Assovini
Vino dorato con riflessi ambrati e un sapore delicatamente dolce quasi mielato, la malvasia fu detta “nettare degli dei”. Il vitigno malvasia venne importato dai primi colonizzatori greci intorno al 588 a.C. nell’isola di Salina, dove il terreno di origine vulcanica ben arieggiato e ventilato è posto a trecento metri sul livello del mare. Le maggiori richieste dell’ottimo vino si cominciarono ad avere gia nel primo decennio dell’800 ad opera di soldati inglesi che tentarono di fronteggiare a Messina una possibile avanzata di Napoleone in Sicilia, e che richiesero il noto passito Eoliano collocandolo sulle tavole degli ufficiali britannici come pregevole vino da dessert. Il vino venne esportato per lungo periodo lungo le coste del mediterraneo dalle flotte mercantili dell’isola, ma alla fine del secolo scorso la filossera distrusse la maggior parte dei vigneti ponendo fine alle illusioni degli isolani e comportando un periodo di stasi, ma fortunatamente nella seconda metà del novecento fu nuovamente ripresa la produzione ad opera di alcuni viticoltori i quali ne hanno incentivato la produzione riproponendo questo delicato vino che nel 1973 ha ottenuto il riconoscimento D.O.C.
Percorso della Malvasia
Le Eolie devono il loro nome ad Eolo, Dio dei venti, che qui, secondo Omero, aveva il suo regno. Chi oggi arriva alle isole non può che meravigliarsi di fronte a queste incantevoli opere di vulcani sempre attivi, che con i loro strapiombi sul cristallino mare ci offrono unici panorami. Sono isole di sole e di vento, le “sette sorelle”, dove gli abitanti hanno forgiato la loro identità e tradizione rimasta immutata nel corso dei secoli. Ricche di caratteristiche ci propongono: villaggi preistorici a Lipari, tesori archeologici a Panarea, Filicudi e Alicudi, fitta vegetazione a Salina e imponenti vulcani a Stromboli e Vulcano.
L’itinerario delle Aziende della Strada del Vino della Provincia di Messina, si effettua attraverso un percorso che ci porta alla scoperta dell’isola di Salina e dei suoi tre comuni, lungo i quali si estende il percorso della Malvasia, esteso in appena 18 km. Le tappe sono 9 lungo le quali potrete dedicarvi alla degustazione di quest’ottimo vino.
Si inizia con il comune di S.Marina Primo comune di Salina, dove ad attendervi nello scenario incomparabile di una amena vallata si trova l’Azienda Agricola Barone di Villagrande , potrete cominciare la degustazione con la sua malvasia, che trae la sua forza e la sua fragranza dall’assolato suolo vulcanico creando questo vino dolce di altissima qualità. Si traversa così una panoramica incantevole, allietati da una visione stupenda del mare e da una vegetazione mediterranea rigogliosa. Dopo circa 2km si raggiunge la frazione di Lingua, dove si può notare il laghetto salato e un vecchio faro; qui troviamo l’Azienda Agricola Hauner che con la sua personale ricerca e selezione delle uve, unita ad antiche tradizioni, fa si che il vino si presenti sul mercato nel modo migliore.
Si procede con il comune di Malfa Ci si arriva tornando indietro verso Santa Marina e proseguendo verso il lato opposto per raggiungere a nord dell'isola le altre località. La strada prosegue lungo la scogliera e raggiunge Capo Faro, frazione di Malfa, dove vi sono vigneti adibiti alla produzione di malvasia. E qui che si colloca l’Azienda Agricola Caravaglio , dove tutte le attività relative alla vinificazione delle uve, alla maturazione e all’imbottigliamento dei vini sono effettuate con particolare cura. A poca distanza su un altopiano ricco di vegetazione e dotato di un notevole paesaggio si incontra Malfa, dove vi è la bellissima spiaggia dello scario. Qui lungo la strada incontriamo diverse aziende partendo dall’Azienda Agricola Fenech, la quale matura la secolare esperienza dei suoi avi, viticoltori da più di due secoli, facendosi messaggera della storia che lega l’uomo ai suoi antenati attraverso il gusto unico dei prodotti; proseguiamo con l’Azienda Agricola Virgona la quale, si tramanda di padre in figlio le migliori tecniche di produzione, con un unico obiettivo: la qualità; per concludere con l’Azienda Agricola Marchetta, anch’essa produttrice di vini di ottima qualità dai profumi e sapori antichi.
A pochi chilometri ecco il comune di Leni, che è preceduto dalla frazione di Valdichiesa ricca di vigneti di malvasia. A Leni troviamo l’Azienda agricola D’amico Salvatore la quale opera da tre generazioni. L’azienda oltre ad occuparsi della produzione della malvasia si occupa anche di quella dell’olio così sarà lieta di accogliervi nel frantoio e nella sua cantina per degustare entrambi i prodotti.
Per chi desidera prolungare la sosta a Salina, proponiamo: L'Hotel Signum * * * *, hotel di charme ricavato da un antico borgo contadino a poche passi dal mare. Camere eleganti, arredate con mobili d'epoca. Piscina, giardini, spazi relax. Le terrazze panoramiche ospitano il Bar Solarium e il Ristorante Il B&B “Villa Mariella Pittorino” , un antico edificio rurale nella tipica architettura eoliana che immerso nel verde dell’isola offre un soggiorno tranquillo e confortevole. Il B&B si colloca a Leni piccolo ma grazioso paesino dell’isola. E l’hotel “L’Ariana” il quale offre camere ben accessoriate e un ristorante dove potrete trovare menù che si rifanno alla raffinata cucina eoliana. Nel rispetto della tipica architettura locale, è arredato con ogni comfort per rendere speciale il tuo soggiorno. Situato a Rinella, piccola frazione del comune di Leni, si affaccia su un piccolo porticciolo e su un suggestivo panorama.
Quattro gli itinerari previsti dalla Strada (La via del sale, Lungo il mare, Verso Mazara, Verso Salemi), che unisce idealmente due territori geograficamente lontani e separati: l’estremo lembo occidentale della Sicilia e l’isola di Pantelleria.
I due centri più importanti hanno legato il nome e la fama alla produzione vinicola, per la quale sono conosciute nel mondo, ma molti altri sono per entrambe i motivi di interesse. Marsala è araba nel nome (marsa, cioè porto, di Alì, o di Allah), ma fenicia nelle origini, e base navale primaria per i Romani. In tempi più recenti, fu il porto di sbarco per Garibaldi e i suoi Mille, l’11 maggio 1860, e l’inizio di una delle imprese più significative del Risorgimento italiano. Il Museo Archeologico ospita, con numerosi reperti di varie civiltà, l’unico esemplare al mondo di nave punica, un’agile imbarcazione da guerra, la liburna, con la fiancata istoriata da caratteri fenicio-punici che facilitavano l’assemblaggio. Sulla costa si trovano numerosi stabilimenti vinicoli in impianti otto-novecenteschi nei quali si producono, oltre al classico Marsala, altri tipi di vini pregiati.
L’insediamento punico di Mozia sorge su una piccola isola, a 10 chilometri dal litorale; un argine sommerso la collegava alla terra ferma, e, attraverso di esso, si poteva (e si può ancora) raggiungerla a guado. Fondata dai Fenici nell’ VIII secolo a.C., Mothia divenne un caposaldo della potenza cartaginese in Sicilia; distrutta dai Siracusani e conquistata dai Romani, è rinata grazie al proprietario, Giuseppe Whitaker, uno degli ultimi eredi di quelle famiglie inglesi che, alla fine del Settecento, avevano creato a Marsala l’industria dell’omonimo vino. Mozia è la miracolosa testimonianza della vita quotidiana, del lavoro, delle tradizioni e della morte dei suoi primi abitanti, i Fenici; “un frammento d’Oriente gettato nel mare di Sicilia e conservato nel tempo”, secondo lo storico Sabatino Moscati. Gli scavi hanno rivelato la cerchia delle mura, un santuario a cielo aperto (tophet) con il campo sacro entro cui venivano deposti vasi con i resti dei sacrifici umani, contrassegnati da steli scolpite, una necropoli e il cothon, un bacino di carenaggio per la riparazione delle navi. Vi è stato anche scoperto il mosaico forse più antico di Sicilia, costituito da ciottoli di fiume bianchi e neri, raffigurante animali e lotte fra animali. L’Antiquarium, accanto alla residenza estiva di Whitaker, ospita 10000 reperti, tra i quali la straordinaria statua di giovane uomo, probabilmente un originale greco del V secolo a.C., scoperta nel 1979.
Erice, antica città sacra degli Elimi, è sorta sui resti del celebre santuario dedicato alla dea mediterranea della fecondità, protettrice dei naviganti: Astarte per i Fenici, Afrodite per i Greci, Venere Ericina per i Romani. Ha l’aspetto di un borgo medioevale pressoché intatto; numerose abitazioni presentano la tipologia spagnola “a patio”. E’ circondata da mura ben conservate, a blocchi megalitici, dell’VIII-VII sec. a.C., nelle quali si aprono tre porte normanne.
La forma del promontorio su cui sorge Trapani suggerì ai Greci il nome: Drepanox, falce. Famosa nel passato per la lavorazione del corallo, e per la raccolta del sale, conserva ancora, sulla costa, le vasche di raccolta e i mulini a vento. Fenicia, cartaginese, romana, araba, aragonese: le civiltà che ha conosciuto hanno lasciato tracce profonde nella sua configurazione urbanistica. Ma i nuovi quartieri stanno invadendo le vecchie saline e le “senie”, orti irrigati secondo il tradizionale sistema arabo. Il paesaggio di Pantelleria è punteggiato dai dammusi, abitazioni cubiche in pietra lavica, coperti da volte imbiancate a calce, che consentono la raccolta dell’acqua piovana. Di origine araba, sono spesso affiancati da “giardini arabi”, recinti in pietra, senza copertura, costruiti per riparare gli alberi dal vento. Le uve di Zibibbo furono introdotte dagli Arabi; per la produzione del Passito, vengono sottoposte ad appassimento sulla pianta o dopo la raccolta.
Itinerari del gusto, turismo dei sapori e delle tradizioni. Riscoperta di paesaggi che appagano i sensi e possibilità di portare con sé, non solo ricordi ma anche sensazioni che rivivono ad ogni pranzo e ad ogni brindisi. Questo è il "turismo enogastronomico".
Visita che non è solo mirata alle emergenze architettoniche e alle bellezze naturali, ma anche alle tipicità del Territorio e tra " i sapori", unici e speciali, che questi territori hanno generato, preservato e garantito nel tempo. Ecco quindi la "Strada del Vino Terre Sicane" promossa nell'ambito dell'iniziativa Leader II, già costituita in Associazione, a cui spetta il compito di animare con eventi mirati, soprattutto, di garantire la qualità dei "servizi" proposti ai visitatori dai loro associati (cantine, aziende agricole ed agriturismi, ristoranti ed artigiani e enti locali). Un itinerario per percorrere e conoscere il territorio dei Comuni di Menfi, Montevago, Sambuca e S. Margherita di Belìce: i suoi vini, la qualità dei prodotti tipici, le peculiarità del suo Territorio e delle sue tradizioni enogastronomiche. Siamo certi ne sarete soddisfatti.
La terra è protagonista. Non c'è luogo della Valle del Belìce (come gran parte della Sicilia, del resto), dove il richiamo alla terra non sia così forte, qualunque sia il punto di osservazione di chi viaggia. Che si osservi il panorama segnato dai filari di viti, che si appoggi lo sguardo a seguire le sponde del Lago Arancio, che si resti in silenzio di fronte alle rovine di Gibellina che il terremoto ha distrutto; così, come si va in visita ai resti della magnificenza greca di Selinunte, si può affrontare l'esperienza di un pellegrinaggio ad un luogo simbolo della storia più recente. Greci arabi e romani, svevi e angioini: razze e culture che hanno intrecciato i loro destini in una terra che, passo dopo passo, non accenna a risparmiare colpi di scena agli occhi e al gusto. Quanto basta per trasformare l'idea di un viaggio in una sorprendente esperienza di vita.
Il Vino e le D.O.C. riconosciute
D.O.C. Menfi. Questa denominazione è prodotta in parte dai Comuni di Menfi, Sciacca e Sambuca di Sicilia in provincia di Agrigento, e Castelvetrano in quella di Trapani. Due le sottozone previste: FEUDO DEI FIORI e BONERA. La prima è un bianco da uve di inzolia (50-75%), chardonnay (25-50%) e altri vitigni per un massimo del 10%. La seconda è un rosso prodotto con nero d'Avola (50-75%), sangiovese e/o cabernet sauvignon e/o frappato di Vittoria (25-50%), e altri vitigni per un massimo del 10%. Il Bonera Rosso può essere prodotto nella versione Riserva dopo un invecchiamento minimo di due anni di cui almeno uno in botte di legno. La denominazione Menfi prevede un BIANCO inzolia (50-75%), catarratto, bianco lucido e/o grecanico e/o chardonnay (25-50%) e altri vitigni ammessi (10%); il GRECANICO (minimo 90%); lo CHARDONNAY (minimo 90%), INZOLIA (minimo 90%).
D.O.C. Sambuca di Sicilia. La zona di produzione comprende interamente il Comune di Sambuca di Sicilia in provincia di Agrigento. La vinificazione è ammessa anche nei territori dei comuni limitrofi Contessa Entellina, Giuliana e Bisaquino in provincia di Palermo; Caltabellotta, santa Margherita di Belìce, Menfi e Sciacca in provincia di Agrigento. La denominazione prevede i vini BIANCO (ansonica o inzolia dal 50 al 75%, catarratto, bianco lucido e/o chardonnay dal 25 al 50%, altri vitigni per un massimo del 15% ad esclusione del trebbiano toscano). Il ROSSO è vinificato con uve nero d'Avola dal 50 al 75%, nerello mascalese e/o sangiovese e/o cabernet sauvignon dal 25 al 50%; ammessi altri vitigni per un massimo del 15%. E' prevista la versione Riserva con almeno un anno di invecchiamento, di cui sei mesi in botti di legno. Si vinifica anche un ROSATO (con gli stessi vitigni del Rosso), e un CABERNET SAUVIGNON (minimo 85%) e uno CHARDONNAY (minimo 85%).
D.O.C. Santa Margherita di Belìce. La denominazione comprende interamente il Comune di Santa Margherita di Belìce e Montevago, in provincia di Agrigento. La vinificazione è ammessa anche nei territori di Castelvetrano, Partanna, Salaparuta e Poggioreale di Sicilia (Trapani); Contessa Entellina (Palermo); Menfi e Sambuca di Sicilia (Agrigento). Sette i vini della Doc: il BIANCO (ansonica 30-50%, grecanico e/o catarratto bianco lucido 50-70%, altri vitigni ammessi 10%); il ROSSO (nero d'Avola 20-50%, sangiovese e/o cabernet 50-80%, altri vitigni 10%); CATARRATTO, ANSONICA, NERO D'AVOLA e SANGIOVESE, tutti con i rispettivi vitigni minimo 85%.
Anche questo itinerario unisce il Mar Tirreno alle coste che guardano verso l’Africa, affacciandosi sul Mediterraneo aperto. Attraversa territori delle province di Palermo, Caltanissetta, Ragusa, in un percorso suggestivo nel mondo rurale della Sicilia, arricchito da presenze uniche e originali dell’ambiente, dell’arte e dell’artigianato. L’origine del toponimo di Caltanissetta è suggestivo, e fonde quello dell’antico centro indigeno di Nissa, con quelli arabi di Gibil Habil (Monte della Morte) e Qal’a, castello.
Inconsueta anche la probabile origine della cospicue ricchezze del personaggio che si fece costruire, nei dintorni di Piazza Armerina, la grandiosa Villa del Casale, la più importante testimonianza della civiltà romana in Sicilia (fine del III secolo-inizi del IV d.C.). Dall’Africa importava, forse, animali selvatici, destinati ai combattimenti nei circhi e negli anfiteatri. E africane furono certamente le maestranze che realizzarono, con tecniche, stile e figurazioni dell’Africa settentrionale, i mosaici pavimentali più vasti e belli della romanità.
Caltagirone è nota per le pregiate ceramiche smaltate, con cui realizza vasi e figure, ma anche porte e facciate di chiese, e grandi sculture. Non a caso l’emblema della città è la lunga scalinata di pietra lavica, con i 142 gradini rivestiti di maioliche policrome. Ma Caltagirone vanta anche il vino più vecchio del mondo, nato dal vitigno murgentia, portato nella zona 1400 anni prima di Cristo, e padre del Calabrese o del Frappato o del Nerello, da cui si ricava il Cerasuolo DOCG della zona. L’aura di ricercatezza e di mistero è alimentata dall’insolito suggerimento per il consumo: si beve alla temperatura fresca che una stoffa di cotone inumidita riesce a conferire, avvolta attorno alla bottiglia.
Il territorio di Ragusa conobbe l’insediamento umano fin dal III millennio, e divenne roccaforte dei Siculi, spinti all’interno dalla colonizzazione greca delle coste. Dalla devastazione del terremoto del 1693 fu ricostruita in modi differenti nei due nuclei che la compongono. Ora presentano lo stesso aspetto barocco, ma un diverso impianto urbanistico: in ordinata scacchiera Ragusa Superiore; attorta a seguire l’orografia impervia, invece, Ragusa Ibla.
Anche Modica, come Ragusa e come Vittoria, fu ricostruita interamente dopo il terremoto del 1693. Le costruzioni più significative sono, perciò, in pregevole stile barocco, come la scenografica facciata settecentesca di S. Giorgio. Poco fuori della città, la Cava d’Ispica conserva tracce della presenza dell’uomo dall’età del rame fino all’inizio del Novecento: necropoli sìcule, abitazioni trogloditiche ad alveare, catacombe cristiane, chiesette bizantine anche rupestri e con tracce di pittura, insediamenti medioevali.