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ALEATICO DI PUGLIA DOC

  • Vino a Denominazione di Origine Controllata - Approvato con D.P.R. 29.05.1973, G.U. 214 del 20.08.1973
  • Denominazione aggiornata con le ultime modifiche introdotte dal D.M. 07.03.2014 

--- Confine regionale    --- Confine provinciale  ♦ Zona di produzione

 


Vino Aleatico di Puglia D.O.C.

La denominazione di origine controllata “Aleatico di Puglia” è riservata ai vini che rispondono alle condizioni e ai requisiti prescritti dal disciplinare di produzione per le seguenti tipologie:

  1. Dolce Naturale
  2. Dolce Naturale Riserva
  3. Liquoroso Dolce Naturale
  4. Liquoroso Dolce Naturale Riserva

1. Tipologie e Uve del Vino DOC Aleatico di Puglia

 

  • Aleatico di Puglia Dolce Naturale (Vino Rosso)
  • Versioni: Amabile
  • => 85% Vitigno Aleatico
  • =< 15% Vitigni Negro Amaro, Malvasia Nera e Primitivo, da soli o congiuntamente.
  • => 15% Vol. Titolo alcolometrico
  • Vino Rosso dal colore rosso granata più o meno intenso, con riflessi violacei tendenti all’arancione con l’invecchiamento, odore delicato, caratteristico, più intenso ed etereo con l’età, e sapore moderatamente dolce, pieno, vellutato.

  • Aleatico di Puglia Dolce Naturale Riserva (Vino Rosso Invecchiato)
  • Versioni: Amabile
  • => 85% Vitigno Aleatico
  • =< 15% Vitigni Negro Amaro, Malvasia Nera e Primitivo, da soli o congiuntamente.
  • => 15% Vol. Titolo alcolometrico
  • Vino Rosso Invecchiato dal colore rosso granata più o meno intenso, con riflessi violacei tendenti all’arancione con l’invecchiamento, odore delicato, caratteristico, più intenso ed etereo con l’età, e sapore moderatamente dolce, pieno, vellutato.

  • Aleatico di Puglia Liquoroso Dolce Naturale (Vino Rosso Liquoroso)
  • Versioni: Dolce
  • => 85% Vitigno Aleatico
  • =< 15% Vitigni Negro Amaro, Malvasia Nera e Primitivo, da soli o congiuntamente.
  • => 18,50% Vol. Titolo alcolometrico
  • Vino Rosso Liquoroso dal colore rosso granata più o meno intenso con riflessi violacei, tendente all’arancione con l’invecchiamento, profumo delicato, caratteristico, etereo ed intenso con l’invecchiamento e sapore dolce, pieno, caldo, armonico, gradevole.

  • Aleatico di Puglia Liquoroso Dolce Naturale Riserva (Vino Rosso Liquoroso Invecchiato)
  • Versioni: Dolce
  • => 85% Vitigno Aleatico
  • =< 15% Vitigni Negro Amaro, Malvasia Nera e Primitivo, da soli o congiuntamente.
  • => 18,50% Vol. Titolo alcolometrico
  • Vino Rosso Liquoroso Invecchiato dal colore rosso granata più o meno intenso con riflessi violacei, tendente all’arancione con l’invecchiamento, profumo delicato, caratteristico, etereo ed intenso con l’invecchiamento e sapore dolce, pieno, caldo, armonico, gradevole.

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(Legenda simboli: > maggiore di; < minore di; >< da-a; = uguale a; => uguale o maggiore di; =< uguale o minore di).


2. Territorio e Zona di produzione del Vino DOC Aleatico di Puglia

L'area geografica vocata alla produzione del Vino DOC Aleatico di Puglia si estende su un ampio territorio collinare pugliese, in zone vinicole adeguatamente ventilate, luminose e favorevoli all'espletamento di tutte le funzioni vegeto-produttive delle vigne.

La Zona di Produzione del Vino DOC Aleatico di Puglia è localizzata nella:

  • regione Puglia e comprende il territorio delle province di Bari, Foggia, Brindisi, Lecce e Taranto.

3. Vinificazione e Affinamento del Vino DOC Aleatico di Puglia

Nelle fasi di vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche leali e costanti della zona atte a conferire ai vini le loro peculiari caratteristiche di qualità. 

Le pratiche enologiche di vinificazione del Vino DOC Aleatico di Puglia prevedono, tra l'altro, che:

  • La resa massima dell’uva in vino DOC Aleatico di Puglia non dovrà essere superiore al 65%.
  • La preparazione del Vino DOC Aleatico di Puglia è consentita anche nella tipologia "Liquoroso” secondo le vigenti disposizioni di legge.
  • Per le uve destinate alla produzione del Vino DOC Aleatico di Puglia è consentito un leggero appassimento sulla pianta o su stuoie.
  • Il vino DOC Aleatico di Puglia con la menzione Riserva deve essere sottoposto ad invecchiamento per almeno 36 mesi.
  • Sulle etichette di ciascuna tipologia di Vino DOC Aleatico di Puglia è obbligatorio riportare l'annata di produzione delle uve.

4. Produttori di Vino DOC Aleatico di Puglia

Con l’utilizzo della DOC Aleatico di Puglia i Produttori Vinicoli Pugliesi sono orgogliosi di presentare al consumatore un Vino di Qualità che ha più cose da raccontare rispetto ad altri: da dove proviene, come viene lavorato, le origini storiche e le caratteristiche che lo identificano in un territorio ben definito che l'appassionato o l'estimatore potrà maggiormente percepire ed apprezzare durante la Visita alle Cantine che operano nell'ambito di questa denominazione.


5. Abbinamenti gastronomici con il Vino DOC Aleatico di Puglia

Crostate alla marmellata di frutti rossi, "mendule turrate" (mandorle tostate con zucchero) e pasticceria secca a base di pasta di mandorle.


6. Storia e Letteratura del Vino DOC Aleatico di Puglia

La storia della vite in Puglia ha radici antichissime e si ritiene che questa pianta sia stata sempre presente nel territorio della regione. La vite era probabilmente presente in Puglia prima dei tempi della colonizzazione greca - nel VIII secolo a.C. - tuttavia alcune delle varietà oggi considerate autoctone di questa regione sono state introdotte proprio dai greci, come il Negroamaro e l'Uva di Troia.

Dalla Grecia fu introdotto anche il sistema di coltivazione della vite ad “alberello”, il metodo più diffuso in Puglia. Con l'arrivo del dominio degli antichi romani - in seguito alla vittoria contro Pirro nel 275 a.C. - la produzione e il commercio di vino furono particolarmente vivaci e i vini della Puglia cominciarono ad essere presenti - e apprezzati - nella tavole di Roma.

Nella sua monumentale opera Naturalis Historia, Plinio il Vecchio, nell'elencare le varietà di uve greche, ricorda che in Puglia erano presenti le Malvasie Nere di Brindisi e Lecce, il Negroamaro e l'Uva di Troia. Plinio il Vecchio, Orazio e Tibullo hanno lasciato ampie testimonianze nei loro scritti sulle tecniche di coltivazione della vite e della produzione di vino in Puglia ai tempi degli antichi Romani, decantando - in particolare - il colore, il profumo e il sapore dei vini pugliesi.

Plinio il Vecchio definì Manduria - la terra della Puglia più rappresentativa per il Primitivo - come viticulosae, cioè “piena di vigne”. Manduria non fu l'unica zona a guadagnarsi l'appellativo di viticulosae: anche Mesagne, Aletium (Alezio) e Sava furono definite in questo modo da altri autori. Altri autori illustri di quei tempi - come Marziale, Ateneo e Marrone - elogiarono nei loro scritti le qualità dei vini pugliesi.

Con la costruzione del porto di Brindisi - nel 244 a.C. - il commercio del vino pugliese conosce un periodo piuttosto fiorente e a Taranto, con lo scopo di facilitare la spedizione e l'imbarco, si conservano enormi quantità di vino in apposite cantine scavate nella roccia lungo la costa.

Già a quei tempi, quindi, la Puglia diviene un importante “deposito” di vino, una terra che farà del vino, e dell'olio, due prodotti fortemente legati alla propria tradizione e cultura.

Il vino di qualità lascerà un segno indelebile nella cultura della Puglia: da merum, che in latino significa “vino puro” o “vino genuino”, deriva infatti il termine mjere, che in dialetto pugliese significa “vino”.

Dopo la caduta dell'impero romano, la viticoltura e la produzione di vino in Puglia subiscono un periodo di crisi e sarà solo per opera dei monasteri e dei monaci che le due attività saranno conservate e continueranno a caratterizzare la Puglia.

Nel Medioevo, in Puglia si registrano ancora enormi produzioni di vino: non a caso Dante Alighieri, nei suoi versi, descrive la Puglia come «terra sitibonda ove il sole si fa vino».

L'importanza dello sviluppo della viticoltura e della produzione del vino fu ben compresa anche da Federico II che - nonostante fosse astemio - fece piantare migliaia di viti nella zona di Castel del Monte, importando le piante dalla vicina Campania.

Il vino assume un ruolo strategico per l'economia della Puglia tanto che, nel 1362, Giovanna I d'Angiò firma una legge che vietava nel territorio l'introduzione di vino prodotto al di fuori della regione.

Sarà solamente durante il Rinascimento che i vini della Puglia cominceranno a conoscere i consensi delle altre zone d'Italia e di alcune zone della Francia, i vini pugliesi fanno il loro ingresso nelle tavole delle corti nobili.

Andrea Bacci, uno degli autori di vino più conosciuti di quel periodo, ricorda nella sua opera De naturali vinorum historia che nelle zone di Lecce, Brindisi e Bari si producono vini di “ottima qualità”, mentre dei rossi di Foggia e del Gargano dirà che sono vini di “media forza ma sinceri nella sostanza sicché durano fino al terzo anno e anche di più”.

Nei periodi successivi - nel 1700 e nel 1800 - la Puglia si farà sempre notare per le enormi quantità di vino prodotte, mai per la qualità, tanto che le eccedenze cominciano ad essere un serio problema, pur tuttavia costituendo un cospicuo profitto.

Riassumendo, la millenaria storia vitivinicola della regione, dalla Magna Grecia, al medioevo, fino ai giorni nostri, attestata da numerosi documenti, è la fondamentale prova della stretta connessione ed interazione esistente tra i fattori umani e la qualità e le peculiari caratteristiche del vino “Aleatico di Puglia”, ovvero è la testimonianza di come l’intervento dell’uomo nel particolare territorio abbia, nel corso dei secoli, tramandato le tradizionali tecniche di coltivazione della vite ed enologiche, le quali nell’epoca moderna e contemporanea sono state migliorate ed affinate, grazie all’indiscusso progresso scientifico e tecnologico, fino ad ottenere gli attuali rinomati vini.

Il Vino DOC Aleatico di Puglia ha ottenuto il riconoscimento della Denominazione di Origine Controllata in data 29 maggio 1973.

Vino a Denominazione di Origine Controllata e Garantita - Approvata come tipologia della DOC “Primitivo di Manduria” con  D.P.R. 30.10.1974, G.U. 60 del 04.03.1975 - Approvato DOCG con D.M. 23.02.2011, G.U. 57 del 10.03.2011

Denominazione aggiornata con le ultime modifiche introdotte dal D.M. 07.03.2014 


--- Confine regionale    --- Confine provinciale  ♦ Zona di produzione

 


Vino Primitivo di Mandura Dolce Naturale D.O.C.G.

La Denominazione di Origine Controllata e Garantita "Primitivo di Manduria Dolce Naturale" e' riservata al vino rispondente alle condizioni ed ai requisiti stabiliti dal disciplinare di produzione

  • Primitivo di Manduria Dolce Naturale

1. Tipologie e Uve del Vino DOCG Primitivo di Manduria Dolce Naturale

 

  • Primitivo di Manduria Dolce Naturale (Vino Rosso)
  • Versioni: Dolce
  • = 100% Vitigno Primitivo
  • => 16% Vol. Titolo alcolometrico
  • Vino Rosso dal colore rosso intenso, con sfumature tendenti al granato, odore ampio, complesso, talvolta con sentore di prugna, dal sapore dolce, vellutato, caratteristico.

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(Legenda simboli: > maggiore di; < minore di; >< da a; = uguale a; => uguale o maggiore di; =< uguale o minore di).


2. Territorio e Zona di produzione del Vino DOCG Primitivo di Manduria Dolce Naturale

Il territorio in cui ricade l’areale di produzione della D.O.C.G. Primitivo di Manduria Dolce Naturale è essenzialmente caratterizzato da due tipologie di paesaggio: l’Arco Jonico e la penisola Salentina.

L’Arco Jonico interessa maggiormente la zona costiera e si estende a partire dalla costa ionica fino ad arrivare alla base delle Murge, ad ovest fino alla Fossa Bradanica e ad est fino al contatto con il Salento Nord Occidentale.

Il Salento (o Penisola Salentina) riguarda la parte sud-orientale dell’intero territorio tarantino. Si presenta come un territorio alquanto complesso in cui si alternano superfici subpianeggianti (nelle aree localizzate tra Lecce e Brindisi) a rilievi calcarei (serre salentine).

La Zona di Produzione del Vino DOCG Primitivo di Manduria Dolce Naturale è localizzata in:

  • provincia di Taranto e comprende il territorio dei comuni di Manduria, Carosino, Monteparano, Leporano, Pulsano, Faggiano, Roccaforzata, San Giorgio Jonico, San Marzano di San Giuseppe, Fragagnano, Lizzano, Sava, Torricella, Maruggio, Avetrana e quello della frazione di Talsano e delle isole amministrative del comune di Taranto, intercluse nei territori dei comuni di Fragagnano e Lizzano.
  • provincia di Brindisi e comprende il territorio dei comuni di Erchie, Oria e Torre S. Susanna.

3. Vinificazione e Affinamento del Vino DOCG Primitivo di Manduria Dolce Naturale

Nelle fasi di vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche leali e costanti della zona atte a conferire ai vini le loro peculiari caratteristiche di qualità. 

Le pratiche enologiche di vinificazione del Vino DOCG Primitivo di Manduria Dolce Naturale prevedono, tra l'altro, che:

  • La resa massima dell’uva in vino non dovrà essere superiore al 60%, pari ad una resa massima di 42 hl/ettaro. per entrambe le tipologie di Dolcetto di Diano d'Alba. Qualora tali parametri vengano superati decade il diritto alla DOCG per tutto il prodotto.

4. Produttori di Vino DOCG Primitivo di Manduria Dolce Naturale

Con l’utilizzo della DOCG Primitivo di Manduria Dolce Naturale i Produttori Vinicoli Pugliesi sono orgogliosi di presentare al consumatore un Vino di Qualità che ha più cose da raccontare rispetto ad altri: da dove proviene, come viene lavorato, le origini storiche e le caratteristiche che lo identificano in un territorio ben definito che l'appassionato o l'estimatore potrà maggiormente percepire ed apprezzare durante la Visita alle Cantine che operano nell'ambito di questa denominazione.


5. Abbinamenti gastronomici con il Vino DOCG Primitivo di Manduria Dolce Naturale

Pasticceria secca, mandorle tostate, fichi, castagne.


6. Storia e Letteratura del Vino DOCG Primitivo di Manduria Dolce Naturale

Nel primo trentennio del 1900 il prof. Giuseppe Musci (1879-1946), Direttore del Consorzio Antifilosserico della provincia di Bari, contribuì allo sviluppo della nuova viticoltura in Puglia con un’incessante attività testimoniata da numerosi articoli, opuscoli e testi tra cui uno dedicato al “Primativo di Gioia” datato 1919. Nel testo il Musci fa risalire l’origine, fino ad oggi mai smentita, della prima selezione del Primitivo al 179 per opera del sacerdote don Francesco Filippo Indellicati (1787-1831), Primicerio del capitolo della chiesa madre di Gioia del Colle (Ba) nonché esperto botanico ed agronomo. Indellicati, avendo notato ed apprezzato il vitigno all’interno di un vecchio vigneto polivarietale situato in agro di Gioia del Colle, lo ribattezzò come Primativo o Primaticcio in virtù della precocità di maturazione e ritenendolo adatto alle terre rosse tipicamente pugliesi, realizzò per talea un vigneto razionale monovarietale in contrada Terzi. Il Vitagliano (1985), sposando la tesi dell’origine gioiese, afferma che già nel 1868, nelle contrade Marchesana, Terzi, Castiglione e Parco Busciglio dell’agro di Gioia fossero coltivati a Primitivo circa 6.000 ettari.

A sostegno di quanto detto non mancano illustri citazioni bibliografiche di fine ‘800, ossia in un epoca caratterizzata dalla nascita in tutta Europa della disciplina ampelografia e dai primi tentativi di associare ogni vitigno ad una determinata area di coltivazione. Ancor prima G. Perelli (1874) e D. Froio (1875) ne avevano brevemente descritto le caratteristiche ampelografiche, produttive ed enologiche, risultando, ad oggi, tra i primi testimoni dell’antica presenza del vitigno in Puglia. Il dottor Antonio Carpenè, nella sua nota “Intorno ad alcuni vini del barese” cita un vino “Primitivo di Turi” dell’annata 1867, e ciò, nel confermare l’autenticità pugliese del vitigno, pone comunque un interrogativo sull’origine prettamente gioiese della sua coltivazione. Nel 1887 il De Rovasenda annotò che “il Primitivo, coltivato in Terra di Bari (Altamura, Bitonto, Turi) matura la sua uva molto precocemente e può dare un buon vino….; dà in qualche località un vino liquoroso”. Tale antica citazione rappresenta probabilmente il primo riferimento di una tipologia di vino prodotto con uve parzialmente passite analoga all’attuale Dolce naturale della D.O.C Primitivo di Manduria.

Nella piana di Manduria il Primitivo approdò molto probabilmente alla fine del XIX secolo, grazie ad alcune barbatelle portate dalla contessa Sabini di Altamura, andata in sposa a Tommaso Schiavoni Tafuri, il quale ne avviò la coltivazione nelle terre di sua proprietà, selle dune di Campomarino, una località rivierasca frazione di Maruggio.

La prima etichetta di cui si ha testimonianza del primitivo proveniente dal vigneto dello Schiavoni Tafuri risale al 1891 e porta la denominazione “Campo Marino”. Si narra che di tale vino, presto rivelatosi di grande struttura, il nobiluomo di Manduria fosse così geloso, da ammettere alla degustazione solo pochi eletti suoi amici. Tutto ciò non esclude ovviamente che il vitigno fosse presente già da tempo in Puglia, sulla murgia barese o lungo l’areale jonico-tarantino (Baldassarre, 2003).

Singolare appare la fama in epoca romana dell’area tarantina o Aulonia, elogiata per fertilità e abbondanza nell’Ode VI dei Carmina di Orazio: “Più di ogni altro angolo della terra / mi sorride quello dove il miele non è da meno di quello dello Imetto / e l’olivo gareggia con quello del Venafro / dove Giove alterna lunghe primavere e tiepidi inverni / e l’Aulone amico del fertile Bacco non ha minimamente da invidiare alle uve di Falerno”.

I mera tarantina, i prestigiosi vini prodotti nel territorio dell’antica Aulonia, furono paragonati da Orazio al famosissimo Falerno, di cui riproducevano le doti di longevità, austerità e forza. Il leggendario confronto tra i due vini, nel sostenere la tesi di un contributo del Primitivo alla loro composizione, è supportato dal riconoscimento dell’antica presenza del vitigno nel casertano, nella stessa zona dove in epoca romana si produceva il celeberrimo Falerno, con la DOC “Falerno del Massico Primitivo”. A tal riferimento Vitagliano annota “Il fatto che in questa stessa area della provincia di Caserta, localmente, il vitigno è chiamato primitivo di Lecce fa pensare che esso sia in qualche modo arrivato dalla Puglia, e in particolare dal Salento”.

Nel 1629, il patrizio monopolitano Prospero Rendella nel suo “Tractatus de vinea, vindemia et vino” decanta le qualità del vino Tarentinum. E un vino così prestigioso doveva necessariamente nascere da un vigneto dotato di qualità superiori e fortemente adattato all’ambiente. E allora si potrebbe anche pensare che il Primitivo portato a Manduria dalla contessa Sabini di Altamura abbia segnato un fortuito ritorno di un vitigno diffuso nella stessa area in epoca ben più remota.

La recente opera “Dal merum al Primitivo di Manduria”, nel valoroso tentativo di ricostruire l’intreccio millenario tra la storia del popolo pugliese e il vino, aggiunge interessanti tasselli alla tesi di una antica presenza del comprensorio di Manduria del vitigno Primitivo o quantomeno di un suo simile (Filo et al., 2004). Nel libro si descrive la fama della cosiddetta “fiera pessima” di Manduria, nota, in epoca angioina, per la bontà e l’abbondanza del vino che giungeva dai comuni limitrofi e si parla dell’abate Pacichelli, che durante i suoi viaggi in Terra d’Otranto negli ultimi decenni del ‘600, si soffermò ad osservare la grande produzione enologica di Casalnuovo, l’odierna Manduria. La sua vita fenologica è più breve di altre varietà: a dispetto della precocità di maturazione è, infatti di germogliamento tardivo e perciò poco soggetto ai danni delle brinate, la fioritura è delicata e resistente discretamente agli attacchi di malattie crittogamiche.

Caratteristica unica nel panorama viticolo, le cosiddette femminelle, in zona dette racemi, raggiungono una perfetta maturazione in epoca successiva alla prima vendemmia. Infatti, dopo un mese circa dalla prima vendemmia, veniva effettuata la raccolta dei racemi, che sicuramente rappresentavano caratteristiche differenti dai grappoli principali, ciononostante il mosto che ne derivava veniva vinificato in purezza e il vino ottenuto si presentava più asciutto e tannico nonché più colorato di quello proveniente dalla prima vendemmia.

Nei corso dei secoli la viticoltura ha mantenuto il ruolo di coltura principe del territorio, fino all’attualità. La DOCG “Primitivo di Manduria Dolce Naturale” è stata riconosciuta con il DM 23/02/2011 – G.U. n. 57 del 10-3-2011.

Vino a Denominazione di Origine Controllata e Garantita - Approvato con D.M. 04.10.2011, G.U. 243 del 18.10.2011

Denominazione aggiornata con le ultime modifiche introdotte dal D.M. 07.03.2014 


--- Confine regionale    --- Confine provinciale  ♦ Zona di produzione

 


Vino Castel del Monte Rosso Riserva D.O.C.G.

La denominazione di origine controllata e garantita "Castel del Monte Rosso Riserva” è riservata al vino che risponde alle condizioni ed ai requisiti stabiliti nel disciplinare di produzione, per la seguente tipologia:

  • Castel del Monte Rosso Riserva

1. Tipologie e Uve del Vino DOCG Castel del Monte Rosso Riserva

 

  • Castel del Monte Rosso Riserva (Vino Rosso Invecchiato)
  • Versioni: Secco
  • => 65% Vitigno Nero di Troia
  • =< 35% Vitigni a bacca nera idonei alla coltivazione nella "Murgia Centrale" della regione Puglia.
  • => 13% Vol. Titolo alcolometrico
  • Vino Rosso Invecchiato dal colore rosso rubino tendente al granato con l'invecchiamento, odore fine e caratteristico, corposo e armonico al gusto.

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(Legenda simboli: > maggiore di; < minore di; >< da a; = uguale a; => uguale o maggiore di; =< uguale o minore di).


2. Territorio e Zona di produzione del Vino DOCG Castel del Monte Rosso Riserva

L’area “Castel del Monte” si colloca nella porzione Nord Occidentale del bacino viticolo omogeneo “Murgia Centrale”, uno dei tre “bacini viticoli omogenei” individuati dalla Regione Puglia ed è parzialmente compresa nel Parco Naturale dell'Alta Murgia.

La Zona di Produzione del Vino DOCG Castel del Monte Rosso Riserva è localizzata in:

  • provincia di Bari e comprende il territorio dei comuni di Corato, Ruvo di Puglia, Terlizzi, Bitonto, Palo del Colle, Toritto e Binetto.
  • provincia di Barletta-Andria-Trani e comprende il territorio del comune di Minervino Murge e, in parte, il territorio dei comuni di Andria e Trani.

3. Vinificazione e Affinamento del Vino DOCG Castel del Monte Rosso Riserva

Nelle fasi di vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche leali e costanti della zona atte a conferire ai vini le loro peculiari caratteristiche di qualità. 

Le pratiche enologiche di vinificazione del Vino DOCG Castel del Monte Rosso Riserva prevedono, tra l'altro, che:

  • La resa massima dell’uva in vino non dovrà essere superiore al 70% e qualora tali parametri vengano superati entro il limite del 5%, l'eccedenza non ha diritto alla DOCG. Oltre detti limiti decade il diritto alla DOCG per tutto il prodotto.
  • Il vino a denominazione di origine controllata e garantita Castel del Monte Rosso Riserva deve essere sottoposto a un periodo di invecchiamento di almeno 2 anni di cui almeno 1 in legnoi.

4. Produttori di Vino DOCG Castel del Monte Rosso Riserva

Con l’utilizzo della DOCG Castel del Monte Rosso Riserva i Produttori Vinicoli Pugliesi sono orgogliosi di presentare al consumatore un Vino di Qualità che ha più cose da raccontare rispetto ad altri: da dove proviene, come viene lavorato, le origini storiche e le caratteristiche che lo identificano in un territorio ben definito che l'appassionato o l'estimatore potrà maggiormente percepire ed apprezzare durante la Visita alle Cantine che operano nell'ambito di questa denominazione.


5. Abbinamenti gastronomici con il Vino DOCG Castel del Monte Rosso Riserva

Castrato arrosto e pollame nobile al forno, carni rosse brasate, formaggi saporiti a pasta dura


6. Storia e Letteratura del Vino DOCG Castel del Monte Rosso Riserva

La tradizione vitivinicola millenaria della zona è attestata da numerosi documenti di notevole valore storico (archivi e biblioteche monastiche) e da opere d’arte risalenti al periodo della Magna Grecia (Museo Jatta), sono l’attestazione fondamentale dello stretto legame esistente tra i fattori umani e le qualità e le caratteristiche peculiari del vitigno Nero di Troia da cui viene prodotto il Rosso Riserva Castel del Monte.

Risale al 1877 - G. Di Rovasenda, "Varietà coltivate in Puglia" (saggio di ampelografia universale) - la prima descrizione organica dell'Uva di Troia indicata, in agro di Trani, come Nero di Troia e, nel barese, come Uva di Troja o di Canosa. Qualche anno più tardi, viene riferito che già nel 1854 si erano registrati in Capitanata impianti sperimentali di Uva di Troia "varietà robusta, resistente alla siccità ed abbastanza produttiva" a "ceppo basso, isolato e in riga, sistema che i romani dicevano humilis sine adminiculo e che oggi nella regione si riconosce col nome di vigna a sistema latino".

Nella seconda metà dell'800, l'Uva di Troia (o i suoi sinonimi) trova regolarmente posto nella letteratura specializzata e viene regolarmente indicata come "uno dei vitigni pugliesi più importanti per la produzione di vini da taglio". In tempi più recenti (M. Vitagliano, 1985) se ne osservano, in particolare, la variabilità della forma del grafico e della dimensione dell'acino fino a ipotizzare l'esistenza - fino ad oggi, peraltro, non dimostrata - di due sottovarietà: la cosiddetta Troia di Canosa o di Corato (a grappoli più grandi e più tozzi, più o meno spargoli, e i cui acini grossi forniscono vino abbastanza tannico) e la cosiddetta Troia di Barletta o Tranese (i cui grappoli sono cilindrici, più piccoli, più o meno serrati e i cui acini più piccoli danno un prodotto meno tannico).

L’uomo, intervenendo sul territorio, ha nel corso dei tempi tramandato le tradizionali tecniche di coltivazione ed enologiche, che nell’epoca moderna, grazie al progresso scientifico e tecnologico sono state notevolmente migliorate ed affinate fino all’ottenimento di vini che al giorno d’oggi godono di notevole fama per le loro qualità particolari sia a livello nazionale che mondiale.

Vino a Denominazione di Origine Controllata e Garantita - Approvato con D.M. 04.10.2011, G.U. 244 del 19.10.2011

Denominazione aggiornata con le ultime modifiche introdotte dal D.M. 07.03.2014  


--- Confine regionale    --- Confine provinciale  ♦ Zona di produzione

 


Vino Castel del Monte Nero di Troia D.O.C.G.

La denominazione di origine controllata e garantita “Castel del Monte Nero di Troia” è riservata al vino che risponde alle condizioni ed ai requisiti stabiliti dal disciplinare di produzione, per la seguente tipologia:

  • Castel del Monte Nero di Troia Riserva

1. Tipologie e Uve del Vino DOCG Castel del Monte Nero di Troia

 

  • Castel del Monte Nero di Troia Riserva (Vino Rosso Invecchiato)
  • Versioni: Secco
  • => 90% Vitigno Nero di Troia
  • =< 10% Vitigni a bacca nera idonei alla coltivazione nella "Murgia Centrale" della regione Puglia.
  • => 13% Vol. Titolo alcolometrico
  • Vino Rosso Invecchiato dal colore variabile dal rosso rubino al rosso granato con l’invecchiamento, odore caratteristico, delicato. Al gusto si presenta corposo e armonico.

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(Legenda simboli: > maggiore di; < minore di; >< da a; = uguale a; => uguale o maggiore di; =< uguale o minore di).


2. Territorio e Zona di produzione del Vino DOCG Castel del Monte Nero di Troia

L’area “Castel del Monte” si colloca nella porzione Nord Occidentale del bacino viticolo omogeneo “Murgia Centrale”, uno dei tre “bacini viticoli omogenei” individuati dalla Regione Puglia. Nella scelta delle zone di produzione vengono utilizzati i terreni con buona esposizione idonei ad una produzione vitivinicola di qualità.

La Zona di Produzione del Vino DOCG Castel del Monte Nero di Troia è localizzata in:

  • provincia di Bari e comprende il territorio dei comuni di Corato, Ruvo di Puglia, Terlizzi, Bitonto, Palo del Colle, Toritto e Binetto.
  • provincia di Barletta-Andria-Trani e comprende il territorio del comune di Minervino Murge e, in parte, il territorio dei comuni di Andria e Trani.

3. Vinificazione e Affinamento del Vino DOCG Castel del Monte Nero di Troia

Nelle fasi di vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche leali e costanti della zona atte a conferire ai vini le loro peculiari caratteristiche di qualità. 

Le pratiche enologiche di vinificazione del Vino DOCG Castel del Monte Nero di Troia prevedono, tra l'altro, che:

  • La resa massima dell’uva in vino non dovrà essere superiore al 70% e qualora tali parametri vengano superati entro il limite del 5%, l'eccedenza non ha diritto alla DOCG. Oltre detti limiti decade il diritto alla DOCG per tutto il prodotto.
  • Il vino a denominazione di origine controllata e garantita Castel del Monte Nero di Troia Riserva deve essere sottoposto a un periodo di invecchiamento di almeno 2 anni di cui almeno uno in legno.

4. Produttori di Vino DOCG Castel del Monte Nero di Troia

Con l’utilizzo della DOCG Castel del Monte Nero di Troia i Produttori Vinicoli Pugliesi sono orgogliosi di presentare al consumatore un Vino di Qualità che ha più cose da raccontare rispetto ad altri: da dove proviene, come viene lavorato, le origini storiche e le caratteristiche che lo identificano in un territorio ben definito che l'appassionato o l'estimatore potrà maggiormente percepire ed apprezzare durante la Visita alle Cantine che operano nell'ambito di questa denominazione.


5. Abbinamenti gastronomici del Vino DOCG Castel del Monte Nero di Troia

Primi piatti con ragù, lasagne, grigliate di carne, formaggi stagionati.


6. Storia e Letteratura del Vino DOCG Castel del Monte Nero di Troia

La tradizione vitivinicola millenaria della zona è attestata da numerosi documenti di notevole valore storico (archivi e biblioteche monastiche) e da opere d’arte risalenti al periodo della Magna Grecia (Museo Jatta), sono l’attestazione fondamentale dello stretto legame esistente tra i fattori umani e le qualità e le caratteristiche peculiari del vino Nero di Troia.

Risale al 1877 - G. Di Rovasenda, "Varietà coltivate in Puglia" (saggio di ampelografia universale) - la prima descrizione organica dell'Uva di Troia indicata, in agro di Trani, come Nero di Troia e, nel barese, come Uva di Troja o di Canosa. Qualche anno più tardi, viene riferito che già nel 1854 si erano registrati in Capitanata impianti sperimentali di Uva di Troia "varietà robusta, resistente alla siccità ed abbastanza produttiva" a "ceppo basso, isolato e in riga, sistema che i romani dicevano humilis sine adminiculo e che oggi nella regione si riconosce col nome di vigna a sistema latino".

Nella seconda metà dell'800, l'Uva di Troia (o i suoi sinonimi) trova regolarmente posto nella letteratura specializzata e viene regolarmente indicata come "uno dei vitigni pugliesi più importanti per la produzione di vini da taglio". In tempi più recenti (M. Vitagliano, 1985) se ne osservano, in particolare, la variabilità della forma del grafico e della dimensione dell'acino fino a ipotizzare l'esistenza - fino ad oggi, peraltro, non dimostrata - di due sottovarietà: la cosiddetta Troia di Canosa o di Corato (a grappoli più grandi e più tozzi, più o meno spargoli, e i cui acini grossi forniscono vino abbastanza tannico) e la cosiddetta Troia di Barletta o Tranese (i cui grappoli sono cilindrici, più piccoli, più o meno serrati e i cui acini più piccoli danno un prodotto meno tannico).

L’uomo, intervenendo sul territorio, ha nel corso dei tempi tramandato le tradizionali tecniche di coltivazione ed enologiche, che nell’epoca moderna, grazie al progresso scientifico e tecnologico sono state notevolmente migliorate ed affinate fino all’ottenimento di vini che al giorno d’oggi godono di notevole fama per le loro qualità particolari sia a livello nazionale che mondiale.

Oltre 300 buyers, tra Importatori, Grossisti e Distributori in 70 paesi del mondo, sono le collaborazioni attive di Assovini.it

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