Assovini
- Vino a Denominazione di Origine Controllata - Approvato con D.M. 22.09.2011, G.U. 235 del 8.10.2011
- Denominazione aggiornata con le ultime modifiche riportate in G.U. 80 del 05.04.2022
Vino Romagna D.O.C. Sangiovese Sottozona Coriano
La denominazione di origine controllata «Romagna» Sottozona Coriano è riservata ai vini che rispondono alle condizioni e ai requisiti stabiliti nel disciplinare di produzione, per le seguenti tipologie:
- Coriano
- Coriano Riserva
1. Tipologie e Uve del Vino DOC Romagna - Sangiovese Sottozona Coriano
- Romagna Sangiovese Sottozona Coriano (Vino Rosso)
- Versioni: Secco
- => 95% Vitigno Sangiovese
- =< 5% Vitigni a bacca nera idonei alla coltivazione nella regione Emilia Romagna
- => 12,5% Vol. Titolo alcolometrico
- Vino Rosso dal Colore rosso rubino tendente al granato, Odore vinoso, intenso, caratteristico; Sapore secco, pieno, armonico, leggermente tannico.
- Romagna Sangiovese Riserva Sottozona Coriano (Vino Rosso Invecchiato)
- Versioni: Secco
- => 95% Vitigno Sangiovese
- =< 5% Vitigni a bacca nera idonei alla coltivazione nella regione Emilia Romagna
- => 13% Vol. Titolo alcolometrico
- Vino Rosso Invecchiato dal Colore rosso rubino tendente al granato, Odore vinoso, intenso, caratteristico e Sapore secco, pieno, armonico, leggermente tannico.
__________
(Legenda simboli: > maggiore di; < minore di; >< da-a; = uguale a; => uguale o maggiore di; =< uguale o minore di).
2. Territorio e Zona di produzione del Vino DOC Romagna - Sangiovese Sottozona Coriano
L'area geografica vocata alla produzione del Vino DOC Romagna si estende sulle colline romagnole delle province di Bologna, Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini, in porzioni di di territorio collinare adeguatamente ventilato, luminoso e favorevole all'espletamento di tutte le funzioni vegeto-produttive delle vigne.
La Zona di Produzione del Vino DOC Romagna Sottozona Coriano è localizzata in:
- provincia di Rimini. Comprende il territorio del Comune di Coriano e in parte, il territorio del Comune di Rimini.
3. Vinificazione e Affinamento del Vino DOC Romagna - Sangiovese Sottozona Coriano
Nelle fasi di vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche leali e costanti della zona atte a conferire ai vini le loro peculiari caratteristiche di qualità.
4. Produttori di Vino DOC Romagna - Sangiovese Sottozona Coriano
Con l’utilizzo della DOC Romagna i Produttori Vinicoli Emiliano-Romagnoli sono orgogliosi di presentare al consumatore un Vino di qualità che ha più cose da raccontare rispetto ad altri: da dove proviene, come viene lavorato, le origini storiche, le caratteristiche e le peculiarità che lo identificano in un territorio ben definito, soprattutto durante la Visita alle Cantine che operano nell'ambito di questa denominazione.
5. Abbinamenti gastronomici con il Vino DOC Romagna - Sangiovese Sottozona Coriano
Piatti a base di carni rosse, salumi, tortellini, tagliatelle al ragù, parmigiano e grana stagionati e formaggio di fossa.
6. Storia e Letteratura del Vino DOC Romagna - Sangiovese Sottozona Coriano
La storia e la letteratura classica ci parlano spesso di una Romagna particolarmente produttiva, senza negare, però, produzioni di eccellenza: i vini di Cesena in epoca Romana e anche successiva, l’Albana di Bertinoro, come pure la “rosseggiante” Cagnina senza dimenticare il Pagadebito gentile.
Terrano. La dominazione bizantina potrebbe essere stata il momento in cui il Refosco d’Istria o Terrano d’Istria si è diffuso in Romagna. Sta di fatto che, in tempi storici, ha dato origine ad un vino molto apprezzato chiamato “Cagnina”, riconosciuto a DOC con DPR 17-03-1988 (Cagnina di Romagna). Riferisce Giovanni Manzoni che la Cagnina è un’uva probabilmente originaria della Jugoslavia, “tenuta in gran pregio sebbene anticamente fosse piccola di grappolo e di acini radi. Coltivata in Romagna già nel 1200 in alcune piane del Cesenate, del Forlivese e del Ravennate, fu poi limitata solamente a qualche modesto vigneto, come lo è ancora oggi, per la sua scarsa resa”. Diversi gli scritti e i componimenti poetici tra Ottocento e Novecento che attestano la diffusione e l’apprezzamento della Cagnina in Romagna.
Bombino bianco. Localmente detto Pagadebito gentile, da cui il nome del vino. L’origine del vitigno non è nota, ma si tratta di varietà diffusa lungo tutta la fascia adriatica della Penisola con nomi diversi nelle varie regioni, ma che richiamano spesso la sua capacità produttiva. Secondo Hohnerlein-Buchinger l’etimo sarebbe da “produce tanto da pagare i debiti”, in realtà la produttività, specie in collina, non è elevatissima ma costante negli anni; infatti si tratta di varietà rustica e con sottogemme fertili, tanto che se una gelata tardiva può compromettere gravemente la produzione della maggior parte degli altri vitigni, con il Pagadebito è comunque garantita una buona produzione. Nell’area di Bertinoro un tempo si facevano vigneti misti di Albana gentile e Pagadebiti proprio per compensare una eventuale carenza produttiva del primo vitigno. La prima citazione scritta di un “Pagadebito bianco” tra le viti “de’ contorni di Rimino” è dell’Acerbi e risale al 1825. Nell’ambito della mostra ampelografica tenutasi a Forlì nel 1876 si ebbe la possibilità di confrontare tra loro grappoli di Pagadebito provenienti da diversi areali e si convenne che “Il Pagadebito gentile di Forlì, di Bertinoro e di Predappio si differenzia dal Pagadebito verdone per gli acini più sferici, meno grossi, meno verdi e più dolci”. Storicamente è stata riconosciuta una particolare e pregevole tradizione di coltivazione del Pagadebito nell’areale di Bertinoro, messa in evidenza anche nel Disciplinare della DOC “Pagadebit di Romagna” accolto con DPR 17-03-1988.
Sangiovese. La zona di diffusione principale del Sangiovese si colloca tra Romagna e Toscana ed è in questi due territori che da tempi storici si sono venuti a delineare vari biotipi, ma soprattutto vini differenti, frutto dell’interazione specifica e peculiare di territori diversi con questo vitigno. Nello studio della storia di un vino si fa spesso riferimento ai miti e alle religioni dei popoli, ma non bisogna trascurare un altro elemento fondamentale, la “tipicità”, poiché essa passa attraverso il territorio, la metodologia di produzione e il contesto temporale e sociale. Per quanto riguarda il Sangiovese la prima attestazione scritta della sua coltivazione in territorio Toscano risale alla fine del 1500 (Soderini), ma Cosimo Villifranchi nella seconda metà del Settecento parla di un “San Gioveto romano” coltivato in particolare nel Faentino. Tra Settecento e Ottocento sono poi numerosi i poemi e ditirambi che lodano questo vino. Nel 1839, il conte Gallesio giunse a Forlì, da Firenze, percorrendo la strada aperta dal granduca Pietro Leopoldo lungo il corso del fiume Montone ed ebbe modo di descrivere i vigneti incontrati nel percorso: “le vigne … sono tutte a ceppi bassi attaccati ad un picciolo palo come in Francia, le uve che vi si coltivano sono per la maggior parte il Sangiovese di Romagna”. Nei vecchi testi, quindi, viene spesso identificato un Sangiovese coltivato in Romagna con caratteristiche sue proprie che lo fanno distinguere da quelli coltivati in altre aree, ma soprattutto va rimarcato come fosse diverso l’approccio enologico al vitigno rispetto alla Toscana: in Romagna si vinificava in purezza, mentre in Toscana si trattava più spesso di uvaggi (come il ben noto Chianti) o di tagli con altri vitigni. Questa caratteristica è stata contemplata nel Disciplinare “Romagna” Sangiovese: l’uso della menzione geografica aggiuntiva per i vini di Sangiovese è subordinata all’utilizzo di almeno il 95% di uve del vitigno. La DOC “Sangiovese di Romagna”, confluita nella DOC “Romagna”, fu istituita con DPR 09-07-1967.
Trebbiano romagnolo. I “Trebbiani” sono una famiglia di vitigni molto antichi che hanno trovato alcune zone di elezione che gli hanno tributato la seconda parte del nome: Trebbiano romagnolo, piuttosto che toscano, modenese, abruzzese, per citarne alcuni. Nel Trecento il Trebbiano veniva annoverato tra i vini “di lusso” del medioevo, mentre in tempi più recenti appare un’immagine più differenziata del Trebbiano, che viene considerato anche un vino di carattere semplice. Lo citano il Soderini nel Cinquecento, il Trinci Settecento e tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento diversi autori cercano di mettere ordine tra le diverse tipologie e sinonimie. In Romagna si coltivava in prevalenza il Trebbiano della fiamma, così detto perché i grappoli esposti al sole prendono una colorazione giallo-rossastra. Nel Molon (1906) si legge che il vitigno era coltivato soprattutto nelle province di Forlì e Ravenna, meno nel Cesenate, dove prevaleva l’Albana e si riporta quanto affermato da Pasqualini e Pasqui in merito all’apprezzamento del Trebbiano nei filari di pianura, nonostante l’elevata umidità. La sua vasta diffusione è dovuta alla capacità di adattarsi alle più diverse tipologie di terreno e condizioni climatiche, alla costante produttività ed alle caratteristiche del vino: gradevole, corretto e facilmente commerciabile. Con il DPR 31-08-1973 viene istituita la DOC “Trebbiano di Romagna”, che ricomprende un’area di coltivazione che si estende dalla collina verso quelle aree di pianura dove i terreni sono più argillosi o argilloso-sabbiosi. Vini amabili, frizzanti e spumanti. La presenza in Romagna di vitigni tipicamente a maturazione medio-tardiva o tardiva (Trebbiano, Pagadebiti) faceva sì che il sopraggiungere del freddo invernale bloccasse la fermentazione lasciando nei vini residui zuccherini più o meno importanti. Da qui l’uso di bere vini dolci o amabili nel periodo autunno-invernale e vini frizzanti e spumanti nell’estate successiva la vendemmia. Infatti i vini con residuo zuccherino, una volta messi in bottiglia, riprendevano a fermentare con l’arrivo dei primi caldi, originando una frizzantatura naturale. Vi era quindi una tradizione, se si vuole involontaria, di spumanti e frizzanti, che con l’accrescersi delle conoscenze enologiche è stata perfezionata: l’uso del freddo in cantina consente di preservare profumi e aromi e l’uso di lieviti selezionati consente di ottimizzare le fermentazioni.
Il Vino DOC Romagna ha ottenuto il riconoscimento della Denominazione di Origine Controllata in data 22 settembre 2011.
- Vino a Denominazione di Origine Controllata - Approvato con D.M. 22.09.2011, G.U. 235 del 8.10.2011
- Denominazione aggiornata con le ultime modifiche riportate in G.U. 80 del 05.04.2022
Vino Romagna D.O.C. Sangiovese Sottozona Imola
La denominazione di origine controllata «Romagna» Sottozona Imola è riservata ai vini che rispondono alle condizioni e ai requisiti stabiliti nel disciplinare di produzione, per le seguenti tipologie:
- Serra
- Serra Riserva
1. Tipologie e Uve del Vino DOC Romagna - Sangiovese Sottozona Imola
- Romagna Sangiovese Sottozona Imola (Vino Rosso)
- Versioni: Secco
- => 95% Vitigno Sangiovese
- =< 5% Vitigni a bacca nera idonei alla coltivazione nella regione Emilia Romagna
- => 12,5% Vol. Titolo alcolometrico
- Vino Rosso dal Colore rosso rubino tendente al granato, Odore vinoso, intenso, caratteristico; Sapore secco, pieno, armonico, leggermente tannico.
- Romagna Sangiovese Riserva Sottozona Imola (Vino Rosso Invecchiato)
- Versioni: Secco
- => 95% Vitigno Sangiovese
- =< 5% Vitigni a bacca nera idonei alla coltivazione nella regione Emilia Romagna
- => 13% Vol. Titolo alcolometrico
- Vino Rosso Invecchiato dal Colore rosso rubino tendente al granato, Odore vinoso, intenso, caratteristico e Sapore secco, pieno, armonico, leggermente tannico.
__________
(Legenda simboli: > maggiore di; < minore di; >< da-a; = uguale a; => uguale o maggiore di; =< uguale o minore di).
2. Territorio e Zona di produzione del Vino DOC Romagna - Sangiovese Sottozona Imola
L'area geografica vocata alla produzione del Vino DOC Romagna si estende sulle colline romagnole delle province di Bologna, Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini, in porzioni di di territorio collinare adeguatamente ventilato, luminoso e favorevole all'espletamento di tutte le funzioni vegeto-produttive delle vigne.
La Zona di Produzione del Vino DOC Romagna Sottozona Imola è localizzata in:
- provincia di Bologna. Comprende il territorio dei Comuni di Fontanelice, Borgo Tossignano e Casalfiumanese. In parte il territorio dei Comuni di Dozza, Castel Sa Pietro Terme e Ozzano dell'Emolia, Imola.
3. Vinificazione e Affinamento del Vino DOC Romagna - Sangiovese Sottozona Imola
Nelle fasi di vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche leali e costanti della zona atte a conferire ai vini le loro peculiari caratteristiche di qualità.
4. Produttori di Vino DOC Romagna - Sangiovese Sottozona Imola
Con l’utilizzo della DOC Romagna i Produttori Vinicoli Emiliano-Romagnoli sono orgogliosi di presentare al consumatore un Vino di qualità che ha più cose da raccontare rispetto ad altri: da dove proviene, come viene lavorato, le origini storiche, le caratteristiche e le peculiarità che lo identificano in un territorio ben definito, soprattutto durante la Visita alle Cantine che operano nell'ambito di questa denominazione.
5. Abbinamenti gastronomici con il Vino DOC Romagna - Sangiovese Sottozona Imola
Piatti a base di carni rosse, salumi, tortellini, tagliatelle al ragù, parmigiano e grana stagionati e formaggio di fossa.
6. Storia e Letteratura del Vino DOC Romagna - Sangiovese Sottozona Imola
La storia e la letteratura classica ci parlano spesso di una Romagna particolarmente produttiva, senza negare, però, produzioni di eccellenza: i vini di Cesena in epoca Romana e anche successiva, l’Albana di Bertinoro, come pure la “rosseggiante” Cagnina senza dimenticare il Pagadebito gentile.
Terrano. La dominazione bizantina potrebbe essere stata il momento in cui il Refosco d’Istria o Terrano d’Istria si è diffuso in Romagna. Sta di fatto che, in tempi storici, ha dato origine ad un vino molto apprezzato chiamato “Cagnina”, riconosciuto a DOC con DPR 17-03-1988 (Cagnina di Romagna). Riferisce Giovanni Manzoni che la Cagnina è un’uva probabilmente originaria della Jugoslavia, “tenuta in gran pregio sebbene anticamente fosse piccola di grappolo e di acini radi. Coltivata in Romagna già nel 1200 in alcune piane del Cesenate, del Forlivese e del Ravennate, fu poi limitata solamente a qualche modesto vigneto, come lo è ancora oggi, per la sua scarsa resa”. Diversi gli scritti e i componimenti poetici tra Ottocento e Novecento che attestano la diffusione e l’apprezzamento della Cagnina in Romagna.
Bombino bianco. Localmente detto Pagadebito gentile, da cui il nome del vino. L’origine del vitigno non è nota, ma si tratta di varietà diffusa lungo tutta la fascia adriatica della Penisola con nomi diversi nelle varie regioni, ma che richiamano spesso la sua capacità produttiva. Secondo Hohnerlein-Buchinger l’etimo sarebbe da “produce tanto da pagare i debiti”, in realtà la produttività, specie in collina, non è elevatissima ma costante negli anni; infatti si tratta di varietà rustica e con sottogemme fertili, tanto che se una gelata tardiva può compromettere gravemente la produzione della maggior parte degli altri vitigni, con il Pagadebito è comunque garantita una buona produzione. Nell’area di Bertinoro un tempo si facevano vigneti misti di Albana gentile e Pagadebiti proprio per compensare una eventuale carenza produttiva del primo vitigno. La prima citazione scritta di un “Pagadebito bianco” tra le viti “de’ contorni di Rimino” è dell’Acerbi e risale al 1825. Nell’ambito della mostra ampelografica tenutasi a Forlì nel 1876 si ebbe la possibilità di confrontare tra loro grappoli di Pagadebito provenienti da diversi areali e si convenne che “Il Pagadebito gentile di Forlì, di Bertinoro e di Predappio si differenzia dal Pagadebito verdone per gli acini più sferici, meno grossi, meno verdi e più dolci”. Storicamente è stata riconosciuta una particolare e pregevole tradizione di coltivazione del Pagadebito nell’areale di Bertinoro, messa in evidenza anche nel Disciplinare della DOC “Pagadebit di Romagna” accolto con DPR 17-03-1988.
Sangiovese. La zona di diffusione principale del Sangiovese si colloca tra Romagna e Toscana ed è in questi due territori che da tempi storici si sono venuti a delineare vari biotipi, ma soprattutto vini differenti, frutto dell’interazione specifica e peculiare di territori diversi con questo vitigno. Nello studio della storia di un vino si fa spesso riferimento ai miti e alle religioni dei popoli, ma non bisogna trascurare un altro elemento fondamentale, la “tipicità”, poiché essa passa attraverso il territorio, la metodologia di produzione e il contesto temporale e sociale. Per quanto riguarda il Sangiovese la prima attestazione scritta della sua coltivazione in territorio Toscano risale alla fine del 1500 (Soderini), ma Cosimo Villifranchi nella seconda metà del Settecento parla di un “San Gioveto romano” coltivato in particolare nel Faentino. Tra Settecento e Ottocento sono poi numerosi i poemi e ditirambi che lodano questo vino. Nel 1839, il conte Gallesio giunse a Forlì, da Firenze, percorrendo la strada aperta dal granduca Pietro Leopoldo lungo il corso del fiume Montone ed ebbe modo di descrivere i vigneti incontrati nel percorso: “le vigne … sono tutte a ceppi bassi attaccati ad un picciolo palo come in Francia, le uve che vi si coltivano sono per la maggior parte il Sangiovese di Romagna”. Nei vecchi testi, quindi, viene spesso identificato un Sangiovese coltivato in Romagna con caratteristiche sue proprie che lo fanno distinguere da quelli coltivati in altre aree, ma soprattutto va rimarcato come fosse diverso l’approccio enologico al vitigno rispetto alla Toscana: in Romagna si vinificava in purezza, mentre in Toscana si trattava più spesso di uvaggi (come il ben noto Chianti) o di tagli con altri vitigni. Questa caratteristica è stata contemplata nel Disciplinare “Romagna” Sangiovese: l’uso della menzione geografica aggiuntiva per i vini di Sangiovese è subordinata all’utilizzo di almeno il 95% di uve del vitigno. La DOC “Sangiovese di Romagna”, confluita nella DOC “Romagna”, fu istituita con DPR 09-07-1967.
Trebbiano romagnolo. I “Trebbiani” sono una famiglia di vitigni molto antichi che hanno trovato alcune zone di elezione che gli hanno tributato la seconda parte del nome: Trebbiano romagnolo, piuttosto che toscano, modenese, abruzzese, per citarne alcuni. Nel Trecento il Trebbiano veniva annoverato tra i vini “di lusso” del medioevo, mentre in tempi più recenti appare un’immagine più differenziata del Trebbiano, che viene considerato anche un vino di carattere semplice. Lo citano il Soderini nel Cinquecento, il Trinci Settecento e tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento diversi autori cercano di mettere ordine tra le diverse tipologie e sinonimie. In Romagna si coltivava in prevalenza il Trebbiano della fiamma, così detto perché i grappoli esposti al sole prendono una colorazione giallo-rossastra. Nel Molon (1906) si legge che il vitigno era coltivato soprattutto nelle province di Forlì e Ravenna, meno nel Cesenate, dove prevaleva l’Albana e si riporta quanto affermato da Pasqualini e Pasqui in merito all’apprezzamento del Trebbiano nei filari di pianura, nonostante l’elevata umidità. La sua vasta diffusione è dovuta alla capacità di adattarsi alle più diverse tipologie di terreno e condizioni climatiche, alla costante produttività ed alle caratteristiche del vino: gradevole, corretto e facilmente commerciabile. Con il DPR 31-08-1973 viene istituita la DOC “Trebbiano di Romagna”, che ricomprende un’area di coltivazione che si estende dalla collina verso quelle aree di pianura dove i terreni sono più argillosi o argilloso-sabbiosi. Vini amabili, frizzanti e spumanti. La presenza in Romagna di vitigni tipicamente a maturazione medio-tardiva o tardiva (Trebbiano, Pagadebiti) faceva sì che il sopraggiungere del freddo invernale bloccasse la fermentazione lasciando nei vini residui zuccherini più o meno importanti. Da qui l’uso di bere vini dolci o amabili nel periodo autunno-invernale e vini frizzanti e spumanti nell’estate successiva la vendemmia. Infatti i vini con residuo zuccherino, una volta messi in bottiglia, riprendevano a fermentare con l’arrivo dei primi caldi, originando una frizzantatura naturale. Vi era quindi una tradizione, se si vuole involontaria, di spumanti e frizzanti, che con l’accrescersi delle conoscenze enologiche è stata perfezionata: l’uso del freddo in cantina consente di preservare profumi e aromi e l’uso di lieviti selezionati consente di ottimizzare le fermentazioni.
Il Vino DOC Romagna ha ottenuto il riconoscimento della Denominazione di Origine Controllata in data 22 settembre 2011.
- Vino a Denominazione di Origine Controllata - Approvato con D.M. 22.09.2011, G.U. 235 del 8.10.2011
- Denominazione aggiornata con le ultime modifiche riportate in G.U. 80 del 05.04.2022
Vino Romagna D.O.C.Sangiovese Sottozona Mercato Saraceno
La denominazione di origine controllata «Romagna» - Sottozona Mercato Saraceno è riservata ai vini che rispondono alle condizioni e ai requisiti stabiliti nel disciplinare di produzione, per le seguenti tipologie:
- Mercato Saraceno
- Mercato Saraceno Riserva
- Mercato Saraceno Famoso
- Mercato Saraceno Famoso Spumante
1. Tipologie e Uve del Vino DOC Romagna - Sangiovese Sottozona Mercato Saraceno
- Sottozona Mercato Saraceno (Vino Rosso)
- Versioni: Secco
- => 95% Vitigno Sangiovese
- =< 5% Vitigni a bacca nera idonei alla coltivazione nella regione Emilia Romagna
- => 12,5% Vol. Titolo alcolometrico
- Vino Rosso dal Colore rosso rubino tendente al granato, Odore vinoso, intenso, caratteristico e Sapore secco, pieno, armonico, leggermente tannico.
- Sottozona Mercato Saraceno Riserva (Vino Rosso Invecchiato)
- Versioni: Secco
- => 95% Vitigno Sangiovese
- =< 5% Vitigni a bacca nera idonei alla coltivazione nella regione Emilia Romagna
- => 13% Vol. Titolo alcolometrico
- Vino Rosso Invecchiato dal Colore rosso rubino tendente al granato, Odore vinoso, intenso, caratteristico e Sapore secco, pieno, armonico, leggermente tannico.
- Sottozona Mercato Saraceno Famoso (Vino Bianco)
- Versioni: Secco
- => 95% Vitigno Famoso
- =< 5% Vitigni a bacca bianca idonei alla coltivazione nella regione Emilia Romagna
- => 11,5% Vol. Titolo alcolometrico
- Vino Bianco dal Colore giallo paglierino più o meno intenso; Odore vinoso, intenso caratteristico; Sapore secco, sapido e armonico.
- Sottozona Mercato Saraceno Famoso Spumante (Vino Bianco Spumante)
- Versioni: Brut-nature /Extra-brut /Brut
- => 95% Vitigno Famoso
- =< 5% Vitigni a bacca bianca idonei alla coltivazione nella regione Emilia Romagna
- => 11% Vol. Titolo alcolometrico
- Vino Bianco Spumante, dalla Spuma fine e persistente; Colore giallo paglierino più o meno intenso; Odore fine e delicato; Sapore da brut-nature a secco.
__________
(Legenda simboli: > maggiore di; < minore di; >< da-a; = uguale a; => uguale o maggiore di; =< uguale o minore di).
2. Territorio e Zona di produzione del Vino DOC Romagna - Sangiovese Sottozona Mercato Saraceno
L'area geografica vocata alla produzione del Vino DOC Romagna si estende sulle colline romagnole delle province di Bologna, Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini, in porzioni di di territorio collinare adeguatamente ventilato, luminoso e favorevole all'espletamento di tutte le funzioni vegeto-produttive delle vigne.
La Zona di Produzione del Vino DOC Romagna Mercato Saraceno è localizzata in:
provincia di Forlì-Cesena. Comprende tutto il territorio dei Comuni di Mercato Saraceno e Sarsina, e i territori dei comuni di Roncofreddo, Sogliano al Rubicone e Cesena.
3. Vinificazione e Affinamento del Vino DOC Romagna - Sangiovese Sottozona Mercato Saraceno
Nelle fasi di vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche leali e costanti della zona atte a conferire ai vini le loro peculiari caratteristiche di qualità.
4. Produttori di Vino DOC Romagna - Sangiovese Sottozona Mercato Saraceno
Con l’utilizzo della DOC Romagna i Produttori Vinicoli Emiliano-Romagnoli sono orgogliosi di presentare al consumatore un Vino di qualità che ha più cose da raccontare rispetto ad altri: da dove proviene, come viene lavorato, le origini storiche, le caratteristiche e le peculiarità che lo identificano in un territorio ben definito, soprattutto durante la Visita alle Cantine che operano nell'ambito di questa denominazione.
5. Abbinamenti gastronomici con il Vino DOC Romagna - Sangiovese Sottozona Mercato Saraceno
Piatti a base di carni rosse, salumi, tortellini, tagliatelle al ragù, parmigiano e grana stagionati e formaggio di fossa.
6. Storia e Letteratura del Vino DOC Romagna - Sangiovese Sottozona Mercato Saraceno
La storia e la letteratura classica ci parlano spesso di una Romagna particolarmente produttiva, senza negare, però, produzioni di eccellenza: i vini di Cesena in epoca Romana e anche successiva, l’Albana di Bertinoro, come pure la “rosseggiante” Cagnina senza dimenticare il Pagadebito gentile.
Terrano. La dominazione bizantina potrebbe essere stata il momento in cui il Refosco d’Istria o Terrano d’Istria si è diffuso in Romagna. Sta di fatto che, in tempi storici, ha dato origine ad un vino molto apprezzato chiamato “Cagnina”, riconosciuto a DOC con DPR 17-03-1988 (Cagnina di Romagna). Riferisce Giovanni Manzoni che la Cagnina è un’uva probabilmente originaria della Jugoslavia, “tenuta in gran pregio sebbene anticamente fosse piccola di grappolo e di acini radi. Coltivata in Romagna già nel 1200 in alcune piane del Cesenate, del Forlivese e del Ravennate, fu poi limitata solamente a qualche modesto vigneto, come lo è ancora oggi, per la sua scarsa resa”. Diversi gli scritti e i componimenti poetici tra Ottocento e Novecento che attestano la diffusione e l’apprezzamento della Cagnina in Romagna.
Bombino bianco. Localmente detto Pagadebito gentile, da cui il nome del vino. L’origine del vitigno non è nota, ma si tratta di varietà diffusa lungo tutta la fascia adriatica della Penisola con nomi diversi nelle varie regioni, ma che richiamano spesso la sua capacità produttiva. Secondo Hohnerlein-Buchinger l’etimo sarebbe da “produce tanto da pagare i debiti”, in realtà la produttività, specie in collina, non è elevatissima ma costante negli anni; infatti si tratta di varietà rustica e con sottogemme fertili, tanto che se una gelata tardiva può compromettere gravemente la produzione della maggior parte degli altri vitigni, con il Pagadebito è comunque garantita una buona produzione. Nell’area di Bertinoro un tempo si facevano vigneti misti di Albana gentile e Pagadebiti proprio per compensare una eventuale carenza produttiva del primo vitigno. La prima citazione scritta di un “Pagadebito bianco” tra le viti “de’ contorni di Rimino” è dell’Acerbi e risale al 1825. Nell’ambito della mostra ampelografica tenutasi a Forlì nel 1876 si ebbe la possibilità di confrontare tra loro grappoli di Pagadebito provenienti da diversi areali e si convenne che “Il Pagadebito gentile di Forlì, di Bertinoro e di Predappio si differenzia dal Pagadebito verdone per gli acini più sferici, meno grossi, meno verdi e più dolci”. Storicamente è stata riconosciuta una particolare e pregevole tradizione di coltivazione del Pagadebito nell’areale di Bertinoro, messa in evidenza anche nel Disciplinare della DOC “Pagadebit di Romagna” accolto con DPR 17-03-1988.
Sangiovese. La zona di diffusione principale del Sangiovese si colloca tra Romagna e Toscana ed è in questi due territori che da tempi storici si sono venuti a delineare vari biotipi, ma soprattutto vini differenti, frutto dell’interazione specifica e peculiare di territori diversi con questo vitigno. Nello studio della storia di un vino si fa spesso riferimento ai miti e alle religioni dei popoli, ma non bisogna trascurare un altro elemento fondamentale, la “tipicità”, poiché essa passa attraverso il territorio, la metodologia di produzione e il contesto temporale e sociale. Per quanto riguarda il Sangiovese la prima attestazione scritta della sua coltivazione in territorio Toscano risale alla fine del 1500 (Soderini), ma Cosimo Villifranchi nella seconda metà del Settecento parla di un “San Gioveto romano” coltivato in particolare nel Faentino. Tra Settecento e Ottocento sono poi numerosi i poemi e ditirambi che lodano questo vino. Nel 1839, il conte Gallesio giunse a Forlì, da Firenze, percorrendo la strada aperta dal granduca Pietro Leopoldo lungo il corso del fiume Montone ed ebbe modo di descrivere i vigneti incontrati nel percorso: “le vigne … sono tutte a ceppi bassi attaccati ad un picciolo palo come in Francia, le uve che vi si coltivano sono per la maggior parte il Sangiovese di Romagna”. Nei vecchi testi, quindi, viene spesso identificato un Sangiovese coltivato in Romagna con caratteristiche sue proprie che lo fanno distinguere da quelli coltivati in altre aree, ma soprattutto va rimarcato come fosse diverso l’approccio enologico al vitigno rispetto alla Toscana: in Romagna si vinificava in purezza, mentre in Toscana si trattava più spesso di uvaggi (come il ben noto Chianti) o di tagli con altri vitigni. Questa caratteristica è stata contemplata nel Disciplinare “Romagna” Sangiovese: l’uso della menzione geografica aggiuntiva per i vini di Sangiovese è subordinata all’utilizzo di almeno il 95% di uve del vitigno. La DOC “Sangiovese di Romagna”, confluita nella DOC “Romagna”, fu istituita con DPR 09-07-1967.
Trebbiano romagnolo. I “Trebbiani” sono una famiglia di vitigni molto antichi che hanno trovato alcune zone di elezione che gli hanno tributato la seconda parte del nome: Trebbiano romagnolo, piuttosto che toscano, modenese, abruzzese, per citarne alcuni. Nel Trecento il Trebbiano veniva annoverato tra i vini “di lusso” del medioevo, mentre in tempi più recenti appare un’immagine più differenziata del Trebbiano, che viene considerato anche un vino di carattere semplice. Lo citano il Soderini nel Cinquecento, il Trinci Settecento e tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento diversi autori cercano di mettere ordine tra le diverse tipologie e sinonimie. In Romagna si coltivava in prevalenza il Trebbiano della fiamma, così detto perché i grappoli esposti al sole prendono una colorazione giallo-rossastra. Nel Molon (1906) si legge che il vitigno era coltivato soprattutto nelle province di Forlì e Ravenna, meno nel Cesenate, dove prevaleva l’Albana e si riporta quanto affermato da Pasqualini e Pasqui in merito all’apprezzamento del Trebbiano nei filari di pianura, nonostante l’elevata umidità. La sua vasta diffusione è dovuta alla capacità di adattarsi alle più diverse tipologie di terreno e condizioni climatiche, alla costante produttività ed alle caratteristiche del vino: gradevole, corretto e facilmente commerciabile. Con il DPR 31-08-1973 viene istituita la DOC “Trebbiano di Romagna”, che ricomprende un’area di coltivazione che si estende dalla collina verso quelle aree di pianura dove i terreni sono più argillosi o argilloso-sabbiosi. Vini amabili, frizzanti e spumanti. La presenza in Romagna di vitigni tipicamente a maturazione medio-tardiva o tardiva (Trebbiano, Pagadebiti) faceva sì che il sopraggiungere del freddo invernale bloccasse la fermentazione lasciando nei vini residui zuccherini più o meno importanti. Da qui l’uso di bere vini dolci o amabili nel periodo autunno-invernale e vini frizzanti e spumanti nell’estate successiva la vendemmia. Infatti i vini con residuo zuccherino, una volta messi in bottiglia, riprendevano a fermentare con l’arrivo dei primi caldi, originando una frizzantatura naturale. Vi era quindi una tradizione, se si vuole involontaria, di spumanti e frizzanti, che con l’accrescersi delle conoscenze enologiche è stata perfezionata: l’uso del freddo in cantina consente di preservare profumi e aromi e l’uso di lieviti selezionati consente di ottimizzare le fermentazioni.
Il Vino DOC Romagna ha ottenuto il riconoscimento della Denominazione di Origine Controllata in data 22 settembre 2011.
Vino a Denominazione di Origine Controllata - Approvato con D.P.R. 28.05.1968, G.U. 186 del 23.07.1968
- Denominazione aggiornata con le ultime modifiche riportate in G.U. 87 del 12.04.2021
--- Confine regionale --- Confine provinciale ♦ Zona di produzione
Vino Bardolino D.O.C.
La denominazione di origine controllata “Bardolino” e della relativa Sottozona, è riservata ai vini che rispondono alle condizioni e ai requisiti prescritti dal disciplinare di produzione per le seguenti tipologie:
- Bardolino - Sottozona Sommacampagna
1. Tipologie e Uve del Vino DOC Bardolino - Sottozona Sommacampagna
- Bardolino (Vino Rosso)
- Versioni: Secco
- >< 35-95% Vitigno Corvina Veronese (Cruina o Corvina)
- =< 20% Vitigno Corvinone
- >< 5-40% Vitigno Rondinella
- =< 15% Vitigno Molinara
- =< 20% Vitigni a bacca nera idonei alla coltivazione nella provincia di Verona, con un limite del 10% per ogni singolo vitigno utilizzato.
- => 10,50% Vol. Titolo alcolometrico
- Vino Rosso dal Colore rosso rubino tendente a volte al cerasuolo che si trasforma in granato con l’invecchiamento; Odore caratteristico, vinoso; Sapore asciutto, sapido, armonico.
- Bardolino Classico (Vino Rosso Classico)
- Versioni: Secco
- >< 35-95% Vitigno Corvina Veronese (Cruina o Corvina)
- =< 20% Vitigno Corvinone
- >< 5-40% Vitigno Rondinella
- =< 15% Vitigno Molinara
- =< 20% Vitigni a bacca nera idonei alla coltivazione nella provincia di Verona, con un limite del 10% per ogni singolo vitigno utilizzato.
- => 10,50% Vol. Titolo alcolometrico
- Vino Rosso Classico dal Colore rosso rubino tendente a volte al cerasuolo che si trasforma in granato con l’invecchiamento; Odore caratteristico, vinoso; Sapore asciutto, sapido, armonico.
- Bardolino Novello (Vino Rosso Novello)
- Versioni: Secco
- >< 35-95% Vitigno Corvina Veronese (Cruina o Corvina)
- =< 20% Vitigno Corvinone
- >< 5-40% Vitigno Rondinella
- =< 15% Vitigno Molinara
- =< 20% Vitigni a bacca nera idonei alla coltivazione nella provincia di Verona, con un limite del 10% per ogni singolo vitigno utilizzato.
- => 11% Vol. Titolo alcolometrico
- Vino Rosso Novello dal Colore rosso rubino chiaro; Odore caratteristico, intenso, fruttato; Sapore asciutto, morbido, sapido, leggermente acidulo fresco, talvolta leggermente vivace.
- Bardolino Classico Novello (Vino Rosso Classico Novello)
- Versioni: Secco
- >< 35-95% Vitigno Corvina Veronese (Cruina o Corvina)
- =< 20% Vitigno Corvinone
- >< 5-40% Vitigno Rondinella
- =< 15% Vitigno Molinara
- =< 20% Vitigni a bacca nera idonei alla coltivazione nella provincia di Verona, con un limite del 10% per ogni singolo vitigno utilizzato.
- => 11% Vol. Titolo alcolometrico
- Vino Rosso Classico Novello dal Colore rosso rubino chiaro; Odore caratteristico, intenso, fruttato; Sapore asciutto, morbido, sapido, leggermente acidulo fresco, talvolta leggermente vivace.
- Bardolino Chiaretto (Vino Rosato)
- Versioni: Secco
- >< 35-95% Vitigno Corvina Veronese (Cruina o Corvina)
- =< 20% Vitigno Corvinone
- >< 5-40% Vitigno Rondinella
- =< 15% Vitigno Molinara
- =< 20% Vitigni a bacca nera idonei alla coltivazione nella provincia di Verona, con un limite del 10% per ogni singolo vitigno utilizzato.
- => 10,50% Vol. Titolo alcolometrico
- Vino Rosato dal Colore rosa tendente all'aranciato; Odore caratteristico, fruttato, delicato; Sapore morbido, sapido, armonico.
- Bardolino Classico Chiaretto (Vino Rosato Classico)
- Versioni: Secco
- >< 35-95% Vitigno Corvina Veronese (Cruina o Corvina)
- =< 20% Vitigno Corvinone
- >< 5-40% Vitigno Rondinella
- =< 15% Vitigno Molinara
- =< 20% Vitigni a bacca nera idonei alla coltivazione nella provincia di Verona, con un limite del 10% per ogni singolo vitigno utilizzato.
- => 10,50% Vol. Titolo alcolometrico
- Vino Rosato Classico dal Colore rosa tendente all'aranciato; Odore caratteristico, fruttato, delicato; Sapore morbido, sapido, armonico.
- Bardolino Chiaretto Spumante (Vino Rosato Spumante)
- Versioni: Spumante Brut
- >< 35-95% Vitigno Corvina Veronese (Cruina o Corvina)
- =< 20% Vitigno Corvinone
- >< 5-40% Vitigno Rondinella
- =< 15% Vitigno Molinara
- =< 20% Vitigni a bacca nera idonei alla coltivazione nella provincia di Verona, con un limite del 10% per ogni singolo vitigno utilizzato.
- => 11,50% Vol. Titolo alcolometrico
- Vino Rosato Spumante dalla Spuma fine e persistente; Colore rosa chiaro anche tendente all'aranciato; Odore fragrante, fruttato quando spumantizzato con il Metodo Charmat; bouquet fine proprio della fermentazione in bottiglia, quando spumantizzato con il metodo tradizionale; Sapore da dosaggio zero a demi-sec, fresco, sapido, persistente.
__________
(Legenda simboli: > maggiore di; < minore di; >< da-a; = uguale a; => uguale o maggiore di; =< uguale o minore di).
2. Territorio e Zona di produzione del Vino DOC Bardolino - Sottozona Sommacampagna
L'area geografica vocata alla produzione del Vino DOC Bardolino si estende sulla fascia pedemontana in provincia di Verona, in un territorio adeguatamente ventilato, luminoso e favorevole all'espletamento di tutte le funzioni vegeto-produttive delle vigne.
- La Zona di Produzione del Vino DOC Bardolino - Sottozona Montebaldo è localizzata in:
- provincia di Verona e comprende il territorio dei comuni di Affi, Caprino Veronese, Costermano sul Garda e Rivoli Veronese.
3. Vinificazione e Affinamento del Vino DOC Bardolino - Sottozona Sommacampagna
Nelle fasi di vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche leali e costanti della zona atte a conferire ai vini le loro peculiari caratteristiche di qualità.
Le pratiche enologiche di vinificazione del Vino DOC Bardolino prevedono, tra l'altro, che:
- La resa massima dell’uva in vino DOC Bardolino non dovrà essere superiore al 70%; nel caso tali parametri venissero superati entro il limite del 5%, l'eccedenza non potrà avere diritto alla DOC. Oltre detti limiti decade il diritto alla DOC per tutto il prodotto.
- La denominazione di origine controllata Bardolino può essere utilizzata per designare al vino spumante “Chiaretto” ottenuto con mosti o vini con metodi di spumantizzazione a fermentazione naturale. Tale tipologia deve essere commercializzata nei tipi brut, extra dry e dry.
- Il vino DOC Bardolino imbottigliato entro il 31 dicembre dell’annata di produzione delle uve, può essere designato in etichetta con il termine “Novello” purché prodotto con l’85% di uva a macerazione carbonica.
- Sulle etichette di ciascuna tipologia di Vino DOC Bardolino è obbligatorio riportare l'annata di produzione delle uve, ad eccezione della tipologia di Vino Chiaretto Spumante.
4. Produttori di Vino DOC Bardolino - Sottozona Sommacampagna
Con l’utilizzo della DOC Bardolino i Produttori Vinicoli Veneti sono orgogliosi di presentare al consumatore un Vino di Qualità che ha più cose da raccontare rispetto ad altri: da dove proviene, come viene lavorato, le origini storiche e le caratteristiche che lo identificano in un territorio ben definito che l'appassionato o l'estimatore potrà maggiormente percepire ed apprezzare durante la Visita alle Cantine che operano nell'ambito di questa denominazione.
5. Abbinamenti gastronomici con il Vino DOC Bardolino - Sottozona Sommacampagna
Il Bardolino Doc è ottimo con Prosciutto veneto e Piave fresco.
6. Storia e Letteratura del Vino DOC Bardolino - Sottozona Sommacampagna
Ritrovamenti archeologici dell’età del bronzo, reperti romani per l’uso del vino nei riti religiosi, raffigurazioni di grappoli nelle chiese medioevali, documenti di compravendite di vigneti, nonché scritti di autori famosi del XV secolo, testimoniano la lunga ed ininterrotta tradizione vitivinicola della zona del Bardolino.
È nel XIX secolo che la produzione vinicola della zona incomincia ad essere identificata esplicitamente con il nome di “Bardolino”, con le prime analisi chimiche effettuate nel 1873. Come testimonia nel 1897 lo scrittore bresciano Giuseppe Solitro, “Tra i più reputati della regione sono quelli di Bardolino, che questo nome corron tutta l’Italia e competono con i migliori della penisola”.
Giovanni Battista Perez, in un testo pubblicato nel 1900, descrive il vino “di tinta rosso-chiara” del distretto di Bardolino, soffermandosi sulle caratteristiche organolettiche della produzione delle varie località di quella che è l’attuale area del Bardolino. Alcuni autori nei primi anni del 1900 caratterizzavano il Bardolino, come “salatino”, oppure “asciutto e leggero, dotato di una sottile sapidità”, peculiarità che tutt’oggi differenzia il Bardolino da vini simili ottenuti nelle zone limitrofe.
Per quanto riguarda il vino Chiaretto, tipico della zona, la tradizione vuole che la formula per la sua preparazione sia stata elaborata nel 1896 sul lago di Garda dal senatore, avvocato e scrittore veneziano Pompeo Molmenti, che sembra avesse appreso in Francia la tecnica della vinificazione “in bianco” delle uve rosse: Zeffiro Bocci nel 1970 scriveva che “nelle zone viticole veronesi adiacenti al Benaco, si è sempre prodotto un Chiaretto del Garda ben definito”.
Nel 1926 viene costituito il primo “Consorzio di difesa del vino tipico Bardolino”.
Studi pedologici degli anni ’30 individuano, nel contesto del territorio della denominazione Bardolino, la zona denominata Classica. Nel 1937 viene istituito il “Consorzio di difesa per la tutela dei vini pregiati veronesi”, indicando fra le tipologie tutelate il Bardolino.
Negli anni ’40 e ’50 bottiglie di vino etichettate come “Bardolino” o “Bardolino Extra” vengono già esportate negli Stati Uniti. La storia moderna del Bardolino ha ufficialmente origine nel 1968, data di approvazione del Decreto presidenziale che istituisce la Denominazione d’origine protetta “Bardolino” e l’anno successivo viene istituito il Consorzio di tutela del vino Bardolino. Grazie alla sua precisa identità storica e la sua qualità, oggi la denominazione Bardolino è conosciuta e apprezzata in tutto il mondo, dove viene venduto oltre il 60% del prodotto.
Il Vino DOC Bardolino ha ottenuto il riconoscimento della Denominazione di Origine Controllata in data 28 maggio 1968.