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ALEATICO DI GRADOLI DOC

Vino a Denominazione di Origine Controllata - Approvato con D.P.R. 21.06.1972, G.U. 217 del 22.08.1972

Denominazione aggiornata con le ultime modifiche introdotte dal D.M. 07.03.2014.


--- Confine regionale    --- Confine provinciale  ♦ Zona di produzione

 


Vino Aleatico di Gradoli D.O.C.

La denominazione d’origine controllata “Aleatico di Gradoli” è riservata ai vini che rispondono alle condizioni e ai requisiti prescritti dal disciplinare di produzione per le tipologie:

  1. Aleatico di Gradoli
  2. Aleatico di Gradoli Liquoroso
  3. Aleatico di Gradoli Liquoroso Riserva
  4. Aleatico di Gradoli Passito

1. Tipologie e Uve del Vino DOC Aleatico di Gradoli

 

  • Aleatico di Gradoli (Vino Rosso)
  • Versioni: Dolce
  • => 95% Vitigno Aleatico
  • =< 5% Vitigni a bacca nera idonei alla coltivazione nella regione Lazio.
  • => 12% Vol. Titolo alcolometrico
  • Vino Rosso dal colore rosso granato con tonalità violacee, odore finemente aromatico, caratteristico, dal sapore di frutto fresco, morbido, vellutato, dolce.

  • Aleatico di Gradoli Liquoroso (Vino Rosso Liquoroso)
  • Versioni: Dolce
  • => 95% Vitigno Aleatico
  • =< 5% Vitigni a bacca nera idonei alla coltivazione nella regione Lazio.
  • => 17,50% Vol. Titolo alcolometrico
  • Vino Rosso Liquoroso dal colore rosso granato più o meno intenso, talvolta con riflessi violacei, odore aromatico, delicato, caratteristico, dal sapore pieno, dolce, armonico, gradevole.

  • Aleatico di Gradoli Liquoroso Riserva (Vino Rosso Liquoroso Invecchiato)
  • Versioni: Dolce
  • => 95% Vitigno Aleatico
  • =< 5% Vitigni a bacca nera idonei alla coltivazione nella regione Lazio.
  • => 17,50% Vol. Titolo alcolometrico
  • Vino Rosso Liquoroso Invecchiato dal colore rosso granato più o meno intenso, tendente talvolta all’arancione con l’invecchiamento, odore aromatico, caratteristico dell’invecchiamento in botte di rovere, dal sapore pieno, dolce più o meno tannico, armonico, gradevole.

  • Aleatico di Gradoli Passito (Vino Rosso Passito)
  • Versioni: Dolce
  • => 95% Vitigno Aleatico
  • =< 5% Vitigni a bacca nera idonei alla coltivazione nella regione Lazio.
  • => 16% Vol. Titolo alcolometrico
  • Vino Rosso Passito dal colore rosso rubino talvolta con riflessi violacei, odore fruttato, finemente aromatico, caratteristico, dal sapore di frutta matura, dolce.

__________

(Legenda simboli: > maggiore di; < minore di; >< da-a; = uguale a; => uguale o maggiore di; =< uguale o minore di).


2. Territorio e Zona di produzione del Vino DOC Aleatico di Gradoli

L'area geografica vocata alla produzione del Vino DOC Aleatico di Gradoli si estende sulle pendici del distretto vulcanico Vulsino a nord del Lazio, in un territorio di media-alta collina adeguatamente ventilato, luminoso e favorevole all'espletamento di tutte le funzioni vegeto-produttive delle vigne.

La Zona di Produzione del Vino DOC Aleatico di Gradoli è localizzata in:

  • provincia di Viterbo e comprende il territorio dei comuni di Gradoli, Grotte di Castro, San Lorenzo Nuovo e, in parte, il territorio del comune di Latera.

3. Vinificazione e Affinamento del Vino DOC Aleatico di Gradoli

Nelle fasi di vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche leali e costanti della zona atte a conferire ai vini le loro peculiari caratteristiche di qualità.

Le pratiche enologiche di vinificazione prevedono, tra l'altro, che:

  • La resa massima dell’uva in vino DOC Aleatico di Gradoli non dovrà essere superiore al 70% e al 45% per la tipologia Passito; nel caso tali parametri venissero superati entro il limite del 5%, l'eccedenza non potrà avere diritto alla DOC. Oltre detti limiti decade il diritto alla DOC per tutto il prodotto.
  • Sulle etichette di ciascuna tipologia di Vino DOC Aleatico di Gradoli è obbligatorio riportare l'annata di produzione delle uve. 
  • Le uve destinate alla produzione del Vino DOC Aleatico di Gradoli Passito devono essere sottoposte ad un periodo di appassimento naturale.
  • Il Vino DOC Aleatico di Gradoli Liquoroso deve essere ottenuto mediante pratica di alcolizzazione ed essere sottoposto ad affinamento per 6 mesi.
  • Il Vino a denominazione di origine controllata Aleatico di Gradoli Liquoroso può fregiarsi della menzione Riserva dopo essere stato sottoposto ad invecchiamento per almeno 24 mesi in botti di rovere di capacità massima di 250 litri ed un ulteriore periodo di affinamento in bottiglia per almeno 12 mesi.

4. Produttori di Vino DOC Aleatico di Gradoli

Con l’utilizzo della DOC Aleatico di Gradoli i Produttori Vinicoli Laziali sono orgogliosi di presentare al consumatore un Vino di qualità che ha più cose da raccontare rispetto ad altri: da dove proviene, come viene lavorato, le origini storiche, le caratteristiche e le peculiarità che lo identificano in un territorio ben definito, soprattutto durante la Visita alle Cantine che operano nell'ambito di questa denominazione.


5. Abbinamenti gastronomici con il Vino DOC Aleatico di Gradoli

Pasticceria a base di cioccolato e secca (dolci alle mandorle, biscotti con nocciole), crostate con confetture di frutta.


6. Storia e Letteratura del Vino DOC Aleatico di Gradoli

La millenaria storia vitivinicola riferita alla terra di “Gradoli”, dagli etruschi, passando dall’epoca romana, al medioevo, fino ai giorni nostri, attestata da numerosi documenti, è la generale e fondamentale prova della stretta connessione ed interazione esistente tra i fattori umani e la qualità e le peculiari caratteristiche del vino “Aleatico di Gradoli”. Ovvero è la testimonianza di come l’intervento dell’uomo nel particolare territorio abbia, nel corso dei secoli, tramandato le tradizionali tecniche di coltivazione della vite ed enologiche, le quali nell’epoca moderna e contemporanea sono state migliorate ed affinate, grazie all’indiscusso progresso scientifico e tecnologico, fino ad ottenere i rinomati vini “Aleatico di Gradoli”.

In particolare la presenza della viticoltura nella zona di “Gradoli” è attestata fin dall’epoca romana, in molte opere dei georgici latini. Nel medioevo: i contratti agrari ed i documenti di varia natura, conservati presso gli archivi monastici, confermano la diffusione di tale coltura.

In tempi più recenti, nell’opera Viaggi ai vulcani spenti d’Italia nello Stato Romano verso il Mediterraneo (1814), il Procaccini Ricci, esperto geologo, descrive un viaggio in cui passa nei territori di Bolsena, Latera, Gradoli, ed oltre a descrivere le caratteristiche delle rocce e dei terreni riporta anche l’agricoltura presente. A proposito di vitivinicoltura scrive: “Gradoli…I vigneti qui attorno vi prosperano assai bene, e danno uve eccellenti, capaci di formare vini squisiti.

L’Aleatico vi è stato introdotto da qualche industre viticoltore, e vi ha provato a maraviglia, ed io stesso ho bevuto questo vino così buono allo stomaco e soavissimo al palato, che mi è paruto non cedere al tanto celebre ed a ragione encomiatissimo di Toscana, e di Firenze segnatamente”.

Successivamente il Moroni nel Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica (1854), nel parlare di Gradoli riporta “..Il territorio è fertile, fruttifero di eccellenti vini bianchi e rossi, massimo l’aleatico”. Anche il Nigrisoli nella Rivista dei più importanti prodotti naturali e manifatturieri dello Stato Pontificio (1857), parla dei prodotti naturali esistenti nella Delegazione di Viterbo e scrive: “.. La cultura delle viti è giunta ad un alto grado di sviluppo, raccogliendosi dai campi, e dalle vigne vini rossi, e bianchi vigorosi”, ed ancora “mentre tra i vini rossi sono in maggior credito quelli delle Grotte di San Lorenzo, di Gradoli, di Castro”.

Sempre nel 1857, nella Topografia statistica dello stato pontificio il Palmieri scrive per Gradoli “Il ridetto popolo di Gradoli, ove sono molto belle le donne, è occupato con attività parte nella pesca, parte in lavorare botti, tini, cerchi, ed il più negli agrarii lavori del proprio territorio della superficie di tavole 131419, dove sono assai feraci le terre, in specie quelle dette del Piano del Lago di Gradoli, ove raccolgono in copia castagne, legumi, tutta sorta di buone frutta, e vini bianchi e rossi così prelibati, che si fa di essi grande commercio nella Capitale, ed in ispecie dell'eccellente Alleatico vino”, per Latera “..vi si raccolgono buoni vini bianchi, e rossi” e per Grotte di Castro “il territorio..assai ben coltivato, feracissimo, e abbonda di squisito vino”.

Negli Atti della Giunta per la Inchiesta Agraria e sulle condizioni della classe agricola (1883), si riporta “Dei vini di lusso nella provincia di Roma, non se ne producono in quantità apprezzabile; e soltanto l’Aleatico di Gradoli gode di una qualche reputazione”.

La storia recente è caratterizzata da un’evoluzione positiva della denominazione, dall’impianto di nuovi vigneti, dalla nascita di nuove aziende che, unite alla professionalità degli operatori hanno contribuito ad accrescere il livello qualitativo e la rinomanza del vino “Aleatico di Gradoli”.

Il Vino DOC Aleatico di Gradoli ha ottenuto il riconoscimento della Denominazione di Origine Controllata in data 21 giugno 1972.

FRASCATI SUPERIORE DOCG

Vino a Denominazione di Origine Controllata e Garantita - Approvato con D.M. 20.09.2011, G.U. 240 del 14.10.2011

Denominazione aggiornata con le ultime modifiche introdotte con D.M. 07.03.2014 


--- Confine regionale    --- Confine provinciale  ♦ Zona di produzione

 


Vino Frascati Superiore D.O.C.G.

La denominazione di origine controllata e garantita «Frascati Superiore», è riservata al vino che risponde alle condizioni ed ai requisiti stabiliti nel disciplinare di produzione per le seguenti tipologie:

  1. Frascati Superiore
  2. Frascati Superiore Riserva

1. Tipologie e Uve del Vino DOCG Frascati Superiore

 

  • Frascati Superiore (Vino Bianco Superiore)
  • Versioni: Secco
  • => 70% Vitigno Malvasia Bianca di Candia e/o Malvasia del Lazio
  • =< 30% Vitigni Bellone, Bombino Bianco, Greco Bianco, Trebbiano Toscano, Trebbiano Giallo, da soli o congiuntamente, nonché altri Vitigni a bacca bianca idonei alla coltivazione nella regione Lazio, nella misura pari al 15% massimo della quota  del =<30%. 
  • =>12% Vol. Titolo alcolometrico.
  • Vino Bianco Superiore dal colore dal giallo paglierino più o meno intenso, odore intenso, con profumo caratteristico, delicato e sapore secco, sapido, morbido, fine e vellutato.

  • Frascati Superiore Riserva (Vino Bianco Superiore Invecchiato)
  • Versioni: Secco
  • => 70% Vitigno Malvasia Bianca di Candia e/o Malvasia del Lazio
  • =< 30% Vitigni Bellone, Bombino Bianco, Greco Bianco, Trebbiano Toscano, Trebbiano Giallo, da soli o congiuntamente, nonché altri Vitigni a bacca bianca coltivati nella regione Lazio, nella misura pari al 15% massimo della presente porzione di quota. 
  • =>12% Vol. Titolo alcolometrico
  • Vino Bianco Superiore Invecchiato, dal colore dal giallo paglierino più o meno intenso, odore intenso, con profumo caratteristico, delicato e sapore secco, sapido, morbido, fine e vellutato.

__________

(Legenda simboli: > maggiore di; < minore di; >< da a; = uguale a; => uguale o maggiore di; =< uguale o minore di).


2. Territorio e Zona di produzione del Vino DOCG Frascati Superiore

L’orografia collinare dell’areale di produzione costituita dalle pendici settentrionali del vulcano Laziale, e l’esposizione a ovest e nord-ovest, concorrono a determinare un ambiente arioso, luminoso e con un suolo naturalmente sgrondante dalle acque reflue, particolarmente vocato per la coltivazione dei vigneti del “Frascati Superiore”. Da tale area sono peraltro esclusi i terreni ubicati a quote troppo basse non adatti ad una viticoltura di qualità.

La Zona di Produzione del Vino DOCG Frascati Superiore è localizzata in: 

  • provincia di Roma e comprende il territorio dei comuni di Frascati, Grottaferrata, Monte Porzio Catone e, in parte, il territorio dei comuni di Roma e Montecompatri.

3. Vinificazione e Affinamento del Vino DOCG Frascati Superiore

Nelle fasi di vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche leali e costanti della zona atte a conferire ai vini le loro peculiari caratteristiche di qualità.

Le pratiche enologiche di vinificazione del Vino DOCG Frascati Superiore prevedono, tra l'altro, che:

  • La resa massima delle uve in vino finito non deve essere superiore al 70% per il vino «Frascati Superiore». Qualora la resa uva/vino superi detto limite, ma non oltre il 75%, l'eccedenza non ha diritto ad alcuna denominazione di origine controllata e garantita; oltre il 75% decade il diritto alla denominazione di origine controllata e garantita per tutto il prodotto.
  • Le pratiche relative all’elaborazione dei vini che sono quelle tradizionalmente consolidate in zona per la vinificazione di vini bianchi complessi ed equilibrati, adeguatamente differenziate tra le tipologie Superiore e Riserva, riferita quest’ultima a vini la cui elaborazione comporta determinati periodi di invecchiamento ed affinamento in bottiglia obbligatori.

4. Produttori di Vino DOCG Frascati Superiore

Con l’utilizzo della DOCG Frascati Superiore i Produttori Vinicoli Laziali sono orgogliosi di presentare al consumatore un Vino di qualità che ha più cose da raccontare rispetto ad altri: da dove proviene, come viene lavorato, le origini storiche, le caratteristiche e le peculiarità che lo identificano in un territorio ben definito, soprattutto durante la Visita alle Cantine che operano nell'ambito di questa denominazione.


5. Abbinamenti gastronomici con il Vino DOCG Frascati Superiore

Primi piatti delicati o di mare, portate di pesce e carni bianche.


6. Storia e Letteratura del Vino DOCG Frascati Superiore

La millenaria storia vitivinicola riferita alla terra del “Tusculum”, dall’epoca romana, al medioevo, fino ai giorni nostri, attestata da numerosi documenti, è la generale e fondamentale prova della stretta connessione ed interazione esistente tra i fattori umani e la qualità e le peculiari caratteristiche del “Frascati Superiore”. Ovvero è la testimonianza di come l’intervento dell’uomo nel particolare territorio abbia, nel corso dei secoli, tramandato le tradizionali tecniche di coltivazione della vite ed enologiche, le quali nell’epoca moderna e contemporanea sono state migliorate ed affinate, grazie all’indiscusso progresso scientifico e tecnologico, fino ad ottenere i rinomati vini “Frascati Superiore”. In particolare la presenza della viticoltura nella zona del “Frascati” è attestata fin dall’epoca romana, in molti reperti dei georgici latini.

Nel medioevo i contratti agrari ed i documenti di varia natura, conservati presso gli archivi monastici, confermano la diffusione di tale coltura. Con la caduta dell'impero romano e la fine delle invasioni barbariche, la viticoltura in queste terre, nonostante i danni subiti, non perde la sua continuità con il passato e mantiene sempre un ruolo importante; come testimoniano i numerosi atti notarili, inerenti i terreni vitati, custoditi negli archivi monastici. Gli Statuti della Città di Frascati, emanati nel 1515, regolavano l’ordinamento della Comunità di Frascati su cui era basata la vita sociale, economica, religiosa, agricola e pastorale. Diversi Articoli degli Statuti trattano della vite e del vino a testimonianza dell’importanza che anche allora rivestiva la vitivinicoltura. Un anonimo cronista al seguito del cardinale Scipione Borghese, raffinato buongustaio, così parla del Frascati, già noto nella prima metà del '600: “della bontà del sito non mi è necessario dirlo, perché la virtù et la varietà et la opportunità del terreno si mostra pur anco hoggidì, quando le sue vigne producono frutti et liquori di tale squisitezza, che io non intendo in quale parte si trovino migliori”. Succesivamente, in merito alla poca durata dei vini di Toscana, il Tergioni Tozzetti, in Riflessioni sopra la poca durata dei moderni Vini di Toscana (1791) porta come esempio tra gli altri il Frascati, come vino da imitare in quelle terre “.. che il Tiburtino, cioè di Frascati, era nel suo fiore in capo a 10 anni, e quanto più invecchiava, tanto più migliorava” e citando Bacci riporta che all’epoca (1595) i vini di “Grotta Ferrata” bastavano fino a quattro anni. Il Marocco, in Monumenti dello Stato pontificio e relazione topografica di ogni paese (1835), riporta per Monte Porzio Catone “Gli abitanti sono pieni di convenienza , si applicano ai lavori della campagna, e la maggiore utilità l'hanno sul commercio dèl vino”, per Grottaferrata “i vini sono eccellenti” e per Frascati “Il territorio e feracissimo.. produce eccellenti vini”. Il Coppi, nel Discorso agrario del 1865, letto nell’Accademia tiberina il dì 15 gennaio 1866, riporta che Fabio Cavalletti nel suo podere di Grottaferrata (tuttora esistente) adottò un nuovo sistema di coltivare la vite e che il vino è di qualità eccellente. Il Dalmasso, autore di uno dei primi trattati sui vini d'Italia, nella sua “Storia della vite e del vino in Italia” (1931-37), ricorda come il medico di Sisto V, Andrea Bacci, avesse definito Frascati “luogo di delizie, generoso di uve e di vari frutti", mettendo in evidenza che “quegli industri coltivatori avevano propagato nelle loro vigne le viti più elette d'Italia” dalle quali si ottenevano vini che venivano forniti “ai conviti principeschi, nonché alle mense borghesi di Roma”.

Interessante e pittoresca è la cronaca di una gita effettuata Grottaferrata in occasione della fiera nell’anno 1869 e riportata nel Buonarroti scritti sopra le arti e le lettere da Enrico Narducci: oltre ad una accorta e gustosa descrizione degli abitanti e delle loro abitudini riporta in merito al vino “..bottiglie freschissime di vino color oro, di quello che scende benefico all’ugola, apportatore di vita” e testimonia inoltre dell’esistenza di una società enologica che commerciava in vini “..sappiamo che in Frascati è costituita una società enologica, composta dai Signori Ambrogini e Santovetti e presieduta dall’onorevole dottor Gualandi. I vini che questa da al commercio sebbene finora in piccola scala, dicono chiaro bensì, che mai potrebbesi riprometter con essi”.

Il 23 Maggio 1949 nasce il Consorzio, su iniziativa di 18 produttori, con la Denominazione di "Consorzio del Frascati". L’intento era quello di tutelare, valorizzare e propagandare il vino “Frascati” autentico, ottenuto dalle uve delle vigne tuscolane. Infatti già all’epoca il nome Frascati era conosciuto in tutto il mondo e garantiva quindi ottime possibilità di vendita; per cui non era più accettabile si vendesse falso vino di Frascati. È sempre esistito un legame tra il Frascati e la letteratura ed infatti numerosi poeti hanno dedicato a questo nobile ed illustre vino i loro versi in italiano, in dialetto romanesco e in dialetto frascatano. Il poeta romanesco Trilussa in un sonetto del 1912 intitolato ‘Er battesimo civile’ scrive: “Pe’ nun faje er battesimo davero, / ho battezzato la pupetta mia / co’r vino de Frascati all’osteria / davanti a ‘no stennardo rosso e nero” e più avanti “..doppo du’ o tre bevute, er comparetto, / a cavallo a ‘na botte de Frascati, / ce fece un… verso, e recitò un sonetto”.

Ai giorni nostri così scrive Alberto Bevilacqua, a dispetto del proprio cognome: “T’accenderà questo vino frascatano / il nero immemore degli occhi, / sarà amore sotto la tua nuda pelle dorata / ti donerà ricreata / nel cuore d’altri anni la tua età...”. La storia recente è caratterizzata da un’evoluzione positiva della denominazione, con l’impianto di nuovi vigneti, la nascita di nuove aziende che, unite alla professionalità degli operatori, hanno contribuito ad accrescere il livello qualitativo e la rinomanza del “Frascati Superiore”, fino al recente passaggio alla categoria DOCG, avvenuto nel 2011. 

Vino a Denominazione di Origine Controllata e Garantita - Approvato DOC con D.P.R. 29.05.1973, G.U. 216 del 22.08.1973 - Approvato DOCG con D.M. 01.08.2008, G.U. 192 del 18.08.2008

Denominazione aggiornata con le ultime modifiche introdotte con D.M. 07.03.2014 


--- Confine regionale    --- Confine provinciale  ♦ Zona di produzione

 


Vino Cesanese del Piglio (o Piglio) D.O.C.G.

La denominazione di origine controllata e garantita “Cesanese del Piglio” o “Piglio” è riservata ai vini rossi che rispondono alle condizioni e ai requisiti prescritti dal disciplinare di produzione per le tipologie:

  1. Cesanese del Piglio o Piglio
  2. Cesanese del Piglio o Piglio Superiore 

1. Tipologie e Uve del Vino DOCG Cesanese del Piglio

 

  • Cesanese del Piglio (Vino Rosso)
  • Versioni: Secco
  • => 90% Vitigno Cesanese di Affile e/o Cesanese comune
  • =< 10% Vitigni a bacca nera idonei alla coltivazione nella regione Lazio.
  • => 12% Vol. Titolo alcolometrico
  • Vino Rosso dal colore rosso rubino con riflessi violacei; odore caratteristico del vitigno di base e dal sapore morbido, leggermente amarognolo e secco.

  • Cesanese del Piglio Superiore (Vino Rosso Superiore)
  • Versioni: Secco
  • => 90% Vitigno Cesanese di Affile e/o Cesanese comune
  • =< 10% Vitigni a bacca nera idonei alla coltivazione nella regione Lazio.
  • => 13% Vol. Titolo alcolometrico
  • Vino Rosso dal colore rosso rubino, tendente al granato con l’invecchiamento; odore intenso, ampio, con note floreali e fruttate, dal sapore secco, armonico, di buona struttura, con retrogusto gradevolmente amarognolo.

__________

(Legenda simboli: > maggiore di; < minore di; >< da a; = uguale a; => uguale o maggiore di; =< uguale o minore di).


2. Territorio e Zona di produzione del Vino DOCG Cesanese del Piglio

L’orografia collinare dell’areale di produzione, nel bacino dell’alta valle del Sacco, e l’esposizione ad ovest, sud-ovest, concorrono a determinare un ambiente arioso, luminoso e con un suolo naturalmente sgrondante dalle acque reflue, particolarmente vocato per la coltivazione dei vigneti del Cesanese del Piglio. Da tale area sono peraltro esclusi i terreni ubicati a quote troppo basse non adatti ad una viticoltura di qualità.

La Zona di Produzione del Vino DOCG Cesanese del Piglio è localizzata in: 

  • provincia di Frosinone e comprende il territorio dei comuni di Piglio, Serrone e, in parte, il territorio dei comuni di Acuto, Anagni e Paliano.

3. Vinificazione e Affinamento del Vino DOCG Cesanese del Piglio

Nelle fasi di vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche leali e costanti della zona atte a conferire ai vini le loro peculiari caratteristiche di qualità.

Le pratiche enologiche di vinificazione del Vino DOCG Cesanese del Piglio prevedono, tra l'altro, che:

  • Per entrambre le tipologie di Vino Cesanese del Piglio, la resa massima dell’uva in vino non deve essere superiore al 65%. Qualora la resa uva/vino superi i limiti di cui sopra, ma non oltre il 70%, l’eccedenza non ha diritto alla denominazione d’origine. Oltre detto limite decade il diritto alla denominazione d’origine controllata e garantita per tutta la partita.
  • I Vini “Cesanese del Piglio” o “Piglio” possono essere sottoposti ad un periodo di invecchiamento in recipienti di legno e di affinamento in bottiglia.

4. Produttori di Vino DOCG Cesanese del Piglio

Con l’utilizzo della DOCG Cesanese del Piglio i Produttori Vinicoli Laziali sono orgogliosi di presentare al consumatore un Vino di qualità che ha più cose da raccontare rispetto ad altri: da dove proviene, come viene lavorato, le origini storiche, le caratteristiche e le peculiarità che lo identificano in un territorio ben definito, soprattutto durante la Visita alle Cantine che operano nell'ambito di questa denominazione.


5. Abbinamenti gastronomici con il Vino DOCG Cesanese del Piglio

Salumi stagionati, bucatini all'amatriciana, primi piatti con sughi di carne, agnello alla cacciatora, pajata (rigatoni conditi con un ragù tipico laziale con interiora di vitello), fegatelli di maiale alla griglia, trippe in umido, pollame e coniglio arrosto.


6. Storia e Letteratura del Vino DOCG Cesanese del Piglio

La millenaria storia vitivinicola riferita alla terra del “Piglio”, dall’epoca romana, al medioevo, fino ai giorni nostri, attestata da numerosi documenti, è la generale e fondamentale prova della stretta connessione ed interazione esistente tra i fattori umani e la qualità e le peculiari caratteristiche del “Cesanese del Piglio”. Ovvero è la testimonianza di come l’intervento dell’uomo nel particolare territorio abbia, nel corso dei secoli, tramandato le tradizionali tecniche di coltivazione della vite ed enologiche, le quali nell’epoca moderna e contemporanea sono state migliorate ed affinate, grazie all’indiscusso progresso scientifico e tecnologico, fino ad ottenere i rinomati vini “Cesanese del Piglio”. In particolare la presenza della viticoltura nella zona del “Piglio” è attestata fin dall’epoca romana, in molti reperti dei georgici latini.

Nel medioevo i contratti agrari ed i documenti di varia natura, conservati presso gli archivi monastici, confermano la diffusione di tale coltura. Con la caduta dell'impero romano e la fine delle invasioni barbariche, la viticoltura in queste terre, nonostante i danni subiti, non perde la sua continuità con il passato e mantiene sempre un ruolo importante; come testimoniano i numerosi atti notarili, inerenti i terreni vitati, custoditi nell'archivio capitolare di Anagni.

Gli Statuti della Terra di Piglio, emanati il 30 maggio 1479, regolavano l’ordinamento della Comunità di Piglio su cui era basata la vita sociale, economica, religiosa, agricola e pastorale. Diversi Capitoli degli Statuti trattano della vite e del vino a testimonianza dell’importanza che anche allora rivestiva la vitivinicoltura. Altro documento in cui viene citato il vino “Cesanese” è costituito dal Libro Mastro del 1838 conservato presso l’Archivio dell’Abbazia di Subiaco, la quale deteneva il possesso della maggior parte dei terreni della zona del Piglio. Si tratta di un registro contabile in cui si annotavano Entrate e Uscite del Monastero. Nel mese di ottobre si riporta Vendemmia di Subiaco → Cesanese; Vendemmia di Piglio→ Cesanese.

Successivamente, dal Quaderno, estratto dagli Annali della Facoltà di Agraria della R. Università di Napoli del 1942 è possibile ricostruire le vicende legate alla fama del vino in esame, laddove si sottolinea come “ … i Cesanesi risultano avere l’assoluto predominio nella viticoltura della zona: il vino risulta, inoltre, molto apprezzato da tutti i consumatori, specialmente da quelli della Capitale i quali, si dice, dei Castelli conoscono ormai i soli vini bianchi e di Cesanese non apprezzano che quello di Piglio”. In altra pubblicazione enologica del 1942 ( Bottini, O., Venezia, M., op. cit., 1942, p. 35), oltre a mettere in evidenza taluni problemi colturali, l’autore si prefiggeva di migliorare il prodotto, farlo conoscere e organizzare i coltivatori: "Sarebbe necessario sottrarre al caso il processo fermentativo", si legge, "e cominciare a sorvegliarlo e disciplinarlo; selezionare i tipi di Cesanese che incontrano maggiormente il favore del pubblico, fissarne le caratteristiche e tenerle il più possibile costanti nel tempo.

Successivamente la notorietà del prodotto è registrata in riviste di diffusione regionale degli anni '50 e '60. Nel 1958, in occasione della I^ Mostra Campionaria di vini, il prof. Bruni del Ministero dell'Agricoltura e Foreste, nell'ambito di una conferenza afferma che "per i vini neri, che dovrebbero essere incrementati, il vitigno fondamentale dovrebbe essere il "Cesanese". Nel 1959, in occasione della II^ Mostra Campionaria di vini, si parla del "famoso rosso Cesanese".

Nel 1961 si dice che "il Cesanese, quello del Piglio, può considerarsi degno competitore dei vini superiori delle altre regioni come il Barolo, il Brolio, il Valpolicella, il Chianti, il Nebiolo". Nel 1973 il Cesanese del Piglio ottiene il riconoscimento DOC e l'evento è ricordato in un articolo in cui si esalta l'attaccamento e la dedizione dei coltivatori al loro "Cesanese" cresciuto e allevato come se fosse un figlio, anche nei tempi difficili quando la viticoltura rendeva poco e la maggior parte dei contadini abbandonava i campi per cercare altrove una fonte di sostentamento. Si esalta, inoltre, l'atavico attaccamento alla terra, alle tradizioni, alla passione di far uscire dai vigneti un vino sempre migliore.

La storia recente è caratterizzata da un’evoluzione positiva della denominazione, con l’impianto di nuovi vigneti, la nascita di nuove aziende (che all’inizio si appoggiano alla Cantina sociale per la vinificazione) e dalla professionalità degli operatori che hanno contribuito ad accrescere il livello qualitativo e la rinomanza del “Cesanese del Piglio”, che le ha valso il passaggio alla categoria DOCG nel 2088.

CANNELLINO DI FRASCATI DOCG

Vino a Denominazione di Origine Controllata e Garantita - Approvato con D.M. 20.09.2011, G.U. 240 del 14.10.2011

Denominazione aggiornata con le ultime modifiche introdotte dal D.M. 07.03.2014 


--- Confine regionale    --- Confine provinciale  ♦ Zona di produzione

 


Vino Cannellino di Frascati D.O.C.G.

La denominazione di origine controllata e garantita «Cannellino di Frascati» è riservata ai vini che rispondono alle condizioni ed ai requisiti stabiliti dal disciplinare di produzione per la seguente tipologia:

  • Cannellino di Frascati

1. Tipologie e Uve del Vino DOCG Cannellino di Frascati

 

  • Cannellino di Frascati (Vino Bianco)
  • Versioni: Dolce
  • => 70% Vitigno Malvasia Bianca di Candia e/o Malvasia del Lazio
  • =< 30% Vitigni Bellone, Bombino Bianco, Greco Bianco, Trebbiano Toscano, Trebbiano Giallo, da soli o congiuntamente, nonché altri Vitigni a bacca bianca idonei alla coltivazione nella regione Lazio, nella misura pari a massimo 15% della porzione di quota pari al 30%.
  • =>12,50% Vol. Titolo alcolometrico.
  • Vino Bianco dal colore giallo paglierino intenso, odore caratteristico, fine, delicato e sapore fruttato, caratteristico. 

__________

(Legenda simboli: > maggiore di; < minore di; >< da a; = uguale a; => uguale o maggiore di; =< uguale o minore di).


2. Territorio e Zona di produzione del Vino DOCG Cannellino di Frascati

L’orografia collinare dell’areale di produzione costituita dalle pendici settentrionali del vulcano Laziale, e l’esposizione a ovest e nord-ovest, concorrono a determinare un ambiente arioso, luminoso e con un suolo naturalmente sgrondante dalle acque reflue, particolarmente vocato per la coltivazione dei vigneti del “Cannellino di Frascati”. Da tale area sono peraltro esclusi i terreni ubicati a quote troppo basse non adatti ad una viticoltura di qualità.

La Zona di Produzione del Vino DOCG Cannellino di Frascati è localizzata in: 

  • provincia di Roma e comprende il territorio dei comuni di Frascati, Grottaferrata, Monte Porzio Catone e, in parte, il territorio dei comuni di Roma e Montecompatri.

3. Vinificazione e Affinamento del Vino DOCG Cannellino di Frascati

Nelle fasi di vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche leali e costanti della zona atte a conferire ai vini le loro peculiari caratteristiche di qualità.

Le pratiche enologiche di vinificazione del Vino DOCG Cannellino di Frascati prevedono, tra l'altro, che:

  • La resa massima delle uve in vino finito non deve essere superiore al 65% per il vino "Cannellino di Frascati". Qualora la resa uva/vino superi detto limite, ma non oltre il 70%, l'eccedenza non ha diritto ad alcuna denominazione di origine controllata e garantita; oltre il 70% decade il diritto alla denominazione di origine controllata e garantita per tutto il prodotto. 
  • Le pratiche relative all’elaborazione dei vini sono quelle tradizionalmente consolidate in zona per la vinificazione di vini bianchi complessi ed equilibrati ottenuti da uve raccolte tardivamente ed eventualmente sottoposte ad appassimento.

4. Produttori di Vino DOCG Cannellino di Frascati

Con l’utilizzo della DOCG Cannellino di Frascati i Produttori Vinicoli Laziali sono orgogliosi di presentare al consumatore un Vino di qualità che ha più cose da raccontare rispetto ad altri: da dove proviene, come viene lavorato, le origini storiche, le caratteristiche e le peculiarità che lo identificano in un territorio ben definito, soprattutto durante la Visita alle Cantine che operano nell'ambito di questa denominazione.


5. Abbinamenti gastronomici con il Vino DOCG Cannellino di Frascati

Dolci morbidi e secchi e formaggi stagionati.


6. Storia e Letteratura del Vino DOCG Cannellino di Frascati

La millenaria storia vitivinicola riferita alla terra del “Tusculum”, dall’epoca romana, al medioevo, fino ai giorni nostri, attestata da numerosi documenti, è la generale e fondamentale prova della stretta connessione ed interazione esistente tra i fattori umani e la qualità e le peculiari caratteristiche del “Cannellino di Frascati”. Ovvero è la testimonianza di come l’intervento dell’uomo nel particolare territorio abbia, nel corso dei secoli, tramandato le tradizionali tecniche di coltivazione della vite ed enologiche, le quali nell’epoca moderna e contemporanea sono state migliorate ed affinate, grazie all’indiscusso progresso scientifico e tecnologico, fino ad ottenere i rinomati vini “Cannellino di Frascati”.

In particolare la presenza della viticoltura nella zona del “Frascati” è attestata fin dall’epoca romana, in molti reperti dei georgici latini. Nel medioevo i contratti agrari ed i documenti di varia natura, conservati presso gli archivi monastici, confermano la diffusione di tale coltura. Con la caduta dell'impero romano e la fine delle invasioni barbariche, la viticoltura in queste terre, nonostante i danni subiti, non perde la sua continuità con il passato e mantiene sempre un ruolo importante; come testimoniano i numerosi atti notarili, inerenti i terreni vitati, custoditi negli archivi monastici.

Gli Statuti della Città di Frascati, emanati nel 1515, regolavano l’ordinamento della Comunità di Frascati su cui era basata la vita sociale, economica, religiosa, agricola e pastorale. Diversi Articoli degli Statuti trattano della vite e del vino a testimonianza dell’importanza che anche allora rivestiva la vitivinicoltura. Un anonimo cronista al seguito del cardinale Scipione Borghese, raffinato buongustaio, così parla del Frascati, già noto nella prima metà del '600: “della bontà del sito non mi è necessario dirlo, perché la virtù et la varietà et la opportunità del terreno si mostra pur anco hoggidì, quando le sue vigne producono frutti et liquori di tale squisitezza, che io non intendo in quale parte si trovino migliori”. Successivamente, in merito alla poca durata dei vini di Toscana, il Tergioni Tozzetti, in Riflessioni sopra la poca durata dei moderni Vini di Toscana (1791) porta come esempio tra gli altri il Frascati, come vino da imitare in quelle terre “.. che il Tiburtino, cioè di Frascati, era nel suo fiore in capo a 10 anni, e quanto più invecchiava, tanto più migliorava” e citando Bacci riporta che all’epoca (1595) i vini di “Grotta Ferrata” bastavano fino a quattro anni.

Il Marocco, in Monumenti dello Stato pontificio e relazione topografica di ogni paese (1835), riporta per Monte Porzio Catone “Gli abitanti sono pieni di convenienza , si applicano ai lavori della campagna, e la maggiore utilità l'hanno sul commercio del vino”, per Grottaferrata “i vini sono eccellenti” e per Frascati “Il territorio e feracissimo.. produce eccellenti vini”. Il Coppi, nel Discorso agrario del 1865, letto nell’Accademia tiberina il dì 15 gennaio 1866, riporta che Fabio Cavalletti nel suo podere di Grottaferrata (tuttora esistente) adottò un nuovo sistema di coltivare la vite e che il vino è di qualità eccellente.

Il Dalmasso, autore di uno dei primi trattati sui vini d'Italia, nella sua “Storia della vite e del vino in Italia” (1931-37), ricorda come il medico di Sisto V, Andrea Bacci, avesse definito Frascati “luogo di delizie, generoso di uve e di vari frutti", mettendo in evidenza che “quegli industri coltivatori avevano propagato nelle loro vigne le viti più elette d'Italia” dalle quali si ottenevano vini che venivano forniti “ai convitti principeschi, nonché alle mense borghesi di Roma”.

Interessante e pittoresca è la cronaca di una gita effettuata Grottaferrata in occasione della fiera nell’anno 1869 e riportata nel Buonarroti scritti sopra le arti e le lettere da Enrico Narducci: oltre ad una accorta e gustosa descrizione degli abitanti e delle loro abitudini riporta in merito al vino “..bottiglie freschissime di vino color oro, di quello che scende benefico all’ugola, apportatore di vita” e testimonia inoltre dell’esistenza di una società enologica che commerciava in vini “..sappiamo che in Frascati è costituita una società enologica, composta dai Signori Ambrogini e Santovetti e presieduta dall’onorevole dottor Gualandi. I vini che questa da al commercio sebbene finora in piccola scala, dicono chiaro bensì, che mai potrebbesi riprometter con essi”.

Tutti gli autori, dai georgici dei tempi antichi ai più recenti cultori della vitivinicoltura, pongono l’accento sulla bontà dei vini laziali, sulla loro robustezza e sulla loro elevata gradazione alcolica: non mancano riferimenti alla loro soavità e dolcezza. Tra i tanti si citano il Malagotti che nelle Lettere scientifiche ed erudite (1806), ricorda “i vin gentili di Frascati”, allo stesso modo il Castellano in Lo Stato Pontificio ne’ i suoi rapporti geografici, storici, politici secondo le ultime divisioni amministrative, giudiziarie ed ecclesiastiche (1837) riporta “si nomano i vini di Frascati per la loro delicatezza” ed il Raggi nell’opera Sui Colli Albani e Tuscolani (1844) nel parlare di vino cita “il grazioso e delicato di Frascati”.

La produzione di vini amabili o dolci derivava dagli usi e dalle consuetudini che dettavano i tempi ed i modi della vendemmia e delle operazioni di vinificazione. A Frascati l’inizio della vendemmia avveniva tradizionalmente per San Crispino (25 ottobre) e si prolungava in molti casi fino alla fine di novembre. Le operazioni di raccolta erano molto articolate e comprendevano il primo taglio (la capata, cioè la raccolta dei grappoli dello sperone e delle spalle dei grappoli del capo a frutto), a cui seguiva un secondo taglio e spesso anche un terzo. Il Ratti in Storia di Genzano con note e 9 documenti (1797) riporta che “..si aspetta il tempo della vendemmia, che d’ordinario incomincia circa i 10 di ottobre, e continua sino alla metà di novembre” ed ancora “..primieramente si usa la precauzione di non raccogliere le uve tutte ad un tratto, ma si scelgono con gran diligenza le più mature per dare il tempo alle più tardive di acquistare un ugual perfezione”. Ciò era, ed è, reso possibile dagli autunni estremamente miti e per lo più soleggiati che si riscontrano nell’areale di produzione; i quali permettono di procrastinare la raccolta senza pregiudicare la sanità delle uve.

La tendenza a ritardare la vendemmia è testimoniato anche dagli Atti della Giunta per la Inchiesta Agraria e sulle condizioni della classe agricola (1833) in cui si pone l’accento sulla consuetudine in voga nei Castelli romani “..di lasciare quasi appassire l’uva sulla pianta per ottenere quel vino dolce e d’intenso colore tanto ricercato dagli osti romani”. Inoltre era praticato anche l’appassimento in vigneto mediante il taglio del capo a frutto allo scopo di accelerarne il processo. L’uva raccolta per ultima era chiaramente surmatura e molto spesso, laddove il clima era favorevole, botritizzata e quindi interessata da muffa nobile: la terza vendemmia si faceva apposta, per ottenere vini più ricchi di zucchero e di corpo.

Il 23 Maggio 1949 nasce il Consorzio, su iniziativa di 18 produttori, con la Denominazione di "Consorzio del Frascati". L’intento era quello di tutelare, valorizzare e propagandare il vino “Frascati” autentico, ottenuto dalle uve delle vigne tuscolane. Infatti già all’epoca il nome Frascati era conosciuto in tutto il mondo e garantiva quindi ottime possibilità di vendita; per cui non era più accettabile si vendesse falso vino di Frascati. La storia recente è caratterizzata da un’evoluzione positiva della denominazione, con l’impianto di nuovi vigneti, la nascita di nuove aziende che, unite alla professionalità degli operatori, hanno contribuito ad accrescere il livello qualitativo e la rinomanza del “Frascati Superiore”, fino al recente passaggio alla categoria DOCG, avvenuto nel 2011.

Oltre 300 buyers, tra Importatori, Grossisti e Distributori in 70 paesi del mondo, sono le collaborazioni attive di Assovini.it

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