Assovini
Vino a Denominazione di Origine Controllata - Approvato con D.P.R. 19.04.1968, G.U. 140 del 3.06.1968
Denominazione aggiornata con le ultime modifiche introdotte dal D.M. 07.03.2014
--- Confine regionale --- Confine provinciale ♦ Zona di produzione
Vino Botticino D.O.C.
La denominazione di origine controllata «Botticino» e' riservata ai vini che rispondono alle condizioni ed ai requisiti stabiliti dal disciplinare di produzione per le seguenti tipologie:
- Rosso
- Rosso Riserva
1. Tipologie e Uve del Vino DOC Botticino
- Botticino Rosso (Vino Rosso)
- Versioni: Secco
- => 30% Vitigno Barbera
- => 20% Vitigno Marzemino (o Berzemino)
- => 10% Vitigno Sangiovese
- => 10% Vitigni Schiava Gentile Media e Schiava Gentile Grigia, da soli o congiuntamente.
- =< 10% Vitigni a bacca nera idonei alla coltivazione nella regione Lombardia
- => 11,50% Vol. Titolo alcolometrico
- Vino Rosso dal colore rosso rubino con riflessi granati, odore vinoso e intenso, dal sapore asciutto, armonico, giustamente tannico.
- Botticino Rosso Riserva (Vino Rosso Invecchiato)
- Versioni: Secco
- => 30% Vitigno Barbera
- => 20% Vitigno Marzemino (o Berzemino)
- => 10% Vitigno Sangiovese
- => 10% Vitigni Schiava Gentile Media e Schiava Gentile Grigia, da soli o congiuntamente.
- =< 10% Vitigni a bacca nera idonei alla coltivazione nella regione Lombardia
- => 12,50% Vol. Titolo alcolometrico
- Vino Rosso Invecchiato dal colore rosso rubino tendente al granato, odore intenso, pieno, leggermente etereo dal sapore pieno, vellutato, di notevole carattere con eventuale leggera percezione di legno.
__________
(Legenda simboli: > maggiore di; < minore di; >< da-a; = uguale a; => uguale o maggiore di; =< uguale o minore di).
2. Territorio e Zona di produzione del Vino DOC Botticino
L'area geografica vocata alla produzione del Vino DOC Botticino si estende nella “Valverde”, ovvero nella valle che ospita alcuni agglomerati di case che, uniti in comune, danno vita al paese Botticino. Il territorio adeguatamente ventilato, luminoso e favorevole all'espletamento di tutte le funzioni vegeto-produttive delle vigne.
La Zona di Produzione del Vino DOC Botticino è localizzata in:
- provincia di Brescia e comprende il territorio dei comuni di Brescia, Botticino e Rezzato.
3. Vinificazione e Affinamento del Vino DOC Botticino
Nelle fasi di vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche leali e costanti della zona atte a conferire ai vini le loro peculiari caratteristiche di qualità.
Le pratiche enologiche di vinificazione del Vino DOC Botticino prevedono, tra l'altro, che:
- La resa massima dell’uva in vino DOC Botticino non dovrà essere superiore al 70%; nel caso tali parametri venissero superati entro il limite del 5%, l'eccedenza non potrà avere diritto alla DOC. Oltre detti limiti decade il diritto alla DOC per tutto il prodotto.
- Nella designazione dei Vini DOC Botticino può essere menzionata la dizione "Vigna" purchè sia seguita dal relativo toponimo e che siano rispettate determinate pratiche di vinificazione.
- Sulle etichette di ciascuna tipologia di Vino DOC Botticino è obbligatorio riportare l'annata di produzione delle uve.
- Il vino DOC Botticino Riserva deve essere sottoposto ad invecchiamento per almeno 24 mesi, anche in botti di legno.
4. Produttori di Vino DOC Botticino
Con l’utilizzo della DOC Botticino i Produttori Vinicoli Lombardi sono orgogliosi di presentare al consumatore un Vino di Qualità che ha più cose da raccontare rispetto ad altri: da dove proviene, come viene lavorato, le origini storiche e le caratteristiche che lo identificano in un territorio ben definito che l'appassionato o l'estimatore potrà maggiormente percepire ed apprezzare durante la Visita alle Cantine che operano nell'ambito di questa denominazione.
5. Abbinamenti gastronomici con il Vino DOC Botticino
Antipasti di salumi, primi piatti al sugo di carne, arrosti di maiale, agnello alla brace o stufato con pomodori e legumi.
6. Storia e Letteratura del Vino DOC Botticino
La storia di queste comunità si fa risalire al popolo autoctono dei Cenomani che soccomberono e si fusero poi ai Romani, i quali portarono in questa valle le prime forme di civiltà e con essa la vite e l’uso della lavorazione della pietra che doveva poi, negli anni, assumere una grande fama sotto il nome di “marmo di Botticino”.
Nei periodi seguenti con le invasioni dei barbari, sia nomadi che stabili, Botticino conobbe, come tutta la penisola, il suo Medio Evo, ma un Medio Evo fecondo, in particolare con l’avvento dei Benedettini che, come risulta dagli scritti, iniziarono, intorno al 1000/1100, una profonda ed organica opera di bonifica sulla base della quale si inserisce la Botticino moderna.
Più volte, sfogliando gli archivi di stato riguardanti Botticino, si trovano documenti di cessioni, acquisti e lasciti ove i beni sono rappresentati dalla parte forestale, agraria, dalle cave di pietra ed, immancabilmente, dalle viti.
L’origine del nome Botticino è incerta, lo stemma del Comune comunque è sempre stato rappresentato da una botticella, non una botticella qualsiasi destinata ad usi vari, bensì un vero e proprio bariletto da vino. Questo stemma fu custodito gelosamente dalle popolazioni locali, sia che fossero raggruppate in un solo comune, sia che fossero divise in più comuni (Botticino Sera, Botticino Mattina, S. Gallo) e quando, abbastanza recentemente, si definì che i tre agglomerati dovevano formare un solo Comune, Botticino, lo stemma del comune si rappresentò con le tre botticelle dei singoli comuni, che si fusero poi in una sola, l’attuale, quasi a significare la raggiunta matura unità delle popolazioni.
Viene da pensare che, se Botticino, conosciuto in tutto il mondo per il suo marmo, non abbia ritenuto sufficientemente degno a rappresentarlo una stele marmorea o un qualche cosa che in qualche modo rappresentasse il marmo, vuole dire che le popolazioni sono state nel tempo, tanto legate a quella botticella di vino prodotta nel loro campo, da ritenere questa senz’altro di maggior valore rappresentativo, oltre forse ad un più profondo vincolo affettivo.
E’ da ricordare che i primi esperimenti per la ricostruzione dei vigneti in provincia di Brescia, nel periodo post-filosserico, vennero fatti proprio a Botticino, presso Botticino Sera, e, in quegli appezzamenti, si possono notare ancora interessanti prove allora eseguite. Che commercialmente poi il vino Botticino godesse fama fin dai tempi antichi, è cosa scontata, per tradizione e leggenda, se non proprio per una cospicua mole di documenti. Esistono infatti documenti che attestano il commercio dei vini sotto il nome Botticino sin dal 1800.
In tale periodo a favorire la notorietà di questo vino, contribuì incosciamente Tito Speri, l’eroe delle dieci giornate di Brescia che di questa valle, con l’aiuto del Curato Don Pietro Boifava, ne fece un sicuro rifugio dove accogliere i patrioti ed alimentare in loro quell’amor di patria che più tardi li immortalò nelle epiche dieci giornate.
E’ facile pensare come i sopravvissuti abbiano portato lontana la fama di quel generoso bicchier di vino, bevuto in circostanze ebbre di entusiasmo, dignità ed esaltazione, fama che tutt’oggi perdura a sinonimo di vino generoso e gagliardo.
Il Vino DOC Botticino ha ottenuto il riconoscimento della Denominazione di Origine Controllata in data 19 aprile 1968.
NORME LEGISLATIVE CHE DISCIPLINANO IL VINO DOC BONARDA DELL'OLTREPO' PAVESE
- Vino a Denominazione di Origine Controllata - Approvata come tipologia della DOC “Oltrepò Pavese” con D.P.R. 06.08.70, G.U. n. 273 del 27.10.70
- Approvato Bonarda dell'Oltrepo' Pavese DOC con D.M. 03.08.2010, G.U. 193 del 19.08.2010
- Denominazione aggiornata con le ultime modifiche introdotte dal D.M. 07.03.2014
--- Confine regionale --- Confine provinciale ♦ Zona di produzione
VINO BONARDA DELL'OLTREPO' PAVESE D.O.C.
La denominazione di origine controllata «Bonarda dell'Oltrepo' Pavese» e' riservata ai vini che rispondono alle condizioni ed ai requisiti stabiliti dal disciplinare di produzione per le seguenti tipologie:
- Bonarda dell'Oltrepo' Pavese
- Bonarda dell'Oltrepo' Pavese Frizzante
1. TIPOLOGIE E UVE DEL VINO DOC BONARDA DELL'OLTREPO' PAVESE
- Bonarda dell'Oltrepò Pavese (Vino Rosso)
- Versioni: Secco /Abboccato
- => 85% Vitigno Croatina
- =< 15% Vitigni Barbera, Ughetta (o Vespolina) e Uva Rara, da soli o congiuntamente.
- => 12% Vol. Titolo alcolometrico.
- Vino Rosso dal colore rosso rubino intenso, odore intenso e gradevole, sapore secco, abboccato, amabile talvolta vivace, leggermente tannico.
- Bonarda dell'Oltrepò Pavese Frizzante (Vino Rosso Frizzante)
- Versioni: Secco /Abboccato
- => 85% Vitigno Croatina
- =< 15% Vitigni Barbera, Ughetta (o Vespolina) e Uva Rara, da soli o congiuntamente.
- => 12% Vol. Titolo alcolometrico.
- Vino Rosso Frizzante dalla spuma vivace ed evanescente, colore rosso rubino intenso, odore intenso e gradevole, sapore secco, abboccato, amabile talvolta vivace, leggermente tannico.
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(Legenda simboli: > maggiore di; < minore di; >< da-a; = uguale a; => uguale o maggiore di; =< uguale o minore di).
2. TERRITORIO E ZONA DI PRODUZIONE DEL VINO DOC BONARDA DELL'OLTREPO' PAVESE
L'area geografica vocata alla produzione del Vino DOC Bonarda dell'Oltrepò Pavese si estende lungo le colline pavesi, nella fascia appenninica che dal Piemonte si spinge verso l’Emilia, in un territorio adeguatamente ventilato, luminoso e favorevole all'espletamento di tutte le funzioni vegeto-produttive delle vigne.
La Zona di Produzione del Vino DOC Bonarda dell'Oltrepò Pavese è localizzata in:
- provincia di Pavia e comprende il territorio dei comuni di Borgo Priolo, Borgoratto Mormorolo, Bosnasco, Calvignano, Canevino, Canneto Pavese, Castana, Cecima, Godiasco, Golferenzo, Lirio, Montalto Pavese, Montecalvo Versiggia, Montescano, Montù Beccaria, Mornico Losana, Oliva Gessi, Pietra de’ Giorgi, Rocca de’ Giorgi, Rocca Susella, Rovescala, Ruino, San Damiano al Colle, Santa Maria della Versa, Torrazza Coste, Volpara, Zenevredo e, in parte, il territorio dei comuni di Broni, Casteggio, Cigognola, Codevilla, Corvino San Quirico, Fortunago, Montebello della Battaglia, Montesegale, Ponte Nizza, Redavalle, Retorbido, Rivanazzano, Santa Giuletta, Stradella e Torricella Verzate.
3. VINIFICAZIONE E AFFINAMENTO DEL VINO DOC BONARDA DELL'OLTREPO' PAVESE
Nelle fasi di vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche leali e costanti della zona atte a conferire ai vini le loro peculiari caratteristiche di qualità.
Le pratiche enologiche di vinificazione del Vino DOC Bonarda dell'Oltrepò Pavese prevedono, tra l'altro, che:
- La resa massima dell’uva in vino DOC Bonarda dell'Oltrepò Pavese non dovrà essere superiore al 70%; nel caso tali parametri venissero superati entro il limite del 5%, l'eccedenza non potrà avere diritto alla DOC. Oltre detti limiti decade il diritto alla DOC per tutto il prodotto.
- Sulle etichette di ciascuna tipologia di Vino DOC Bonarda dell'Oltrepò Pavese è obbligatorio riportare l'annata di produzione delle uve.
4. PRODUTTORI DI VINO DOC BONARDA DELL'OLTREPO' PAVESE
Con l’utilizzo della DOC Bonarda dell'Oltrepò Pavese i Produttori Vinicoli Lombardi sono orgogliosi di presentare al consumatore un Vino di Qualità che ha più cose da raccontare rispetto ad altri: da dove proviene, come viene lavorato, le origini storiche e le caratteristiche che lo identificano in un territorio ben definito che l'appassionato o l'estimatore potrà maggiormente percepire ed apprezzare durante la Visita alle Cantine che operano nell'ambito di questa denominazione.
5. ABBINAMENTI GASTRONOMICI CON IL VINO DOC BONARDA DELL'OLTREPO' PAVESE
Piatti di salumi, bolliti, cotechino, zampone, cassoeula, paste asciutte con sughi a base di pomodoro o carne, risotti con carne e/o legumi, ravioli di carne anche in brodo.
6. STORIA E LETTERATURA DEL VINO DOC BONARDA DELL'OLTREPO' PAVESE
La Croatina è il vitigno simbolo dell'Oltrepò Pavese, poliedrico, versatile, può dare ottimi vini vivaci e grandi vini importanti.
Le prime citazioni concrete del vitigno Croatina risalgono alla seconda metà dell'800, quando vari ampelografi hanno provato a "mettere ordine" nei vigneti, in particolare tra Croatina, Uva rara, Bonarda Piemontese e altri vitigni. Se solo in quel periodo si va a concretizzare una scheda ampelografia della Croatina, la cui etimologia deriverebbe da “croatta” – “cravatta” e starebbe a indicare che il vino ottenuto da Croatina si beveva nei giorni di festa, quando appunto veniva indossata la cravatta, è pur vero che il passaparola generazionale locale identifica questo vitigno come simbolo viticolo dell'Oltrepò Pavese.
Il vitigno Croatina è a tutti gli effetti il vessillo della produzione vitivinicola dell'Oltrepò Pavese, diffuso in modo abbastanza omogeneo in tutto il territorio. Ben presente da tempo in molte colline oltrepadane, il vino ottenuto viene chiamato Bonarda fin dall'800.
Alla fine del XIX secolo, dopo l'avvento della filossera, molti produttori preferiscono puntare nei reimpianti post-filosserici, sul vitigno Barbera, più costante e produttivo rispetto alla Croatina.
Bisogna aspettare la fine degli anni 60 del 1900 perché i produttori locali capiscano l'enorme potenzialità di questo vitigno, aiutati anche dalla ricerca e dalla sperimentazione che hanno individuato cloni di Croatina più consoni alle esigenze dei produttori.
Il 1961 segna l'anno della svolta con la nascita dell'attuale Consorzio, ancor prima della legge istituzionale delle Denominazioni di Origine Controllata, con il fine di promuovere e far crescere l'immagine dei vini tipici prodotti in questa terra. Il Consorzio, con il passare degli anni, assume un ruolo sempre più fondamentale legato alla tutela e alla promozione del vino e in particolare del vino “Bonarda”. In particolare agisce in difesa del nome stesso Bonarda: attorno alla Croatina infatti nascono molti equivoci con altre zone di produzione.
Solo in Oltrepò Pavese la Croatina può dar origine al vino Bonarda mentre in tutte le altre zone DOC per ottenere Bonarda occorre coltivare il vitigno Bonarda piemontese che nulla c’entra con la Croatina e con il vino “Bonarda dell’Oltrepò Pavese”. Di seguito si riporta una descrizione della vitivinicoltura dall’800 ai primi del ‘900, ricavata dal testo di Fabrizio Bernini “Che cos’è la vita se non spumeggia il vino – storia della vitivinicoltura in Oltrepò Pavese” edito nel 2001 da Ponzio Olona servizi grafici. Capitolo XVI - Uomini, colture, vigneto e vino oltrepadano nell’ottocento e la prima classificazione ufficiale della varietà Croatina.
Con i primi decenni dell’800 l’Oltrepò vitivinicolo fu oggetto delle prime attenzioni da parte di scienziati, studiosi e ampelografi di chiara fama che avviarono la prima catalogazione delle principali qualità produttive esistenti, stimolando nel contempo l’impianto di nuove barbatelle meglio adattabili alle singole tipologie di terreno. Il conte Gallesio, nel primo stampato del 1817 della sua monumentale opera sul vino, accenna a vitigni coltivati con successo in Oltrepò e particolarmente si sofferma sull’Ughetta di “Caneto” o Vespolina (attualmente varietà ancora coltivate e autorizzate).
Pochi anni dopo il Gallesio, nel 1825, il mantovano professor Giuseppe Acerbi, docente di botanica a Milano, pubblicava un saggio “Delle viti Italiane”. L’Acerbi visitò i vigneti dei poderi che possedeva a Pietra de’ Giorgi il nobile Giacomo Pecoraia e il conte Carlo Giorgi di Vistarino, classificando ben 29 varietà, suddividendole in bianche e colorate. L’elenco comprende: S. Maria, Sgombera bianca, Malvasia, Mostrino, Brandolesa, Trebbiano, Cagnera, Grè, Uva grossa, Toppia, Gattombra, Barbisino, Pignolo, Ughetta di Caneto, Ciau, Uva d’oro, Sgombera o Croà, Nibiolo, (varietà tradizionali coltivate ancora ai nostri giorni) Bersegano, Monferrina, Pizzadella, Bonarda, Ugone, Coda di vacca.
Compare quindi per la prima volta il Bonarda, che però, come affermava già Giuseppe di Rovasenda nel 1873 nel suo “Saggio di una Ampelografia universale”, la seconda qualità di Bonarda (delle due coltivate anche in Piemonte) si identificava in realtà con il vitigno della Croatina nera dell’Oltrepò Pavese che si ripartiva in due versioni, l’una a grandi grappoli, l’altra più piccoli. Dalmasso, Cacciatore e Corte, quasi un secolo dopo, non poterono che confermare le asserzioni di Rovasenda, osservando che: “le recenti indagini condotte da due di noi direttamente sui colli d’Oltrepò Pavese per la descrizione dei vitigni di quell’importante regione, hanno rilevato che là realmente si coltivano due vitigni rispettivamente sotto i nomi di Bonarda grossa e Bonarda piccola. Ma essi sono risultati due semplici sottovarietà della tipica Croatina dell’Oltrepò Pavese (chiamata ivi anche Bonarda di Rovescala)”.
Da una relazione trasmessa nel 1877 dal sindaco don Carlo Gallini al sottoprefetto di Voghera, risulta che l’estensione di terreno coltivato a vite era di ben 1.900 ettari solo nel Vogherese, e i vitigni maggiormente coltivati risultavano il Barbera, la Mortadella, il Lambrusco, la Croatina, “tanto per finezza quanto per l’abbondanza della loro produzione”. La media del prodotto in un quinquennio considerato era di 36 quintali d’uva per ettaro con una resa di 20 ettolitri di vino.
E ancora nel 1896 nelle “Notizie e studi sui vini e sulle uve d’Italia” il Ministero dell’Agricoltura cita: “Sulla riva destra del Po, nei circondari di Voghera e Bobbio la vite si trova quasi ovunque, specie sulle colline ove è favorita dal clima, dal terreno argilloso feracissimo e dalla intelligenza dei viticoltori che hanno fatto sensibili progressi.
Sulle amenissime colline di Casteggio, Broni, S. Giuletta, Stradella, Montalto, Codevilla, Varzi e Zerba trovansi i vitigni migliori: Croatina, Dolcetto, Lambrusca, Bonarda, Barbera, Grignolino, Ughetta, Neretto. Fra le uve bianche Malvasia, Trebbiano, Cortese e Moscato”.
Il vino “Bonarda”, dapprima tipologia della DOC “Oltrepò Pavese”, nata nel 1970, ha mantenuto nel corso degli anni un ruolo fondamentale dal punto di vista storico ed economico per il territorio, tanto che nel 2010 è stato riconosciuto come Denominazione di Origine autonoma con DM del 3 agosto.
Vino a Denominazione di Origine Controllata e Garantita - Approvato DOC con D.P.R. 11.08.1968, G.U. 244 del 25.09.1968 - Approvato DOCG con D.M. 24.06.1998, G.U. 159 del 10.07.1998
Denominazione aggiornata con le ultime modifiche introdotte con Provvedimento Ministeriale Prot. Uscita N.0054008 del 12/07/2017
--- Confine regionale --- Confine provinciale ♦ Zona di produzione
Vino Valtellina Superiore D.O.C.G.
La denominazione di origine controllata e garantita "Valtellina Superiore", anche con l'indicazione delle Sottozone Maroggia, Sassella, Grumello, Inferno, Valgella, ed anche con l’indicazione del vitigno Nebbiolo (o Chiavennasca) e con la qualificazione "Riserva", e' riservata ai vini che rispondono alle condizioni e ai requisiti stabiliti dal presente disciplinare di produzione.
- Valtellina Superiore, anche con l’indicazione del vitigno Nebbiolo (o Chiavennasca)
- Valtellina Superiore Riserva, anche con l’indicazione del vitigno Nebbiolo (o Chiavennasca)
- Sottozone Valtellina Superiore DOCG »
1. Tipologie e Uve del Vino DOCG Valtellina Superiore
- Valtellina Superiore (Vino Rosso Superiore)
- Versioni: Secco
- => 90% Vitigno Nebbiolo (localmente denominato Chiavennasca)
- =< 15% Vitigni a bacca nera idonei alla coltivazione nella regione Lombardia
- => 12% Vol. Titolo alcolometrico
- Vino Rosso Superiore dal colore rosso rubino tendente al granato, odore caratteristico, persistente e sottile, gradevole e sapore asciutto e leggermente tannico, vellutato, armonico e caratteristico.
- Valtellina Superiore Riserva (Vino Rosso Superiore Invecchiato)
- Versioni: Secco
- => 90% Vitigno Nebbiolo (localmente denominato Chiavennasca)
- =< 15% Vitigni a bacca nera idonei alla coltivazione nella regione Lombardia
- => 12% Vol. Titolo alcolometrico
- Vino Rosso Superiore Invecchiato dal colore rosso rubino tendente al granato con l'invecchiamento, odore caratteristico, persistente e sottile, gradevole e sapore asciutto e leggermente tannico, vellutato, armonico e caratteristico.
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(Legenda simboli: > maggiore di; < minore di; >< da a; = uguale a; => uguale o maggiore di; =< uguale o minore di).
2. Territorio e Zona di produzione del Vino DOCG Valtellina Superiore
La Valtellina, che insieme alla Valchiavenna rappresenta il territorio della provincia di Sondrio, si colloca geograficamente a nord del lago di Como fra il parallelo 46 e 46,5.
Alcune particolari situazioni ambientali favoriscono il realizzarsi di condizioni climatiche idonee alla viticoltura ed in particolare al vitigno “nebbiolo”:
- la valle, longitudinale alla catena montuosa, è per la parte vitata orientata est-ovest e la costiera pedemontana, alla destra orografica del fiume Adda, gode di esposizione completamente a sud;
- è protetta, a nord e ad est, dalla catena montuosa delle Alpi Retiche, con cime di elevata altitudine (tutte oltre i 3.000 metri, con vette di oltre 4.000);
- a sud la catena delle Alpi Orobie, con cime appena più basse, la racchiude in una specie di anfiteatro;
- la relativa vicinanza del bacino del lago di Como, a sud–ovest, funge da regolatore e mitigatore termico;
- la viticoltura si colloca sulla costiera esposta a sud, sul versante retico, da quota 300 metri sino ad un massimo di 700 metri, con la sola eccezione di due conoidi posizionati nella parte più ampia della vallata.
Particolare interessante e caratteristico del territorio è il sistema dei terrazzamenti. Il terrazzamento è un metodo di dissodamento degli acclivi versanti montani, espressione di una precisa cultura insediativa che si ritrova, con molte analogie, in tutte le vallate dell’arco alpino. Il sistema terrazzato di Valtellina si identifica con la realizzazione di una miriade di muri a secco in sasso che sostengono i ronchi vitati. Trattasi di un’opera avviatasi alcuni millenni fa e perpetuata nel tempo attraverso il lavoro quotidiano dei viticoltori che, per tutto questo, sono degli autentici manutentori del territorio. I muri sono di una entità ciclopica; stimabile in oltre 2.500 Km di sviluppo lineare, con una incidenza media/ettaro superiore ai 2.000 m2 di superficie verticale e, di conseguenza con costi di mantenimento altissimi. Oltre a consentire la realizzazione della economia agricola, il terrazzamento diventa componente essenziale del fascino paesaggistico del territorio ed importante elemento di salvaguardia e presidio delle falde montane.
La Zona di Produzione del Vino DOCG Valtellina Superiore è localizzata in:
provincia di Sondrio e comprende il territorio dei comuni di Ardenno, Berbenno, Bianzone, Buglio in Monte, Castione Andevenno, Chiuro, Montagna in Valtellina, Poggiridenti, Ponte in Valtellina, Postalesio, Sondrio, Teglio, Tirano, Tresivio e Villa di Tirano.
3. Vinificazione e Affinamento del Vino DOCG Valtellina Superiore
Nelle fasi di vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche leali e costanti della zona atte a conferire ai vini le loro peculiari caratteristiche di qualità.
Le pratiche enologiche di vinificazione del Vino DOCG Valtellina Superiore prevedono, tra l'altro, che:
- La resa massima dell'uva in vino finito non potrà essere superiore a 56 hl/ettaro. Qualora superi detto limite, ma non 60 hl/ettaro, l'eccedenza ha diritto alla Denominazione di Origine Controllata e Garantita. Oltre 60 hl/ettaro decade il diritto alla DOCG per tutto il prodotto.
- Le pratiche di elaborazione del vino a denominazione di origine controllata e garantita "Valtellina Superiore" prevedono un periodo minimo di invecchiamento e di affinamento di 24 mesi, dei quali almeno 12 in botti di legno. I vini con specificazione "Riserva" devono essere sottoposti ad un periodo di invecchiamento di almeno 3 anni.
- E' consentita l'utilizzazione della dizione "Stagafassli" in aggiunta alla denominazione "Valtellina Superiore" limitatamente al prodotto imbottigliato nel territorio della Confederazione elvetica.
4. Produttori di Vino DOCG Valtellina Superiore
Con l’utilizzo della DOCG Valtellina Superiore i Produttori Vinicoli Lombardi sono orgogliosi di presentare al consumatore un Vino di Qualità che ha più cose da raccontare rispetto ad altri: da dove proviene, come viene lavorato, le origini storiche e le caratteristiche che lo identificano in un territorio ben definito che l'appassionato o l'estimatore potrà maggiormente percepire ed apprezzare durante la Visita alle Cantine che operano nell'ambito di questa denominazione.
5. Abbinamenti gastronomici con il Vino DOCG Valtellina Superiore
Selvaggina da penna allo spiedo, arrosti di carni rosse e bianche, stufati, brasati e formaggi stagionati.
6. Storia e Letteratura del Vino DOCG Valtellina Superiore
Le origini della viticoltura in Valtellina sono molto lontane nel tempo. Lo sfruttamento agricolo del territorio e la sistemazione a terrazzamento è riconducibile in epoca romana o quantomeno longobarda, se non addirittura pre-romana in quanto i primi abitatori della valle furono i Liguri a cui seguirono gli Etruschi, ed entrambi i popoli conoscevano la coltura della vite.
La razionalizzazione e l’intensificazione della coltivazione della vite è però da ascrivere, prima alla colonizzazione romanica e, successivamente nel medioevo (sec. X e XI), al movimento dei “magistri comacini” ed ai monaci benedettini. Risulta documentato che già alcuni secoli prima del mille, il Monastero Sant’Ambrogio di Milano era proprietario sul versante retico valtellinese di diversi appezzamenti di vigne a coltura specializzata, il cui prodotto era destinato al consumo locale e certamente anche ai monaci del capoluogo lombardo.
Il grande impulso viticolo alla Valtellina è però conseguente alla presenza del governo svizzero da parte della Lega Grigia (oggi “Cantone Grigioni”). Per quasi tre secoli, dal 1550 al 1797, la Valtellina fu territorio grigionese e i primi commerci di esportazione di vino furono conseguenza dei rapporti economici che la Lega Grigia intratteneva con le corti del centro e nord Europa. È soprattutto di quei secoli la fama dei vini della Valtellina che, anche successivamente, continuarono a viaggiare verso il nord.
Vino a Denominazione di Origine Controllata e Garantita - Approvato DOC con D.P.R. 11.08.1968, G.U. 244 del 25.09.1968 - Approvato DOCG con D.M. 19.03.2003, G.U. 81 del 07.04.2003
Denominazione aggiornata con le ultime modifiche introdotte con Provvedimento Ministeriale Prot. Uscita N.0054011 del 12/07/2017
--- Confine regionale --- Confine provinciale ♦ Zona di produzione
Vino Sforzato di Valtellina (o Sfursat di Valtellina) D.O.C.G.
La denominazione di origine controllata e garantita "Sforzato di Valtellina" o "Sfursat di Valtellina", è riservata al vino rosso che risponde alle condizioni e ai requisiti stabiliti dal disciplinare di produzione.
- Sforzato di Valtellina, anche con l’indicazione del vitigno Nebbiolo (o Chiavennasca)
1. Tipologie e Uve del Vino DOCG Sforzato di Valtellina
- Sforzato di Valtellina (Vino Rosso Passito)
- Versioni: Secco
- => 90% Vitigno Nebbiolo (localmente denominato Chiavennasca)
- =< 10% Uve a bacca rossa prodotte in altri Vitigni coltivati nella regione Lombardia
- => 14% Vol. Titolo alcolometrico.
- Vino Rosso Passito dal colore rosso rubino con eventuali riflessi granato, odore intenso con sentori di frutti maturi, ampio e sapore: grande morbidezza, asciutto, strutturato e di carattere, con eventuale percezione di legno.
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(Legenda simboli: > maggiore di; < minore di; >< da a; = uguale a; => uguale o maggiore di; =< uguale o minore di).
2. Territorio e Zona di produzione del Vino DOCG Sforzato di Valtellina
La Valtellina, che insieme alla Valchiavenna rappresenta il territorio della provincia di Sondrio, si colloca geograficamente a nord del lago di Como fra il parallelo 46 e 46,5.
Alcune particolari situazioni ambientali favoriscono il realizzarsi di condizioni climatiche idonee alla viticoltura ed in particolare al vitigno “nebbiolo”:
- la valle, longitudinale alla catena montuosa, è per la parte vitata orientata est-ovest e la costiera pedemontana, alla destra orografica del fiume Adda, gode di esposizione completamente a sud;
- è protetta, a nord e ad est, dalla catena montuosa delle Alpi Retiche, con cime di elevata altitudine (tutte oltre i 3.000 metri, con vette di oltre 4.000);
- a sud la catena delle Alpi Orobie, con cime appena più basse, la racchiude in una specie di anfiteatro;
- la relativa vicinanza del bacino del lago di Como, a sud–ovest, funge da regolatore e mitigatore termico;
- la viticoltura si colloca sulla costiera esposta a sud, sul versante retico, da quota 300 metri sino ad un massimo di 700 metri, con la sola eccezione di due conoidi posizionati nella parte più ampia della vallata.
Particolare interessante e caratteristico del territorio è il sistema dei terrazzamenti. Il terrazzamento è un metodo di dissodamento degli acclivi versanti montani, espressione di una precisa cultura insediativa che si ritrova, con molte analogie, in tutte le vallate dell’arco alpino. Il sistema terrazzato di Valtellina si identifica con la realizzazione di una miriade di muri a secco in sasso che sostengono i ronchi vitati. Trattasi di un’opera avviatasi alcuni millenni fa e perpetuata nel tempo attraverso il lavoro quotidiano dei viticoltori che, per tutto questo, sono degli autentici manutentori del territorio. I muri sono di una entità ciclopica; stimabile in oltre 2.500 Km di sviluppo lineare, con una incidenza media/ettaro superiore ai 2.000 m2 di superficie verticale e, di conseguenza con costi di mantenimento altissimi. Oltre a consentire la realizzazione della economia agricola, il terrazzamento diventa componente essenziale del fascino paesaggistico del territorio ed importante elemento di salvaguardia e presidio delle falde montane.
La Zona di Produzione del Vino DOCG Sforzato di Valtellina è localizzata in:
- provincia di Sondrio e comprende:
- in sponda orografica destra del fiume Adda tutti i terreni in pendio ubicati tra il tracciato della s.s. n. 38 ed una quota di livello di metri 700 s.l.m. dal comune di Ardenno al comune di Tirano, inclusi; in territorio del comune di Piateda e Ponte in Valtellina i pendii vitati si spingono al di là della s.s. n. 38 fino al fiume Adda;
- in sponda orografica sinistra in comune di Villa di Tirano frazione Stazzona e in comune di Albosaggia i terreni in pendio compresi tra il fiume Adda e una quota di livello di metri 600 s.l.m.
3. Vinificazione e Affinamento del Vino DOCG Sforzato di Valtellina
Nelle fasi di vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche leali e costanti della zona atte a conferire ai vini le loro peculiari caratteristiche di qualità.
Le pratiche enologiche di vinificazione del Vino DOCG Sforzato di Valtellina prevedono, tra l'altro, che:
- Lo Sforzato è il risultato della vinificazione di uve lungamente appassite in solaio sino a perdere, per disidratazione naturale, circa il 30% del volume dell’acqua contenuta.
- Si procede alla raccolta in epoca di vendemmia con attenta cernita e molta cautela: il grappolo deve presentarsi maturo (con circa 18%-20% di zuccheri), assolutamente sano, con acini ben divisi. Successivamente i grappoli vengono posti a riposo, dalla raccolta sino alla fine di gennaio o, in qualche annata, anche fino a febbraio/marzo, al freddo invernale, ad appassire e a concentrare i propri succhi fino al raggiungimento del 26% - 27% di concentrazione zuccherina.
- La resa massima dell'uva fresca in vino finito (variabile condizionata dallo stato di appassimento dell'uva medesima), non potrà essere superiore a 40 hl/ettaro. Qualora superi detto limite, ma non 44 hl/ettaro, l'eccedenza ha diritto alla denominazione di origine controllata "Valtellina" rosso o rosso "di Valtellina" (pari ad un massimo di 4 hl/ettaro).
- Le pratiche di elaborazione del vino a denominazione di origine controllata e garantita "Sforzato di Valtellina" o "Sfursat di Valtellina" prevedono un periodo di invecchiamento e di affinamento di venti mesi, dei quali almeno 12 in botti di legno.
4. Produttori di Vino DOCG Sforzato di Valtellina
Con l’utilizzo della DOCG Sforzato di Valtellina i Produttori Vinicoli Lombardi sono orgogliosi di presentare al consumatore un Vino di Qualità che ha più cose da raccontare rispetto ad altri: da dove proviene, come viene lavorato, le origini storiche e le caratteristiche che lo identificano in un territorio ben definito che l'appassionato o l'estimatore potrà maggiormente percepire ed apprezzare durante la Visita alle Cantine che operano nell'ambito di questa denominazione.
5. Abbinamenti gastronomici con il Vino DOCG Sforzato di Valtellina
Carni rosse e formaggi stagionati particolarmente ricchi e saporiti come il Bitto.
6. Storia e Letteratura del Vino DOCG Sforzato di Valtellina
Le origini della viticoltura in Valtellina sono molto lontane nel tempo. Lo sfruttamento agricolo del territorio e la sistemazione a terrazzamento è riconducibile in epoca romana o quantomeno longobarda, se non addirittura pre-romana in quanto i primi abitatori della valle furono i Liguri a cui seguirono gli Etruschi, ed entrambi i popoli conoscevano la coltura della vite.
La razionalizzazione e l’intensificazione della coltivazione della vite è però da ascrivere, prima alla colonizzazione romanica e, successivamente nel medioevo (sec. X e XI), al movimento dei “magistri comacini” ed ai monaci benedettini. Risulta documentato che già alcuni secoli prima del mille, il Monastero Sant’Ambrogio di Milano era proprietario sul versante retico valtellinese di diversi appezzamenti di vigne a coltura specializzata, il cui prodotto era destinato al consumo locale e certamente anche ai monaci del capoluogo lombardo.
Il grande impulso viticolo alla Valtellina è però conseguente alla presenza del governo svizzero da parte della Lega Grigia (oggi “Cantone Grigioni”). Per quasi tre secoli, dal 1550 al 1797, la Valtellina fu territorio grigionese e i primi commerci di esportazione di vino furono conseguenza dei rapporti economici che la Lega Grigia intratteneva con le corti del centro e nord Europa. È soprattutto di quei secoli la fama dei vini della Valtellina che, anche successivamente, continuarono a viaggiare verso il nord.