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Il territorio è incuneato fra due province di diverse regioni con una ricca tradizione enologica. E i vini non possono che riflettere queste condizioni di passaggio: da un lato con un Lambrusco Mantovano Doc e tre Igt che annunciano l’Emilia, dall’altro con vini che segnano la transizione fra Brescia e Verona: la Doc Garda Colli Mantovani e la Igt Alto Mincio. La storia e la tradizione hanno lasciato impronte profonde in questo territorio. La leggendaria indovina Manto, il poeta latino Virgilio, i mecenate Gonzaga, con la ricca corte di artisti rinascimentali e un santo fra loro, danno lustro al capoluogo, Mantova.

Il piccolo centro di Governolo, alla confluenza del Mincio nel Po, è ricordato, invece per il miracolo di un altro santo, papa Leone Magno, che osò sfidare il “flagello di Dio”, Attila, fermando le sue orde. All’alba del basso Medioevo, inoltre, il paesaggio e la storia dell’Oltrepò mantovano vennero trasformati dalla fondazione di un monastero benedettino donato al papa da Matilde di Canossa e affidato all’Abbazia di Cluny. Bonifiche, canalizzazioni, opere agrarie avrebbero cambiato volto alle paludi e agli acquitrini che accompagnavano l’antico corso del Po e di un suo braccio ora scomparso, il Lirone, e fatto diventare questa terra un crocevia dell’Europa. Resta, a testimone, l’attraente imponenza dell’abbazia di Polirone, a S.Benedetto Po, rifatta, nel XVI secolo, da Giulio Romano.

Lunghi filari di vigne e terrazzamenti Uno scenario interessante deriva dai lunghi filari di vigne e dai terrazzamenti, che regalano al paesaggio un che di nostrano dall’abboccato gradevole. Ma è soprattutto il regno del famoso moscato rosso, il più importante vino da meditazione della Bergamasca, quello che un tempo Napoleone Bonaparte chiamò moscatello. Si tratta di uva particolare, chiamata megera, che cresce soltanto in un fazzoletto di terreno, tutto rivolto a sud, duro, calcareo, ma ricco di calce. Fuori di quest’ettaro di terra ci sono altre viti, che producono vino anche buono, ma non l’illustre Moscato di Scanzo.

Il nobile vitigno è unico e non ha mai voluto allargare il suo feudo. La sua produzione limitata lo ha fatto conoscere in tutta Italia e nel mondo, anche se pochi l’hanno assaggiato. Proprio per esaltare questa tipicità vitivinicola, ma anche per promuovere e valorizzare le bellezze turistiche del paese, nel 2004 è nata l’associazione “Strada del moscato e dei sapori scanzesi”, una sorta di Pro Loco, che vede la partecipazione di 36 aziende del territorio, oltre che del Comune di Scanzorosciate.

Ma le famose colline di Scanzo non favoriscono soltanto la viticoltura. Più in generale l’agricoltura. Merito dell’opera dell’uomo, che qui ha prodotto quei magnifici muretti a secco, quella fitta trama di strade minori, quelle chiesette e tribuline che si trovano un po’ in tutto il territorio. Un paesaggio agreste, bucolico, che i proprietari terrieri hanno reso ancor più affascinante, costruendovi fabbricati agricoli e residenziali, quali ville e palazzi di campagna, di elevato gusto architettonico, di raffinata eleganza, ammirati dai cultori dell’arte.

E negli ultimi anni, proprio sulla collina, sono sorte numerose aziende agrituristiche, che puntano a richiamare i gitanti domenicali, all’assaggio dei prodotti tipici bergamaschi.

Monte Bastia, Montecchio e Valgavarno…tre itinerari che attraversano il comune in tutta la sua lunghezza, guidando il visitatore tra centri storici, strade campestri e collinari, alla scoperta di paesaggi unici e di gran parte delle aziende associate. Tutti e tre gli itinerari sono percorribili a piedi e in bicicletta, oltre che in auto (tranne i tratti tratteggiati, che indicano la presenza di strade sterrate o sentieri) per coprire le distanze maggiori. La mappa vi sarà d’aiuto per predisporre il percorso che preferite, sia che scegliate di concentrarvi su di un itinerario alla volta, sia che decidiate di percorrerli tutti e tre, per una giornata intera alla scoperta di Scanzorosciate. Buon divertimento!

L’itinerario si sviluppa a sud della città di Brescia, partendo dal vigneto della Pusterla, sul versante nord del colle su cui sorge il Castello di Brescia. E al capoluogo ritorna, dopo aver attraversato il territorio degli otto Comuni che hanno dato vita alla Strada.

Dal centro omonimo prende il nome la Doc Botticino, riservata a un vino rosso che si produce da tempo immemorabile nel suo territorio e in quelli di Rezzano e della stessa Brescia. Ma “Botticino Classico” è anche un pregiato marmo bianco che dà lustro a importanti monumenti nel mondo, come il Vittoriano di Roma e la Casa Bianca di Washington.

Il paese ospita un importante museo del marmo che illustra le fasi di lavorazione del materiale. Da Capriano del Colle prende la denominazione un altro rosso Doc che si produce nel territorio del comune e in quello di Poncarale. Da uve di Trebbiano, invece, il terreno argilloso e quasi privo di calcare permette di ottenere un bianco secco delicato e gradevole compreso nella stessa Doc.

Dai Visconti viene il nome. Ultra Padum chiamarono il trapezio di terra che ha una base sul Po e spinge quella opposta a incontrare l’Appennino Ligure con i 1724 metri del monte Lésima. Costituita il 26 marzo 2001, la Strada attraversa il territorio che, dalla pianura, si incunea in piccole valli, si allarga in vallate più ampie, percorre le creste delle colline, fino ad arrivare a borghi di mezza montagna. I terreni prevalentemente calcareo-argillosi, e le brezze provenienti dalla Liguria favoriscono la coltivazione della vite, che ha qui radici millenarie e tappezza pendii e fondivalle.

La produzione Doc è, per quantità, inferiore solo a Chianti e Asti, e può vantare anche un’eccelsa qualità. Nelle zone soleggiate a bassa quota prevalgono le uve rosse di Barbera, Pinot Nero, Bonarda. Le uve bianche, fra cui Cortese, Riesling, Chardonnay, sono in decisa espansione e prediligono i pendii a levante, per le più notevoli escursioni termiche. Oltre alla Doc Oltrepò Pavese, è prevista la produzione dell’Igt Provincia di Pavia.

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