Assovini
L’entroterra di Oristano è l’area di produzione di numerosi vini Doc: Cannonau, Moscato, Monica e Vermentino di Sardegna, Arborea, Mandrolisai, Sardegna Semidano e, naturalmente, Vernaccia di Oristano, che alcuni vinificatori producono con tecniche innovative, pur conservando anche quelle tradizionali.
Il capoluogo dell’antico giudicato d’Arborea sorge presso la costa occidentale dell’isola, nella pianura del Campidano, che segna lo sbocco al mare della regione storica. La costa è orlata da stagni; la tozza penisola del Sinis chiude il golfo con Capo S.Marco e con la sottile lingua di terra su cui sorgono le rovine di Tharros. L’antica città fenicia di cui Oristano è erede conobbe la massima floridità dalla fondazione fino alla tarda età dell’Impero romano. Fu sede vescovile all’arrivo dei Vandali, e una delle poche fortezze di cui parlano i documenti bizantini. Le scorrerie saracene la portarono alla rovina, come molti altri centri dell’isola.
Lungo l’arco settentrionale del golfo, sulle acque tranquille degli stagni di Cabras i pescatori si muovono ancora con imbarcazioni di giunchi. Il tracciato più ampio dell’itinerario raggiunge l’altopiano su cui sorge Abbasanta, dalle nere case di basalto. Sulla strada per il lago Omodeo si incontra Ghilarza, con una bella chiesa romanica e la casa–museo di Antonio Gramsci. Una deviazione permette di giungere a Fondongianus, sulle rive del Tirso, che vanta terme antichissime. Sorgono si propone come centro della Doc Mandrolisai.
Piegando a sud, la Strada immette nell’altopiano del Sarcidano, da cui si innalzano suggestivi torrioni calcarei, e raggiunge Laconi. Lambisce da ovest la Giara di Gésturi, il pianoro basaltico dove cavallini dagli occhi a mandorla, dalla lunga coda e dalla folta criniera, di una razza ovunque scomparsa, vivono allo stato brado, e arriva a Barumini, nei cui pressi sorge Su Nuraxi, il più straordinario sito megalitico protosardo. Possenti blocchi di pietra non cementati costituiscono la fortificazione, con una torre centrale a due piani dei secoli XVI–XIII a.C., un bastione con quattro torri angolari e un complicato sistema di muraglie e torri dei secoli successivi fino al VI secolo a.C. Sul fianco orientale restano le fondazioni di pietra di una cinquantina di capanne che formavano il villaggio nuragico, distrutto nel VII secolo a.C. e successivamente abitato in epoca punica e romana. La popolazione e la guarnigione formavano un nucleo di duemila persone, più di quante abitino oggi nella città.
La Strada torna nel Campidano superando i colli della Marmilla. Sulla sommità del cono regolare di Las Plassas, a 300 metri, sorgeva il castello che gli Arborensi avevano edificato nel XII secolo e che segnava il confine tra i Giudicati di Cagliari e di Arborea. Mogoro, già nella pianura, è rinomata per il Monica di Sardegna. Nelle terre bonificate in prossimità di Oristano, si stendono i vigneti di Arborea: vi vengono coltivati, accanto ad alcuni importati, molti vitigni autoctoni: Bovale, Pascale, Monica, che danno le Doc Arborea e Campidano di Terralba.
La presenza di quasi tutte le Doc sarde conferisce al Campidano importanza di grande rilievo fra le zone vinicole dell’Isola. E’ la roccaforte dei vini tradizionali, con produzioni esclusive e presenze specifiche di interesse locale. Nell’entroterra cagliaritano si producono molti vini regionali e le Doc Monica, Nasco, Moscato, Malvasia, Girò e Nuragus di Cagliari.
“Anche le reclute vanno a Cagliari cantando, perché Cagliari è la bandiera, perché Cagliari è l’avventura, è la luna da toccare con mano, è l’iniziazione ai misteri”. Così scriveva Salvatore Cambosu come omaggio alla città capoluogo, sveglia, aperta alla circolazione delle idee, una vera città.
Le bellezze architettoniche di Cagliari sono numerose e spesso misconosciute. L’intero quartiere del Castello è un museo a cielo aperto nel quale rivive la storia della città. Nella Cattedrale, le sculture di un pulpito successivamente smembrato erano state realizzate per il Duomo di Pisa, e costituiscono il coronamento simbolico della stagione del romanico sardo.Il Museo Archeologico Nazionale conserva, negli straordinari reperti, la memoria della lunga storia di tutta la Regione.
La Strada del Vino si dirama dal capoluogo in quattro direzioni. L’itinerario più occidentale conduce a Decimomannu e permette la visita all’oasi di Mente Arcosu, Qui, in uno degli ultimi residui del patrimonio di foreste millenarie della Sardegna, tra lecci, ginepri, muschi, felci, ciclamini, orchidee selvatiche, eriche e corbezzoli, ha trovato il suo ultimo rifugio il cervo sardo.
Dopo aver toccato Monastir, la Strada arriva a Senorbì, terra di grande tradizione vinicola, centro di produzione di una Igt. Scendendo a sud-est, incontra la diramazione di Dolianova, altro grande centro vinicolo, principale realtà della Igt Parteolla, ma importante zona di produzione anche di numerose Doc: Cannonau, Vermentino, Moscato di Cagliari.
A oriente del capoluogo, Quartu Sant’Elena ha organizzato il ricco e documentato Museo etnografico in una tipica casa rurale campidana. Più a nord, dopo aver attraversato la selvaggia montagna dei Sette Fratelli, la Strada raggiunge Muravera, presso la foce del Flumendosa. La città è al centro di un importante distretto vinicolo, con i vicini San Vito e Villaputzu, al confine meridionale della Igt Ogliastra. Percorrendo la suggestiva costa meridionale, l’itinerario arriva a Castiadas, nell’area di Capo Ferrato da cui deriva una sottodenominazione del Cannonau di Sardegna.
Spiagge e scenari incantevoli hanno trasformato il villaggio di pescatori di Villasimius in un rilevante centro turistico. Da qui parte la panoramica litoranea che riconduce a Cagliari.
Il tracciato principale si snoda lungo il Tratturo regio che percorre il territorio dell’Alta Murgia. Al paesaggio di campi e uliveti si sostituiscono, attorno ai 300 metri, i filari delle viti, che occupano pendii e terrazzamenti. Al di sopra, steppa, pascolo e seminativo contendono lo spazio alle manifestazioni del carsismo. Dalla Strada si dipartono tracciati longitudinali che, attraversano i territori della transumanza, insediamenti rurali con antiche cantine, e campi chiusi, dove i filari dei vigneti si alternano a colture erbacee e a mandorleti.
Due circuiti distinti hanno come centri rilevanti rispettivamente Trani e Bitonto. A dominare i due percorsi sorge su un colle, isolato ed enigmatico, il Castel del Monte. Fu voluto e forse progettato, nel decennio 1230-1240, da Federico II come ritrovo di caccia, e certamente era destinato a piaceri colti e raffinati. Qui l’imperatore avrebbe scritto il brillante trattato “De arte venandi cum avibus”, sulla caccia con il falcone. Sorpresa e mistero suscitano la struttura ottagonale, con otto torrioni angolari, e l’orientamento: ha fatto supporre funzioni di osservatorio astronomico, basate anche sulla corrispondenza dell’altezza di 20,5 metri con quella dello gnomone, che veniva piantato a terra per calcolare, dall’ombra, le ore del giorno. Grande saggezza costruttiva emerge dal complicato sistema a doppio spiovente che convogliava l’acqua piovana nelle cisterne e in tutti i numerosi servizi igienici presenti nell’edificio.
C/o Cantine Botromagno
Il paesaggio è percorso in superficie da depressioni circolari, burroni e fratture improvvise. In profondità si snodano innumerevoli grotte e caverne scavate da fiumi sotterranei che si aprono la via verso il mare. Gli elementi più tipici del paesaggio sono le profonde e tortuose voragini delle gravine, spettacolari fenditure dalle pareti ripide, profonde anche qualche centinaio di metri. Il nome deriva da “grava”, termine del remoto lessico mediterraneo che indicava la spiaggia, o il greto del fiume, ma le dimensioni monumentali le fanno apparire talvolta come dei veri e propri canyon.
Le acque penetrano nel sottosuolo, scavano gallerie sotterranee, provocano frane, crolli di volte e di pareti, originando grandi caverne. Le grotte di Castellana sono le più estese cavità sotterranee di origine carsica in Italia. La loro formazione è legata all’antica esistenza di un corso d’acqua sotterraneo che si è aperto un varco attraverso la massa calcarea. Oggi è scomparso, ma segni evidenti della sua presenza permangono nelle ampie caverne, dalle cui volte scende una miriade di stalattiti che spesso si saldano alle stalagmiti in lucenti colonne. Come tutte le cavità del territorio, erano già utilizzate nel Medioevo come discarica delle sanse e delle vinacce di scarto. Esplorate da giovani del luogo già nel ‘700, furono rese accessibili dopo il 1938. Dal fondo dell’ampia voragine a cielo aperto della Grave, profonda 60 metri, si apre una serie di cavità alte fino a 40 metri, che si allungano per tre chilometri e terminano nella Caverna Bianca dalle finissime e trasparenti concrezioni di alabastro.
IL PERCORSO
La Strada dei Vini Doc della Murgia Carsica si sviluppa in quell'area di produzione posta a Nord Ovest e a Sud Est della Puglia centrale che si articola nella Provincia di Bari e comprende i territori dei comuni di Spinazzola, Poggiorsini, Gravina in Puglia, Altamura, Gioia del Colle, Cassano Murge, Acquaviva delle Fonti, Santeramo, Sannicandro, Casamassima, Grumo Apulla, Noci, Putignano, Castellana Grotte, Sammichele, Conversano, Rutigliano, Adelfia, Turi. L'ambito del territorio è delimitato dai disciplinari di produzione dei vini a denominazione di origine controllata "Gravina" "Gioia del Colle". Il territorio comprende geograficamente parte della Murgia Nordoccidentale e quasi tutta la Murgia Sud-Orientale insieme alla fossa bradanica che guarda il costone murgiano Nordoccidentale dell'asse Spinazzola- Poggiorsini-Gravina.
La denominazione Gioia del Colle comprende nove tipologie di vini: Bianco, Rosso, Rosso Riserva, Rosato, Primitivo, Aleatico Dolce Naturale. Nell'Aleatico la percentuale di uve omonime non deve essere inferiore all'85%, con possibilità di aggiunte di negroamaro, malvasia nera, primitivo. Il Gioia del Colle Rosso è probabilmente la tipologia di vino che meglio esprime caratteri di tipicità locale, e che si accosta molto bene ai sapidi piatti a base di carne della tradizione territoriale. Molto adatto a una cucina terragna, di carni ma anche di formaggi piccanti, è il Primitivo di Gioia, un vino di colore rosso rubino piuttosto cupo, dai profumi varietali, caldo per tenore alcolico e ampio al palato. Il Gioia del Colle Bianco è un vino fresco, da consumare giovane, con piatti a base di pesce, mentre l'Aleatico, dal bel colore rosso granato, è un vino da fine pasto, dal gusto vellutato e caldo, moderatamente dolce. Gravina Doc.
Osservando i terreni di aree archeologiche come, ad esempio, gli scavi di Botromagno, di poco fuori il centro storico della città, è possibile capire qualcosa in più sui fattori che influiscono, dal punto di vista pedologico, sulle caratteristiche di un vino come il Gravina. La composizione stratificata, infatti, evidenzia un primo strato vegetale sotto il quale sono ben evidenti quello argilloso e poi tufaceo. I vigneti iniziano a vedersi in prossimità degli scavi, per un'estensione che oggi è circa di 400 ettari (da 2700 che se ne contavano nel 1977), per un vino che ha una netta impronta territoriale. Il Gravina Bianco è ottenuto sostanzialmente da uve Greco e bianco di Alessano in percentuale compresa tra il 35 e il 60%, e da malvasia per una quota tra il 45 e il 60%, con possibilità di aggiunte di modeste percentuali di bombino bianco, trebbiano, verdeca. I comuni interessati alla produzione della denominazione sono quelli di Gravina, Poggiorsini, Altamura, Spinazzola.
In questi territori il settore agricolo si impone soprattutto per le colture cerealicole e viticole, mentre alcuni centri urbani sono emergenti sotto il profilo socioeconomico, soprattutto per le capacità imprenditoriali assunte nei settori dei servizi terziari e nelle piccole e medie imprese, fra questi Altamura, Gravina, Santeramo, Noci, Putignano, Castellana. Forti nelle produzioni delle uve da tavola i comuni di Conversano, Rutigliano, per le uve da vino Spinazzola, Poggiorsini, Gravina, Gioia del Colle, Santeramo in Colle, Acquaviva delle Fonti, Cassano delle Murge, Adelfia. Produzioni che accomunano tutti i territori comunali interessati dalla Strada sono quelle casearie, in particolare le produzioni di mozzarelle, i formaggi freschi, di cacioricotta e di caciocavalli.