Assovini
Il sentiero della Malvasia.
Questo sentiero unisce Castelnuovo don Bosco all’abbazia di Vezzolano di Albugnano.
Una visita alla Chiesa Romanica di Sant’Eusebio (1280) è d’obbligo prima della partenza.
Il primo tratto di strada, recentemente ripristinato a causa di fenomeni erosivi, lascia rapidamente spazio ad un magnifico panorama di vigneti e scavalca la cresta della collina di Cornareto, immersa tra le vigne, dove è possibile ammirare un panorama a 360°.
La strada in cresta prosegue e permette di incrociare, lungo il cammino, uno straordinario esemplare di biancospino di età secolare.
Il percorso, che continua poco sotto la cresta, permette di compiere un ampio arco con cui il percorso termina, lungo un’ampia strada agricola fiancheggiata dai vigneti e frutteti, sul sagrato della chiesa di Vezzolano.
Le strade del vino in Canavese coprono gran parte del territorio. I tre ingressi principali sono rappresentati dai caselli autostradali di Quincinetto da nord (A5 Torino-Aosta), Santhià da est (A4 Milano-Torino) e Chivasso centro da sud (A4 Milano-Torino).
Gli itinerari proposti sono 3, collegati fra loro, e ognuno può essere scelto come punto di partenza.
Il primo itinerario percorre la collina morenica della Serra d'Ivrea, dal lago di Viverone fino all'imbocco della Valle d'Aosta, a Carema, lungo l'antica Via Francigena. Si snoda poi sulla destra orografica del fiume Dora Baltea: da Quincinetto, in una valle stretta e poco soleggiata, si passa al panorama ampio e luminoso della pianura, verso le colline coperte dai vigneti dell'alto Canavese.
Il secondo itinerario è immerso nei vigneti dell'Erbaluce: tocca alcune località famose per i castelli (Torre Canavese, Agliè e San Giorgio Canavese), numerose cantine e aziende agricole intorno a Caluso, giunge al parco naturale del lago di Candia, risale la collina fino al castello di Masino, dove riposano le spoglie di re Arduino, per poi scendere ad Azeglio e proseguire sino a Piverone.
Il terzo itinerario conduce alla scoperta dei luoghi che sono stati testimoni delle vicende di re Arduino (Cuorgnè, Pont Canavese e Sparone), all'imbocco della Valle Orco verso il Parco Nazionale del Gran Paradiso, e si chiude toccando luoghi religiosi come il Santuario di Belmonte e l'Abbazia di Fruttuaria, dove re Arduino si ritirò a vita monastica.
Le strade del vino in Canavese sono state pensate per essere percorse in automobile; tuttavia gli itinerari seguono strade minori e panoramiche che ben si prestano anche al cicloturismo.
L'autunno, periodo di vendemmia, è certamente uno dei momenti più suggestivi per trascorrere qualche giorno in questi luoghi. Ma anche l'inverno offre paesaggi emozionanti e gusti intensi di una gastronomia legata alla tradizione contadina, oltre alla possibilità di seguire la particolare lavorazione delle uve per il vino passito.
In primavera e in estate, infine, è possibile abbinare al percorso enologico passeggiate a piedi, in bicicletta e anche a cavallo, in un ambiente naturale molto vario che passa dalla pianura alle vallate alpine attraverso colline e laghi morenici.
L’itinerario proposto si articola in percorsi che interessano la zona costiera e l’alto Molise, attraversando i territori dedicati alla coltivazione della vite e alla produzione vinicola, e visitando luoghi e monumenti di grande significato storico e artistico. La legge istitutiva, tuttavia, non è ancora stata emanata, e, conseguentemente, gli itinerari non ancora determinati. Si possono, comunque, individuare le direttrici principali, che guidano alla scoperta della ancor giovane ma già autorevole produzione dei vini del Molise.
La zona costiera
La bassa valle del Biferno sfocia nell’Adriatico a pochi chilometri a sud di Termoli e sovrappone al valore enologico dei suoi 380 ettari di vigneti, una forte valenza turistica. L’itinerario della Strada è un breve circuito che ha come punto di partenza e di arrivo la cittadina di Termoli, l’unico porto del Molise.
Il percorso consente di inoltrarsi in un territorio che ha saputo sviluppare il settore in modo importante e significativo, ed è diventato una realtà confrontabile con le altre regioni vinicole emergenti in Italia. Prende avvio dal borgo marino che vede le basse case di pescatori strette fra vicoli e stradine, e raccolte attorno al castello quattrocentesco inserito nelle fortificazioni erette da Federico II di Svevia a metà del Duecento.
Poco a nord, svetta una Torre Saracena, un presidio sul mare per l’avvistamento dei frequenti pericoli che hanno a lungo minacciato le coste italiane. Verso sud, invece, a breve distanza, il Lido di Campomarino può vantare pluriennali “Bandiere Blu”, meritate dall’ambiente ancora integro e dall’accoglienza riservata ai turisti, sempre più numerosi. La duecentesca chiesa di santa Maria a Mare conserva nella cripta elementi romani di spoglio e un affresco quattrocentesco. Il nome la indica sorta sulla costa, dalla quale l’hanno allontanata depositi di sabbie. Tra il paese, che si affaccia sul mare da una splendida terrazza, e Nuova Cliternia, altra tappa dell’itinerario, i vigneti si distendono sui leggeri pendii, a seguire le ultime ondulazioni dei morbidi rilievi.
La strada sale a San Martino in Pensilis e sembra aprirsi un varco fra i vigneti fitti e folti che la accompagnano durante tutto il percorso. A un tratto incrocia l’ampia radura verde del tratturo L’Aquila-Foggia. Centro di importanti tradizioni culturali, la cittadina è famosa anche per una preparazione particolare della carne di maiale, la pampanella, che veniva spolverizzata di peperoncino e conservata e donata in grandi foglie di vite.
La Strada scende verso Portocannone, e risale poi a Guglionesi, dopo essere passata sulla sponda sinistra del Biferno, per attraversare altri pendii e altri declivi collinari coperti di ulivi e di viti per i vini delle Doc Biferno e Molise.
L’alto Molise
I distretti vinicoli della provincia di Isernia, data la loro discontinuità territoriale, vengono raggiunti e attraversati da due distinti percorsi, che procedono dal capoluogo. L’antica città dei Pentri si distende su uno sperone di travertino circondato dai torrenti Sordo e Càrpino, affluenti del Volturno.
I terreni alluvionali che accompagnano i corsi d’acqua alimentano le vigne delle Doc Pentro di Isernia e Molise che contraddistinguono tutto il territorio. Verso Pescolanciano, antico borgo medioevale che mostra, poco lontano, uno spettacolare salto d’acqua del Trigno, la Strada si inerpica, per salire verso i centri vinicoli di Castelverrino, Agnone e, su due versanti opposti, Belmonte del Sannio e Poggio Sannita.
Qui la viticoltura diventa davvero eroica, e, ad altitudini attorno agli 800 metri, deve scoprire e sfruttare i versanti più soleggiati, le conche più riparate.
Nel percorso più occidentale, la Strada scende stretta fra il corso incassato del Volturno e ripidi pendii scuri di foreste, che evocano antiche imboscate tese dai mobili Sanniti agli spaesati Romani.
Avviluppato a un masso che sale dal greto del fiume, sorge Colli al Volturno, sul quale i monaci della vicina abbazia di S.Vincenzo avevano eretto un baluardo a protezione dei propri possedimenti.
Più a valle, Montaquila, alta su un colle panoramico, è circondata dai vigneti, e prepara allo sbocco nell’ampia piana di Venafro, dove il Volturno rallenta e alimenta le ricche vigne che coprono vaste estensioni. Già luogo di villeggiatura per i Romani, come ricorda Orazio, la cittadina conserva, con il castello e la Cattedrale romanico-gotica, ricche testimonianze archeologiche del suo passato segnato dalla civiltà sannitica e da quella romana.
Le Marche sono la regione del centro Italia che, in termini di ospitalità, produzioni tipiche e di apprezzamento dei piccoli grandi borghi, si sta ritagliando un suo personale successo. Fra le mete più consigliate spicca (a ragion veduta) il selvaggio Conero con i morbidi pendii di macchia, su cui spicca il bianco delle scarpate di friabili calcari marnosi che scendono fino al mare.
Il Monte Conero prende il nome da un suo antico prodotto autunnale, il Komaròs in Greco antico, il Corbezzolo (o "ciliegio marino") per noi. Il Conero si tuffa nell'Adriatico precipitosamente e costituisce pertanto uno dei luoghi eletti per la coltivazione della vite, che qui trova condizioni pedcoclimatiche favorevoli. Il microclima è ravvivato continuamente dalle brezze marine che permettono al vitigno Montepulciano di esprimere nel Rosso Conero una tipicità unica, una Denominazione (dal 1967) fruttata ed elegante.
Per questo il Conero è stato definito il "parco vigneto", tanto è predominante la vite sulle pendici di questo monte, poco alto - appena 572 metri - che verso il mare e lungo quasi tutto il suo perimetro precipita con una caduta di pareti rocciose di colore rossastro che si tuffano verticalmente in uno specchio d'acqua azzurro intenso, limpido e ricco di pesci.
Il "gomito" del Conero si spinge nel mare Adriatico con una fisionomia estranea al panorama circostante ed anche con la diversa morfologia del suolo di natura calcarea. Le sue pendici ben esposte al sole e riparate dai venti del nord sono tappezzate di vigne. Il terreno calcareo, povero ma di grande struttura, permette al vitigno Montepulciano di esprimersi in maniera eccellente. L'uva ha un elevato contenuto zuccherino e un particolare profumo che rimane anche nel vino, il Rosso Conero a Denominazione di Origine Controllata, di cui costituisce un pregio inimitabile.
Le testimonianze storiche intorno a questo promontorio e al suo vino sono più che numerose: se ne occupò già Plinio il Vecchio nelle sue "Storie". E poi nei secoli successivi esso è stato sempre oggetto di leggi e dispositivi che ne tutelavano la produzione e il commercio, a dimostrazione del fatto che ha sempre rappresentato per tutta la regione una risorsa di primaria importanza.
La Strada del Vino del Rosso Conero, una delle più recenti e meglio organizzate Strade del Vino d'Italia, conduce gli enoturisti anche all'interno del parco tra le migliori cantine, lungo un tracciato che può partire senz'altro da Ancona per poi "circumnavigare" il Conero, con soste negli splendidi borghi marinari come Portonovo o Sirolo che conservano antiche architetture. Oppure continuare verso la vicina Loreto per una visita al celebre Santuario mariano.
Anche l'olivo qui beneficia delle stesse condizioni pedoclimatiche ottimali dei vigneti dando un olio dolce e fruttato, noto fin dall'epoca romana, quando veniva usato come pedaggio per le navi che approdavano: una sorta di tributo da sborsare per potersi accostare alla terraferma. Nei secoli a venire i monaci si sono occupati spesso degli oliveti, soprattutto quelli che ricadevano in territorio vaticano, della manutenzione o del ripristino. Agli agricoltori erano affidati lavori di manovalanza dietro compenso pecuniario o in natura: i podromi della mezzadria che sarebbe diventata l'asse portante dell'economia agricola marchigiana.