtellina" o "Sfursat di Valtellina", è riservata al vino rosso che risponde alle condizioni e ai requisiti stabiliti dal disciplinare di produzione.
- Sforzato di Valtellina, anche con l’indicazione del vitigno Nebbiolo (o Chiavennasca)
1. Tipologie e Uve del Vino DOCG Sforzato di Valtellina
- Sforzato di Valtellina (Vino Rosso Passito)
- Versioni: Secco
- => 90% Vitigno Nebbiolo (localmente denominato Chiavennasca)
- =< 10% Uve a bacca rossa prodotte in altri Vitigni coltivati nella regione Lombardia
- => 14% Vol. Titolo alcolometrico.
- Vino Rosso Passito dal colore rosso rubino con eventuali riflessi granato, odore intenso con sentori di frutti maturi, ampio e sapore: grande morbidezza, asciutto, strutturato e di carattere, con eventuale percezione di legno.
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(Legenda simboli: > maggiore di; < minore di; >< da a; = uguale a; => uguale o maggiore di; =< uguale o minore di).
2. Territorio e Zona di produzione del Vino DOCG Sforzato di Valtellina
La Valtellina, che insieme alla Valchiavenna rappresenta il territorio della provincia di Sondrio, si colloca geograficamente a nord del lago di Como fra il parallelo 46 e 46,5.
Alcune particolari situazioni ambientali favoriscono il realizzarsi di condizioni climatiche idonee alla viticoltura ed in particolare al vitigno “nebbiolo”:
- la valle, longitudinale alla catena montuosa, è per la parte vitata orientata est-ovest e la costiera pedemontana, alla destra orografica del fiume Adda, gode di esposizione completamente a sud;
- è protetta, a nord e ad est, dalla catena montuosa delle Alpi Retiche, con cime di elevata altitudine (tutte oltre i 3.000 metri, con vette di oltre 4.000);
- a sud la catena delle Alpi Orobie, con cime appena più basse, la racchiude in una specie di anfiteatro;
- la relativa vicinanza del bacino del lago di Como, a sud–ovest, funge da regolatore e mitigatore termico;
- la viticoltura si colloca sulla costiera esposta a sud, sul versante retico, da quota 300 metri sino ad un massimo di 700 metri, con la sola eccezione di due conoidi posizionati nella parte più ampia della vallata.
Particolare interessante e caratteristico del territorio è il sistema dei terrazzamenti. Il terrazzamento è un metodo di dissodamento degli acclivi versanti montani, espressione di una precisa cultura insediativa che si ritrova, con molte analogie, in tutte le vallate dell’arco alpino. Il sistema terrazzato di Valtellina si identifica con la realizzazione di una miriade di muri a secco in sasso che sostengono i ronchi vitati. Trattasi di un’opera avviatasi alcuni millenni fa e perpetuata nel tempo attraverso il lavoro quotidiano dei viticoltori che, per tutto questo, sono degli autentici manutentori del territorio. I muri sono di una entità ciclopica; stimabile in oltre 2.500 Km di sviluppo lineare, con una incidenza media/ettaro superiore ai 2.000 m2 di superficie verticale e, di conseguenza con costi di mantenimento altissimi. Oltre a consentire la realizzazione della economia agricola, il terrazzamento diventa componente essenziale del fascino paesaggistico del territorio ed importante elemento di salvaguardia e presidio delle falde montane.
La Zona di Produzione del Vino DOCG Sforzato di Valtellina è localizzata in:
- provincia di Sondrio e comprende:
- in sponda orografica destra del fiume Adda tutti i terreni in pendio ubicati tra il tracciato della s.s. n. 38 ed una quota di livello di metri 700 s.l.m. dal comune di Ardenno al comune di Tirano, inclusi; in territorio del comune di Piateda e Ponte in Valtellina i pendii vitati si spingono al di là della s.s. n. 38 fino al fiume Adda;
- in sponda orografica sinistra in comune di Villa di Tirano frazione Stazzona e in comune di Albosaggia i terreni in pendio compresi tra il fiume Adda e una quota di livello di metri 600 s.l.m.
3. Vinificazione e Affinamento del Vino DOCG Sforzato di Valtellina
Nelle fasi di vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche leali e costanti della zona atte a conferire ai vini le loro peculiari caratteristiche di qualità.
Le pratiche enologiche di vinificazione del Vino DOCG Sforzato di Valtellina prevedono, tra l'altro, che:
- Lo Sforzato è il risultato della vinificazione di uve lungamente appassite in solaio sino a perdere, per disidratazione naturale, circa il 30% del volume dell’acqua contenuta.
- Si procede alla raccolta in epoca di vendemmia con attenta cernita e molta cautela: il grappolo deve presentarsi maturo (con circa 18%-20% di zuccheri), assolutamente sano, con acini ben divisi. Successivamente i grappoli vengono posti a riposo, dalla raccolta sino alla fine di gennaio o, in qualche annata, anche fino a febbraio/marzo, al freddo invernale, ad appassire e a concentrare i propri succhi fino al raggiungimento del 26% - 27% di concentrazione zuccherina.
- La resa massima dell'uva fresca in vino finito (variabile condizionata dallo stato di appassimento dell'uva medesima), non potrà essere superiore a 40 hl/ettaro. Qualora superi detto limite, ma non 44 hl/ettaro, l'eccedenza ha diritto alla denominazione di origine controllata "Valtellina" rosso o rosso "di Valtellina" (pari ad un massimo di 4 hl/ettaro).
- Le pratiche di elaborazione del vino a denominazione di origine controllata e garantita "Sforzato di Valtellina" o "Sfursat di Valtellina" prevedono un periodo di invecchiamento e di affinamento di venti mesi, dei quali almeno 12 in botti di legno.
4. Produttori di Vino DOCG Sforzato di Valtellina
Con l’utilizzo della DOCG Sforzato di Valtellina i Produttori Vinicoli Lombardi sono orgogliosi di presentare al consumatore un Vino di Qualità che ha più cose da raccontare rispetto ad altri: da dove proviene, come viene lavorato, le origini storiche e le caratteristiche che lo identificano in un territorio ben definito che l'appassionato o l'estimatore potrà maggiormente percepire ed apprezzare durante la Visita alle Cantine che operano nell'ambito di questa denominazione.
5. Abbinamenti gastronomici con il Vino DOCG Sforzato di Valtellina
Carni rosse e formaggi stagionati particolarmente ricchi e saporiti come il Bitto.
6. Storia e Letteratura del Vino DOCG Sforzato di Valtellina
Le origini della viticoltura in Valtellina sono molto lontane nel tempo. Lo sfruttamento agricolo del territorio e la sistemazione a terrazzamento è riconducibile in epoca romana o quantomeno longobarda, se non addirittura pre-romana in quanto i primi abitatori della valle furono i Liguri a cui seguirono gli Etruschi, ed entrambi i popoli conoscevano la coltura della vite.
La razionalizzazione e l’intensificazione della coltivazione della vite è però da ascrivere, prima alla colonizzazione romanica e, successivamente nel medioevo (sec. X e XI), al movimento dei “magistri comacini” ed ai monaci benedettini. Risulta documentato che già alcuni secoli prima del mille, il Monastero Sant’Ambrogio di Milano era proprietario sul versante retico valtellinese di diversi appezzamenti di vigne a coltura specializzata, il cui prodotto era destinato al consumo locale e certamente anche ai monaci del capoluogo lombardo.
Il grande impulso viticolo alla Valtellina è però conseguente alla presenza del governo svizzero da parte della Lega Grigia (oggi “Cantone Grigioni”). Per quasi tre secoli, dal 1550 al 1797, la Valtellina fu territorio grigionese e i primi commerci di esportazione di vino furono conseguenza dei rapporti economici che la Lega Grigia intratteneva con le corti del centro e nord Europa. È soprattutto di quei secoli la fama dei vini della Valtellina che, anche successivamente, continuarono a viaggiare verso il nord.
Vino a Denominazione di Origine Controllata e Garantita - Approvato DOC con D.P.R. 06.08.1970, G.U. 273 del 27.10.1970 - Approvato DOCG con D.M. 27.07.2007, G.U. 183 del 08.08.2007
Denominazione aggiornata con le ultime modifiche introdotte con D.M. 30.11.2011
--- Confine regionale --- Confine provinciale ♦ Zona di produzione
Vino Oltrepo' Pavese Metodo Classico D.O.C.G.
La Denominazione di origine controllata e garantita "Oltrepò Pavese" é riservata al vino Spumante ottenuto con Metodo Classico, che risponde alle condizioni e ai requisiti stabiliti dal disciplinare di produzione per le seguenti tipologie:
- Metodo Classico
- Metodo Classico Rosé
- Metodo Classico Pinot Nero
- Metodo Classico Pinot Nero Rosé
1. Tipologie e Uve del Vino DOCG Oltrepò Pavese Metodo Classico
- Oltrepo' Pavese Metodo Classico (Vino Bianco Spumante)
- Versioni: Spumante Brut
- => 70% Vitigno Pinot Nero
- =< 30% Chardonnay, Pinot Grigio, e Pinot Bianco congiuntamente o disgiuntamente.
- => 11,50% Vol. Titolo alcolometrico.
- Vino Spumante Bianco dalla spuma fine e persistente, colore paglierino più o meno intenso, bouquet fine, gentile, ampio e sapore sapido, fresco e armonico.
- Oltrepo' Pavese Metodo Classico Pinot Nero (Vino Bianco Spumante)
- Versioni: Spumante Brut
- => 85% Vitigno Pinot Nero
- =< 15% Chardonnay, Pinot Grigio, e Pinot Bianco congiuntamente o disgiuntamente.
- => 12% Vol. Titolo alcolometrico.
- Vino Spumante Bianco dalla spuma fine e persistente, colore paglierino con riflessi più o meno aranciati, bouquet proprio della fermentazione in bottiglia, gentile, ampio e persistente, e sapore sapido, buona struttura, fresco e armonico.
- Oltrepo' Pavese Metodo Classico Rosé (Vino Rosato Spumante)
- Versioni: Spumante Brut
- => 70% Vitigno Pinot Nero
- =< 30% Chardonnay, Pinot Grigio, e Pinot Bianco congiuntamente o disgiuntamente.
- => 11,50% Vol. Titolo alcolometrico.
- Vino Spumante Rosato dalla spuma fine e persistente e colore rosato più o meno intenso, bouquet fine, gentile e sapore sapido, armonico e moderatamente corposo.
- Oltrepo' Pavese Metodo Classico Pinot Nero Rosé (Vino Rosato Spumante)
- Versioni: Spumante Brut
- => 85% Vitigno Pinot Nero
- =< 15% Chardonnay, Pinot Grigio, e Pinot Bianco congiuntamente o disgiuntamente.
- => 12% Vol. Titolo alcolometrico.
- Vino Spumante Rosato dalla spuma fine e persistente, colore rosato più o meno intenso, bouquet fine, gentile, ampio e sapore sapido, di buona struttura e fresco.
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(Legenda simboli: > maggiore di; < minore di; >< da a; = uguale a; => uguale o maggiore di; =< uguale o minore di).
2. Territorio e Zona di produzione del Vino DOCG Oltrepò Pavese Metodo Classico
L’area dell’Oltrepò Pavese Metodo Classico si colloca all’interno del bacino padano, delimitato dalle catene alpina ed appenninica e con una apertura principale verso est; in particolare la fascia collinare pavese si inserisce nella fascia appenninica che dal Piemonte si spinge verso l’Emilia.
La Zona di Produzione del Vino DOCG Oltrepò Pavese Metodo Classico è localizzata in:
- provincia di Pavia e comprende il territorio dei comuni di Borgo Priolo, Borgoratto Mormorolo, Bosnasco, Calvignano, Canevino, Canneto Pavese, Castana, Cecima, Godiasco, Golferenzo, Lirio, Montalto Pavese, Montecalvo Versiggia, Montescano, Montù Beccaria, Mornico Losana, Oliva Gessi, Pietra de Giorgi, Rocca de Giorgi, Rocca Susella, Rovescala, Ruino, San Damiano al Colle, Santa Maria della Versa, Torrazza Coste, Volpara, Zenevredo e, in parte, il territorio dei comuni di Broni, Casteggio, Cigognola, Codevilla, Corvino San Quirico, Fortunago, Montebello della Battaglia, Montesegale, Ponte Nizza, Redavalle, Retorbido, Rivanazzano, Santa Giuletta, Stradella e Torricella Verzate.
3. Vinificazione e Affinamento del Vino DOCG Oltrepò Pavese Metodo Classico
Nelle fasi di vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche leali e costanti della zona atte a conferire ai vini le loro peculiari caratteristiche di qualità.
Le pratiche enologiche di vinificazione del Vino DOCG Oltrepò Pavese Metodo Classico prevedono, tra l'altro, che:
- La resa massima dell'uva in vino deve essere nella misura pari al 60% per le tipologie Oltrepò Pavese Metodo Classico e Metodo Classico Pinot Nero e 65% per le tipologie Metodo Classico Rosè e Metodo Classico Pinot Nero Rosè. Qualora la resa uva/vino superi i limiti di cui sopra ma non oltre il 5% del vino totale finito, l'eccedenza non ha diritto alla denominazione di origine controllata e garantita. Oltre detto limite del 5% sul vino totale finito, decade il diritto alla denominazione di origine controllata e garantita per tutta la partita.
- Nelle fasi di elaborazione, le pratiche enologiche atte a conferire agli spumanti "Oltrepò Pavese" metodo classico le loro rispettive caratteristiche devono prevedere anche la tradizionale tecnica di rifermentazione in bottiglia e osservare un periodo minimo di permanenza sulle fecce di quindici mesi; per il millesimato il periodo minimo é di ventiquattro mesi.
4. Produttori di Vino DOCG Oltrepò Pavese Metodo Classico
Con l’utilizzo della DOCG Oltrepò Pavese Metodo Classico i Produttori Vinicoli Lombardi sono orgogliosi di presentare al consumatore un Vino di Qualità che ha più cose da raccontare rispetto ad altri: da dove proviene, come viene lavorato, le origini storiche e le caratteristiche che lo identificano in un territorio ben definito che l'appassionato o l'estimatore potrà maggiormente percepire ed apprezzare durante la Visita alle Cantine che operano nell'ambito di questa denominazione.
5. Abbinamenti gastronomici con il Vino DOCG Oltrepò Pavese Metodo Classico
Primi piatti delicati ed antipasti di verdure, crostacei e pesci con salse delicate ed è perfetto come aperitivo.
6. Storia e Letteratura del Vino DOCG Oltrepò Pavese Metodo Classico
Il vitigno Pinot nero è grande e incontrastato protagonista della produzione di vino in Oltrepò Pavese. Taluni ampelografi ipotizzano la presenza dei genotipi originari del Pinot già presenti sulle colline oltrepadane dal tempo dei romani; attendibili i riferimenti riconducibili all’Oltrepò Pavese che risalgono al 1500 ove si citano Pinolo, Pignolo gentile e Pignolo grappolato. Nella seconda metà del XIX secolo il Pinot nero, così come lo conosciamo oggi, approda in Oltrepò Pavese e di seguito viene sperimentato in tutta la penisola e in Sicilia; la maggior parte degli addetti ai lavori valuta la produzione come uva da taglio e sorpresa dalla maturazione precoce, nonché dai danni provocati da uccelli e altri animali, abbandona il progetto.
Solo in Oltrepò Pavese il vitigno trova il suo habitat ottimale, grazie anche al lavoro intrapreso dall'allora ministro Agostino Depretis. Quest'ultimo è colui che per primo intuisce la potenzialità del Pinot nero impiantato in alta collina e promuove la sua introduzione in Oltrepò Pavese. Tale operazione incuriosisce gli spumantisti piemontesi, che iniziano a vedere in quella terra un ricco e importante serbatoio per le loro aziende. I primi impianti si effettuano a Rocca de’ Giorgi nel 1865 per opera del Conte Carlo Giorgi di Vistarino che pochi anni dopo, unitamente all’imprenditore piemontese Carlo Gancia, inizia a elaborare e commercializzare lo Champagne italiano. Ad emularlo, alla fine degli anni settanta, è l’Ing. Domenico Mazza di Codevilla che assume un enologo originario di Reims al fine di produrre bollicine e in breve tempo si ottengono ottimi risultati sia qualitativi, sia commerciali. Due sono le tipologie di spumante proposte dall’azienda: uno secco, l’altro semi-secco. Domenico Mazza arriva persino a progettare e a produrre una bottiglia particolare per lo spumante, in grado di resistere alle alte pressioni. Significativo il riconoscimento, 1° posto, ricevuto all’Esposizione Nazionale di Milano del 1894; merita una segnalazione anche l’evento riportato nel 1886, dal Giornale Vinicolo Italiano, relativo al varo della nave “Vesuvio” avvenuto in quel di Napoli, ad opera del Principe Luigi di Savoia, con una bottiglia di Champagne Montelio.
Nel 1907 nasce a Casteggio la SVIC (Società Vinicola Italiana di Casteggio) e a dirigerla viene chiamato Pietro Riccadonna, uno dei padri della spumantistica moderna, che come motto per il lancio commerciale dello spumante fa sua l’affermazione biblica: “cos’è la vita se non spumeggia il vino?”. Due anni dopo viene affiancato da Angelo Ballabio e, successivamente, altri due personaggi emergenti si aggregano a loro: Mario Odero e Raffaello Sernagiotto i quali operano molto bene. Il loro prodotto varca l’oceano: nel 1912 il cartello pubblicitario “Gran Spumante SVIC” è collocato, in maniera ben visibile, accanto alla statua della libertà di New York per la commozione e la gioia degli emigranti oltrepadani che cercano fortuna nel nuovo mondo. Con l’avvento della prima guerra mondiale (1915-18) la SVIC chiude i battenti e i quattro giovani imprenditori si dividono; solo due di loro, alla fine delle ostilità, procedono nel mondo della spumantistica: Angelo Ballabio a Casteggio e Pietro Riccadonna nel vicino Piemonte. La fama dello spumante secco metodo champenois dell’Az. Agr. Ballabio varca in breve tempo i confini nazionali e dal 1931 può fregiarsi in etichetta del contrassegno di fornitore della Real Casa con l’autorizzazione ad apporre le insegne ducali concessegli da Emanuele Filiberto Duca d’Aosta. Angelo passa il testimone al figlio Giovanni, che sino alla morte (1975) resta per il territorio il Signore della spumantistica oltrepadana. Nel frattempo emergono altre realtà nel mondo locale delle bollicine: negli anni trenta dello scorso secolo è la Cantina Sociale La Versa a dare il via alla produzione di spumante, ma soprattutto pone le basi per una corretta e professionale spumantizzazione con rifermentazione in bottiglia; fa seguito nel 1958 l’Az. Agr. Malpaga di Canneto Pavese.
Con l’avvento, nel 1970, della DOC Oltrepò Pavese e con la presidenza della Cantina La Versa affidata al Duca Antonio Denari, inizia una nuova era per la spumantistica locale e la Cantina Sociale di S. Maria ne diventa la locomotiva trainante. Nel 1971 nasce dal Consorzio Vini Tipici il Consorzio Volontario dei Vini DOC Oltrepò Pavese, a presiederlo è il medesimo Duca Denari che, successivamente, viene eletto anche a capo dell’Istituto dello Spumante Classico Italiano; il suo carisma lo porta ad essere tra i primattori del settore e il Pinot nero made in Oltrepò diventa una grande realtà per l’intera spumantistica nazionale. La tradizione è continuata fino ad oggi con il riconoscimento, nazionale e internazionale, dell’Oltrepò Pavese quale territorio d’eccellenza per la produzione di spumante metodo classico da uve di Pino nero. Questo vitigno è passato dai circa 600 ettari coltivati intono agli anni ’60 ai circa 2.800 nel 2010 (in Italia si stima attualmente una superficie totale a Pinot nero di poco inferiore ai 4.000 ettari). È presente un po’ in tutto l’Oltrepò anche se è soprattutto coltivato in Valle Versa, Valle Scuropasso e a Montalto Pavese.
La produzione annua di Vini spumanti in Oltrepò è pari a 12 milioni di bottiglie annue, di cui 1,5 milioni riservate alla tipologia Spumante Metodo Classico. Inoltre, considerata l'importanza produttiva del vino ottenuto secondo il metodo tradizionale della fermentazione in bottiglia, una buona parte dei produttori ha dato vita nel 1984 alla associazione “Produttori del Classese”, che raggruppa le aziende che aderiscono ad ulteriori controlli sulla lavorazione e sulle qualità organolettiche delle produzioni.
Dopo l’invasione della fillossera, l’estirpazione dei vigneti poco resistenti e la conseguente selezione per un reimpianto di viti più forti e produttive, avvierà il lento processo di trasformazione della vitivinicoltura mista, sino allora prevalente, in quella specializzata, incentivata dall’affermarsi dalle grandi case commerciali vinicole che già dall’inizio del ‘900 domineranno gran parte del commercio dei vini. La prima forma organizzata di cooperazione si ha nel 1902 con la fondazione, per iniziativa del dott. Francesco Mazza di Voghera, di una cooperazione che prese il nome di “Società Vinicola Stradellina”. Fu l’inizio di quella proficua cooperazione tra i produttori che prenderà forza sotto la guida di Montemartini negli anni immediatamente seguenti con la costituzione delle cantine sociali, che ancora oggi rappresentano una realtà fondamentale per il vino dell’Oltrepò. A presiedere la cooperativa di Stradella fu chiamato Siro Riccadonna, enologo di fama, e con lui Angelo Ballabio, fondatore di una delle più prestigiose entità produttive oltrepadane. Da allora ai nostri giorni la famiglia Ballabio rimane una pietra miliare per la tradizione oltrepadana soprattutto per la produzione dei sui eccellenti vini Metodo Classico.
La prima vera cantina sociale si costituì però a Montù Beccarla nel 1902, a cui seguirono quella di Broni sempre nel 1902, S. Maria della Versa nel 1905, S. Damiano al Colle e Canneto nel 1906, Casteggio e Torrazza Coste nel 1907. In questa cornice si colloca la fondazione a Casteggio, sempre nel 1907, della “Società Vinicola di Casteggio”, meglio nota come “Svic”, affidata fin dai suoi esordi all’enologo Pietro Riccadonna (che dal 1909 troverà un valido collaboratore in Angelo Ballabio) che rimane famoso perché fu uno dei padri della moderna spumantizzazione e dal cui lavoro nacquero i primi spumanti metodo classico, che ottennero prestigiosi riconoscimenti a livello internazionale già dai primi anni del ‘900! Sua è la famosa frase, che dà il titolo del testo da cui è tratta questa parte della relazione: “che cos’è la vita se non spumeggia il vino?”. Per la produzione di spumante metodo classico la “Svic” dalla Francia chiamò consulenti di fama e nel 1912 nasceva il “Gran Spumante Svic”, orgoglio di tutto l’Oltrtepò, portabandiera nel mondo dell’ingegno e della capacità professionale del nostro settore enologico. “Basti pensare che i passeggeri delle grandi navi che dall’europa giungevano nel porto di New York, accanto alla statua della Libertà, erano inevitabilmente attratti dalla vistosa pubblicità del rinomato prodotto casteggiano, gioia degli americani sino al primo dopoguerra.”
L’importanza storica dello spumante prodotto in Oltrepò è testimoniata dal fascino che subì l’austero Emanuele Filiberto duca d’Aosta (cugino del re Vittorio Emanuele II, e assurto a rango di eroe nazionale quale comandante della Terza Armata schierata sul fronte carsico) che ebbe modo di apprezzare lo spumante secco prodotto dai Ballabio e che volle elargire alla ditta “uno speciale contrassegno della sua benevolenza accordandogli la qualifica prestigiosa di “Provveditore della Real Casa” e autorizzandolo a fregiarsi delle insegne ducali. Di seguito si riporta invece un brano tratto dalla relazione del Prof. M. Fregoni – cattedra di Viticoltura dell’Università Cattolica di Piacenza - scritto per il convegno sul Pinot nero tenutosi a Broni nel febbraio 1992: “I Pinots, con foglie spesso quasi rotonde e facilità di subire mutazioni, sono simili alle viti poco addomesticate sulle quali probabilmente poggiava la viticoltura agli albori della sua storia. Catone il Censore (nel secondo secolo a.C) parla di Helveolum vinum e Lucio Giunio Moderato Columella, in quella che può ritenersi una delle più importanti rassegne ampelografiche dell’era romana (De Re Rustica, primo sec. d.C.), descrive le varietà Helveolae caratterizzate da acini con colori Isabella-chiaro (Pinot grigio) e da frequente disomogeneità della colorazione delle bacche, buona fertilità espressa anche in terreni magri; questi caratteri inducono ad ascrivere a queste antiche varietà la probabile progenitura degli attuali “Pinots”.
I primi Pinots furono introdotti probabilmente in Francia dai romani. Le prime citazioni che riguardano i Pinot (Pynos, Pinoz sono contenute in un documento del 1394 (VIALA et al. 1901). Interessanti sono a riguardo alcuni riferimenti (tra il 1500 e il 1800) a vitigni dalle caratteristiche probabilmente simili ai Pinots coltivati sulle colline piacentine e pavesi… Oggi – concludeva il prof. Fregoni – l’Oltrepò Pavese è una delle più importanti zone vitivinicole europee e mondiali per la produzione di spumanti di qualità ed è il più grande “serbatoio” italiano di Pinot nero”.
La presenza della tipologia Spumante Metodo Classico, all’interno della DOC Oltrepò Pavese, risale alla nascita della DOC stessa avvenuta nel 1970. Nell’anno 2007 essa è stata svincolata dalla DOC, con D.M. 27 luglio 2007, per elevarsi alla categoria DOCG grazie all’impegno profuso dal Presidente del Consorzio Tutela Vini Oltrepò Pavese, Vittorio Ruffinazzi, permettendo di nobilitare ulteriormente questa regione viticola. La nascita di una Denominazione di Origine Controllata e Garantita per lo spumante metodo classico è legata alla storia, alla qualità e alla commercializzazione del Pinot nero, di cui l’Oltrepò Pavese è indiscusso territorio leader di produzione. L’Oltrepò Pavese è infatti il primo produttore italiano della pregiata varietà di Pinot nero per la produzione di spumanti di qualità da ormai 100 anni.
Vino a Denominazione di Origine Controllata e Garantita - Approvato DOC con D.M. 17.04.2002, G.U. 111 del 14.05.2002 - Approvato DOCG con D.M. 28.04.2009, G.U. 114 del 19.05.2009
Denominazione aggiornata con le ultime modifiche introdotte con D.M. 07.03.2014
--- Confine regionale --- Confine provinciale ♦ Zona di produzione
Vino Scanzo (o Moscato di Scanzo) D.O.C.G.
La denominazione di origine controllata e garantita “Scanzo” o “Moscato di Scanzo” è riservata al vino che risponde alle condizioni e ai requisiti prescritti dal disciplinare di produzione.
- Scanzo o Moscato di Scanzo
1. Tipologie e Uve del Vino DOCG Moscato di Scanzo
- Moscato di Scanzo (Vino Rosso Moscato)
- Versioni: Dolce
- => 100% Vitigno Moscato di Scanzo
- => 17% Vol. Titolo alcolometrico
- Vino Rosso Moscato dal colore rosso rubino più o meno intenso che può tendere al cerasuolo con riflessi granati, odore delicato, intenso, persistente, caratteristico e sapore dolce, gradevole, armonico, con leggero retrogusto di mandorla.
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(Legenda simboli: > maggiore di; < minore di; >< da a; = uguale a; => uguale o maggiore di; =< uguale o minore di).
2. Territorio e Zona di produzione del Vino DOCG Moscato di Scanzo
L'area geografica vocata alla produzione del Vino DOCG Moscato di Scanzo si estende lungo i pendii dei colli bergamaschi, in un territorio adeguatamente ventilato, luminoso e favorevole all'espletamento di tutte le funzioni vegeto-produttive delle vigne.
La Zona di Produzione del Vino DOCG Moscato di Scanzo è localizzata in:
- provincia di Bergamo e comprende il territorio del comune di Scanzorosciate.
3. Vinificazione e Affinamento del Vino DOCG Moscato di Scanzo
Nelle fasi di vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche leali e costanti della zona atte a conferire ai vini le loro peculiari caratteristiche di qualità.
Le pratiche enologiche di vinificazione del Vino DOCG Moscato di Scanzo prevedono, tra l'altro, che:
- La resa massima dell’uva in vino è del 30%.
- Le pratiche di elaborazione prevedono l’appassimento delle uve dopo la raccolta in locali idonei (anche termo-idrocondizionati anche con ventilazione forzata), fino a raggiungere un tenore zuccherino di almeno 280 g/l.
- Il vino ottenuto è sottoposto ad un periodo minimo di invecchiamento di due anni.
4. Produttori di Vino DOCG Moscato di Scanzo
Con l’utilizzo della DOCG Moscato di Scanzo i Produttori Vinicoli Lombardi sono orgogliosi di presentare al consumatore un Vino di Qualità che ha più cose da raccontare rispetto ad altri: da dove proviene, come viene lavorato, le origini storiche e le caratteristiche che lo identificano in un territorio ben definito che l'appassionato o l'estimatore potrà maggiormente percepire ed apprezzare durante la Visita alle Cantine che operano nell'ambito di questa denominazione.
5. Abbinamenti gastronomici con il Vino DOCG Moscato di Scanzo
Vino da dessert, ottimo con pasticceria secca e cioccolato fondente.
6. Storia e Letteratura del Vino DOCG Moscato di Scanzo
Le origini del Moscato Rosso Scanzese, si perdono nella notte dei tempi, tanto, per tradizione, da farli risalire all’epoca Atestina. Questa tradizione è confermata da diverse prove storiche, toponomastiche. La prima di queste è il toponimo stesso di Rosate, trasformatosi in Rosciate nella prima metà del 1800. Rosate è composto da due toponimi Ros e Ate. Il primo, Ros, in lingua greca ha il significato di mazzo di uva, parola ancora comunemente usata nella lingua locale bergamasca, con lo stesso significato. Il secondo toponimo, ate, è un termine celtico, dal significato di villaggio. I Celti giunti al greco Ros venne indicato come villaggio esistente al loro arrivo con l’aggiunta di ate. In quel villaggio si coltivava un vite che dava un' uva, con sapori particolarmente aromatici, dalla quale si ricavava un vino con sapori spiccatamente medio orientali.
Dai greci ai Celti ed infine i Romani, ai quali si fa risalire la fondazione di Scanzo, risultato della trasformazione di un castro romano, da luogo militare in residenza civile. Fu la famiglia dei centurioni Scantii, a dare il nome al nuovo villaggio. Da quel momento il Moscatello rosso di Rosciate, assume il nome di Moscato di Scanzo, i Romani, nuovi dominatori, prevalsero sui greci rosciatesi. Si ritorna a parlare delle viti scanzesi all’epoca delle invasioni barbariche, ove Alarico, che diede il suo nome al colle sulla cui sommità è posto l’antico Castelletto dei Bignami, feudatari dei Visconti di Milano, pose il suo quartier generale, dal quale diresse l’assedio di Bergamo.
La vite è pure oggetto del testamento di Alberico da Rosciate (8 giugno 1347). Ricompare come vino all’epoca delle lotte fra le fazioni dei Guelfi e dei Ghibellini.
Vino a Denominazione di Origine Controllata e Garantita - Approvato DOC con D.P.R. 21.07.1967, G.U. 209 del 21.08.1967 - Approvato DOCG con D.M. 01.09.1995, G.U. 249 del 24.10.1995
Denominazione aggiornata con le ultime modifiche riportatate in G.U. n. 208 del 06.09.2023
--- Confine regionale --- Confine provinciale ♦ Zona di produzione
Vino Franciacorta D.O.C.G.
La Denominazione d’Origine Controllata e Garantita "Franciacorta", è riservata al vino ottenuto esclusivamente con la rifermentazione in bottiglia e la separazione del deposito mediante sboccatura, rispondente alle condizioni e ai requisiti prescritti dal disciplinare di produzione per le seguenti tipologie:
- Franciacorta
- Franciacorta Satèn
- Franciacorta Rosé
1. Tipologie e Uve del Vino DOCG Franciacorta
- Franciacorta (Vino Bianco Spumante)
- Versioni: Pas-dosè /Extra-brut /Brut /Extra-dry /Dry /Demi-sec
- =< 100% Vitigni Chardonnay e/o Pinot Nero.
- =< 50% Vitigno Pinot Bianco
- =< 10% Vitigno Erbamat
- => 11,50% Vol. Titolo alcolometrico.
- Vino Bianco Spumante dalla Spuma fine, intensa; Colore dal giallo paglierino più o meno intenso fino al giallo dorato; Odore fine, delicato, ampio e complesso con note proprie della rifermentazione in bottiglia; Sapore sapido, fresco, fine ed armonico.
- Franciacorta Millesimato (Vino Bianco Spumante)
- Versioni: Pas-dosè /Extra-brut /Brut /Extra-dry
- =< 100% Vitigni Chardonnay e/o Pinot Nero.
- =< 50% Vitigno Pinot Bianco
- =< 10% Vitigno Erbamat
- => 11,50% Vol. Titolo alcolometrico.
- Vino Bianco Spumante dalla Spuma fine e intensa; Colore dal giallo paglierino più o meno intenso fino al giallo dorato; Odore fine, delicato, ampio e complesso con note proprie della rifermentazione in bottiglia; Sapore sapido, fine ed armonico.
- Franciacorta Riserva (Vino Bianco Spumante Invecchiato)
- Versioni: Pas-dosè /Extra-brut /Brut
- =< 100% Vitigni Chardonnay e/o Pinot Nero.
- =< 50% Vitigno Pinot Bianco
- =< 10% Vitigno Erbamat
- => 11,50% Vol. Titolo alcolometrico.
- Vino Bianco Spumante dalla Spuma fine e intensa; Colore dal giallo paglierino più o meno intenso, fino al giallo dorato con eventuali riflessi ramati; Odore di note complesse ed evolute proprie di un lungo affinamento in bottiglia; Sapore sapido, fine ed armonico.
- Franciacorta Satèn (Vino Bianco Spumante)
- Versioni: Brut
- => 50% Vitigno Chardonnay
- =< 50% Vitigno Pinot Bianco
- => 11,50% Vol. Titolo alcolometrico
- Vino Bianco Spumante dalla Spuma persistente e cremosa; Colore giallo paglierino intenso; Odore fine, delicato, con note proprie della rifermentazione in bottiglia; Sapore sapido, cremoso, fine ed armonico.
- Franciacorta Satèn Millesimato (Vino Bianco Spumante)
- Versioni: Brut
- => 50% Vitigno Chardonnay
- =< 50% Vitigno Pinot Bianco
- => 11,50% Vol. Titolo alcolometrico
- Vino Bianco Spumante dalla Spuma persistente e cremosa; Colore giallo paglierino più o meno intenso fino al giallo dorato; Odore fine, complesso con note proprie della rifermentazione in bottiglia; Sapore sapido, cremoso, fine ed armonico.
- Franciacorta Satèn Riserva (Vino Bianco Spumante Invecchiato)
- Versioni: Brut
- => 50% Vitigno Chardonnay
- =< 50% Vitigno Pinot Bianco
- => 11,50% Vol. Titolo alcolometrico
- Vino Bianco Spumante dalla Spuma persistente e cremosa; Colore giallo dorato più o meno intenso; Odore di note complesse ed evolute proprie di un lungo affinamento in bottiglia; Sapore sapido, fine ed armonico.
- Franciacorta Rosé (Vino Rosato Spumante)
- Versioni: Pas-dosè /Extra-brut /Brut /Extra-dry /Dry /Demi-sec
- => 65% Vitigno Chardonnay
- => 35% Vitigno Pinot Nero
- =< 50% Vitigno Pinot Bianco
- =< 10% Vitigno Erbamat
- => 11,50% Vol. Titolo alcolometrico
- Vino Rosato Spumante dalla Spuma fine e intensa; Colore rosa più o meno intenso; Odore fine, delicato, ampio, complesso, con sentori tipici del Pinot nero e con note proprie della rifermentazione in bottiglia; Sapore sapido, fresco, fine ed armonico.
- Franciacorta Rosé Millesimato (Vino Rosato Spumante)
- Versioni: Pas-dosè /Extra-brut /Brut /Extra-dry
- => 65% Vitigno Chardonnay
- => 35% Vitigno Pinot Nero
- =< 50% Vitigno Pinot Bianco
- =< 10% Vitigno Erbamat
- => 11,50% Vol. Titolo alcolometrico
- Vino Rosato Spumante dalla Spuma fine e intensa; Colore rosa più o meno intenso; Odore fine, delicato, ampio, complesso, con sentori tipici del Pinot nero e con note proprie della rifermentazione in bottiglia; Sapore sapido, fresco, fine ed armonico.
- Franciacorta Rosé Riserva (Vino Rosato Spumante Invecchiato)
- Versioni: Pas-dosè /Extra-brut /Brut
- => 65% Vitigno Chardonnay
- => 35% Vitigno Pinot Nero
- =< 50% Vitigno Pinot Bianco
- =< 10% Vitigno Erbamat
- => 11,50% Vol. Titolo alcolometrico
- Vino Rosato Spumante dalla Spuma fine e intensa; Colore rosa più o meno intenso con possibili riflessi ramati; Odore complesso, evoluto dai sentori tipici del Pinot nero, con bouquet proprio di un lungo affinamento in bottiglia; Sapore sapido, fresco, fine ed armonico.
__________
(Legenda simboli: > maggiore di; < minore di; >< da a; = uguale a; => uguale o maggiore di; =< uguale o minore di).
2. Territorio e Zona di produzione del Vino DOCG Franciacorta
Il territorio della Franciacorta è delimitato a est dalle colline rocciose e moreniche di Rodengo, Ome, Gussago e Cellatica, a nord dalle sponde meridionali del Lago d’Iseo e dalle ultime propaggini delle Alpi Retiche, a ovest dal fiume Oglio e infine a sud dal Monte Orfano. Esso è formato da un ampio anfiteatro morenico formatosi durate le glaciazioni delle ere geologiche Secondaria e Terziaria per effetto dei movimenti di espansione e arretramento del grande ghiacciaio proveniente dalla Valcamonica ed è caratterizzato da un’estrema complessità morfologica e geologica.
La Zona di Produzione del Vino DOCG Franciacorta è localizzata in:
- provincia di Brescia e comprende il territorio dei comuni di Paratico, Capriolo, Adro, Erbusco, Cortefranca, Iseo, Ome, Monticelli Brusati, Rodengo Saiano, Paderno Franciacorta, Passirano, Provaglio d’Iseo, Cellatica, Gussago e, in parte, il territorio dei comuni di Cologne, Coccaglio, Rovato e Cazzago S. Martino.
3. Vinificazione e Affinamento del Vino DOCG Franciacorta
Le pratiche relative all’elaborazione sono quelle tradizionalmente utilizzate per l’elaborazione dei vini a rifermentazione in bottiglia che nel tempo vengono modificate coerentemente con le acquisizioni tecnico-scientifiche e con gli obiettivi di qualità prefissati. Tra tutte si evidenzia ad esempio l’obbligo della pressatura diretta delle uve, senza diraspatura, tecnica molto importante per garantire il corretto frazionamento dei mosti.
- La resa massima da uva a vino base, prima delle operazioni di presa di spuma, è pari al 65%. E' consentita l’eventuale maggiore resa in vino base, fino ad un massimo del 6%, che non ha diritto alla denominazione “Franciacorta” ma potrà essere impiegato per la produzione di IGT “Sebino”. Qualora la resa complessiva superi il suddetto limite di resa (65% e relativo 6%) tutto il vino ottenuto perde il diritto alla denominazione “Franciacorta” ma potrà essere destinato alla produzione di IGT “Sebino”.
- È consentito anche l’utilizzo di contenitori in legno di rovere per le operazioni di vinificazione e di affinamento, ed è altresì consentito produrre i vini “Franciacorta” Millesimati e Riserva purché ottenuti con almeno l’85% del vino dell’annata di riferimento.
- A partire dalla data del tiraggio (imbottigliamento), i vini iniziano un periodo minimo obbligatorio di affinamento sui lieviti, cui segue la separazione dei depositi mediante sboccatura manuale o meccanica.
- Il periodo di affinamento per ciascuna tipologia di vino DOCG Franciacorta ha durata minima in mesi:
- 18 Franciacorta
- 24 Franciacorta Rosé
- 24 Franciacorta Satèn
- 30 Franciacorta millesimato
- 30 Franciacorta Rosé millesimato
- 30 Franciacorta Satèn millesimato
- 60 Franciacorta riserva
- 60 Franciacorta Rosé riserva
- 60 Franciacorta Satèn riserva
4. Produttori di Vino DOCG Franciacorta
Con l’utilizzo della DOCG Franciacorta i Produttori Vinicoli Lombardi sono orgogliosi di presentare al consumatore un Vino di Qualità che ha più cose da raccontare rispetto ad altri: da dove proviene, come viene lavorato, le origini storiche e le caratteristiche che lo identificano in un territorio ben definito che l'appassionato o l'estimatore potrà maggiormente percepire ed apprezzare durante la Visita alle Cantine che operano nell'ambito di questa denominazione.
5. Abbinamenti gastronomici con il Vino DOCG Franciacorta
Aperitivi, piatti di pesce, pietanze a base di carni bianche e formaggi tra cui il Taleggio e il Quartirolo lombardo. La versione Demi-sec è ideale per il dessert.
6. Storia e Letteratura del Vino DOCG Franciacorta
La presenza della vite in forma spontanea sin dalla preistoria è la dimostrazione che trattasi di areale vocato alla viticoltura. Ne sono una prova i rinvenimenti di vinaccioli di epoca preistorica ed il materiale archeologico rinvenuto su tutta la zona oltre alle diverse testimonianze di autori classici, da Plinio a Columella a Virgilio. Sappiamo anche dei popoli che si stanziarono in Franciacorta e che conosciamo anche attraverso testimonianze storiografiche: i galli Cenomani, i Romani, i Longobardi. Documenti del IX, e del X e XI secolo di importanti enti monastici urbani testimoniano una diffusione colturale della vite e sono una prova della continuità, suggellata da significativi rinvenimenti archeologici nella zona, della vitivinicoltura dall’età tardo antica al pieno medioevo in Franciacorta.
Il toponimo Franzacurta comparve per la prima volta in un'ordinanza dell’Ottavo Libro degli Statuti di Brescia nell’anno 1277 e riguardava una ingiunzione fatta ai comuni di Gussago e Rodengo per la riparazione del ponte sul fiume Mella in località Mandolossa: «Pro utilitate Sua propria et omnium amicorum Franzacurta». Chi riceveva l’ordine, conosceva bene quindi quali erano i territori franciacortini che avrebbero tratto beneficio dal suo lavoro a testimonianza di un uso più antico del nome probabilmente legato alla potenza di quelle corti monastiche (Rodengo, Provaglio, Rovato) fondate dai cluniacensi e libere dal pagamento della decima al vescovo di Brescia, quindi corti franche o libere o, nel latino del tempo, francae curtae. Recenti studi indicherebbero che lo stato di libertà fosse riferito alle merci che dalla Franciacorta transitavano verso il libero comune di Brescia, esenti da dazio in cambio del mantenimento del passaggio della strada che da Brescia conduceva a Iseo e da lì, lungo il lago, all’approvvigionamento del ferro della Val Camonica. Quale che sia l’origine della «libertà» è certamente nel latino «francae» e nel ruolo dei monasteri «curtae» che va ricercata l’origine del nome.
Nel primo Quattrocento, grazie ad un prolungato periodo di stabilità, vi fu una crescita delle attività agricole, l’investimento di nuovi capitali e la concentrazione nella fascia collinare suburbana e franciacortina della produzione vitivinicola, grazie alla diffusione di nuove tecniche come la piantana e la pergola. Nell’intreccio tra storia, vino e cultura della Franciacorta si inserisce una delle prime pubblicazioni al mondo sulla tecnica di preparazione dei vini a fermentazione naturale in bottiglie e sulla loro azione sul corpo umano. Stampato in Italia nel 1570, il testo viene scritto dal medico bresciano Gerolamo Conforti con il significativo titolo di "Libellus de vino mordaci”. Questo medico, i cui studi precedettero le intuizioni dell’illustre abate Dom Perignon, mise in rilievo la notevole diffusione e il largo consumo briosi e spumeggianti ed è inconfutabilmente una prova del legame profondo e antico tra questo territorio ed il Franciacorta.
Tra le testimonianze più recenti quella di Gabriele Rosa che nel suo trattato sui vini del 1852 ricorda come i vini bianchi di Franciacorta siano “eccellentissimi, racenti e garbi”.
Nel 1967 viene istituita la Doc Franciacorta che è una delle prime Denominazioni di origine controllata nate in Italia e che contempla anche la tipologia spumante. A quest’ultima nel 1995 viene dedicato specificatamente il riconoscimento massimo della piramide della qualità dei vini italiani, la Denominazione di origine controllata e garantita che segnerà un momento di svolta nel percorso di sempre maggiore riconoscimento del legame indissolubile tra questo vino e il suo territorio, avendo scelto il termine Franciacorta come l’unico per identificare il vino e il metodo di elaborazione.