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Il territorio della Doc Lamezia comprende i terreni vitati del comprensorio di Lamezia Terme, che riunisce, dalla montagna al mare, tre centri abitati. Nicastro, di origine bizantina, è il capoluogo; qui le donne mostravano nella gonna lo stato civile: marrone scuro per le nubili, rosso acceso per le sposate, nero per le vedove.

Sambiase è circondato dai vigneti, che si estendono dalle colline fino alla pianura ne fanno un centro vinicolo di prim’ordine.

S.Eufemia Lamezia dà il nome al golfo e ospita un aeroporto internazionale.

Il territorio comprende il Bacino artificiale dell’Angitola, rifugio per migliaia di uccelli migratori, che costituisce una meta ideale per il bird watching. Vi sostano cicogne, spatole e aironi e l’elegante falco di palude vi trascorre l’inverno. Sulle sponde la macchia mediterranea si alterna alle coltivazioni, agli uliveti, ai vigneti. Le aquae Angae erano terme note e frequentate già nell’antichità.

Lungo la Strada del vino e dei Sapori della Sibaritide pur non incontrando vini doc, ci si imbatte in due Igt, l’Esaro e il Valle del Crati, che sono tra i più antichi vini conosciuti, considerando anche la ricchezza storica che possono vantare località quali Sibari e Crotone.

Sibari è proprio nel cuore della Calabria e da visitare c’è il Museo Archeologico Nazionale della Sibaritide, lungo la costa, custodisce la statuetta bronzea di Hercules bibax del IV secolo a.C., e notevoli corredi di tombe protostoriche e greche con monili e utensili metallici.

Oggi la Piana di Sibari è la capitale mondiale della liquirizia e la principale zona di produzione delle Clementine di Calabria. La liquirizia nasce da una pianta che in Calabria chiamano Regalizia e appartiene alla famiglia delle Leguminose.

Il territorio della Strada è caratterizzato dalla presenza della Doc Greco di Bianco. La Strada congiunge un lungo tratto della costa ionica della Locride con i paesi interni che si arrampicano verso l’Aspromonte, il cui versante orientale digrada dolcemente verso il mare con una serie di colline.

Per paradosso, è un territorio dominato dall’acqua, nelle sue molteplici manifestazioni. L’acqua del Mediterraneo ha sostenuto le attività economiche legate alla pesca. E la stessa via d’acqua ha condotto fin qui i coloni greci e ha sorretto i lunghi e frequenti viaggi di collegamento con la Madre Patria e con le altre colonie “sorelle”. E “l’acqua che non c’è” delle fiumare, fiumi di ghiaia e di detriti che in breve spazio riga, scendendo al mare, i fianchi dei rilievi. Ma nelle stesse fiumare, nell’acqua che c’era si svolgeva la prima, durissima fase di lavorazione delle fibre di ginestra. E anche oggi torrenti improvvisi rotolano rovinosamente a valle allagando gli alvei colorati dagli oleandri e ombreggiati dalle tamerici. Per questo i vasti letti li attendono vuoti a lungo. E ancora le acque termali di Galateo e Antonimia, alle porte del Parco dell’Aspromonte.

Là dove l’antico vitigno Greco Bianco non può allignare, la vegetazione esplode nei suoi caratteri tipicamente mediterranei. La gariga degradata e riarsa ricopre i contrafforti che giungono fino alla costa; ma i pianori e le colline verdeggiano di agrumeti e si coprono dell’argento degli ulivi. I declivi dei rilievi mostrano sontuose distese di profumata macchia mediterranea, ma i pendii più scoscesi sembrano aggrapparsi ai lecci, agli eucalipti e ai pini domestici.

La Strada attraversa il territorio sul quale si stendono i vigneti della Doc Pollino. Nella regione si sono succeduti Greci, Bruzi, Bizantini, Normanni, Svevi, Albanesi, che hanno segnato l’ambiente con la propria cultura e hanno lasciato tracce nelle città ricche di storia e nella vita quotidiana, forte di antiche tradizioni.

A Morano due musei illustrano la vocazione pastorale e agricola e le ricchezze naturalistiche del territorio. I resti imponenti del Castello confermano la potenza difensiva e l’importanza strategica di questa fortezza normanna riutilizzata dagli Svevi e rifatta nel XVI secolo, che domina la vallata del Coscile. Su uno sperone tra il fiume e un suo affluente, sorge Castrovìllari, in un’ampia conca ai piedi del Pollino.

L’itinerario entra anche nel territorio del Parco, tocca Frascineto, circondata da fiorenti masserie dalle quali esce il Moscato, e raggiunge le gole del Raganello, il torrente più conosciuto del Massiccio, che scava il proprio corso fra gole imponenti e spettacolari. Al suo sbocco nella Piana di Sibari, Cìvita sembra sbocciare dalla roccia, con gli edifici imponenti come bastioni a confondersi con il colore della pietra viva.

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