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RAMANDOLO DOCG

  • Vino a Denominazione di Origine Controllata e Garantita - Approvato Sottozona della DOC Colli Orientali del Friuli con D.P.R. 20.07.1970
  • Approvato DOCG con D.M. 09.10.2001, G.U. 250 del 26.10.2001
  • Denominazione aggiornata - GU n.52 del 02.03.2024

--- Confine regionale    --- Confine provinciale  ♦ Zona di produzione

 


Vino Ramandolo D.O.C.G. 

La denominazione di origine controllata e garantita "Ramandolo" è riservata al vino che corrisponde alle condizioni e ai requisiti stabiliti nel disciplinare di produzione.

  • Ramandolo
  • Ramandolo Riserva

1. Tipologie e Uve del Vino DOCG Ramandolo

 

  • Ramandolo (Vino Bianco)
  • Versioni: Dolce
  • = 100% Vitigno Verduzzo Friulano (*)
  • => 14% Vol. Titolo alcolometrico
  • Vino Bianco dal Colore giallo dorato più o meno intenso; Odore intenso e caratteristico; Sapore dolce, vellutato, più o meno tannico e di corpo, con eventuale sentore di legno.

 

  • Ramandolo Riserva (Vino Bianco Invecchiato)
  • Versioni: Dolce
  • = 100% Vitigno Verduzzo Friulano (*)
  • => 14% Vol. Titolo alcolometrico
  • Vino Bianco dal Colore giallo dorato più o meno intenso; Odore intenso e caratteristico, si possono talvolta riscontrare sentori di agrumi, frutta candita, tè verde, ed eventualmente anche zafferano e confettura di pesche; Sapore dolce, morbido, talvolta leggermente tannico, di struttura, con eventuale sentore di legno.

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(*) Il Verduzzo Friulano produce un’uva molto ricca di tannino ed è tra le pochissime varietà a bacca bianca che contiene nelle proprie bucce questi polifenoli. Per questa ragione riesce molto difficile equilibrare la giusta concentrazione tra i tannini, l’acidità e le sensazioni dolci, che solo l’esperienza dei vignaioli del Ramandolo possiedono e si tramandano da padre in figlio.

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(Legenda simboli: > maggiore di; < minore di; >< da a; = uguale a; => uguale o maggiore di; =< uguale o minore di).


2. Territorio e Zona di produzione del Vino DOCG Ramandolo

L’orografia collinare dell’areale di produzione è caratterizzata dalla presenza del Monte Bernadia che, grazie alla sua spiccata altezza (1.732 m s.l.m.), sovrasta tutta la zona più a nord della D.O.C.G. Ramandolo, questa particolare conformazione presenta una “barriera naturale” dei venti freddi del nord che vengono in questo modo deviati verso le zone più sottostanti alla D.O.C.G. Bisogna ricordare che Ramandolo rappresenta la zona di coltivazione più a nord del Friuli Venezia Giulia e quindi, Trentino Alto Adige a parte, è tra le aree di coltivazione della vite più a nord d’Italia.

La Zona di Produzione del Vino DOCG Ramandolo è localizzata in: 

  • provincia di Udine e comprende il territorio dei comuni di Nimis e Tarcento.

3. Vinificazione e Affinamento del Vino DOCG Ramandolo

Nelle fasi di vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche leali e costanti della zona atte a conferire ai vini le loro peculiari caratteristiche di qualità.

Le pratiche enologiche di vinificazione del Vino DOCG Ramandolo prevedono, tra l'altro, che:

  • La resa massima dell'uva in vino compresa l'eventuale aggiunta correttiva e la produzione massima di vino per ettaro non può superare il 65%. Per le rese fino al limite massimo del 70%, il 65% sarà considerato vino a denominazione di origine controllata e garantita ed il restante 5% non avrà diritto alla denominazione di origine controllata e garantita; oltre detto limite percentuale decade il diritto alla denominazione di origine controllata e garantita per tutto il prodotto.
  • La raccolta delle uve è tardiva, molto spesso con un leggero appassimento in pianta; nelle annate favorevoli la vendemmia può anche arrivare a fine ottobre. Tanti produttori raccolgono le uve direttamente nelle cassette che vengono portate nel centro di appassimento comunale, che è gestito da una cooperativa di produttori, altri vignaioli, effettuando l’appassimento nei graticci. Nelle annate favorevoli si riesce a sviluppare la muffa nobile (Botrytis cinerea) che infonde nel vino le sue inconfondibili peculiarità.
  • Molti sono i viticoltori che adottano il sistema di vinificazione per alzata di cappello, ossia con una leggera macerazione che, date le basse temperature che ci sono durante la fermentazione, può rappresentare una blanda criomacerazione. Altri produttori vinificano in bianco, ottenendo un vino più gentile e pronto al consumo. Nelle pratiche di vinificazione e di affinamento del vino a denominazione di origine controllata e garantita "Ramandolo" è consentito l'uso di botti in legno.

4. Produttori di Vino DOCG Ramandolo

Con l’utilizzo della DOCG Ramandolo i Produttori Vinicoli Friulani sono orgogliosi di presentare al consumatore un Vino di qualità che ha più cose da raccontare rispetto ad altri: da dove proviene, come viene lavorato, le origini storiche, le caratteristiche e le peculiarità che lo identificano in un territorio ben definito, soprattutto durante la Visita alle Cantine che operano nell'ambito di questa denominazione.


5. Abbinamenti gastronomici con il Vino DOCG Ramandolo

Vino da degustare con la pasticceria tradizionale, come la Gubana (dolce di pasta lievitata a base di frutta secca), e con formaggi stagionati.


6. Storia e Letteratura del Vino DOCG Ramandolo

Ramandolo è un nome di origine romana che in passato suonava “Romandolo”, potrebbe però avere anche un’origine diversa; secondo Cornelio Cesare Desinan non è certamente un nome romano, “Romandulus”, diminutivo di “Romandus” non vuol dire “romano” bensì “romanzo”, cioè “neolatino” ovvero “friulano”, la borgata di Ramandolo è proprio al confine linguistico (che si è spostata più volte): verso l’alto gli slavi o sloveni, verso il basso i friulani discendenti dai romani.

Il primo documento che parla dell’esistenza del borgo risale al luglio 1273 “..in Villa de Ramandul”, la storia e la vita di Ramandolo sono strettamente legate alla chiesetta di San Giovanni Battista, eretta per volontà di dieci persone che con atto notarile del 9 aprile 1482 si associarono impegnandosi a versare due ducati a testa. Il paesaggio rurale si è notevolmente modificato col terremoto del 1976 che qui ha colpito molto duramente, quasi tutte le case e le chiese sono state ricostruite o restaurate, data la frequente precipitazione grandinigena la maggior parte dei vigneti sono protetti da apposite reti antigrandine. Le reti, che sono solitamente appoggiate lungo la chioma delle viti, richiedono un controllo costante da parte dei viticoltori, inoltre ogni operazione manuale che si effettua nel vigneto richiede che la rete venga spostata in alto per poter effettuare i lavori per poi essere riposizionata nella propria posizione. Questi e molti altri sono gli aspetti legati ai fattori umani che hanno inciso e continuano ad incidere nella produzione del Ramandolo.

LISON DOCG

  • Vino a Denominazione di Origine Controllata e Garantita - Approvato con D.M. 22.12.2010, G.U. 4 del 07.01.2011
  • Denominazione aggiornata con le ultime modifiche introdotte dal Provvedimento Ministeriale prot. n. 53673 del 19/07/2018

--- Confine regionale    --- Confine provinciale  ♦ Zona di produzione

 


Vino Lison D.O.C.G.

La denominazione di origine controllata e garantita “Lison”, è riservata ai vini che rispondono alle condizioni ed ai requisiti stabiliti dal disciplinare di produzione per le seguenti tipologie:

  1. Lison
  2. Lison Classico

1. Tipologie e Uve del Vino DOCG Lison

 

  • Lison (Vino Bianco)
  • Versioni: Secco
  • => 85% Vitigno Tai
  • =< 15% Vitigni a bacca bianca idonei alla coltivazione nelle province di Venezia, Treviso e Pordenone.
  • => 12% Vol. Titolo alcolometrico
  • Vino Bianco dal colore giallo paglierino più o meno intenso talvolta con riflessi dal verdognolo al dorato, odore caratteristico, gradevole, dal sapore asciutto, vellutato, con eventuale percezione gradevole di legno.

  • Lison Classico (Vino Bianco Classico)
  • Versioni: Secco
  • => 85% Vitigno Tai
  • =< 15% Vitigni a bacca bianca idonei alla coltivazione nelle province di Venezia, Treviso e Pordenone.
  • => 12% Vol. Titolo alcolometrico
  • Vino Bianco dal colore giallo paglierino più o meno intenso talvolta con riflessi dal verdognolo al dorato, odore caratteristico, gradevole, dal sapore asciutto, vellutato, con eventuale percezione gradevole di legno.

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(Legenda simboli: > maggiore di; < minore di; >< da a; = uguale a; => uguale o maggiore di; =< uguale o minore di).


2. Territorio e Zona di produzione del Vino DOCG Lison

L’area dei vini a denominazione Lison, situata nella pianura a pochi chilometri dal litorale veneziano, fra i fiumi Tagliamento e Livenza, è da sempre testimone della coltivazione della vite a garanzia della tipicità e della peculiarità dei vini del territorio.

Per il Vino DOCG Lison, la zona di produzione è localizzata in: 

  • provincia di Venezia, e comprende il territorio dei comuni di Annone Veneto, Cinto Caomaggiore, Gruaro, Fossalta di Portogruaro, Pramaggiore, Teglio Veneto, e parte del territorio dei comuni di Caorle, Concordia Sagittaria, Portogruaro, San Michele al Tagliamento e Santo Stino di Livenza.
  • provincia di Treviso, e comprende il territorio dei comuni di Meduna di Livenza e parte del territorio di Motta di Livenza.
  • provincia di Pordenone, e comprende il territorio dei comuni di Chions, Cordovado, Pravisdomini e parte dei territori di Azzano Decimo, Morsano al Tagliamento, Sesto al Reghena.

Per il vino DOCG Lison Classico, la zona di produzione è localizzata in:

  • provincia di Venezia ed è così suddivisa: 
    • comune di Portogruaro, il territorio delle frazioni di Lison, Pradipozzo e Summaga.
    • comune di Pramaggiore, il territorio delle frazioni di Belfiore, Blessaglia e Salvarolo.
    • comune di Annone Veneto, il territorio delle frazioni di Carline, Loncon e parte del territorio dei comuni di S. Stino di Livenza e Cinto Caomaggiore.

3. Vinificazione e Affinamento del Vino DOCG Lison

Nelle fasi di vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche leali e costanti della zona atte a conferire ai vini le loro peculiari caratteristiche di qualità.

Le pratiche enologiche di vinificazione del Vino DOCG Lison prevedono, tra l'altro, che:

  • La resa massima dell’uva in vino non deve essere superiore al 70%. Qualora tale resa superi i limiti di cui sopra indicati, ma non oltre il 75%, l’eccedenza non avrà diritto alla denominazione di origine. Qualora la resa uva/vino superi il 75% decade il diritto alla denominazione di origine controllata e garantita per tutto il prodotto.
  • Relativamente alle pratiche di vinificazione, va tenuto conto che l’ottimo equilibrio tra le peculiarità pedoclimatiche, l’esperienza dei viticoltori che si tramanda da generazioni e gli approfondimenti scientifici permettono di ottenere vini bianchi adatti anche al medio periodo di invecchiamento.

4. Produttori di Vino DOCG Lison

Con l’utilizzo della DOCG Lison i Produttori Vinicoli Veneti sono orgogliosi di presentare al consumatore un Vino di qualità che ha più cose da raccontare rispetto ad altri: da dove proviene, come viene lavorato, le origini storiche, le caratteristiche e le peculiarità che lo identificano in un territorio ben definito, soprattutto durante la Visita alle Cantine che operano nell'ambito di questa denominazione.


5. Abbinamenti gastronomici con il Vino DOCG Lison

Vino di tutto pasto ideale con le carni bianche e bolliti, piatti di cucina marinara: rombo al forno con patate, sgombri e l’anguilla in umido, tartara di tonno e le tipiche sarde in saor; primi piatti: ravioli burro e salvia, ravioli agli asparagi, maccheroncini di pasta fresca con porcini e Parmigiano Reggiano, soufflé di asparagi, le minestre in brodo, i bigoli in salsa – pasta tipica veneta condita con una salsa a base di cipolla e acciughe –, linguine gamberetti e zucchine, il risotto alla sbirraglia – a base di pollo –, il risotto con la zucca. Ottimo anche con formaggi di media stagionatura, come il Montasio, e salumi tra cui il prosciutto crudo di Montagnana.


6. Storia e Letteratura del Vino DOCG Lison

La Denominazione prende il nome dal borgo romano di Lison a dimostrazione che la coltivazione della vite era già viva all’epoca dei romani. Tuttavia è solo con l’avvento dei monaci benedettini nel X secolo d.C., che la zona scopre una viticoltura razionale. Lungo il corso dei secoli, la viticoltura della zona si arricchisce infatti prima del sapere benedettino, che segnò la svolta soprattutto in termini agronomici, poi con la Repubblica Serenissima di Venezia, epoca nella quale la viti-enologia del veneziano compì un balzo in avanti. Dopo il declino della Repubblica di Venezia, la dominazione asburgica segna un’altra tappa importante per il rifiorire della viticoltura della zona. Dalla metà del ‘800 si espande in modo sensibile la coltivazione del vitigno Tocai a bacca bianca che trova in quest’area il suo habitat ideale alla produzione di uve dalle quali si ricava un vino che dimostra una qualità superiore agli altri vini della zona. Pertanto, al fine proprio di tutelare il Tocai ottenuto nella zona di Lison, già nel 1971 era stata riconosciuta la Denominazione d’origine “Lison DOC. Tale denominazione, nel 1974 è stata fusa con la DOC Pramaggiore per formare la denominazione “DOC Lison-Pramaggiore”.

Grazie alla lungimiranza dei produttori della zona che hanno voluto legare questo vino al suo territorio, nel 2000, con la modifica del disciplinare della DOC Lison-Pramaggiore, al vino Tocai è stato inserito il sinonimo “Lison” e, nel 2007, al vitigno Tocai è stato aggiunto il sinonimo Tai per la regione Veneto. Oggi il Lison è conosciuto e stimato dai consumatori tanto da ottenere, nel 2010, il riconoscimento della denominazione DOCG “Lison”. A seguito dello sviluppo viticolo degli ultimi cinquant’anni, con l’adozione di una viticoltura specializzata e professionale, il Lison, assume un ruolo fondamentale per l’enologia della zona: la continua ricerca per il miglioramento del prodotto e gli studi sulla zonazione hanno reso possibile sviluppare tecniche produttive e di vinificazione specifiche per questi vini, in grado di esaltare le caratteristiche organolettiche e legarle indissolubilmente al territorio di produzione.

  • Vino a Denominazione di Origine Controllata e Garantita - Approvato DOC con D.P.R. 20.07.1970, G.U.247 del 30.09.1970
  • Approvato DOCG con D.M. 30.03.2006, G.U. 83 del 08.04.2006
  • Denominazione aggiornata con le ultime modifiche introdotte dal D.M. 07.03.2014

--- Confine regionale    --- Confine provinciale  ♦ Zona di produzione

 


Vino Colli Orientali del Friuli Picolit D.O.C.G.

La denominazione di origine controllata e garantita «Colli Orientali del Friuli» e' riservata al Vino Picolit e alla relativa Sottozona, rispondenti alle condizioni ed ai requisiti stabiliti dal disciplinare di produzione.


1. Tipologie e Uve del Vino DOCG Colli Orientali del Friuli Picolit

 

  • Colli Orientali del Friuli (Vino Bianco)
  • Versioni: Amabile /Dolce
  • => 85% Vitigno Picolit
  • =< 15% Vitigni a bacca bianca idonei alla coltivazione nella regione Friuli Venezia Giulia (escluso il Vitigno Traminer Aromatico)
  • => 15% Vol. Titolo alcolometrico
  • Vino Bianco dal colore giallo dorato più o meno intenso; odore intenso, talvolta di vino passito, fine, gradevole, con eventuale lieve sentore di legno e dal sapore amabile o dolce, caldo, armonico, con eventuale sentore di legno.

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(Legenda simboli: > maggiore di; < minore di; >< da a; = uguale a; => uguale o maggiore di; =< uguale o minore di).


2. Territorio e Zona di produzione del Vino DOCG Colli Orientali del Friuli Picolit

Il territorio di estrinseca in una variegata alternanza di colline e pianure che si sviluppano ininterrottamente lungo la direttrice nord-ovest sud-est, creando delle ampie superfici che possono godere di un’esposizione ottimale per la coltivazione della vite. La sottozona “Cialla” contemplata si sviluppa invece in un territorio molto più limitato, ricadendo nella parte nord del comune di Prepotto al confine con Cividale del Friuli.

I vigneti coltivati si collocano tra i 100 ed i 400 m s.l.m., la maggior parte si trova su colline terrazzate, alcuni occupano delle porzioni pianeggianti o con un leggera pendenza, le zone preferite dai vignaioli sono nei punti più alti delle colline. Nel corso dei secoli il profilo dei pendii è stato modellato con il lavoro di generazioni di viticoltori, lo sguardo del visitatore può rincorrere i gradoni e le terrazze vitate.

Per il Vino DOCG Colli Orientali del Friuli Picolit, la zona di produzione è localizzata in: 

  • provincia di Udine e comprende il territorio dei comuni di Attimis, Buttrio, Cividale del Friuli, Corno di Rosazzo, Faedis, Magnano in Riviera, Manzano, Moimacco, Nimis, Povoletto, Premariacco, Prepotto, Reana del Rojale, Remanzacco, San Giovanni al Natisone, San Pietro al Natisone, Tarcento, Tricesimo e Torreano.

Per il Vino DOCG Colli Orientali del Friuli Picolit - Sottozona Cialla, la zona di produzione riguarda la provincia di Udine e comprende il territorio del comune di Prepotto.


3. Vinificazione e Affinamento del Vino DOCG Colli Orientali del Friuli Picolit

Nelle fasi di vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche leali e costanti della zona atte a conferire ai vini le loro peculiari caratteristiche di qualità.

Le pratiche enologiche di vinificazione del Vino DOCG Colli Orientali del Friuli Picolit prevedono, tra l'altro, che:

  • La resa massima di uva in vino non deve essere superiore al 55% per tutte le tipologie di vini.
  • La raccolta delle uve è mediamente tardiva, con una leggera surmaturazione in pianta od un leggero appassimento nelle annate in cui le condizioni climatiche lo consentono. Solitamente la raccolta avviene in cassette che successivamente vengono poste in locali ben aerati oppure spostate sui graticci per una naturale e lenta concentrazione per appassimento.
  • Il vino a denominazione di origine controllata e garantita Colli Orientali del Friuli Picolit - Sottozona "Cialla", può utilizzare come specificazione aggiuntiva la dizione "Riserva" allorché venga sottoposto ad un periodo di invecchiamento non inferiore a quattro anni.
  • In fermentazione si possono utilizzare per particolari partite delle botti di legno; solitamente la vinificazione è quella tradizionale per le uve bianche anche se appassite, si cerca quindi controllare il più possibile i tempi e le temperature di fermentazione essendo le concentrazioni degli zuccheri riduttori particolarmente concentrate date dalle bassissime rese e dagli appassimenti.

4. Produttori di Vino DOCG Colli Orientali del Friuli Picolit

Con l’utilizzo della DOCG Colli Orientali del Friuli Picolit i Produttori Vinicoli Friulani sono orgogliosi di presentare al consumatore un Vino di qualità che ha più cose da raccontare rispetto ad altri: da dove proviene, come viene lavorato, le origini storiche, le caratteristiche e le peculiarità che lo identificano in un territorio ben definito, soprattutto durante la Visita alle Cantine che operano nell'ambito di questa denominazione.


5. Abbinamenti gastronomici con il Vino DOCG Colli Orientali del Friuli Picolit

Il Picolit è un Vino da meditazione, ottimo con torte e biscotti morbidi e con formaggi piccanti.


6. Storia e Letteratura del Vino DOCG Colli Orientali del Friuli Picolit

Di quest’uva e di questo vino si sono occupati, in questi ultimi decenni, una gran quantità di ampelografi, ricercatori, studiosi, giornalisti, tecnici, viticoltori, ecc.. Sono state fatte molte ricerche sulle caratteristiche del vino e della scarsità di produzione dovute ad un aborto floreale, dato dalla sterilità del polline La fertilità del fiore femminile è buona e può pertanto venire fecondato dal polline di altre viti anche se questa ipotesi resta soltanto quasi teorica.

Il nome del Picolit è recente, infatti si trovano documenti in cui viene citato il vino Piccolit, Piccolitto, Piccolitto friulano. Come sia nato questo nome non è dato a sapere con certezza, nel 1790 il canonico Andrea Zucchini scriveva che il nome deriva dalla piccola quantità di acini e grappoli che la vite produce. Il Gallesio parla invece della “piccolezza dell’uva che produce”. Il vitigno è antichissimo, già coltivato in epoca romana, intuìto più che citato nei testi col vero nome scomparso nei secoli e poi riassunto a nuova gloria nel ‘700-‘800, nuovamente scomparso e risalito agli altari intorno al 1970, non ha mai lasciato una data sicura e un luogo certo di coltivazione.

Antonio Zanon, insigne agronomo friulano (1767) scriveva che le mense di Germania, Inghilterra e Francia venivano allietate da questo delizioso vino. F.M. Malvolti (1772) annotava il grande successo ottenuto dal Picolit alla corte di Francia, Lodovico Otellio (1761) parla della diffusione del Picolit in molte nazioni per opera di Fabio Asquini. Il Picolit, viene descritto da Odars (1849), Agazzotti (1867), Di Rovasenda (1877), la bontà di questo vino ebbe nel secolo diciassettesimo tale fama che il vitigno venne coltivato in diverse regioni italiane, se ne trovano tracce a Conegliano Veneto, Treviso, Vicenza, Bassano, Emilia Romagna e Toscana. Anche nella corte papale di Castel Gandolfo pare fosse molto apprezzato, poiché così scriveva all’Asquini, Mons. Giuseppe de Rinaldis nel 1756: “…nella villeggiatura di Castel Gandolfo fu fatto l’assaggio del vostro “Piccolitto”….furono lasciati addietro gli altri vini prelibati, al confronto del medesimo, e v’erano de’ Personaggi, che hanno il più raffinato gusto in questo genere, fra quali il Cardinali Torregiani, Peroni, Gian Francesco Albani, e S.E. il Marchese d’Aubetrerre ambasciatore di Francia”. Dal 1970 in poi il Picolit è entrato prima come tipologia nel disciplinare di produzione dei “Colli Orientali del Friuli” e nelle sue sottozone, “Rosazzo” e “Cialla”, poi, nel 2006 c’è stato il riconoscimento della D.O.C.G. “Colli Orientali del Friuli Picolit” con l’inserimento di un’unica sottozona “Cialla”.

  • Vino a Denominazione di Origine Controllata - Approvato con D.M. 22.09.2011, G.U. 235 del 8.10.2011
  • Denominazione aggiornata con le ultime modifiche riportate in G.U. 80 del 05.04.2022

--- Confine regionale    --- Confine provinciale  ♦ Zona di produzione         Sottozona

 


Vino Romagna D.O.C. Sangiovese Sottozona Serra

La denominazione di origine controllata «Romagna» Sottozona Serra è riservata ai vini che rispondono alle condizioni e ai requisiti stabiliti nel disciplinare di produzione, per le seguenti tipologie:

  1. Serra
  2. Serra Riserva

1. Tipologie e Uve del Vino DOC Romagna - Sangiovese Sottozona Serra 

 

  • Romagna Sangiovese Sottozona Serra (Vino Rosso)
  • Versioni: Secco
  • => 95% Vitigno Sangiovese
  • =< 5% Vitigni a bacca nera idonei alla coltivazione nella regione Emilia Romagna
  • => 12,5% Vol. Titolo alcolometrico
  • Vino Rosso dal Colore rosso rubino tendente al granato, Odore vinoso, intenso, caratteristico e Sapore secco, pieno, armonico, leggermente tannico.

  • Romagna Sangiovese Riserva Sottozona Serra (Vino Rosso Invecchiato)
  • Versioni: Secco
  • => 95% Vitigno Sangiovese
  • =< 5% Vitigni a bacca nera idonei alla coltivazione nella regione Emilia Romagna
  • => 13% Vol. Titolo alcolometrico
  • Vino Rosso Invecchiato dal Colore rosso rubino tendente al granato, Odore vinoso, intenso, caratteristico e Sapore secco, pieno, armonico, leggermente tannico.

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(Legenda simboli: > maggiore di; < minore di; >< da-a; = uguale a; => uguale o maggiore di; =< uguale o minore di).


2. Territorio e Zona di produzione del Vino DOC Romagna - Sangiovese Sottozona Serra

L'area geografica vocata alla produzione del Vino DOC Romagna si estende sulle colline romagnole delle province di Bologna, Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini, in porzioni di di territorio collinare adeguatamente ventilato, luminoso e favorevole all'espletamento di tutte le funzioni vegeto-produttive delle vigne.

La Zona di Produzione del Vino DOC Romagna Serra è localizzata in: 

  • provincia di Ravenna. Dall’incrocio, a Castel Bolognese, tra la SS 9 Via Emilia e la SS 306 Via Casolana, si segue quest’ultima sino ad incontrare Via Kennedy; indi per via Ghinotta fino ad incrociare Via Biancanigo che si percorre sino a Via Boccaccio; per quest’ultima sino al Fiume Senio che si segue finché non si incontra il confine amministrativo tra i Comuni di Riolo Terme e Brisighella. Si prosegue su tale confine sino all’incrocio con Via Tomba; indi per Via Pediano, Via Chiesa di Pediano, Via Bergullo e Via dei Colli sino alla SS 9 Via Emilia che si percorre fino a ritornare all’incrocio, all’ingresso di Castel Bolognese, con la SS 306 Via Casolana.

3. Vinificazione e Affinamento del Vino DOC Romagna - Sangiovese Sottozona Serra

Nelle fasi di vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche leali e costanti della zona atte a conferire ai vini le loro peculiari caratteristiche di qualità.

Le pratiche enologiche di vinificazione del Vino DOC Romagna Sangiovese Sottozona Serra prevedono, tra l'altro, che:

  • La resa massima dell’uva in vino DOC Romagna non dovrà essere superiore al 65%, al 70% per le tipologie Trebbiano e Pagadebit e al 50% per la tipologia Albana Spumante; nel caso tali parametri venissero superati entro il limite del 5%, l'eccedenza non potrà avere diritto alla DOC.
  • Nella designazione dei Vini DOC Romagna può essere menzionata la dizione "Vigna" purchè sia seguita dal relativo toponimo e che siano rispettate determinate pratiche di vinificazione.
  • Sulle etichette di ciascuna tipologia di Vino DOC Romagna è obbligatorio riportare l'annata di produzione delle uve, con esclusione delle tipologie Trebbiano Frizzante e Spumante.
  • Il vino DOC Romagna Sangiovese Novello deve essere ottenuto con almeno il 50% di vino proveniente dalla macerazione carbonica delle uve.
  • Durante la vinificazione dei Vini DOC Romagna Sangiovese e la tipologia Sangiovese Superiore è consentito effettuare un appassimento parziale delle uve.
  • Durante la vinificazione del Vino DOC Romagna Albana Spumante la fermentazione del mosto può essere effettuata, anche in parte, in contenitori di legno.
  • Il Vino DOC Romagna Albana Spumante deve essere ottenuto con il Metodo Classico o Charmat.
  • I Vino DOC Romagna Sangiovese Riserva e la tipologia Sangiovese Superiore Riserva devono essere sottoposti ad invecchiamento per almeno 24 mesi di cui 6 di affinamento in bottiglia.
  • Le etichette del Vino DOC Romagna Cagnina devono riportare la specifica "Dolce".

4. Produttori di Vino DOC Romagna - Sangiovese Sottozona Serra

Con l’utilizzo della DOC Romagna i Produttori Vinicoli Emiliano-Romagnoli sono orgogliosi di presentare al consumatore un Vino di qualità che ha più cose da raccontare rispetto ad altri: da dove proviene, come viene lavorato, le origini storiche, le caratteristiche e le peculiarità che lo identificano in un territorio ben definito, soprattutto durante la Visita alle Cantine che operano nell'ambito di questa denominazione.


5. Abbinamenti gastronomici con il Vino DOC Romagna - Sangiovese Sottozona Serra

Piatti a base di carni rosse, salumi, tortellini, tagliatelle al ragù, parmigiano e grana stagionati e formaggio di fossa.


6. Storia e Letteratura del Vino DOC Romagna - Sangiovese Sottozona Serra

La storia e la letteratura classica ci parlano spesso di una Romagna particolarmente produttiva, senza negare, però, produzioni di eccellenza: i vini di Cesena in epoca Romana e anche successiva, l’Albana di Bertinoro, come pure la “rosseggiante” Cagnina senza dimenticare il Pagadebito gentile.

Terrano. La dominazione bizantina potrebbe essere stata il momento in cui il Refosco d’Istria o Terrano d’Istria si è diffuso in Romagna. Sta di fatto che, in tempi storici, ha dato origine ad un vino molto apprezzato chiamato “Cagnina”, riconosciuto a DOC con DPR 17-03-1988 (Cagnina di Romagna). Riferisce Giovanni Manzoni che la Cagnina è un’uva probabilmente originaria della Jugoslavia, “tenuta in gran pregio sebbene anticamente fosse piccola di grappolo e di acini radi. Coltivata in Romagna già nel 1200 in alcune piane del Cesenate, del Forlivese e del Ravennate, fu poi limitata solamente a qualche modesto vigneto, come lo è ancora oggi, per la sua scarsa resa”. Diversi gli scritti e i componimenti poetici tra Ottocento e Novecento che attestano la diffusione e l’apprezzamento della Cagnina in Romagna.

Bombino bianco. Localmente detto Pagadebito gentile, da cui il nome del vino. L’origine del vitigno non è nota, ma si tratta di varietà diffusa lungo tutta la fascia adriatica della Penisola con nomi diversi nelle varie regioni, ma che richiamano spesso la sua capacità produttiva. Secondo Hohnerlein-Buchinger l’etimo sarebbe da “produce tanto da pagare i debiti”, in realtà la produttività, specie in collina, non è elevatissima ma costante negli anni; infatti si tratta di varietà rustica e con sottogemme fertili, tanto che se una gelata tardiva può compromettere gravemente la produzione della maggior parte degli altri vitigni, con il Pagadebito è comunque garantita una buona produzione. Nell’area di Bertinoro un tempo si facevano vigneti misti di Albana gentile e Pagadebiti proprio per compensare una eventuale carenza produttiva del primo vitigno. La prima citazione scritta di un “Pagadebito bianco” tra le viti “de’ contorni di Rimino” è dell’Acerbi e risale al 1825. Nell’ambito della mostra ampelografica tenutasi a Forlì nel 1876 si ebbe la possibilità di confrontare tra loro grappoli di Pagadebito provenienti da diversi areali e si convenne che “Il Pagadebito gentile di Forlì, di Bertinoro e di Predappio si differenzia dal Pagadebito verdone per gli acini più sferici, meno grossi, meno verdi e più dolci”. Storicamente è stata riconosciuta una particolare e pregevole tradizione di coltivazione del Pagadebito nell’areale di Bertinoro, messa in evidenza anche nel Disciplinare della DOC “Pagadebit di Romagna” accolto con DPR 17-03-1988.

Sangiovese. La zona di diffusione principale del Sangiovese si colloca tra Romagna e Toscana ed è in questi due territori che da tempi storici si sono venuti a delineare vari biotipi, ma soprattutto vini differenti, frutto dell’interazione specifica e peculiare di territori diversi con questo vitigno. Nello studio della storia di un vino si fa spesso riferimento ai miti e alle religioni dei popoli, ma non bisogna trascurare un altro elemento fondamentale, la “tipicità”, poiché essa passa attraverso il territorio, la metodologia di produzione e il contesto temporale e sociale. Per quanto riguarda il Sangiovese la prima attestazione scritta della sua coltivazione in territorio Toscano risale alla fine del 1500 (Soderini), ma Cosimo Villifranchi nella seconda metà del Settecento parla di un “San Gioveto romano” coltivato in particolare nel Faentino. Tra Settecento e Ottocento sono poi numerosi i poemi e ditirambi che lodano questo vino. Nel 1839, il conte Gallesio giunse a Forlì, da Firenze, percorrendo la strada aperta dal granduca Pietro Leopoldo lungo il corso del fiume Montone ed ebbe modo di descrivere i vigneti incontrati nel percorso: “le vigne … sono tutte a ceppi bassi attaccati ad un picciolo palo come in Francia, le uve che vi si coltivano sono per la maggior parte il Sangiovese di Romagna”. Nei vecchi testi, quindi, viene spesso identificato un Sangiovese coltivato in Romagna con caratteristiche sue proprie che lo fanno distinguere da quelli coltivati in altre aree, ma soprattutto va rimarcato come fosse diverso l’approccio enologico al vitigno rispetto alla Toscana: in Romagna si vinificava in purezza, mentre in Toscana si trattava più spesso di uvaggi (come il ben noto Chianti) o di tagli con altri vitigni. Questa caratteristica è stata contemplata nel Disciplinare “Romagna” Sangiovese: l’uso della menzione geografica aggiuntiva per i vini di Sangiovese è subordinata all’utilizzo di almeno il 95% di uve del vitigno. La DOC “Sangiovese di Romagna”, confluita nella DOC “Romagna”, fu istituita con DPR 09-07-1967.

Trebbiano romagnolo. I “Trebbiani” sono una famiglia di vitigni molto antichi che hanno trovato alcune zone di elezione che gli hanno tributato la seconda parte del nome: Trebbiano romagnolo, piuttosto che toscano, modenese, abruzzese, per citarne alcuni. Nel Trecento il Trebbiano veniva annoverato tra i vini “di lusso” del medioevo, mentre in tempi più recenti appare un’immagine più differenziata del Trebbiano, che viene considerato anche un vino di carattere semplice. Lo citano il Soderini nel Cinquecento, il Trinci Settecento e tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento diversi autori cercano di mettere ordine tra le diverse tipologie e sinonimie. In Romagna si coltivava in prevalenza il Trebbiano della fiamma, così detto perché i grappoli esposti al sole prendono una colorazione giallo-rossastra. Nel Molon (1906) si legge che il vitigno era coltivato soprattutto nelle province di Forlì e Ravenna, meno nel Cesenate, dove prevaleva l’Albana e si riporta quanto affermato da Pasqualini e Pasqui in merito all’apprezzamento del Trebbiano nei filari di pianura, nonostante l’elevata umidità. La sua vasta diffusione è dovuta alla capacità di adattarsi alle più diverse tipologie di terreno e condizioni climatiche, alla costante produttività ed alle caratteristiche del vino: gradevole, corretto e facilmente commerciabile. Con il DPR 31-08-1973 viene istituita la DOC “Trebbiano di Romagna”, che ricomprende un’area di coltivazione che si estende dalla collina verso quelle aree di pianura dove i terreni sono più argillosi o argilloso-sabbiosi. Vini amabili, frizzanti e spumanti. La presenza in Romagna di vitigni tipicamente a maturazione medio-tardiva o tardiva (Trebbiano, Pagadebiti) faceva sì che il sopraggiungere del freddo invernale bloccasse la fermentazione lasciando nei vini residui zuccherini più o meno importanti. Da qui l’uso di bere vini dolci o amabili nel periodo autunno-invernale e vini frizzanti e spumanti nell’estate successiva la vendemmia. Infatti i vini con residuo zuccherino, una volta messi in bottiglia, riprendevano a fermentare con l’arrivo dei primi caldi, originando una frizzantatura naturale. Vi era quindi una tradizione, se si vuole involontaria, di spumanti e frizzanti, che con l’accrescersi delle conoscenze enologiche è stata perfezionata: l’uso del freddo in cantina consente di preservare profumi e aromi e l’uso di lieviti selezionati consente di ottimizzare le fermentazioni.

Il Vino DOC Romagna ha ottenuto il riconoscimento della Denominazione di Origine Controllata in data 22 settembre 2011.

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