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BIANCO DELL'EMPOLESE DOC

  • Vino a Denominazione di Origine Controllata - Approvato con D.P.R. 18.04.1989, G.U. 256 del 02.11.1989
  • Denominazione aggiornata con le ultime modifiche introdotte dal D.M. 07.03.2014  

--- Confine regionale    --- Confine provinciale  ♦ Zona di produzione

 


Vino Bianco dell’Empolese D.O.C.

La denominazione di origine controllata “Bianco dell'Empolese” è riservata ai vini che rispondono alle condizioni e ai requisiti prescritti dal disciplinare di produzione per le seguenti tipologie:

  1. Bianco
  2. Vin Santo 

1. Tipologie e Uve del Vino DOC Bianco dell’Empolese

 

  • Bianco dell’Empolese (Vino Bianco)
  • Versioni: Secco
  • => 60% Vitigno Trebbiano Toscano
  • =< 40% Vitigni a bacca bianca idonei alla coltivazione nella regione Toscana.
  • => 11% Vol. Titolo alcolometrico
  • Vino Bianco dal colore giallo paglierino più o meno intenso, odore delicato, fine, caratteristico e sapore secco, armonico, fresco, delicato.

  • Bianco dell’Empolese Vin Santo (Vino Bianco Vin Santo)
  • Versioni: Secco /Amabile
  • => 60% Vitigno Trebbiano Toscano
  • =< 40% Vitigni a bacca bianca idonei alla coltivazione nella regione Toscana.
  • => 17% Vol. Titolo alcolometrico
  • Vino Bianco Vin Santo dal colore variabile dal giallo dorato all’ambrato più o meno intenso, odore intenso, etereo, caratteristico e sapore secco o amabile, armonico, morbido, con caratteristico retrogusto.

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(Legenda simboli: > maggiore di; < minore di; >< da-a; = uguale a; => uguale o maggiore di; =< uguale o minore di).


2. Territorio e Zona di produzione del Vino DOC Bianco dell’Empolese

L'area geografica vocata alla produzione del Vino DOC Bianco dell’Empolese si estende sulle colline fiorentine dell'Appennino centrale, in un territorio adeguatamente ventilato, luminoso e favorevole all'espletamento di tutte le funzioni vegeto-produttive delle vigne.

La Zona di Produzione del Vino DOC Bianco dell’Empolese è localizzata in:

  • provincia di Firenze e comprende il territorio dei comuni di Empoli, Cerreto Guidi, Fucecchio, Vinci, Capraia e Limite, Montelupo Fiorentino.

3. Vinificazione e Affinamento del Vino DOC Bianco dell’Empolese

Nelle fasi di vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche leali e costanti della zona atte a conferire ai vini le loro peculiari caratteristiche di qualità. 

Le pratiche enologiche di vinificazione del Vino DOC Bianco dell’Empolese prevedono, tra l'altro, che:

  • La resa massima dell’uva in vino DOC Bianco dell’Empolese non dovrà essere superiore al 70% e al 35% per la tipologia di Vino Vin Santo; nel caso tali parametri venissero superati entro il limite del 5%, l'eccedenza non potrà avere diritto alla DOC. Oltre detti limiti decade il diritto alla DOC per tutto il prodotto.
  • Le uve destinate alla produzione del Vino DOC Bianco dell’Empolese Vin Santo devono essere sottoposte ad appassimento naturale fino a raggiungere un grado zuccherino di almeno 28%.
  • Il vino DOC Bianco dell’Empolese Vin Santo deve essere sottoposto ad invecchiamento per circa 36 mesi e, comunque, immesso sul mercato non prima del 1° dicembre del terzo anno successivo alla vendemmia.
  • Sulle etichette di ciascuna tipologia di Vino DOC Bianco dell’Empolese è obbligatorio riportare l'annata di produzione delle uve.

4. Produttori di Vino DOC Bianco dell’Empolese

Con l’utilizzo della DOC Bianco dell’Empolese i Produttori Vinicoli Toscani sono orgogliosi di presentare al consumatore un Vino di Qualità che ha più cose da raccontare rispetto ad altri: da dove proviene, come viene lavorato, le origini storiche e le caratteristiche che lo identificano in un territorio ben definito che l'appassionato o l'estimatore potrà maggiormente percepire ed apprezzare durante la Visita alle Cantine che operano nell'ambito di questa denominazione.


5. Abbinamenti gastronomici con il Vino DOC Bianco dell’Empolese

Pietanze della cucina di mare: molluschi, crostacei, anguille, torta di acciughe; pietanze tradizionali toscane: la panzanella, il marzolino e la minestra di riso.


6. Storia e Letteratura del Vino DOC Bianco dell’Empolese

La millenaria storia viticola riferita al questa zona , dall’epoca romana, al medioevo, fino ai giorni nostri, attestata da numerosi documenti, è la generale e fondamentale prova della stretta connessione ed interazione esistente tra i fattori umani e la qualità e le peculiari caratteristiche del Bianco dell’Empolese. Ovvero è la testimonianza di come l’intervento dell’uomo nel particolare territorio abbia, nel corso dei secoli, tramandato tecniche di coltivazione della vite ed enologiche, le quali nell’epoca moderna e contemporanea sono state migliorate ed affinate, grazie all’indiscusso progresso scientifico e tecnologico, fino ad ottenere i rinomati vini Bianco dell’Empolese.

La presenza della viticoltura nell’area delimitata è precedente all’epoca romana. Reperti archeologici ritrovati presso l’abitato etrusco di Bibbiani- Monteregi (Comune di Capraia e Limite) e risalenti al V-IV secolo a. C. raffigurano coppe di vino utilizzate durante le libagioni.

In epoca Romana era presente addirittura una cospicua produzione di anfore vinarie (Anfora di Empoli). Dalla zona empolese venivano esportate anfore contenenti vino prodotto in loco che seguendo la via fluviale dell’Arno arrivavano a Roma ed in tutto il Mediterraneo. I ritrovamenti di anfore di Empoli al di fuori dai centri di produzione testimonia la floridezza della produzione vinicola che permetteva di destinare un surplus anche all’esportazione. 

Successivamente si ha menzione di terreni coltivati a vite in un atto di donazione del 767 d.C. al Monastero di san Bartolomeo in zona Bibbiani.

In una delibera del 1333 del Comune di Fucecchio si ha menzione di una cospicua produzione di vino ed in uno statuto del 1353 si parla del trebbiano come uno dei vitigni più diffusi.

Agli inizi del 1400 nasce nella zona di Empoli la produzione vetraria (fiaschi, damigiane, bottiglie) legata alla produzione dei vini. Ed è stato appurato dal Prof. Federico Melis attraverso approfonditi studi di storiografia economica che la maggiore produzione fosse proprio di vini bianchi, dato che raramente si trovano cenni ai vini “vermigli”. Pure del 1400 è la valutazione al “cognio” 1 dei vini prodotti nel Piano di Pontormo...e nel Piano di Empoli... .

Nel 1515 è Leonardo da Vinci a parlarci di come deve avvenire una corretta vinificazione, mentre il padre era egli stesso produttore (...84 barili prodotti nei poderi di Bacchereto e Vinci).

Nel corso dei secoli la viticoltura ha mantenuto il ruolo di coltura principe del territorio, fino all’attualità, come dimostrano per esempio i plantari della fattoria Corsini di Fucecchio e l’inventario del 1919 che riporta che ben 256 ha su un totale di 306 erano destinati a seminativo vitato..

Negli anni ’50 –’60 era presente una notevole produzione della zona commercializzata anche in altre aree geografiche, soprattutto in Versilia. Le quotazioni commerciali raggiunsero quelle dei rossi tanto che ci fu un notevole fervore nell’impianto di vigneti bianchi. Ne è ancora testimonianza che circa il 40% dei vigneti a bacca bianca presenti attualmente abbia più di 40 anni. La cospicua quantità di vini bianchi e la commercializzazione anche al di fuori dell’area di produzione resero necessaria la costituzione in data 27 giugno 1969 dell’Ente di Tutela dei Vini Tipici di Empoli e della Valdelsa che operò per vari anni nell’ambito della Denominazione Semplice applicando uno specifico marchio.

Nel 1979 fu inoltrata al competente ministero la richiesta di riconoscimento come DOC per il vino “Bianco delle Colline Empolesi”, che fu approvato con il nome modificato di vino “a DOC “Bianco dell’Empolese”. Nel 1990 l’ente ottenne anche l’autorizzazione alla sorveglianza, disponendo anche di un proprio laboratorio chimico.

Negli ultimi anni si è assistito ad un notevole rilancio dei vini a DOC Bianco dell’Empolese attraverso la realizzazione di pubblicazioni, l’organizzazione di eventi promozionali quali la qualificata rassegna del Bianco dell’Empolese e soprattutto la richiesta di aggiornamento del disciplinare accolta con il Decreto 14 settembre 2010.

Il Vino DOC Bianco dell’Empolese ha ottenuto il riconoscimento della Denominazione di Origine Controllata in data 18 aprile 1989.

  • Vino a Denominazione di Origine Controllata - Approvato con D.P.R. 28.04.1975, G.U. 222 del 21.08.1975
  • Denominazione aggiornata con le ultime modifiche introdotte dal D.M. 07.03.2014  

--- Confine regionale    --- Confine provinciale  ♦ Zona di produzione

 


Vino Barco Reale di Carmignano D.O.C.

La denominazione di origine controllata “Barco Reale di Carmignano” è riservata ai vini che rispondono alle condizioni e ai requisiti prescritti dal disciplinare di produzione per le seguenti tipologie:

  1. Rosso
  2. Rosato

1. Tipologie e Uve del Vino DOC Barco Reale di Carmignano

 

  • Barco Reale di Carmignano (Vino Rosso)
  • Versioni: Secco
  • => 50% Vitigno Sangiovese
  • =< 20% Vitigno Canaiolo Nero
  • =< 10% Vitigni Trebbiano toscano, Canaiolo bianco e Malvasia, da soli o congiuntamente;
  • >< 10-20% Vitigni Cabernet Franc e Cabernet Sauvignon, da soli o congiuntamente;
  • =< 15% Vitigni a bacca nera idonei alla coltivazione nella regione Toscana.
  • => 11% Vol. Titolo alcolometrico
  • Vino Rosso dal colore rosso rubino vivace e brillante, odore vinoso con profumo intenso, fruttato e sapore asciutto, sapido, fresco, pieno, armonico.

  • Barco Reale di Carmignano Rosato (Vino Rosato)
  • Versioni: Secco
  • => 50% Vitigno Sangiovese
  • =< 20% Vitigno Canaiolo Nero
  • =< 10% Vitigni Trebbiano toscano, Canaiolo bianco e Malvasia, da soli o congiuntamente;
  • >< 10-20% Vitigni Cabernet Franc e Cabernet Sauvignon, da soli o congiuntamente;
  • =< 15% Vitigni a bacca nera idonei alla coltivazione nella regione Toscana.
  • => 11% Vol. Titolo alcolometrico
  • Vino Rosato dal colore rosa più o meno carico, a volte con riflessi rubino, odore fruttato, vinoso più o meno intenso, caratteristico e sapore asciutto, fresco, piacevolmente acidulo, armonico.

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(Legenda simboli: > maggiore di; < minore di; >< da-a; = uguale a; => uguale o maggiore di; =< uguale o minore di).


2. Territorio e Zona di produzione del Vino DOC Barco Reale di Carmignano

L'area geografica vocata alla produzione del Vino DOC Barco Reale di Carmignano si estende sulle colline pratesi situate all’interno della piccola catena del Montalbano, che da Serravalle Pistoiese giunge a strapiombo sull’Arno a sud di Artimino, in un territorio adeguatamente ventilato, luminoso e favorevole all'espletamento di tutte le funzioni vegeto-produttive delle vigne.

La Zona di Produzione del Vino DOC Barco Reale di Carmignano è localizzata in:

  • provincia di Prato e comprende il territorio dei comuni di Carmignano e Poggio a Caiano.

3. Vinificazione e Affinamento del Vino DOC Barco Reale di Carmignano

Nelle fasi di vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche leali e costanti della zona atte a conferire ai vini le loro peculiari caratteristiche di qualità. 

Le pratiche enologiche di vinificazione del Vino DOC Barco Reale di Carmignano prevedono, tra l'altro, che:

  • La resa massima dell’uva in vino DOC Barco Reale di Carmignano non dovrà essere superiore al 70%.
  • Nella designazione dei Vini DOC Barco Reale di Carmignano può essere menzionata la dizione "Vigna" purchè sia seguita dal relativo toponimo e che siano rispettate determinate pratiche di vinificazione.
  • Sulle etichette di ciascuna tipologia di Vino DOC Barco Reale di Carmignano è obbligatorio riportare l'annata di produzione delle uve.

4. Produttori di Vino DOC Barco Reale di Carmignano

Con l’utilizzo della DOC Barco Reale di Carmignano i Produttori Vinicoli Toscani sono orgogliosi di presentare al consumatore un Vino di Qualità che ha più cose da raccontare rispetto ad altri: da dove proviene, come viene lavorato, le origini storiche e le caratteristiche che lo identificano in un territorio ben definito che l'appassionato o l'estimatore potrà maggiormente percepire ed apprezzare durante la Visita alle Cantine che operano nell'ambito di questa denominazione.


5. Abbinamenti gastronomici con il Vino DOC Barco Reale di Carmignano

Prodotti della vasta e raffinata gastronomia e pasticceria carmignanese-pratese.


6. Storia e Letteratura del Vino DOC Barco Reale di Carmignano

Le pregevoli caratteristiche del vino prodotto nella zona del Carmignano sono note da lungo tempo. Già nel ‘300 Pietro Domenico Bartoloni, cronista, parla dei “vini di Carmignano e di Artimino che sono eccellenti”. Il Ricci nelle “Memorie storiche di Carmignano”, 1895, riferisce che Ser Lapo Mazzei acquistò l’8 dicembre 1396, per conto di Marco Datini, 15 soma di vino di Carmignano al prezzo di “un fiorino suggello” la soma (un prezzo pari a circa quattro volte quello dei vini maggiormente quotati a quel tempo).

Il Redi (1673), nel famoso ditirambo, parla in termini molto lusinghieri del “Carmignano”, “ma se giara io prendo in mano di brillante Carmignano così grato in sen mi piove che ambrosia e nettar non invidio a Giove”. I vini di Carmignano si erano fatti un buon nome anche al di fuori dei confini, tanto che nel 1716 il Granduca di Toscana Cosimo III dei Medici emise un bando per fissare in modo chiaro ed inequivocabile i confini del comprensorio di produzione del “vino di Carmignano” insieme a quelli di altri tre vini.

Numerose altre testimonianze, successive al bando granducale, confermano il riconoscimento di particolari caratteri a questo vino e tali da distinguerlo nettamente da altri rinomati vini prodotti nelle varie zone della Toscana. Il Repetti (1833) afferma che il “Carmignano” è uno dei migliori e più rinomati vini della Toscana. L’Amati, nel suo “Dizionario geografico dell’Italia” (1870) raccomanda fra gli altri vini il Carmignano “squisito”. Il Cusmano (1889) nel “Dizionario metodico-alfabetico di viticoltura ed enologia” cita il Carmignano tra i vini migliori prodotti in Toscana. Il Palgiani (1891) nel “Supplemento alla VI edizione della “Enciclopedia Italiana” afferma, alla voce “Carmignano” “....tra il territorio bagnato dall’Arno e dall’Ombrone produce vini squisiti, dei migliori della Toscana”.

L’elenco delle testimonianze potrebbe ancora continuare, ma quanto sopra richiamato ci sembra sufficiente per potere affermare che i vini praticamente prodotti nella zona delimitata dal Bando Granducale del 1716, hanno sempre avuto una fisionomia propria che li ha distinti, per le loro caratteristiche particolari, dagli altri eccellenti vini che si producono in Toscana. Esistono infatti delle particolari condizioni microambientali ed agronomiche che, agendo congiuntamente, imprimono ai vini prodotti nel territorio di Carmignano un carattere unico e riconoscibile.

Il Vino DOC Barco Reale di Carmignano ha ottenuto il riconoscimento della Denominazione di Origine Controllata in data 28 aprile 1975.

  • Vino a Denominazione di Origine Controllata - Approvato dal D.M. 28.04.1995, G.U. 125 del 31.05.1995
  • Denominazione aggiornata con le ultime modifiche introdotte dal D.M. 07.03.2014 

--- Confine regionale    --- Confine provinciale  ♦ Zona di produzione

 


Vino Ansonica Costa dell'Argentario D.O.C.

La denominazione di origine controllata “Ansonica Costa dell'Argentario” è riservata ai vini che rispondono alle condizioni e ai requisiti prescritti dal disciplinare di produzione per le seguenti tipologie:

  • Bianco

1. Tipologie e Uve del Vino DOC Ansonica Costa dell'Argentario

 

  • Ansonica Costa dell'Argentario (Vino Bianco)
  • Versioni: Secco
  • => 85% Vitigno Ansonica
  • =< 15% Vitigni a bacca bianca idonei alla coltivazione nella regione Toscana.
  • => 10,50% Vol. Titolo alcolometrico
  • Vino Bianco dal colore giallo paglierino più o meno intenso, odore caratteristico, leggermente fruttato e sapore asciutto, morbido, vivace e armonico.

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(Legenda simboli: > maggiore di; < minore di; >< da-a; = uguale a; => uguale o maggiore di; =< uguale o minore di).


2. Territorio e Zona di produzione del Vino DOC Ansonica Costa dell'Argentario

L'area geografica vocata alla produzione del Vino DOC Ansonica Costa dell'Argentario si estende sulle colline situate a sud della Toscana, in un territorio adeguatamente ventilato, luminoso e favorevole all'espletamento di tutte le funzioni vegeto-produttive delle vigne.

La Zona di Produzione del Vino DOC Ansonica Costa dell'Argentario è localizzata in:

  • provincia di Grosseto e comprende il territorio dei comuni di Manciano, Orbetello, Capalbio, Isola del Giglio e Monte Argentario.

3. Vinificazione e Affinamento del Vino DOC Ansonica Costa dell'Argentario

Nelle fasi di vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche leali e costanti della zona atte a conferire ai vini le loro peculiari caratteristiche di qualità. 

Le pratiche enologiche di vinificazione del Vino DOC Ansonica Costa dell'Argentario prevedono, tra l'altro, che:

  • La resa massima dell’uva in vino DOC Ansonica Costa dell'Argentario non dovrà essere superiore al 70%.
  • Nella designazione dei Vini DOC Ansonica Costa dell'Argentario può essere menzionata la dizione "Vigna" purchè sia seguita dal relativo toponimo e che siano rispettate determinate pratiche di vinificazione.
  • Sulle etichette di ciascuna tipologia di Vino DOC Ansonica Costa dell'Argentario è obbligatorio riportare l'Annata di produzione delle uve.

4. Produttori di Vino DOC Ansonica Costa dell'Argentario

Con l’utilizzo della DOC Ansonica Costa dell'Argentario i Produttori Vinicoli Toscani sono orgogliosi di presentare al consumatore un Vino di Qualità che ha più cose da raccontare rispetto ad altri: da dove proviene, come viene lavorato, le origini storiche e le caratteristiche che lo identificano in un territorio ben definito che l'appassionato o l'estimatore potrà maggiormente percepire ed apprezzare durante la Visita alle Cantine che operano nell'ambito di questa denominazione.


5. Abbinamenti gastronomici con il Vino DOC Ansonica Costa dell'Argentario

Antipasti e insalate di mare, primi e secondi) e a zuppe di verdura.


6. Storia e Letteratura del Vino DOC Ansonica Costa dell'Argentario

In quest’area, infatti, esistono testimonianze della coltivazione della vite che risalgono al periodo etrusco, greco e romano – l’antica città etrusca di Cosa, nella parte meridionale della zona di produzione, l’area di Poggio Buco, più a nord, sono solo alcuni esempi di insediamenti più o meno rilevanti – come testimoniano alcuni reperti; in particolare, presso Marsiliana lungo il corso del fiume Albegna, è stato rinvenuto un numero consistente di vasellame e pithoi (recipienti particolari per la raccolta del vino proveniente dalla pigiatura delle uve e dai torchi), probabilmente poiché il luogo corrispondeva a un vero e proprio centro di raccolta per i vini che provenivano dalle aree più interne (colline di Manciano, Capalbio, Magliano e Scansano), trasportati lungo il corso del fiume.

Inoltre, sul territorio dell’isola del Giglio, sono stati rinvenuti numerosi palmenti in pietra, specie di vasche cilindriche scavate direttamente sulla roccia talvolta ai piedi di un vigneto, utilizzate da etruschi e, più tardi, romani, per la pigiatura e lo sgrondo delle uve. Ma anche la scoperta di relitti del V secolo a.C. e il recupero di vasellame etrusco, corinzio e fenicio e di anfore vinarie nelle acque prospicienti l’isola del Giglio attesterebbero la presenza di contatti, trasporti e commerci tra l’isola e le città dell’Etruria e d’altri paesi del Mediterraneo.

La dominazione romana accentuò la tendenza al miglioramento delle tecniche di vinificazione, che rimasero insuperate fino al medioevo; in questo periodo storico, la vite acquistò particolare importanza come pianta colonizzatrice, tanto che governanti e feudatari riconobbero la necessità di concedere terre adatte per questa coltura, che ebbe particolare protezione con apposite norme statutarie.

Un ulteriore impulso all’attività vitivinicola del territorio fu dato dalle repubbliche marinare, in particolare Pisa, che tramite le potenti reti commerciali tessute dai loro mercanti contribuirono alla valorizzazione dei vini del Giglio e delle altre aree costiere della Maremma meridionale, vini che erano qualificati, all’epoca, come “robusti e forti”.

La tradizione vitivinicola della Maremma meridionale e insulare ha continuato a trasmettersi nei secoli, passando anche attraverso le vicissitudini legate agli assalti dei Pirati: drammatico quello del 1554, quando il pirata Barbarossa provocò la deportazione di oltre 600 abitanti del Giglio che, all’epoca, era intensamente coltivata a vigneto, e la vinificazione avveniva mediante l’utilizzo dei palmenti, con una produzione di circa 18.000 barili di vino per lo più esportati e venduti in terra ferma, prevalentemente allo Stato della Chiesa e alla Repubblica di Genova; più tardi, l’isola e gran parte del territorio passarono attraverso le dominazioni delle repubbliche di Pisa, Genova e Siena, dello Stato della Chiesa, fino al Regno di Napoli, mantenendo inalterata, tuttavia, la tradizione vitivinicola e una certa attività commerciale di vini, per lo più bianchi, la cui eccellente qualità fu riconosciuta da studiosi di ogni tempo.

L’enotecnico Luigi Vivarelli, in una memoria pubblicata nel 1906 su “La vite e il vino nel mandamento di Orbetello” riferiva l’esistenza di tronchi di vite di dimensioni eccezionali, il che portava a pensare a un’attività viticola fortemente tradizionale. In una relazione del funzionario Granducale Miller del 1766, si afferma che al Giglio abitavano circa 900 persone e vi erano coltivati circa 10 moggia di terreno a vigneto e frutteto, con una produzione di vino che si aggirava intorno a 500 botti (“in tutto il territorio dell’isola si ricoglie negli anni mediocri vino botti 500 di barili 12 per ciascheduna”); è proprio in questo periodo di grandi trasformazioni agricole che è possibile collocare l’attestazione del vitigno Ansonaco sulle altre varietà di vitigni autoctoni.

Il dott. Alfonso Ademollo, in una relazione all’inchiesta parlamentare Jacini, tenendo conto della vocazione viticola della Maremma, nel 1884 affermava che tutte le varietà “vegetano bene nel nostro suolo ed a noi non mancano le uve da spremere e da mangiare, queste ultime a dovizia fornite dal Monte Argentario e dall’Isola del Giglio”. L’Ademollo, nel fornire interessanti informazioni sulla situazione viticola della provincia, la descriveva come altamente vocata alla viticoltura e, parlando dei pregi e dei difetti del vino prodotto nella zona, così si esprimeva: “II vino, questo benefico liquido che ha tanta importanza nella pubblica e privata economia, come nella pubblica e privata salute, viene prodotto dai nostri viticoltori con sempre crescente progresso e accuratezza in ogni parte della provincia di Grosseto, sia nella zona piana, che in quella montuosa, e per la bontà e quantità in alcuni Comuni è di una rendita importante ai proprietari…… Vini forti e generosi poi si incontrano nei comuni più marittimi i quali sono quelli di Orbetello, Monte Argentario e Giglio”.

Nel secolo successivo, Ottorino Brandaglia, a proposito della tradizione e la qualità vitivinicola gigliese, così si esprimeva sulla stampa nazionale: “Buona parte del suo territorio è coltivato a vigneti e il contadino gigliese, tenace e silenzioso lavoratore, ….. ha saputo con lavoro paziente e inaudito sui fianchi ripidi e rocciosi dell’isola, in alcuni punti portandoci la terra, piantare le viti, circondando i minuscoli vigneti, chiamati nel gergo paesano poste o cacchioni, di muriccioli a secco per proteggerli contro la veemenza delle piogge e del vento….E come non ricordare il vino. Esso possiede delle qualità meravigliose e una tale potenza di alcool da superare di gran lunga tutte le altre specie del Regno pur tanto declamate….Intanto si ponga mente alla vegetazione ricca, all’aria salubre, soprattutto alle magnifiche distese di vigneti, che producono la famosa uva Anzonica, notissima in tutta la Maremma”.

Nei decenni successivi si moltiplicano le iniziative di molti proprietari – aiutate e incentivate anche dall’applicazione della riforma fondiaria e dall’opera dei tecnici agricoli – intese a sviluppare una viticoltura sempre più razionale, anche con la diffusione di nuove cultivar nei territori collinari più facili. Ma l’espansione viticola, se non accompagnata dal perfezionamento della tecnica vinicola e quindi della qualità dei vini prodotti, creava notevoli problemi di organizzazione e diffusione dei vini stessi, anche a causa della disponibilità di modeste partite, dalle caratteristiche poco omogenee anche se pregiate.

Un contributo decisivo alla risoluzione di questi problemi è stato dato dalla realizzazione della Cantina Sociale di Capalbio, con lo scopo di raccogliere e trasformare la produzione viticola del comprensorio circostante e che rappresenta una circostanza importante per la nascita dell’industria enologica, alfine di presentare sul mercato vini uniformi, di tipo costante, migliorati nella qualità e standardizzati nella presentazione.

Più tardi, anche alcune pubblicazioni scientifiche del settore, occupandosi dei vini ottenuti su questo territorio, apportarono un contributo importante alla loro valorizzazione; “Vini tipici e pregiati d’Italia” di R. Capone, edito nel 1963, illustra, tra l’altro, le caratteristiche dei vini della zona di Capalbio, soffermandosi anche sui rinomati vini bianchi a base di Ansonica. Furono questi i presupposti che portarono alla consapevolezza che il territorio della Maremma meridionale e insulare poteva aspirare al riconoscimento della denominazione di origine controllata per il vitigno Ansonica prodotto nella zona, che verrà attribuito nel 1995 per il vino Ansonica Costa dell’Argentario ottenuto con l’apporto determinante (minimo 85%) proprio dell’omonima varietà a bacca bianca.

Il Vino DOC Ansonica Costa dell’Argentario ha ottenuto il riconoscimento della Denominazione di Origine Controllata in data 28 aprile 1995.

Vino a Denominazione di Origine Controllata e Garantita - Approvato DOC con D.P.R. 12.07.1966, G.U. del 19.09.1966 - 
Approvato DOCG con D.P.R. 01.07.1980, G.U. 47 del 17.02.1981

Denominazione aggiornata con le ultime modifiche riportate in G.U. n. 142 del 20.06.2022 


--- Confine regionale    --- Confine provinciale  ♦ Zona di produzione

 


Vino Nobile di Montepulciano D.O.C.G.

La denominazione di origine controllata e garantita "Vino Nobile di Montepulciano" è riservata ai vini che rispondono alle condizioni e ai requisiti stabiliti nel disciplinare di produzione per le seguenti tipologie:

  1. Rosso
  2. Rosso Riserva

1. Tipologie e Uve del Vino DOCG Vino Nobile di Montepulciano

 

  • Vino Nobile di Montepulciano (Vino Rosso)
  • Versioni: Secco
  • => 70% Vitigno Sangiovese (o Prugnolo Gentile)
  • =< 30% Vitigni non aromatici, ad eccezione della Malvasia Bianca Lunga, idonei alla coltivazione nella regione Toscana, con il limite massimo del 5% per i vitigni a bacca bianca.
  • => 12,50% Vol. Titolo alcolometrico
  • Vino Rosso dal colore rosso rubino tendente al granato con l’invecchiamento, odore intenso, etereo, caratteristico, etereo e sapore asciutto, equilibrato e persistente, con possibile sentore di legno.

  • Vino Nobile di Montepulciano Riserva (Vino Rosso Invecchiato)
  • Versioni: Secco
  • => 70% Vitigno Sangiovese (o Prugnolo Gentile)
  • =< 30% Vitigni non aromatici, ad eccezione della Malvasia Bianca Lunga, idonei alla coltivazione nella regione Toscana, con il limite massimo del 5% per i vitigni a bacca bianca.
  • => 13% Vol. Titolo alcolometrico
  • Vino Rosso Invecchiato, dal colore rosso rubino tendente al granato con l’invecchiamento, odore intenso, etereo, caratteristico, etereo e sapore asciutto, equilibrato e persistente, con possibile sentore di legno.

__________

(Legenda simboli: > maggiore di; < minore di; >< da-a; = uguale a; => uguale o maggiore di; =< uguale o minore di).


2. Territorio e Zona di produzione del Vino DOCG Vino Nobile di Montepulciano

L'area geografica vocata alla produzione del Vino Nobile di Montepulciano DOCG si estende sulle colline senesi, in un territorio adeguatamente ventilato, luminoso e favorevole all'espletamento di tutte le funzioni vegeto-produttive delle vigne.

La Zona di Produzione del Vino Nobile di Montepulciano DOCG è localizzata in:

  • provincia di Siena e comprende il territorio del comune di Montepulciano.

3. Vinificazione e Affinamento del Vino DOCG Vino Nobile di Montepulciano

Nelle fasi di vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche leali e costanti della zona atte a conferire ai vini le loro peculiari caratteristiche di qualità. 

Le pratiche enologiche di vinificazione del Vino DOCG Vino Nobile di Montepulciano prevedono, tra l'altro, che:

  • La resa massima dell’uva in Vino Nobile di Montepulciano DOCG non dovrà essere superiore al 70%; nel caso tali parametri venissero superati entro il limite del 5%, l'eccedenza non potrà avere diritto alla DOCG. Oltre detti limiti decade il diritto alla DOCG per tutto il prodotto.
  • Il Vino Nobile di Montepulciano DOCG deve essere sottoposto ad un periodo di maturazione di almeno 24 mesi. Entro questo periodo sono lasciate alla discrezione dei produttori le seguenti possibili opzioni: 1) 24 mesi di maturazione in legno; 2) 18 mesi minimo di maturazione in legno più i restanti mesi in altro recipiente; 3) 12 mesi minimo in legno più 6 mesi minimo in bottiglia più i restanti mesi in altro recipiente.

  • Il Vino Nobile di Montepulciano DOCG con menzione Riserva deve essere sottoposto ad invecchiamento per almeno 36 mesi, di cui almeno 6 di affinamento in bottiglia. 

  • In presenza di determinate caratteristiche previste dal disciplinare, il Vino Nobile di Montepulciano DOCG può essere riclassificato nella DOC Rosso di Montepulciano.

  • Nella designazione dei Vini Nobile di Montepulciano DOCG può essere menzionata la dizione "Vigna" purchè sia seguita dal relativo toponimo e che siano rispettate determinate pratiche di vinificazione.

  • Sulle etichette di ciascuna tipologia di Vino Nobile di Montepulciano DOCG è obbligatorio riportare l'annata di produzione delle uve.

4. Produttori di Vino DOCG Vino Nobile di Montepulciano

Con l’utilizzo della DOCG Vino Nobile di Montepulciano i Produttori Vinicoli Toscani sono orgogliosi di presentare al consumatore un Vino di Qualità che ha più cose da raccontare rispetto ad altri: da dove proviene, come viene lavorato, le origini storiche e le caratteristiche che lo identificano in un territorio ben definito che l'appassionato o l'estimatore potrà maggiormente percepire ed apprezzare durante la Visita alle Cantine che operano nell'ambito di questa denominazione.


5. Abbinamenti gastronomici con il Vino DOCG Vino Nobile di Montepulciano

Bistecca alla fiorentina, il salame, la salsiccia, la finocchiona, la carne rossa brasata e i fegatelli.


6. Storia e Letteratura del Vino DOCG Vino Nobile di Montepulciano

Le radici della viticoltura e dell’enologia sono parte integrante del territorio, della cultura, della storia, dell’economia e delle tradizioni locali di Montepulciano.

Il vino prodotto in questo comprensorio riveste storicamente una connotazione nobiliare ed aristocratica, con le produzioni destinate non all’autoconsumo ma al commercio, come testimoniano tanti atti di vendita registrati dal 789 in poi. Con un documento del 1350 furono stabilite le prime clausole per il commercio e l’esportazione del vino di Montepulciano.

Il vino ha assunto fama internazionale fino dal XVII secolo, quando fu celebrato da Francesco Redi come “Re di ogni vino”, e nel corso dei secoli la viticoltura ha poi mantenuto il ruolo di coltura principale del territorio.

La prima citazione conosciuta di “Vino Nobile” è datata 1787 “per rimborso al cuoco di casa Marsichi per spesa per il vitto, non compreso il vino portato da Monte Pulciano per nostro servizio L. 50,15. Vino Nobile portato per regalare al Conservatorio detto il Conventino per le obbligazioni contratte...” . Quanto sopra si legge in una lunga “Nota di Viaggio per suor Luisa Sisti e signore Maestre” redatta da Giovan Filippo Neri, Governatore del Regio Ritiro di S.Girolamo in Montepulciano. Cosimo Villifranchi, medico fiorentino, nell’anno 1773 riporta nella sua celebre Oenologia Toscana la maniera di fare il vino a Montepulciano descrivendo le varietà delle uve, ma anche il territorio (il territorio di Montepulciano che produce il vino migliore si stende dalla Città per la parte di levante da due in tre miglia dall’una all’altra banda di tal direzione, territorio tutto situato in costa…).

Segue la descrizione delle aziende produttrici, dei sistemi di coltivazione e vinificazione nonché ulteriori informazioni sulla natura del suolo: “il suolo o terreno della costa di Monte Pulciano è per la maggior parte tufo, e terra sciolta arenosa, e sassola”. Nella “Statistica Agraria della Val Di Chiana” di Giuseppe Giulj (1830), nel capitolo relativo a “Delle specie di vino scelto e dei modi di fabbricarlo”, è riportato che: “a cinque specie si possono ridurre i vini scelti, che si fabbricano in una certa quantità nella valle, e sono quelli neri, il Vino Nobile di Monte Pulciano, e l’aleatico; fra quelli bianchi vi si contano il Moscadello, il vermut ed il Vin Santo; parlerò del modo tenuto per fabbricarli, e comincerò a dare la descrizione di questi dettagli da quelli relativi al vino di Monte Pulciano, per essere quello che è conosciuto in tutta l’Europa ……

Le vigne destinate per la coltivazione di questa specie di vino sono poste in collina in terreno tufaceo, ed in conseguenza sterile, ed esposte al mezzogiorno, onde le viti siano dominate dal sole. Poco è il prodotto di dette piante, ma l’uva vi giunge a perfetta maturità, ed ha un odore ed un sapore non comune all’uva delle stesse specie prodotta da viti non coltivate in tali località”. L’Autore prosegue elencando i vitigni, le caratteristiche delle uve e del sistema di fermentazione e condizionamento.

A qualche anno prima (1828) risale la prima spedizione del Vino Nobile in America via nave, come riportato dal Giornale Agrario della Toscana, edito dall’Accademia dei Georgofili. A giustificazione dell’importanza assegnata alla produzione enologica locale, è da citare la storica presenza delle cantine nel sottosuolo dei palazzi signorili della città di Montepulciano, cantine in parte tuttora utilizzate per l’invecchiamento del vino Dumas, nel celebre romanzo “Il Conte di Montecristo” scritto fra il 1844 ed il 1846 afferma che con la cacciagione “… un fiasco di vino di Montepulciano dovevano completare il pranzo.”

Il Vino Nobile di Montepulciano è stato il primo vino in assoluto in Italia ad avere apposto il contrassegno sostitutivo della fascetta di Stato da apporre sui sistemi di chiusura della bottiglia come sistema anti sofisticazione che certifica l’autenticità del prodotto a garanzia della sua origine.

Il Vino Nobile di Montepulciano DOCG ha ottenuto il riconoscimento della Denominazione di Origine Controllata in data 12 luglio 1966, poi DOCG in data 1 luglio 1980.

Oltre 300 buyers, tra Importatori, Grossisti e Distributori in 70 paesi del mondo, sono le collaborazioni attive di Assovini.it

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